Quando il bambino inizia a sentire e vedere nella pancia della madre?

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTOGià nelle prime settimane gravidanza cominciano a svilupparsi gli organi di senso del bambino (o meglio del “feto”) – quelli per vista, udito, olfatto, gusto e tatto – anche se completeranno lo sviluppo e funzioneranno a pieno solo più avanti. Vediamo allora quando e come si sviluppano i vari organi di senso.

Il tatto

Dopo le 12 settimane il feto comincia a possedere i “sensori” per sentire le carezze dei genitori: il primo dei cinque sensi a svilupparsi è proprio il tatto; tuttavia perché le sollecitazioni tattili siano realmente percepite dal bambino, è necessario che maturino anche le vie nervose, che hanno il compito di trasportare gli stimoli al cervello: il loro sviluppo inizia sin dalle prime settimane, ma per la completa maturazione bisognerà aspettare la 30esima settimana, momento in cui il piccolo sarà capace di provare la sensazione tattile.

L’udito

Già a 30 settimane il feto può sentire la voce di mamma e papà. Le percezioni uditive vere e proprie sono legate allo sviluppo dell’orecchio medio, che inizia nel secondo mese di gravidanza ma giunge a maturazione solo nell’ottavo. Si può dire che l’udito del bambino sia quasi normale intorno alla 35ma settimana, ma già diverse settimane prima è in grado di reagire ad alcuni stimoli sonori come la voce della madre: sin da 28-30 settimane è importante cominciare a parlare al bambino, così ha tutto il tempo per memorizzare i suoni a lui cari e riconoscerli dopo la nascita; al tempo stesso, è bene evitare di esporre il feto a stimoli sonori troppo intensi, perché il piccolo ne sarebbe disturbato.

Leggi anche:

Il gusto e l’olfatto

Le papille gustative sulla lingua cominciano a formarsi intorno alle 8 settimane, e continuano il loro sviluppo fino alla nascita. Anche i recettori dell’olfatto iniziano a svilupparsi presto, intorno alle 8-9 settimane, quando cominciano a formarsi i nervi e i bulbi olfattivi, tuttavia non sappiamo esattamente quando tutti questi recettori comincino effettivamente a funzionare, e quindi da che epoca precisa il bambino percepisca i sapori e gli odori, probabilmente tutto ciò avviene in qualche momento nel secondo trimestre. Quello che è sicuro è che il regime alimentare della mamma influisce sulla composizione del liquido amniotico, nel quale passano le molecole aromatiche dei cibi, di conseguenza inalando e deglutendo il liquido, un po’ per volta il feto impara a conoscere gli odori e i sapori della cultura alimentare materna, che dopo la nascita ritroverà nel latte prima e nei cibi che assumerà con lo svezzamento poi.

La vista

La vista è l’ultimo senso a svilupparsi: le palpebre infatti restano chiuse fino alla 26esima settimana, per consentire il corretto sviluppo della retina. Dopo quest’epoca, il feto riesce a percepire la luce che filtra attraverso il pancione, soprattutto se viene esposto a una fonte di luce intensa come quando si sta al sole con la pancia scoperta; in effetti, l’utero non è un ambiente buio come si potrebbe credere, ma attraverso la pelle la luce filtra, sia pure poco intensamente. Intorno alle 30 settimane, inoltre, le pupille sono in grado di restringersi o dilatarsi a seconda dell’intensità della luce, mentre se il pancione viene esposto ad un fascio luminoso, il bebè gira istintivamente la testa dall’altro lato e le pulsazioni cardiache tendono ad aumentare. La vista del bambino, insomma, si sviluppa già nel pancione, anche se ci vorrà ancora qualche mese dopo la nascita perché i centri nervosi dell’occhio giungano a maturazione e il piccolo riesca a mettere a fuoco perfettamente le immagini. Il bimbo con pochi giorni di vita è comunque in grado di riconoscere grossolanamente i contorni del volto della mamma a circa 20 centimetri di distanza, dato non casuale visto che 20 centimetri è proprio la distanza alla quale si trova mentre assume il latte dal seno materno.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

A che età i bambini imparano a leggere?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LEGGERE MALE FIGLIO SVILUPPO CERVELLO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneGià intorno ai 4-5 anni, alcuni bambini sembrano molto attratti dalle ‘letterine’ dell’alfabeto, le guardano con interesse (nei libri, per strada, sui cartelli, ovunque) e cercano di scrivere qualcosa. Tale interesse del bimbo rientra nel suo più ampio percorso di esplorazione e scoperta del mondo intorno a lui. Non a caso, nei primi 7 anni di vita, il bimbo impara soprattutto per ‘imitazione ed esempio’. La crescita, però, non è un insieme di tappe identiche per ogni bambino: questo è un punto fondamentale su cui tutti gli esperti sono concordi. Quindi, è normale che ci sia chi mostri la voglia di leggere e scrivere molto prima del debutto alla primaria e chi no. Un bimbo solitamente inizia ad imparare a leggere in modo fluente mediamente ad una età di circa 6/7 anni.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Quando il bambino inizia dire le prime parole? Come aiutarlo a parlare?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SINDROME DI ASPERGER BAMBINI ADULTI SINTOMI CURE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie CapillariCi sono alcune tappe base di sviluppo del linguaggio bimbi, che sono le seguenti:

  • a 6 mesi di età , il bambino sa ripetere suoni come  “la, la”, “ba , ba” o ” da, da ” (tale emissione di suoni prende il nome onomatopeico di “lallazione”;
  • entro i 12 mesi (primo anno di età) il bambino sa dire alcune parole semplici;
  • all’età di 18 mesi (un anno e mezzo di vita) il bambino sa pronunciare numerose parole;
  • entro i 2 anni il bambino inizia a mettere insieme le parole in modo da esprimere un senso compiuto, spesso legato all’alimentazione, ad esempio ” basta pappa”, “acqua mamma”, “ancora latte”;
  • entro  i 3 anni , il bambino sa parlare usando 2-3 frasi alla volta.

