Quando non fare chemioterapia? Le controindicazioni

MEDICINA ONLINE CURA CHEMIOTERAPIA SISTEMICA REGIONALE LOCALE RADIOTERAPIA CHIRURGIA FARMACO FA MALE AIUTO INFERMIERA AMORE CURA FA MORIRE TUMORE CANCRO SENO EFFETTI COLLATERALI CALVI CAPELLI PASTIGLIA DURATA COME FUNZIONAUna diagnosi di cancro non implica necessariamente la chemioterapia, che è un trattamento che comporta vantaggi e svantaggi. Per tale motivo gli effetti collaterali previsti devono essere sempre dal medico soppesati in relazione ai benefici attesi. Pertanto i medici possono decidere di non sottoporre il paziente a questo tipo di cura in questi casi principali:

  • se il tumore, per le sue caratteristiche, si prevede che risponderà poco o nulla a questo genere di trattamento;
  • se il tumore è ancora di dimensioni ridotte, non si è diffuso ai linfonodi né nel sangue e può essere rimosso completamente con un intervento chirurgico;
  • quando il malato ha una diagnosi terminale e gli rimane poco tempo da vivere: in questo caso è preferibile passare gli ultimi momenti liberi dai pesanti effetti della terapia;
  • nel corso del primo trimestre di gravidanza: è i preferibile rimandare l’inizio delle terapie al quarto mese (importante: ci sono ancora poche evidenze sugli effetti a lungo termine sulla salute del bambino e specialmente sulla possibilità che la chemioterapia somministrata alla gestante possa influire sul feto);
  • in altri casi che i curanti valuteranno singolarmente.

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Chemioterapia senza caduta capelli: ecco la cuffia per non perderli

MEDICINA ONLINE CURA CHEMIOTERAPIA SISTEMICA REGIONALE LOCALE RADIOTERAPIA CHIRURGIA FARMACO FA MALE AIUTO INFERMIERA AMORE CURA FA MORIRE TUMORE CANCRO SENO EFFETTI COLLATERALI CALVI CAPELLI PASTIGLIA DURATA COME FUNZIONA.jpgChemioterapia: all’ospedale Sant’Anna di Torino arriva la cuffia che salva i capelli e ne evita la caduta. Tutte le chemioterapie fanno Continua a leggere

Gravidanza e radioterapia di un parente: effetti su terzi e cosa fare

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTOCon “radioterapia” in medicina oncologica si intende un particolare tipo di terapia antitumorale, usata da sola o associata ad altri trattamenti quali la chirurgia e la chemioterapia. Per raggiungere il suo scopo ultimo – che è quello di contrastare il tumore – la radioterapia utilizza radiazioni, in genere i raggi X, dette radiazioni ionizzanti (la stessa tipologia di radiazione usata anche a scopo diagnostico, nelle radiografie e nelle TAC), emesse da sostanze radioattive (per esempio iodio o cobalto) oppure prodotte da specifiche apparecchiature chiamate acceleratori lineari. Tali radiazioni sono dirette contro la massa tumorale con lo scopo di danneggiare in particolare le cellule cancerose che in questo modo non riescono più a proliferare: il tumore così trattato non è più in grado di crescere e nel migliore dei casi si riduce progressivamente.

Se sono incinta posso andare a trovare un paziente sottoposto a radioterapia?

La prima cosa da dire è che la persona che sta facendo una radioterapia (o una chemioterapia) non rappresenta alcun pericolo per chi le sta intorno. Non è in alcun modo contagiosa o infettiva né i farmaci o le radiazioni che assume possono danneggiare chi la va a trovare: il paziente non diventa “radioattivo” o altre sciocchezze simili. Questo vale sia per le chemio e radioterapie, sia per le terapie più innovative, come l’immunoterapia o la terapia con farmaci biologici, quindi le donne incinte possono stare tranquille. Diverso è invece il caso in cui dal paziente vengono assunte sostanze radioattive, come avviene per certi esami diagnostici come la scintigrafia ossea: in questi casi il paziente deve evitare di stare vicino ad altre persone, specie se hanno una gravidanza (in atto, o se stanno provando a rimanere incinte)  per un certo numero di ore e bisogna prestare attenzione a eventuali contatti con urine e feci, che potrebbero contenere residui della sostanza radioattiva. In ogni caso il medico vi dirà chiaramente come comportarvi con pazienti sottoposti a trattamenti particolari.

