Il film sulla vita di Buddy Holly: chitarre usate ed errori

MEDICINA ONLINE The Buddy Holly Story guitars

Il vero Buddy Holly

Se vi piace il rock and roll ed il cinema, non dovete perdetevi “The Buddy Holly story“, un film biografico sulla vita del grande e sfortunato musicista, girato nel 1978, diretto da Continua a leggere

Django Reinhardt, l’uomo che con sole due dita riuscì a scrivere la storia della chitarra

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IL MIO MITO DJANGO REINHARDT Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl mio mito è Django Reinhardt. Django Reinhardt nacque a Liberchies, una città del Belgio, il 23 gennaio del 1910 da una famiglia di etnia sinti, che girovagava in varie nazioni europee e nord-africane, fino a stabilirsi a Parigi. Ancora giovanissimo, Django era già un apprezzato suonatore di banjo, ma la sua vita era destinata a cambiare per sempre. Quando aveva appena diciotto anni la roulotte di famiglia dove lui viveva, fu infatti divorata da un incendio: Django riportò gravi ustioni, tanto da perdere l’uso della gamba destra e di buona parte della mano sinistra, cioè quella che usava sulla tastiera del proprio strumento musicale. L’anulare e il mignolo, distrutti dal fuoco, furono saldati insieme dalla cicatrizzazione e divennero inutilizzabili. Subito dopo l’incendio del caravan, Django rifiutò fermamente l’amputazione della mano sinistra e del piede destro e riuscì fortunosamente a superare il rischio di cancrena che gli si prospettava, ma per lui ogni aspirazione di essere musicista, era ormai del tutto svanita.

Qualsiasi persona al mondo, dopo un incidente del genere, avrebbe probabilmente smesso per sempre di suonare. Ma Django non aveva intenzione di piegarsi al suo destino tragico.

Dopo i primi tempi di nera disperazione e più di un anno di riabilitazione, ricominciò a suonare, ma aveva solo due dita a disposizione e doveva trovare un nuovo strumento e – soprattutto – un modo nuovo per usare al meglio la sua mano menomata. Un modo che nessuno aveva mai usato al mondo. A causa del danno alla mano sinistra, Reinhardt dovette per prima cosa abbandonare il banjo ed iniziare a suonare una chitarra che gli era stata regalata, meno pesante e meno ruvida. Nonostante le dita atrofizzate, o forse proprio “grazie” ad esse, sviluppò una tecnica chitarristica rivoluzionaria e del tutto originale e particolare riuscendo in questo modo a vincere la menomazione fino a tornare sulla scena assieme a diverse orchestre che giravano per la Francia. La sua condizione lo costringeva a ricorrere a tecniche diverse dalla maggioranza degli altri chitarristi e questo contribuì a plasmare il suo stile unico e inimitabile. L’originalissimo modo di suonare di Django, acclamato da musicisti di tutti i generi come geniale ed innovativo, divenne famoso in tutto il globo ed è ancora oggi studiato da molti chitarristi di fama mondiale. Django Reinhardt è tuttora considerato uno dei migliori musicisti della storia ed un esempio di come la volontà e l’amore per le proprie passioni possa far superare ogni difficoltà.

Il mio mito è invece Django Reinhardt, l’uomo che con sole due dita riuscì a scrivere la storia della chitarra e della musica.

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Tumore al cervello: operato mentre suona la chitarra e canta Yesterday

Un paziente brasiliano ha suonato la chitarra e cantato mentre veniva operato al cervello. E’ accaduto nell’ospedale di Tubarao a Santa Catarina, Stato meridionale del Paese sudamericano. Anthony Kulkamp Dias, 33 anni, doveva farsi togliere un tumore e i medici gli hanno consigliato di restare sveglio durante la chirurgia: visto che il carcinoma si trovava vicino all’area che controlla la parola e i movimenti, sarebbe stato così possibile individuare e fermare subito ogni eventuale lesione.
L’uomo, aiutato da farmaci e potenti anestetici locali, non ci ha pensato due volte: ha chiesto lo strumento e, tra gli altri brani scelti, ha intonato ‘Yesterday’ dei Beatles.Sei professionisti, tra cui una fonologa, hanno accompagnato l’intervento-concerto, che e’ durato circa nove ore.