Tali limiti temporali sono però assolutamente variabili: ogni bambino ha tempi diversi che non necessariamente indicano una patologia.

Come fanno i bambini ad imparare a parlare?

I bambini imparano a parlare guardando, ascoltando e rispondendo alle persone che li circondano.Sono attorniati da mille stimoli e assorbono informazioni in ogni istante. Nei primi mesi, il bambino ascolta la  voce della mamma e del papà o comunque delle persone che vivono attorno a lui quotidianamente, e cerca di ripetere gli stessi suoni che emettono gli adulti. Quando voi gli rispondete  e cercate di “conversare” con lui, il bambino  di conseguenza si sentirà ulteriormente incoraggiato e stimolato a continuare nei suoi esperimenti comunicativi. E così mano a mano che cresce imparerà nuovi suoni, nuove sillabe e parole.

Leggi anche:

Quando un bambino non parla: cosa può impedire a mio figlio di imparare a parlare?

Ci sono diverse situazioni che possono causare un ritardo nel parlare. Ad esempio:

  • problemi di udito;
  • problemi con il movimento della lingua;
  • problemi al palato o alle corde vocali;
  • problemi relativi alla zona cerebrale deputata al linguaggio.

Il modo migliore per aiutare il bambino che presenta un ritardo nel linguaggio è quello capire precocemente quale potrebbe essere l’eventuale problema ed affrontarlo. Con la maggioranza delle patologie, un trattamento precoce determina buone probabilità che la capacità linguistica del vostro bambino possa migliorare e/o risolversi.

Cosa fare se mio figlio non sta parlando nei tempi previsti?

I tempi di apprendimento del linguaggio sono estremamente variabili, tuttavia, se pensate che il vostro bambino abbia qualche problema di linguaggio parlatene con il pediatra di fiducia, che eventualmente potrà inviarvi da uno specialista per una consulenza.

Leggi anche:

Come posso aiutare il mio bambino ad imparare a parlare?

Innanzitutto parlate con lui, fin da quando è nel pancione. Dalla nascita continuate a farlo, parlategli, raccontategli storie, cantate con lui delle canzoni. Tutto questo aiuterà il vostro bimbo ad imparare ad emettere suoni e a comunicare. Rispondete con parole ai suoni del vostro bambino. Se per esempio il bambino vi indica una banana e dice  “ee – ee” voi rispondetegli con un  “Vuoi mangiare la banana?”. In questo modo inzierà ad associare il nome e il suono corretto alle cose. Altri consigli sono:

  • Insieme alla voce usate anche segnali con la mano e gesti per aiutarlo a capire cosa state dicendo.
  • Parlate con il vostro bambino per tutta la giornata. Mentre siete in passeggiata ad esempio o mentre fate la spesa con lui: date sempre uno nome alle cose e descrivete quello che state facendo.
  • Rispondete sempre alle domande del vostro bambino perché per lui ricevere delle risposte è importantissimo.
  • Non fate l’errore di parlare con il linguaggio dei bambini (il cosiddetto “bimbese“), ma usate sempre e solo parole reali.
  • Leggetegli delle fiabe, ogni giorno a partire dai 6 mesi di età, ma anche da prima se volete.
  • Ascoltare i grandi che leggono ad alta voce, aiuta il bambino ad imparare i suoni. La lettura può anche aiutare a capire la lingua e imparare nuove parole.
  • Scegliete libri con grandi immagini con colori vivaci e con storie semplici. vanno benissimo anche testi che contengono numeri, le lettere dell’alfabeto, forme e rime.
  • Per coinvolgere di più il vostro bambino  indicate le immagini e date il nome alle cose raffigurate, e poi  chiedete al bambino di indicare gli oggetti rappresentati nella pagina. Mano a mano che cresce potete fargli domande sulla storia. Questa interazione  stimola il bambino all’apprendimento. Non dimenticate mai di incoraggiarlo e di trasmettergli fiducia in quello che fa o impara a fare.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Quando il bambino inizia a mangiare da solo autonomamente?