 

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Radioterapia in gravidanza: può far male al bambino?

MEDICINA ONLINE GRAVIDANZA INCINTA DIARREA FECI LIQUIDE FETO PARTO CESAREO DIETA FIBRA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE GONFIORE ADDOMINALE MANGIARE CIBO PRANZO DIMAGRIRE PANCIA PESO INTESTINOLa gravidanza, specie se avanzata, tradizionalmente è considerata una controindicazione alla radioterapia, tuttavia bisogna valutare caso per caso ed ovviamente il rapporto vantaggi/svantaggi.

Mentre nel caso della chemioterapia è preferibile sottoporsi alla terapia dopo il primo trimestre per evitare il più possibile danni al feto, nella radioterapia vale il contrario: è meglio sottoporsi a radioterapia il prima possibile. Ricordiamo infatti che le radiazioni della radioterapia colpiscono sia il tumore, ma anche zone limitrofe sane. Nei primi periodi di gravidanza il bambino è ancora molto piccolo ed è quindi più difficile che venga colpito dalle radiazioni, che possono effettivamente provocare danni gravi al feto.

Già dal terzo trimestre la posizione della testa, molto in alto, rende difficile trattare alcune forme di tumore, come quello del seno. Le nuove tecniche, più precise nel circoscrivere la zona trattata, possono cambiare questo scenario, ma bisogna sempre avere cautela nel somministrare le radiazioni alle donne incinte, specie nel terzo trimestre, e preferire – se possibile – altri trattamenti come la chirurgia e la chemioterapia.

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Chemio e radioterapia: i bambini possono visitare i parenti durante i trattamenti?

MEDICINA ONLINE CURA CHEMIOTERAPIA SISTEMICA REGIONALE LOCALE RADIOTERAPIA CHIRURGIA FARMACO FA MALE AIUTO INFERMIERA AMORE CURA FA MORIRE TUMORE CANCRO SENO EFFETTI COLLATERALI CALVI CAPELLI PASTIGLIA DURATA COME FUNZIONAI bambini possono andare a trovare i pazienti che si sottopongono a chemioterapia o radioterapia? I farmaci e le radiazioni utilizzate sono sicuri o possono rappresentare un rischio per la loro salute? La prima cosa da dire è che la persona che sta facendo una chemioterapia o una radioterapia non rappresenta alcun pericolo per chi le sta intorno. Non è in alcun modo contagiosa o infettiva né i farmaci o le radiazioni che assume possono danneggiare chi la va a trovare: il paziente non diventa “radioattivo” o altre sciocchezze simili. Questo vale sia per le chemio e radioterapie, sia per le terapie più innovative, come l’immunoterapia o la terapia con farmaci biologici

Scintigrafia ossea

Le uniche, importanti, eccezioni riguardano i casi in cui vengono assunte sostanze radioattive, come avviene per certi esami diagnostici come la scintigrafia ossea: in questi casi il paziente deve evitare di stare vicino ad altre persone per un certo numero di ore e bisogna prestare attenzione a eventuali contatti con urine e feci, che potrebbero contenere residui della sostanza radioattiva. In ogni caso, al momento del trattamento, il medico vi dirà chiaramente come comportarvi con parenti, amici e coinquilini.