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Differenza tra single coil e humbucker

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA PICK UP SINGLE COIL HUMBUCKER CHITARRA ELETTRICA GUITAR.jpgI pickup per chitarra elettrica si dividono principalmente in due grandi gruppi: single coil e humbucker, ed ognuno di essi ha caratteristiche costruttive e sonore diverse.

single coil hanno un solo avvolgimento, questo li rende sensibili ai campi elettromagnetici esterni che sono potenziali, se non certe, fonti di rumore. Maggiore è il numero di spire della bobina è maggiore è il rumore. Difficilmente quindi si avrà un suono libero da fruscio aumentando il livello di gain del distorsore ad alti livelli: il livello di rumore sarebbe troppo elevato non usando un soppressore di noise. Tipici delle Fender Stratocaster e Telecaster, il suono dei pick up singoli è generalmente pronto, dinamico e ricco di alte e basse frequenze, solitamente scavato sulle medie, con un attacco rapidissimo e forte. Questa sonorità rende i pickup a singolo avvolgimento l’ideale per i suoni puliti o con un leggero overdrive, tipici del funky e del blues, anche se – spinti adeguatamente – alcuni single coil con output elevati sono perfetti per un certo tipo di rock ed hard rock. Ottimi per accordi ed arpeggi puliti tipici della musica pop, un po’ meno adatti per il metal, anche se un certo Yngwie Malmsteen non sarebbe d’accordo.

Gli humbucker hanno due bobine avvolte in senso opposto e magneti orientate, anch’esse, in senso contrario tra loro. Il segnale è elevato (circa doppio rispetto ai monobobina), il livello di rumore prodotto è estremamente basso, se confrontato a un single coil, quindi sono pickup che si prestano più ai suoni distorti con gain da medio ad elevato, tipici di generi rock, hard rock e metal, anche se non è raro ascoltare arpeggi con suoni puliti. Tipici su Gibson, Ibanez, PRS e tutte le chitarre orientate a generi “potenti”, il suono è più grasso, compresso, ricco di sustain e generalmente spinto sulle medie frequenze, il che li rende molto buoni in caso di suoni distorti solisti.

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Cassa Mesa Boogie Recto Cab 2×12 Vintage30: recensione

MEDICINA ONLINE Cassa Mesa Boogie Recto Cab 2x12 Vintage30 recensione.jpgIl chitarrista medio passa tantissimo tempo nella scelta della sua chitarra elettrica, nei suoi legni, nei suoi pick up, nella sua forma, tutto ciò è giustissimo: in fondo la chitarra deve vestirci addosso come un guanto, deve avere una tastiera comoda che si adatti bene alla nostra mano e deve avere una forma che rispecchia esattamente la nostra postura nel suonare. Trovata la chitarra, o meglio ancora dopo essersela fatta fare su misura da Molinelli o Jacaranda, si passa alla ricerca del proprio amplificatore (l’altra metà del suono) e infine ci si diverte a cercare qualche variopinto pedale che abbellisca il nostro suono con effetti di ambiente, modulazioni, overdrive, booster… Per chi sceglie la via del combo la scelta dell’amplificatore sarà relativamente più semplice ma nel caso di una testata (o sistema rack) e cassa sarà tutto molto più complesso: trovata una bella testata che rispecchia ogni nostra necessità bisogna anche accoppiarla con una cassa che ne valorizzi, ed in alcuni casi, che lo migliori addirittura! Molti si dimenticano che la cassa è una delle componenti più importanti del percorso che il suono si fa dalle nostre dita alle orecchie di chi ascolta, è il trasduttore per eccellenza! Oggi vi parlo della mia cassa Mesa Boogie che riesce, almeno per i miei gusti, a creare dei suoni molto interessanti!