MEDICINA ONLINE BIMBO SVEZZAMENTO LATTE ARTIFICIALE ALLATTAMENTO SENO BAMBINO NEWBORN BABY NEONATO LATTANTE GATTONARE CARPONARE CAMMINARE PARLARE BENE PRIMA PAROLA SCALCIARE PARLARE MASCHIO FEMMINA DIFFERENZA AIUTOMolti genitori, quando il loro bambino inizia a star seduto sul seggiolone e ad interessarsi alla manipolazione del cibo e agli oggetti ad esso collegati, si interrogano sul dubbio se esista o no un’età ideale in cui si debba o possa insegnare ad un bimbo a mangiare da solo. No, come per molte altre attività, vedi il camminare, molto dipende dai segnali che il bimbo stesso dà: è molto curioso nei confronti del cibo o lo accetta passivamente? Riesce ad afferrare bene le posate o i pezzetti piccoli di cibo usando ad esempio due dita a mo’ di pinza?

Svezzamento: dai sei mesi ad un anno di età circa

Fin dallo svezzamento è importante permettere al bambino di conoscere il cibo, sia assaggiandone molte varietà a piccoli bocconcini, ma permettendogli anche di manipolare il cibo, portarselo alla bocca da solo (e inevitabilmente combinando qualche disastro, questo mettetelo in conto). E’ normale a questa età portare tutto alla bocca e fare conoscenza di ogni oggetto, che sia o meno commestibile, mediante l’olfatto e il gusto. Ad un bimbo di sei mesi normalmente si permette di esplorare gli oggetti mettendoli in bocca, anzi gli si propongono dei giochi che servono proprio a questo, allo stesso modo, e a maggior ragione, non dobbiamo vietargli di farlo col cibo, portandolo alla bocca con le mani, pasticciandolo e sporcandosi. Facendo così, il bambino svilupperà un buon rapporto col cibo e col proprio corpo e imparerà ad assaggiare di tutto. Per quel che riguarda l‘uso delle posate nei bimbi piccoli, per far loro prendere confidenza, iniziate a dargli in mano un cucchiaino e poi verso l’anno una forchettina per bambini, magari mentre lo imboccate voi con un’altra. A 9 mesi il bambino sa tenere il biberon con le mani, portarlo alla bocca e toglierlo quando ha finito. Se gli viene dato un biscotto lo succhia con piacere ma si sporca parecchio. Quindi il primo consiglio quindi è quello di lasciare il bambino libero di mangiare con le mani, manipolare il cibo, annusarlo e portarlo alla bocca. Una serie di azioni che il bambino può fare sin da subito, sin dalle prime fasi dello svezzamento.
Poi si può offrire al bambino un cucchiaino morbido con il quale può provare a prendere il cibo e portarlo alla bocca.

Dai 12 ai 18 mesi

Verso l’anno ma anche un po’ più tardi se non lo vedete pronto, se il bambino è molto lento a mangiare e si distrae facilmente, potete lasciarlo fare da solo per la prima metà del pasto e imboccarlo successivamente. Sperticatevi in lodi e complimenti quando riesce a portare correttamente un boccone in bocca da solo. Verso i 18 mesi, il bambino, specie nei confronti della mamma, vorrà far da sé affermando la sua autonomia, spesso in malo modo, non per niente questa fase viene denominata quella dei “terribili 2 anni”.

Dai 18 ai 36 mesi

In questa stupenda fase (per quel che riguarda le scoperte) il bambino riconosce il proprio posto all’interno della famiglia, ne acquisisce le regole. Continua però la ricerca dell’autonomia, infatti vi accorgerete che vorrà fare “tutto da solo”. A due anni un bambino di solito mangia da solo, tiene il bicchiere con una sola mano e non si sporca quasi più. Ogni tanto può chiedere di essere imboccato, ma in realtà è più una coccola o una richiesta di attenzione che reale difficoltà. Verso i due anni e mezzo inizia ad utilizzare la forchetta ed infila correttamente i bocconi in bocca.

A tre anni ormai dovrebbe stare correttamente a tavola

Se ad esempio, pur conoscendo l’uso delle posate si ostina a mangiare con le mani, cercate di togliere questa “cattiva abitudine” con gentile fermezza, altrimenti continuerà perché è più comodo chissà per quanto.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Quando iniziare lo svezzamento dopo latte artificiale e allattamento al seno

MEDICINA ONLINE BIMBO SVEZZAMENTO LATTE ARTIFICIALE ALLATTAMENTO SENO BAMBINO NEWBORN BABY NEONATO LATTANTE GATTONARE CARPONARE CAMMINARE PARLARE BENE PRIMA PAROLA SCALCIARE  PARLARE MASCHIO FEMMINA DIFFERENZA AIUTO.jpgCosa significa “svezzamento”?

Un bimbo prende il nome di “lattante” nel periodo variabile che inizia col 29° giorno dopo il parto e termina  con lo “svezzamento“. Lo svezzamento (anche chiamato “divezzamento” o ancora “alimentazione complementare”) è il processo di sostituzione dell’alimentazione esclusiva a base di latte (allattamento naturale o artificiale) tipica delle prime fasi di vita, con quella caratterizzata dall’assunzione di altri liquidi e solidi. Lo svezzamento inizia in un tempo variabile che oscilla tra i 6 e gli 11 mesi di vita, sia in caso di bimbo allattato al seno che di bimbo allattato con latte artificiale. Se il bimbo è stato allattato al seno, il momento dello svezzamento rappresenta anche psicologicamente la fine del rapporto simbiotico tra mamma e neonato (tipico dei primi mesi di vita del bambino) ed è fondamentale lo sviluppo del rapporto madre/figlio e dell’identità stessa del bambino.