Avvertenze importanti

Radioterapia e chemioterapia non danno quindi problemi ai visitatori, ma bisogna valutare caso per caso, specialmente quando si tratta di visite in ospedale, se l’incontro con il bambino è davvero opportuno: in ospedale, infatti, è facile venire in contatto con agenti infettivi e per il bambino questo potrebbe rappresentare un rischio, soprattutto se è piccolo. Se non c’è urgenza, forse si potrebbe rimandare la visita a quando il parente malato sarà tornato a casa. Inoltre è importante ricordare che chi si sta sottoponendo a chemioterapia o radioterapia è un soggetto fragile: un bambino potrebbe essere veicolo di infezioni innocue per lui ma più pericolose per il parente malato, quindi in ogni caso è sempre importante chiedere il parere del medico prima di qualsiasi incontro con parenti ed amici.

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Tumore al seno ed età: a quanti anni si può verificare?

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAAttualmente una donna su otto sviluppa il cancro al seno e le donne più colpite sono quelle che presentano questi fattori di rischio:

  • fumo di sigaretta;
  • famigliarità (altri casi in famiglia: madre, sorella…);
  • mancanza di procreazione;
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • positività al test genetico per BRCA1 o 2;
  • mancanza di allattamento al seno;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • obesità.

Uno dei fattori di rischio più importanti per il cancro al seno è però l’età avanzata. Pur potendo colpire a qualsiasi età, è sicuramente più probabile in donne al sopra dei 30 anni di età, ed il rischio aumenta col passare degli anni. Il rischio più elevato è al di sopra dei 50 anni di età: più del 75% dei casi di tumore del seno colpisce infatti donne sopra i 50 anni, mentre è meno frequente prima della menopausa.

A seconda dell’età della donna, e fermo restando una visita senologica periodica e l’auto palpazione dovrebbero essere sempre effettuate dai 20 anni in poi, esistono tecniche specifiche per aumentare la possibilità di diagnosi precoce:

Tra i 20 e i 40 anni generalmente non sono previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno dal medico senologo. Solo in situazioni particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l’analisi con una ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati.

Tra i 40 e i 50 anni le donne con presenza di casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia con cadenza annuale, meglio se associata a ecografia vista la struttura ancora densa del seno.

Tra i 50 e i 60 anni come prima accennato, il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico ogni anno.

Infine, anche dopo i 60 anni la prevenzione oncologica è importante e, nel caso del tumore del seno, lo è ancora di più, dal momento che tra i 50 e i 70 anni il rischio di sviluppare questo tumore raggiunge il suo massimo. Gli esperti consigliano una mammografia ogni due anni almeno fino ai 75 anni perché la vita media si è allungata e si possono ottenere buoni risultati terapeutici anche in pazienti anziane.

Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 è indicata un’ecografia semestrale e una risonanza annuale, anche in giovane età.

Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni – PET – specifica per le mammelle) e un nuovo esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.

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Malattia di Paget del capezzolo: sintomi precoci, cause e cure

ChirurgiaLa malattia di Paget del capezzolo (o “malattia di Paget della mammella”, da non confondere con il morbo di Paget, o osteite deformante, che è una malattia metabolica delle ossa) è un’alterazione simil flogistica della pelle del capezzolo, molto simile ad un eczema, ma in realtà causata da un tumore duttale infiltrante della mammella. A causa del suo aspetto innocuo e superficiale, viene diagnosticato spesso tardivamente, in fase non precoce e quindi legato a prognosi più gravi. E’ raro: rappresenta appena il 2% circa di tutti i casi di tumori alla mammella e colpisce soprattutto dalla quinta decade in poi (>50 anni). Dal punto di vista anatomo-patologico la neoplasia si sviluppa dalle strutture duttali principali (dotti galattofori), quindi infiltra progressivamente, con una crescita caratteristica, la cute del capezzolo e dell’areola. Nel tessuto mammario circostante sono presenti edema ed iperemia.