LA CASSA

La cassa in questione è una Mesa Boogie Recto Cab con due coni Celestion vintage 30, la cassa è molto robusta, pesa infatti 75 libbre, è in configurazione closed back (cioè completamente chiusa nella parte posteriore) il che permette una maggiore botta ed escursione sulle basse frequenze. Visivamente è simile a tutte le casse mesa standard, tipo quelle che vedete ammassate come armadi alle spalle di Petrucci nel G3, nera, 8 paraspigoli neri, griglia nera, scritta coatta MESA engineering sulla griglia. Nel posteriore troviamo l’input e un’uscita parallela per collegare appunto in parallelo un’ulteriore cassa aggiuntiva. I legni usati per questa recto cab sono un multistrato di betulla molto spesso per la cassa e, mi pare l’MDF per la baffle board. All’interno i due coni celestion, attaccati alla una robusta baffle board, sono da 16 ohm l’uno collegati in parallelo il che dà una risultante totale di 8 ohm di impedenza in entrata che permette alla cassa di essere collegata con praticamente qualsiasi testata esistente. La cassa supporta fino a 140 watt quindi si comporta bene con tutte le testate moderne ad alto gain da 100 watt (Masotti, Bogner, Diezel, Mesa, Engl…). I coni celestion v30 hanno una efficienza incredibile, circa 103 db, che gli permette di rivitalizzare anche finali dotati di  un basso wattaggio. Sicuramente non è il top della praticità ma vi assicuro che è un ottimo compromesso tra le casse a 1 cono (pratiche ma dal suono “mono-conico”) e quelle a 4 coni (bel suono ma manco mi entrerebbe in macchina!).

IL SUONO

Questa recto cab è in mio possesso da diverso tempo quindi posso dire di conoscerla ormai abbastanza bene. La uso collegata ad una testata Mesa Boogie F-50 tramite un grosso cavo di potenza costruitomi a mano da Pierangelo Mezzabarba alla Masotti (un nome una garanzia!). Inizio subito col dire che è uno scatolone nero dotato di molto carattere, molto lontano dall’essere una cassa neutra che rispecchia fedelmente il suono della nostra testata, lo trasforma sempre in qualche modo in maniera decisiva e, secondo me, lo fa in maniera molto positiva. L’ottima cassa artigianale Dragoon di Giniski ad esempio, rispetto alla Mesa, riesce a rimanere molto più trasparente e fedele al suono della vostra testata, alla fine è una scelta soggettiva: a me piace che la cassa tenda a modificare il suono originale, naturalmente deve modificarlo in un modo che ci piaccia! detto questo va anche considerato che tutto ciò non significa che ogni testata suonerà uguale attaccata alla Mesa perdendo il proprio, di carattere! Anzi, ho effettuato alcune prove con diverse testate (tra cui Engl Powerball, Randall RM100, Marshall JCM2000, Mesa Stiletto, Masotti X100M modern e, ovviamente, Mesa Dual Recto che sarebbe la testata per cui originariamente è stata creata questa cassa) ed ogni amplificatore manteneva le proprie caratteristiche anche se molto influenzate dalla cassa mesa. La prima sensazione che si ha collegando la cassa è di una pasta molto americana, molto “bassosa” (soprattutto grazie alle dimensioni generose e alla configurazione closed back), con una botta impressionante, molto “boomy” come direbbero oltreoceano! L’aria che questa cassa fa muovere è da terremoto! Il suono è carico di basse (a volte fin troppe a seconda del genere suonato) definite e fluide, molte medio-basse, medie-alte poco in evidenza ed una bella presenza molto aggressiva (anche qui fin troppa a seconda del genere suonato!). La cosa che sconvolge sempre tutti di questa cassa è proprio la risposta sulle basse frequenze, da drum&bass, davvero sconvolgente se si pensa che stiamo parlando di una 2×12: ci sono più basse qui che su una Marshall 4×12 che pure ha una cassa di ben altri “litraggi”! Questo scatolone nero non farebbe una piega neanche con una gibson les paul con dei pick up humbucker Invader della Seymour Duncan. Fa esprimere al meglio una bella chitarra metallona con accordature detuned e rivitalizza i bassi di docili single coil. Un discorso a parte va fatto per l’efficienza di questa cassa! Quest’ultima fa infatti suonare più forte qualsiasi testata, mi spiego: prendete una 2×12 “normale” e collegatela ad una certa testata settata con un certo volume, avrete un volume percepito dalle vostre orecchie ad esempio come 6 su una scala da 1 a 10. Poi collegate la stessa testata settata con lo stesso volume a questa cassa mesa e, magia, avremo un volume percepito almeno di 8 nella solita scala da 1 a 10! Tutto questo è un bene perchè lo scatolone riesce a stillare fuori ogni goccia di suono dalle vostre valvole finali, tuttavia questo si trasforma in un’arma a doppio taglio se cercate di ottenere un buon suono anche a volumi bassi.. Anche a settaggi minimi di volume sulla vostra testata, la cassa suonerà di suo comunque troppo forte per un uso casalingo: se dovete suonare allo stadio Olimpico va bene, se vi siete costruiti un ampli da 1 watt va bene, ma se volete suonare a casa con una Bogner Ecstasy siate pronti alle denunce da parte dei vicini oppure a rivendervela per comprarvi una cassa con coni meno efficienti! Da ricordarsi pure che i V30 sono coni molto rigidi, vanno suonati e fatti urlare a volumi elevati per assaporarli in pieno, danno il loro meglio dal vivo in grossi spazi dove il loro carattere vi permetterà di ritagliarvi i vostri ruoli nel suond della band con una bella presenza (e, all’occorenza, visti i bassi da scossa tellurica, di suonare senza bassista!!!). Ricordo poi che i V30, come tutti i coni, vanno ammorbiditi col tempo: più passano i mesi e meglio suonano! Un’ultima cosa molto interessante, almeno per quelli come me a cui piace sperimentare, è provare ad abbinare una cassa americaneggiante come questa ad una testata dal carattere più british, vedrete che si riescono ad ottenere dei risultati interessanti! Naturalmente sarà difficile vedere una testata Vox di 30 anni fa posata sopra questa cassa ma… è proprio quando ci allontaniamo dai canoni tradizionali che riusciamo ad ottenere suoni personali e che ci distinguono dalla solita massa (cosa che secondo me dovrebbe essere l’obbiettivo finale di molti noi chitarristi). In definitiva descriverne il suono a parole è difficile, scontato dirlo: se potete provatela di persona!