Quando iniziare lo svezzamento nei lattanti?

Non bisogna avere fretta di proporre nuovi alimentati, soprattutto ai bambini allattati al seno, che possono iniziare tranquillamente a variare la loro ‘dieta’ intorno a 6 mesi. Lasciatevi guidare dal bimbo nel decidere qual è il momento più adatto ad iniziare: saranno pronti quando sembreranno ancora affamati dopo un pasto di latte o quando la vista o l’odore di cibi diversi dal latte sembreranno scatenare il loro entusiasmo. Non forzate mai il bambino a mangiare controvoglia e non aspettatevi che le prime pappe vengano consumate interamente. Le prime volte il bimbo mangerà (e sputerà ovunque) pochissimi cucchiaini sia perché deve apprendere sapori nuovi, sia perché deve apprendere un nuovo metodo per alimentarsi passando dal succhiare al cucchiaio.

Come capire quando il lattante è pronto per lo svezzamento?

In genere sono 3 gli elementi da prendere in considerazione (oltre all’età del neonato) che ci possono far capire che il bambino è pronto ad affrontare la fase dello svezzamento:

  1. è in grado di stare seduto da solo;
  2. mostra interesse verso il cibo;
  3. ha raddoppiato il peso dalla nascita.

Leggi anche:

Come iniziare lo svezzamento? Quali cibi scegliere e quali evitare?

Il brodo vegetale si prepara con verdure fresche di stagione o se preferite con verdure di coltivazioni biologiche: patate, carote, fagiolini, piselli, spinaci, sedano, carciofi, coste, bietole, zucchine, zucca e tutte le varietà di insalate.
Inizialmente potrete utilizzare solo alcuni tipi, generalmente patata, carota e zucchina, poi progressivamente aggiungere una verdura nuova tutte le settimane. Così facendo si abitua pian piano il bambino a nuovi sapori e si valuta se le novità sono ben tollerate (reazioni allergiche, variazioni nelle scariche intestinali, ecc.). Evitate cavoli, cavolfiori, verze, cipolle che hanno sapori e odori forti, e il pomodoro, uno degli alimenti più allergizzanti. Queste verdure vanno lavate e bollite per un’ora circa in ln litro di acqua non salata. Il brodo così preparato può essere conservato in frigorifero, ben tappato, per 1-2 giorni. Per le prime pappe si utilizza solo il brodo filtrato, scartando le verdure bollite. Nelle settimane successive le verdure utilizzate si passano (o si frullano) e se ne aggiungono 1-2 cucchiai al brodo. Non aggiungere sale, né dado.

Come preparare la prima pappa?

Ovviamente la pappa non è fatta solo di brodo, ecco come la preparerete:

  • 150 – 180 grammi di BRODO VEGETALE preparato come descritto sopra:
  • 3-4 cucchiai da cucina rasi di CREMA di RISO o MAIS-TAPIOCA o SOIA o MULTICEREALI o SEMOLINO;
  • 1 cucchiaino da caffè di PARMIGIANO ben stagionato;
  • 1 cucchiaino da caffè di OLIO D’OLIVA extra-vergine.

In caso di stitichezza e popò molto dura, non utilizzare la crema di riso e aumentare la quantità di zucchina; in caso di diarrea, utilizzare la crema di riso e aumentare la quantità di patata e carota. Dopo la prima settimana di solo brodo con cereali e una seconda di brodo + cereali + qualche cucchiaio di verdure lesse passate si può aggiungere 5 grammi (1/2 vasetto) di LIOFILIZZATO di CARNE BIANCA (agnello, coniglio, tacchino, pollo) o mezzo vasetto di omogeneizzato a discrezione del vostro pediatra

Una volta introdotta la pappa ecco come potete organizzare lo schema dei pastidel vostro bambino fino al sesto mese:

  • 4-5 pasti nella giornata dei quali 3-4 pasti di latte (materno o di proseguimento);
  • 1 pasto (di solito al mezzogiorno, ma senza che ciò costituisca un obbligo) con pappa.

Leggi anche:

Schema temporale dello svezzamento

Quando introdurre gli alimenti più comuni:

Frutta:

  • Mela, pera, banana e prugna: da 4 mesi;
  • Limone: qualche goccia nella frutta dai 4 mesi;
  • Albicocche e pesche: dai 6 mesi;
  • Arance e mandarini: spremuti dall’8° mese;
  • Kiwi, fragola, uva, cachi, fichi, anguria, melone, castagne, noci, mandorle: dopo i 12 mesi.

Verdura:

  • Patata, carota, zucchina e zucca: dai 5 mesi;
  • Sedano, porro, cipolla, insalata, finocchi, cavolfiori e spinaci: dai 6 mesi;
  • Pomodoro: senza buccia, dai 10 mesi;
  • Melanzane e carciofi: dopo i 12 mesi.

Cereali:

  • Riso: in crema dai 5 mesi, in chicchi dagli 8 mesi;
  • Mais e tapioca: in crema dai 5 mesi;
  • Semolino: dai 6 mesi;
  • Crema multicereali: dai 6 mesi;
  • Pastina minuscola, tipo sabbiolina: dai 7 mesi;
  • Pastina piccola, tipo forellini micron: dagli 8 mesi;
  • Pastina media, tipo anellini, stelline o puntine: dai 10 mesi;
  • Orzo e Farro: dai 12 mesi.