Sintomi

I sintomi includono:

  • formicolio e dolore al capezzolo;
  • rossore del capezzolo;
  • bruciore e maggiore sensibilità del capezzolo;
  • introflessione del capezzolo;
  • presenza di nodulo;
  • pelle secca, irritata o squamosa, con sintomi spesso simili in apparenza a quelli di un eczema sul capezzolo, sull’areola o su entrambi;
  • secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo, spontanea o dopo spremitura del capezzolo.

I sintomi generalmente si riferiscono ad un solo capezzolo.

Le modifiche cutanee che coinvolgono il capezzolo possono esordire e risolversi entro breve tempo o rispondere al trattamento topico, facendo sembrare che la pelle sia in via di guarigione. In media, il paziente può sperimentare segni e sintomi limitati ad un aspetto superficiale per 6-8 mesi, prima che sia formulata la corretta diagnosi. In realtà, la comparsa di queste alterazioni cutanee simil-flogistiche è indicative di una condizione di base molto grave. Per evidenziare una probabile lesione associata alla malattia di Paget, può essere utile controllare regolarmente il capezzolo e l’areola di entrambe le mammelle, durante l’autoesame del seno. Se viene avvertito un nodulo od una variazione dell’aspetto o della forma di una mammella, oppure se compaiono prurito ed irritazione che persistono per più di un mese, è consigliabile consultare un medico.

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L’importanza di una diagnosi precoce

Come e più di altre patologie tumorali, quanto prima viene diagnosticata la Paget, tanto maggiori sono le possibilità di trattare con successo la patologia. La malattia di Paget del capezzolo è invece purtroppo spesso “mal diagnosticata” precocemente, perché è rara, inoltre i sintomi possono suggerire una condizione benigna della pelle e portare il medico su una “cattiva strada”. I pazienti spesso presentano i sintomi per diversi mesi prima che la condizione sia diagnosticata correttamente, rendendo la prognosi meno buona.

Diagnosi

La diagnosi comprende solitamente:

  • visita senologica con esame obiettivo della mammella;
  • mammografia;
  • ecografia mammaria;
  • risonanza magnetica;
  • biopsia del linfonodo sentinella: in caso di cancro invasivo della mammella, devono essere esaminati i linfonodi sentinella sotto il braccio (linfonodi ascellari), i primi ad essere raggiunti da eventuali metastasi in presenza di tumori maligni. Durante la procedura, il chirurgo individua un linfonodo e lo rimuove per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse in questa zona.
  • biopsia ed esame istologico del capezzolo.

Una biopsia del capezzolo consente ai medici di diagnosticare correttamente la malattia di Paget. Questo esame consiste nella raschiatura delle cellule cutanee superficiali o nella rimozione di un piccolo campione di tessuto per l’analisi microscopica. Un patologo esamina al microscopio le cellule o i tessuti prelevati, alla ricerca di particolari cellule maligne, conosciute anche come cellule di Paget. Queste possono essere riscontrate come cellule singole o piccoli gruppi di cloni tumorali all’interno dell’epidermide del capezzolo e l’areola, e rappresentano un segno rivelatore della patologia.
La maggior parte delle persone colpite da malattia di Paget presenta anche uno o più tumori all’interno della stessa mammella. Oltre alla biopsia del capezzolo, il medico deve eseguire un esame clinico del seno, per verificare fisicamente la presenza di zone insolite. Durante questo esame, il medico controlla l’aspetto della pelle intorno ai capezzoli e l’eventuale presenza di noduli, aree di ispessimento o altri cambiamenti: il 50% delle persone con malattia di Paget del capezzolo ha un nodulo che può essere rilevato nel corso di un esame clinico del seno.