I GENERI MUSICALI

Che generi si possono suonare con questa cassa? Naturalmente molto dipende dalla testata a cui l’abbinate! Gli riesce comunque bene un pò di tutto a patto di dosare bene l’equalizzazione sulla testata per magari mitigare l’infinita scorta di bassi che questa scatolona possiede. I Vintage 30 sono tra i coni più utilizzati nel mondo dell’amplificazione delle sei corde, una garanzia! Naturalmente è una cassa di impostazione moderna, difficile suonare “Johnny be goode” su questo ordigno nucleare, molto meglio spaziare dal rock al metal, territorio dove la recto cab in distorsione si muove che è un piacere! Sul pulito, anche se forse non è proprio la cassa ideale, si comporta molto onestamente e in maniera molto “americana”, ha una buona dinamica e si ottengono discreti suoni percussivi. Non è certo per tutti i palati, alcuni rocker anni 70 preferirebbero altri coni, magari certi greenback più “inglesi” e meno rigidi. Io ci suono dal jazz al metal con risultati decisamente buoni e non ho mai avuto grossi rimpianti.

PARAGONI

Ho provato altre casse con configurazioni 1×12, 2×12, 4×10, 4×12, di diverse marche (dalle belle Soldano alle Brunetti, dalle Randall fino alle economiche Behringer), con diversi tipi di coni (greenback, century…) e alla fine ho preferito questa recto cab, bassi più definiti, presenza presuntuosa, medi più avvolgenti! ero partito per comprare una 4×12 V30 Mesa Boogie ed alla fine le ho preferito di gran lunga questa, e non solo per la praticità!

CONCLUSIONI

La consiglio a tutti, vi durerà tutta la vita (è un carro armato), non si svaluterà facilmente, suonerà sempre meglio anno dopo anno, farete una bella figura sia per il suono sia per l’esibizionismo insito nel possedere una cassa con scritto sopra Mesa!

PS note dolenti: Il prezzo è un po’ altino… forse conviene autocostruirsela!

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Delay analogico a pedale Diamond Memory Lane: recensione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DELAY DIAMOND MEMORY LANE RECENSIONE Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina.jpg

Questo articolo l’ho scritto originariamente per il sito accordo.it in data 14/01/2008

Il Pedale in questione (e la maiuscola non sta li per caso!) si fa subito notare per le generose dimensioni: avete presente un Fulltone Fulldrive2? Beh il Memory Lane è più largo di almeno 3cm e più profondo di almeno 2cm, insomma è una robusta scatola Hammond rettangolare piuttosto grossa, non pesa molto ma sicuramente in pedaliera occupa lo spazio di quasi 3 Boss! Il nostro pedalone canadese ha un bel colore argento metallizzato con scritte rosso scuro, 6 potenziometri grigi molto “hi-fi vintage” disposti su una fila, nel centro è presente uno switchettino MOD/TAP, ai due lati ci sono due switch meccanici classici, inoltre vi sono 4 prese jack.

Ora vedremo a che serve tutta questa roba.