Carne:

  • Coniglio, tacchino, pollo, vitello e manzo: liofilizzato dai 5 mesi, omogenizzato dai 6 mesi, lessato o cotto al vapore dai 9 mesi;
  • Prosciutto cotto senza polifosfati: dagli 8 mesi;
  • Maiale: dopo i 12 mesi.

Formaggi:

  • Parmigiano: dai 5 mesi;
  • Formaggio ipolipidico: dai 6 mesi;
  • Ricotta fresca: dai 7 mesi;
  • Bel paese, Caciotta, Fontina dolce, Caprino fresco e Crescenza: dagli 8 mesi.

Pesce:

  • Merluzzo, trota, sogliola, platessa, nasello e palombo: dagli 8 mesi;
  • Pesce spada e salmone: dai 9 mesi.

Altri alimenti:

  • Olio extra vergine di oliva: dai 5 mesi nella pappa;
  • Brodo vegetale: dai 5 mesi;
  • Yogurt intero: dai 7 mesi;
  • Brodo di carne: dagli 8 mesi;
  • Legumi: dagli 8 mesi;
  • Uovo: tuorlo sciolto nella pappa, dai 9 mesi; uovo intero dopo i 12 mesi;
  • Miele: dopo i 12 mesi.

Leggi anche:

Svezzamento al 4 mese

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia l’allattamento esclusivo per i primi 6 mesi del neonato, ma ci sono ancora pediatri che fanno iniziare prima dei sei mesi lo svezzamento o motivi che possono spingere una mamma (o il medico) ad anticipare l’introduzione di nuovi cibi. In ogni caso parlatene sempre col pediatra, che vi saprà consigliare il modo giusto per dare inizio allo svezzamento. Molti pediatri dopo il compimento del quarto mese consigliano di iniziare ad introdurre la frutta, magari per uno spuntino a metà mattina o metà pomeriggio. In genere si comincia con la pera, che è uno dei frutti più digeribili e più adatti al delicato stomaco del neonato.

Svezzamento a 5 mesi

Se avete già iniziato lo svezzamento (anche solo con la frutta) nel quarto mese, potrete continuare così anche nel quindi mese del bebè o iniziare ad introdurre nuovi alimenti. Alcuni anticipano l’inizio dello svezzamento vero e proprio al compimento del quinto mese. C’è chi inizia con le pappe di latte e chi subito con il brodo vegetale. Dallo schema precedente potete vedere che sono molti gli alimenti che si possono introdurre dal quinto mese. Se non potete continuare l’allattamento esclusivo fino al sesto mese (che, ricordate, è sempre la scelta più consigliata), decidete insieme al pediatra una tabella da seguire per iniziare lo svezzamento, sempre cercando di rispettare le esigenze del bambino. Se invece state continuando ad allattare regolarmente, potrete continuare a farlo in maniera esclusiva fino al compimento del sesto mese.

Svezzamento a 6 mesi

I 6 mesi rappresentano uno spartiacque nell’alimentazione del bambino. Fino a questo momento i neonati hanno seguito una alimentazione a base di latte, mentre dopo il compimento dei 6 mesi si possono iniziare ad introdurre gli altri cibi. E’ per tutti arrivato il momento di far assaggiare al bambino nuovi alimenti, fargli scoprire nuovi sapori e nuove consistenze. Cercate anche di far toccare al bambino i nuovi cibi, in modo che possa imparare a conoscerli con tutti i sensi. Non c’è un solo metodo per svezzare i bambini, ma ce ne sono diversi (dallo svezzamento classico all’autosvezzamento). Parlatene col pediatra e decidete quale metodo volete seguire.

Svezzamento naturale (autosvezzamento)

Oltre al classico svezzamento, durante il quale i nuovi alimenti vengono introdotti un po’ alla volta, ultimamente si sta diffondendo anche un altro metodo per svezzare i neonati. Un metodo considerato sotto vari punti di vista più naturale:  l’autosvezzamento. In che consiste questo metodo? In pratica invece di introdurre gli alimenti poco alla volta, il bambino inizia da subito a mangiare tutto. Il piccolo siede a tavola (sul seggiolone) con i genitori e comincia ad assaggiare quello che mangiano i genitori. Ovviamente, se si sceglie l’autosvezzamento, è fondamentale che i genitori seguano una dieta sana ed equilibrata. Meglio evitare il sale (o comunque usarlo molto poco) e i cibi piccanti. In linea di massima, però, il bambino può assaggiare tutto quello che desidera e mangiare da subito insieme a mamma e papà.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Bambino di 14 mesi non cammina ancora: cosa fare? I consigli delle mamme

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA PARTO NATURALE CESAREO SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTO RAPPORTO AMIQuasi tutti i genitori, specie se alle prese con il primo figlio, sono preoccupatissimi di vedere il proprio bambino gattonare ancora superati i 12 mesi di vita. In realtà è assolutamente normale che ogni bambino, maschio o femmina, impari a camminare con tempi estremamente variabili ed è molto probabile – se anche i genitori da piccoli hanno iniziato a camminare “tardi” – che muova i primi passi anche oltre l’anno di vita. In ogni caso un “limite” temporale, oltre il caso è effettivamente importante interessarsi al problema, è 18 mesi: non camminare superato l’anno e mezza di vita necessita di attenzione da parte del pediatra. Se a 14 mesi il bimbo non è ancora capace di muovere i passi, non ci si deve quindi preoccupare, bensì ci si può ingegnare per trovare dei sistemi che possano aiutarlo.

