Sindrome da movimenti periodici delle gambe durante il sonno (PLMS)

MEDICINA ONLINE DORMIRE SONNO LETTO NOTTE MATERASSO CUSCINO DONNA SLEEP APNEA OSTRUTTIVA RESPIRARE BITE DENTI RUMORE CERVELLO RIPOSO STRESS SVEGLIA OROLOGIO MELATONINA INTEGRATORE VALERIANA.La sindrome da movimenti periodici delle gambe durante il sonno (in inglese “periodic limb movement in sleep” o “periodic limb movement syndrome” da cui l’acronimo PLMS), anche chiamata “sindrome da mioclono notturno“, è classificata tra le dissonnie intrinseche. E’ caratterizzata da contrazioni muscolari stereotipate, periodiche, in una o entrambe le gambe, che intervengono nel sonno, specialmente in quello leggero. L’effettiva incidenza dei movimenti come causa di insonnia è ancora controversa; sembra però di poter concludere che i movimenti periodici delle gambe da soli, pur potendo indurre una frammentazione del sonno, non rappresentano mai un fattore decisivo nella patogenesi dell’insonnia stessa, e che sono piuttosto le patologie associate (in particolare la sindrome delle gambe senza riposo, la narcolessia e le apnee del sonno) i fattori cruciali nel determinare il disturbo del sonno.

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Epidemiologia

La sindrome viene raramente diagnosticata negli individui giovani e la sua incidenza cresce con l’età al punto che può essere osservata in circa il 44% dei soggetti di età superiore ai 65 anni; pur rappresentando un’entità nosologica distinta dalla sindrome delle gambe senza riposo, si associa con essa nel 50% dei casi circa. Non è nota una prevalenza legata al sesso.

Cause e fattori di rischio

I movimenti caratteristici della sindrome sono stati osservati in una vasta gamma di patologie come la corea di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica, le mielopatie croniche, le neuropatie periferiche, l’uremia e nel 30 circa dei pazienti con sleep apnea. Va inoltre ricordato che i movimenti possono essere indotti da farmaci antidepressivi triciclici o dalla sospensione di farmaci anticonvulsivanti, benzodiazepine, barbiturici e altri ipnotici. È degno di nota il fatto che i movimenti tipici della sindrome sono stati incidentalmente riscontrati in soggetti del tutto sani, nella misura dell’11%.

Sintomi e segni

I movimenti che caratterizzano questa sindrome possono essere descritti come movimenti di estensione dell’alluce e dorsiflessione della caviglia, seguiti talora dalla flessione del ginocchio e dell’anca, che durano generalmente da 0,5 a 5 secondi e si estrinsecano periodicamente ogni 20-40 secondi circa. I movimenti tendono a raggrupparsi, in genere, in episodi che possono durare anche alcune ore, iniziando generalmente durante gli stadi di sonno 1 e 2 e potendo tuttavia persistere durante il sonno lento e il REM. Durante il sonno REM sono di solito meno intensi, più corti e meno ritmici; nello stadio 2 sono frequentemente accompagnati da un arousal o da
un risveglio.

Polisonnografia

Lo studio poligrafico di questa patologia si avvale di derivazioni elettromiografiche addizionali dal tibiale anteriore, dal quadricipite femorale, dal gastrocnemio e, nei casi dei movimenti anche agli arti superiori, dal muscolo bicipite e tricipite. Il quadro elettroencefalografico di ciascun movimento può variare da una singola contrazione tonica a scariche policloniche con una frequenza di circa 5 secondi. Le contrazioni muscolari sono spesso associate a segni poligrafici di arousal, come complessi K e treni di attività alfa. È frequente una completa soppressione subminutale dell’attività elettromiografica per circa un secondo, immediatamente precedente la contrazione dei muscoli delle gambe. La valutazione dell’entità dei movimenti si basa su parametri quali la durata di ciascun movimento, l’intervallo tra essi e il numero dei movimenti consecutivi.

Diagnosi differenziale

I movimenti di questa sindrome vanno differenziati da altri disturbi motori statodipendenti che appaiono e persistono durante il sonno. Le mioclonie epilettiche sono generalizzate, si estrinsecano sempre durante la veglia e sono soppresse o ridotte, e in nessun caso comunque attivate, dal sonno; inoltre, esse mostrano quasi costantemente
correlati elettroencefalografici. Del tutto fisiologici sono i cosiddetti miocloni ipnagogici, che si possono osservare durante la transazione dalla veglia al sonno e consistono in brevi movimenti massivi del corpo, che coinvolgono in maniera sincrona entrambi gli arti inferiori e sono accompagnati spesso da vivide esperienze di sonno o da allucinazioni. Ugualmente fisiologici sono da considerarsi gli episodi di mioclono fragmentario di breve durata, visibili soprattutto nei muscoli della faccia e delle mani, asincroni, asimmetrici, non periodici e frequenti soprattutto nel sonno lento; tuttavia il termine mioclono fragmentario patologico è stato proposto per fenomeni che si verificano nel sonno NREM.