Terapia chirurgica

La malattia di Paget del capezzolo è spesso associata ad altre forme di cancro della mammella e, di solito, è trattata allo stesso modo, quindi è probabile che si renda necessario un intervento chirurgico. Per molti anni, la mastectomia – con o senza rimozione dei linfonodi ascellari sullo stesso lato del torace (procedura nota come linfoadenectomia) – è stata considerata l’approccio chirurgico standard per la malattia di Paget del capezzolo. Questo tipo di intervento è giustificato dalla constatazione che in molti casi, assieme alla malattia di paget, è presente anche un tumore all’interno della stessa mammella, il quale potrebbe essere situato a parecchi centimetri dal capezzolo e dall’areola.
Successivamente, gli studi hanno dimostrato che la chirurgia conservativa del seno, che prevede la rimozione del capezzolo, dell’areola e di una parte della mammella affetta da cancro, seguita da radioterapia, è una scelta sicura per i pazienti che non presentano un nodulo palpabile nel seno e le cui mammografie non rivelano un tumore.
Le persone con malattia di Paget del capezzolo che hanno un tumore al seno e stanno per subire una mastectomia dovrebbero essere sottoposte ad una biopsia del linfonodo sentinella, per valutare se il cancro si è diffuso ai linfonodi ascellari. Se le cellule tumorali si trovano nel linfonodo sentinella, può essere necessaria una più estesa procedura chirurgica. A seconda della fase di sviluppo e di altre caratteristiche del tumore al seno, può anche essere raccomandata una terapia adiuvante, costituita da chemioterapia, radioterapia e/o da terapia ormonale.

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Terapia adiuvante

Dopo l’intervento chirurgico, il medico può raccomandare un trattamento aggiuntivo (terapia adiuvante) con farmaci chemioterapici, radioterapia o terapia ormonale per prevenire una recidiva di cancro al seno e per distruggere eventuali cellule tumorali residue. Il trattamento specifico dipende dal grado della malattia di Paget del capezzolo e dalla positività o meno dei test tumorali per alcune caratteristiche, come la presenza di un coinvolgimento linfonodale, o l’espressione nelle cellule tumorali di recettori per estrogeni e progesterone o della proteina HER2.

Guarigione e prognosi

Le prospettive per i pazienti colpiti da malattia di Paget del capezzolo dipendono da una varietà di fattori, tra cui la presenza o l’assenza di un carcinoma invasivo della mammella interessata e l’eventuale diffusione ai linfonodi vicini. Se la malattia di Paget viene rilevata e trattata nelle sue fasi iniziali, ci sono buone possibilità di recupero completo, che però diminuiscono molto se il tumore è diagnosticato tardivamente, cosa che purtroppo avviene abbastanza spesso a causa della rarità della patologia e della difficoltà della diagnosi differenziale nelle sue fasi iniziali. La presenza di un carcinoma invasivo nel seno colpito e la diffusione del cancro ai vicini linfonodi sono sempre associati ad una ridotta sopravvivenza del paziente.

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Differenza tra remissione parziale, totale e guarigione

MEDICINA ONLINE MEDICO ESAME OBIETTIVO ANAMNESI PATOLOGICA FISIOLOGICA FAMIGLIARE VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACE ADDOME SUONI SEMEIOTICALa “remissione parziale” si verifica quando il cancro risponde al trattamento ma c’è ancora un residuo di malattia, per quanto inferiore rispetto alla situazione iniziale. Per tale motivo è necessario continuare indagini e terapia.

La “remissione completa” della malattia si verifica se non ci sono più tracce di tumore rilevabili con i mezzi diagnostici a disposizione, dagli esami del sangue alle indagini per immagini. In questo periodo è necessario che il paziente prosegua con indagini periodiche che escludano ricadute. Generalmente più tempo passa dal momento della diagnosi e meno probabile è una ricaduta.

La “guarigione” è la condizione a cui si giunge se la remissione totale si mantiene per diversi anni: la probabilità di guarigione aumenta quanto più ci si allontana nel tempo dal momento della diagnosi. La guarigione non esclude al 100% una ricaduta.

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