Cosa devono fare i genitori: creare gli spazi adatti

Per agevolare il bimbo è importante creare degli spazi in cui il bambino possa fare “i primi esperimenti” di passeggiata, lasciandogli un ambiente spazioso e senza oggetti pericolosi su cui inciampare. Bisogna eliminare dalla sua altezza tutti gli oggetti fragili o pericolosi, via i soprammobili dai ripiani più bassi, coprire gli spigoli con paraspigoli, le prese elettriche con copripresa, chiudere i detersivi negli armadietti, togliere i tappeti che potrebbero farlo inciampare: ormai tutti gli spazi di casa devono essere letteralmente tutti su misura per lui. Attenzione infine ai lembi delle tovaglie, che potrebbe facilmente trascinarsi giù nel tentativo di trovare un appiglio, gettandosi addosso pericolosissimi piatti, bicchieri e posate.

Leggi anche:

Cosa devono fare i genitori: assecondarlo e complimentarsi

Per i genitori è importante assecondarlo: il bambino fa ciò che si sente di fare e non va forzato. Per questo motivo non deve essere il genitore a metterlo in piedi, per poi cercare di lasciarlo da solo: il bambino deve raggiungere autonomamente la stazione eretta, perché solo allora vuol dire che si sente fisicamente e psicologicamente pronto per stare in piedi e muovere i suoi primi passi. Una volta che è in piedi, possiamo allungargli un dito a cui lui si aggrapperà con la manina, se vorrà farlo. Ai genitori rimane l’importantissimo compito di incoraggiarlo e complimentarsi con lui per i traguardi raggiunti: il bimbo avrà un incentivo a continuare a sperimentare i movimenti delle gambe ed esercitarsi.

Leggi anche:

I consigli delle mamme

Di seguito vi riportiamo dei consigli di alcune mamme trovati in rete, consigli che troviamo effettivamente validi e condivisibili:

1. Ogni bimbo ha i suoi tempi

La mia a 10 mesi ha cominciato ad arrampicarsi alle sedie, al passeggino, alle mie gambe e solo dopo qualche settimana si è ‘mollata’. Io la lasciavo fare, ma soprattutto lasciavo che facesse da sola, perché se le dai la manina si abitua e si sente insicura: ogni progresso deve raggiungerlo con le sue forze. Il secondo invece ha camminato a 15 mesi, a dimostrazione che ogni bimbo ha i suoi tempi. (Elisabetta).

2. Quando si solleva da solo sulle sue gambe, vuol dire che è pronto

Non devi essere tu a metterla in piedi per poi tentare di lasciarla sola, ma deve essere lei a sollevarsi sulle sue gambe, perché solo allora vuol dire che è pronta. La pediatra mi ha anche raccomandato di non tenerla per mano, perché si rischiano strattonamenti che possono esser dannosi: basterà un solo dito per darle quel minimo di sicurezza che le occorre. (Carla).

3. Meglio non preoccuparsi e non aver fretta, ma sorridere al bimbo e incoraggiarlo quando prova a camminare

Per mia figlia è stato di grande aiuto il box. La mettevo scalza, lei un po’ per volta cercava di raggiungere le maniglie ed era una meraviglia vedere come si sforzava per sollevarsi. Naturalmente io ero lì a sorriderle ed incoraggiarla! Comunque non aver fretta e non preoccuparti: quando inizierà a camminare rimpiangerai questi tempi perché non riuscirai nemmeno a lavarti il viso! (Angela)

4. Un metodo divertente ed efficace per invitare il bimbo a camminare

Prova questo metodo: la fai appoggiare con le manine al letto o al divano e ti metti poco distante da lei, magari con un giochino che le piace, e la inviti a raggiungerti. All’inizio devi starle quasi attaccata, poi un po’ per volta ti allontani in modo che debba muovere qualche passetto in più. Con mio figlio ha funzionato! (Barbara).

5. Meglio riorganizzare gli spazi di casa per essere più sicuri

Un consiglio: prima ancora che si metta ‘in marcia’, riorganizza gli spazi in casa: io ho eliminato tutti i soprammobili fragili o pericolosi posti alla sua altezza, ho messo i copripresa alle prese elettriche ed ho coperto gli spigoli dei tavoli con i paraspigoli. E uso tovaglie corte, perché potrebbe usarle come appiglio e trascinarsi giù piatti e bicchieri!!! (Antonella).

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Quando il bambino inizia a camminare e quando camminerà bene?

MEDICINA ONLINE BIMBO BAMBINO NEWBORN BABY NEONATO LATTANTE GATTONARE CARPONARE CAMMINARE PARLARE BENE PRIMA PAROLA SCALCIARE CORRERE PARLARE MASCHIO FEMMINA DIFFERENZA AIUTO GENITORI.jpgUna delle più belle soddisfazioni di un bimbo di pochi mesi, e basta guardare la sua espressione quando si riesce per capirlo, è fare i primi passi. Ma a quanti mesi di vita ciò dovrebbe accadere?