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Fisiopatologia

Riguardo alla fisiopatologia alcune osservazioni suggeriscono che PLMS e RLS (sindrome delle gambe senza riposo) possono essere considerati manifestazioni cliniche di una stessa disfunzione del sistema nervoso centrale. Ad esempio, nei pazienti con RLS, durante l’esecuzione del suggested immobilization test i movimenti delle gambe assumono una componente periodica simile a quelli con PLMS; inoltre, è facile osservare come i movimenti tipici della RLS nel passaggio tra la veglia e il sonno assumono gradualmente le caratteristiche dei movimenti della PLMS, e infine, come quasi tutti i farmaci efficaci nel trattamento dell’RLS sopprimono anche i movimenti della PLMS in quei pazienti affetti contemporaneamente dalle due sindromi.

La maggior parte dei dati elettrofisiologici ricavati mediante lo studio di potenziali evocati dopo stimolazione dei nervi tibiale posteriore e mediano, non hanno evidenziato disturbi primari nelle afferenze sensoriali; altri studi hanno riportato una componente a lunga latenza nel Blink-Reflex nei pazienti con PLMS. Queste osservazioni, se confer-
mate, potrebbero indicare una genesi della PLMS a livello pontino o più rostrale. L’importanza delle influenze spinali emerge dai rapporti tra PLMS e posizioni del corpo e potrebbe essere anche ipotizzato che una posizione corporea sfavorevole, a causa di influenze spinali causate da cattiva perfusione tissutale periferica, possa dare inizio ad un episodio di PLMS prolungato fintanto che non venga mutata la posizione.

Le somiglianze tra le caratteristiche, studiate con dettagliata analisi videografica, dei movimenti della PLMS e quelle del fenomeno di Babinsky hanno suggerito l’ipotesi che i movimenti della PLMS possono essere attribuiti a perdite di influenze inibitorie sopraspinali sul tratto piramidale durante il sonno REM e che quindi tali fenomeni possono essere interpretati come una risposta di tipo Babinsky.
Di particolare interesse appaiono i legami tra la periodicità dei movimenti della PLMS
(20-40 secondi) e quella ritrovabile in variazioni di altri fenomeni durante il sonno, e in particolare la pressione sanguigna, la respirazione e il tracciato alternante ciclico. L’insieme di queste osservazioni suggerisce l’ipotesi di un comune pace-maker per tali fenomeni, di un’origine sottocorticale dei movimenti della PLMS e di una regolazione da parte di fluttuazioni ritmiche dell’eccitabilità reticolare ad un livello sconosciuto del tronco encefalico.

Trattamento

Nessun trattamento è consigliabile per la sindrome PLMS che non comporti alterazioni della struttura e della continuità del sonno. In genere i trattamenti efficaci nella RLS si dimostrano validi anche per la PLMS, riducendo moderatamente il numero di movimenti ma soprattutto riducendo gli effetti risveglianti e migliorando pertanto la struttura del sonno. In particolare il baclofen, agonista del GABA a livello spinale, sembra efficace nel diminuire l’ampiezza, anche se non la quantità dei movimenti della PLMS. Un’azione più specifica nei confronti della PLMS sembrano avere la l-dopa, la bromocriptina, la selegilina, inibitore della MAO di tipo B. Quest’ultimo farmaco, rapidamente convertito in amfetamina, esercita anche un effetto risvegliante e si rivela particolarmente utile nel trattamento della narcolessia associata a PLMS.

In conclusione, le benzodiazepine, specialmente il clonazepam, rappresentano il trattamento di elezione nei casi meno gravi, la l-dopa e la bromocriptina appaiono nettamente più efficaci e indicate quindi nei casi più gravi. L’uso degli oppioidi dovrebbe essere limitato a quei pazienti con sintomatologia più severa e non responsivi alle precedenti terapie. Tuttavia nessun metodo è attualmente in grado di predire la risposta terapeutica di ciascun farmaco in ogni singolo paziente.

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