A quanti mesi il bambino inizia a camminare?

La media per i primi passi è 12 mesi questo dato è individuale ed estremamente variabili: i bambini più precoci iniziano a muovere i primi timidi passi anche a 8 mesi, altri bimbi invece aspettano i 14 mesi ed oltre, anche fino all’anno e mezzo di vita.

Primi passi: differenza tra maschi e femmine

Le bambine, ed in generale tutti i bimbi con peso minore, tendono a camminare prima rispetto ai bimbi maschi e/o con peso maggiore, tuttavia questa non è assolutamente una regola fissa.

Bambino inizia a camminare: l’influenza dei genitori

L’inizio della deambulazione autonoma del bimbo è una caratteristica familiare: se uno dei genitori ha iniziato a camminare presto, è più probabile (ma non certo!) che anche il bambino inizi presto a fare i primi passi.

Il mio bambino non cammina ancora: quando “preoccuparsi”?

Quasi tutti i genitori, specie con il primo figlio, sono preoccupatissimi di vedere il proprio bambino gattonare ancora superati i 12 mesi di vita. In realtà, come abbiamo visto, ogni bambino impara a camminare con tempi estremamente variabili ed è molto probabile – se anche i genitori da piccoli hanno iniziato a camminare “tardi” – che muova i primi passi anche oltre l’anno di vita. In ogni caso un “limite” temporale, oltre il caso è effettivamente importante interessarsi al problema, è 18 mesi: non camminare superato l’anno e mezza di vita necessita di attenzione da parte del pediatra.

Il bambino che cammina ha bisogno di scarpe?

Le prime scarpe per le prime passeggiate fuori casa dovrebbero preferibilmente avere un modesto plantare e flessibili, dalla punta al tacco. Per i primi passi in casa va invece benissimo lasciarlo a piedi nudi (se la temperatura la concede) o con calze antiscivolo. La preferenza dipende dal tipo di pavimento: con moquette e parquet si può stare a piedi nudi, con marmo e piastrelle è meglio con calze antiscivolo, proprio per evitare di scivolare.

Quali scarpe scegliere?

Le scarpine per i primi passi devono essere molto morbide e flessibili e non frapporre troppi “strati” al contatto col suolo, per consentire al piedino di ricevere meglio le informazioni propriocettive che provengono dal terreno, ossia l’insieme di informazioni che permettono al piccolo di mantenersi in equilibrio e di sviluppare correttamente la muscolatura del piede. Né servono plantari anatomici particolari (a meno che non vi siano problematiche specifiche, che sarà il medico ad evidenziare), ma è sufficiente una buona suola traspirante, che lasci respirare la pelle.

Leggi anche:

Cosa devono fare i genitori: creare gli spazi adatti

Per agevolare il bimbo è importante creare degli spazi in cui il bambino possa fare “i primi esperimenti” di passeggiata, lasciandogli un ambiente spazioso e senza oggetti pericolosi su cui inciampare. Bisogna eliminare dalla sua altezza tutti gli oggetti fragili o pericolosi, via i soprammobili dai ripiani più bassi, coprire gli spigoli con paraspigoli, le prese elettriche con copripresa, chiudere i detersivi negli armadietti, togliere i tappeti che potrebbero farlo inciampare: ormai tutti gli spazi di casa devono essere letteralmente tutti su misura per lui. Attenzione infine ai lembi delle tovaglie, che potrebbe facilmente trascinarsi giù nel tentativo di trovare un appiglio, gettandosi addosso pericolosissimi piatti, bicchieri e posate.

Cosa devono fare i genitori: assecondarlo e complimentarsi

Per i genitori è importante assecondarlo: il bambino fa ciò che si sente di fare e non va forzato. Per questo motivo non deve essere il genitore a metterlo in piedi, per poi cercare di lasciarlo da solo: il bambino deve raggiungere autonomamente la stazione eretta, perché solo allora vuol dire che si sente fisicamente e psicologicamente pronto per stare in piedi e muovere i suoi primi passi. Una volta che è in piedi, possiamo allungargli un dito a cui lui si aggrapperà con la manina, se vorrà farlo. Ai genitori rimane l’importantissimo compito di incoraggiarlo e complimentarsi con lui per i traguardi raggiunti: il bimbo avrà un incentivo a continuare a sperimentare i movimenti delle gambe ed esercitarsi.

Il bimbo cade: cosa devono fare i genitori?

Se succede, i genitori non devono mostrarsi spaventati, cosa che lo… spaventerebbe: la maggior parte delle cadute per lui non sono dannose e se piange è quasi sempre perché ha visto la nostra espressione preoccupata. Un atteggiamento allarmato da parte dei genitori potrebbe anzi dargli insicurezza e scoraggiare ulteriori tentativi, mentre un atteggiamento tranquillo può rassicurarlo ed aumentare la fiducia nelle sue capacità. Se invece l’urto è stato “importante”, il bimbo ha sbattuto la testa violentemente e sembra aver cambiato comportamento rispetto al solito, allora è necessario recarsi immediatamente al pronto soccorso pediatrico.

Leggi anche:

Il girello può essere utile per aiutare il bambino a camminare?

La nostra risposta è NO. Anzi, il girello è potenzialmente dannoso, perché fa impostare male l’andatura, inoltre non gli permette di allenare la muscolatura e il senso dell’equilibrio.

Che fare se il bimbo ha il ginocchio varo (gambe ad arco)?

Può succedere, quando il bambino comincia a stare in piedi, di vedere uno spazio tra le ginocchia, che formano, appunto, un arco. Il fenomeno si chiama propriamente ginocchio varo e può interessare con maggiore frequenza i bambini robusti, che con il loro peso possono far arcuare le ginocchia. Spesso c’è una componente familiare, ma nella maggior parte dei casi è una caratteristica che tende a regredire spontaneamente intorno ai 2-3 anni. In ogni caso è bene farlo presente al pediatra che, se lo riterrà opportuno, potrà consigliare una visita ortopedica.

Che fare se il bimbo ha il ginocchio valgo (gambe ad X)?

È la situazione opposta al ginocchio varo: quando il bambino sta in piedi, anche se le ginocchia sono a contatto fra di loro, i piedi restano distanziati. E’ il fenomeno del ginocchio valgo, e si manifesta in genere fra i 3 e i 4 anni. Anche in tal caso c’è in genere una componente familiare e anche in tal caso il fenomeno tende a scomparire con il fisiologico sviluppo degli arti inferiori. Sarà però il pediatra a valutare se e quando è il caso di consultare uno specialista ortopedico.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Quando il bambino inizia a gattonare? Cosa deve fare il genitore?

MEDICINA ONLINE BIMBO BAMBINO NEWBORN BABY NEONATO LATTANTE GATTONARE CARPONARE CAMMINARE PARLARE BENE PRIMA PAROLA SCALCIARE CORRERE PARLARE MASCHIO FEMMINA DIFFERENZA AIUTO GENITORI.jpgChe significa “gattonare”?

Il verbo “gattonare” sta a indicare l’avanzare con le mani e con le ginocchia sul pavimento (“a quattro zampe”), riferito solitamente ai bambini che non hanno ancora imparato a camminare in piedi e non a quelli che già sanno camminare.

A quanti mesi il bambino inizia a gattonare?

Solitamente il bimbo, sia maschio che femmina, tra i 6 e gli 8 mesi acquisisce la capacità di stare in equilibrio su mani e piedi a pancia sotto; successivamente tra i 9 e i 10 mesi inizia il gattonamento, ma ci sono bimbi che iniziano anche prima o più tardi: non è importante anticipare le tappe motorie quanto raggiungerle quando si è veramente pronti. Alcuni bambini saltano questa fase e sperimentano altre modalità di movimento, ad esempio strisciano a pancia in giù, si spostano da seduti aiutandosi con mani e piedi, per poi passare direttamente alla stazione eretta. E’ importante in questa fase notare nel bambino la volontà di spostarsi in una direzione che può decidere autonomamente.

Leggi anche:

Gattonare: è davvero importante?

Spesso si pensa che saltare questa tappa motoria e passare direttamente alla deambulazione non abbia nessuna importanza dal punto di vista motorio, della coordinazione e dello sviluppo cognitivo, ma secondo alcuni autori non è affatto così. Il gattonamento prepara e allena il bambino alla sua futura coordinazione motoria; inoltre il passaggio dalla posizione quadrupedica a quella bipede (in piedi) permette la formazione delle curve fisiologiche della schiena. Inoltre il bimbo, grazie al gattonamento:

  • Aumenta la coordinazione occhio-mano: quando i piccoli esaminano un oggetto, ad esempio, imparano a sviluppare la distanza ed il posizionamento e a sfruttare il movimento delle mani per raggiungerlo in sincronia con gli occhi, che devono poter lavorare insieme.
  • Impara a utilizzare entrambe le orecchie e tutti e due gli occhi (visione binoculare).
  • Sviluppa la propriocezione: impara a percepire la posizione del corpo nello spazio e il grado di contrazione dei propri muscoli anche senza l’aiuto visivo.
  • Sviluppa le funzioni cognitive. Avete mai sentito parlare del lato destro e sinistro del cervello? Ebbene, per poter funzionare al meglio, queste due parti devono essere in piena comunicazione tra loro, e la loro capacità di comunicare non è un’abilità del tutto innata. I movimenti richiesti per gattonare portano i due lati del cervello ad interagire tra loro, creando aree di informazioni importanti per la maturazione delle diverse funzioni cognitive.
  • Aumenta la fiducia in se stesso: il bambino impara anche a prendere decisioni circa la destinazione e la velocità, e sperimenta il piacere provocato dal raggiungimento del suo obiettivo.
  • Sviluppa lo schema crociato, ovvero la funzione neurologica per cui il braccio destro si muove in sincronia con la gamba sinistra e viceversa.

Il bambino che gattona ha bisogno di scarpe?

Per gattonare non c’è bisogno di scarpe: l’ideale sono i calzini antiscivolo.

Cosa devono fare i genitori?

Per agevolare il gattonamento il genitore può aiutare il bimbo disponendo un grande tappeto morbido con la gomma sotto con alcuni giocattoli sparsi: il bambino imparerà presto a spostarsi nella modalità che gli risulta più congeniale per raggiungerli.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!