POTENZIOMETRI PER CONTROLLARE IL DELAY

Da sinistra a destra ecco i potenziometri che incontriamo:

DELAY: permette di regolare il tempo di ritardo. Girato completamente in senso antiorario permette un ritardo minimo di 40 millisecondi, settato al massimo si ottengono circa 550 millisecondi di ritardo.

EQ: permette l’equalizzazione del segnale ritardato. In realtà non è un classico equalizzatore: Messo al minimo otteniamo che i ritardi diverranno via via più scuri perdendo progressivamente le frequenze più alte, messo al massimo al contrario le ripetizioni saranno via via sempre più chiare. Mettendolo proprio nel mezzo si sente un piccolo “click” significa che l’equalizzazione è neutra.

LEVEL: indica in pratica quante ripetizioni si vogliono avere. Messo al minimo si sentirà una sola ribattuta, quasi a metà si comincerà ad avere una bella coda di parecchie ripetizioni, superata la metà si entra in territorio “OSCILLAZIONE IMPAZZITA” per la felicità dei chitarristi più noise.

MIX: tale controllo è posizionato completamente sulla destra del pedale, permette di decidere il rapporto tra suono dry (pulito) e wet (effettato). Ad ore 9 mi sembra abbastanza bilanciato, verso ore 11 si sente il suono effettato che comincia a prendere il sopravvento e si ottiene un risultato molto “spaziale”.

POTENZIOMETRI PER CONTROLLARE LA MODULAZIONE

Fin qui i controlli sono abbastanza “classici” per un delay ma rimangono 2 potenziometri che sono del tutto particolari. Cominciamo con lo spiegare che questo pedale permette anche una modulazione molto interessante che va ad agire NON sul suono diretto ma SOLO sulle ripetizioni. Ebbene i prossimi 2 potenziometri servono proprio per controllare questa modulazione:

DEPTH: controlla quanta modulazione applicare alle ripetizioni: messo al minimo l’effetto sarà appena udibile, al massimo l’effetto sarà più invadente. Per me l’ideale è più o meno nel mezzo a meno che non ricerco sonorità particolari. Se messo al minimo si sente un piccolo “click”: significa che l’effetto è totalmente disinserito.

SPEED: immaginando la modulazione come una serie di onde, questo controllo permette di modificare quanto sono ravvicinate tali onde: al minimo le “pulsazioni” saranno molto lente (circa 0,1 Hz), al massimo le pulsazioni saranno molto più veloci (10 Hz). Spero di essermi spiegato, anche se la maggior parte di voi almeno una volta nella vita avrà usato un chorus od un tremolo ed avrà già capito cosa intendo!

SWITCH

Ve ne sono due, quello a sinistra accende/spegne l’intero effetto, quello a destra permette di effettuare due operazioni completamente diverse:

MODALITA’ TAP: in tale modalità questo switch serve per regolare in tempo reale la velocità del controllo “DELAY” tramite doppia pressione dello switch. Il potenziometro DELAY si disattiva. Il led lampeggia indicando il tempo di ritardo.

MODALITA’ MOD: in tale modalità questo switch permette di attivare e ovviamente disattivare la modulazione sulle ribattute. Il led è giallo a modulazione spenta e arancione quando è attiva. E’ possibile anche attivare la modulazione prima di accendere il delay, nel senso che il led mod diventerà arancione (attivato) a prescindere se il delay è acceso o spento in modo che quando accendete l’effetto delay avrete contemporaneamente anche la modulazione.

“SWITCHETTINO”

Posto in alto tra i potenziometri permette di passare dalla modalità Tap a quella Modulation.

PRESE JACK

Ve ne sono 4:

INPUT: abbastanza intuitivo direi!

DELAY ONLY: da qui esce solamente il segnale effettato (solo le ribattute insomma)

MIX/DIRECT: da qui esce il segnale diretto mescolato con quello effettato, se però un jack è attaccato alla presa “delay only” da qui uscirà solamente il segnale diretto.

EXP: attaccandoci un pedale di espressione si può controllare in tempo reale il numero di ripetizioni, contemporaneamente si disattiva quindi il potenziometro FEEDBACK”.

QUELLO CHE NON SI VEDE

C’è un controllo all’interno del pedale, un piccolo jumper posizionato sulla destra a mezza altezza, veramente utile: permette infatti di regolare il livello di input che entra nel pedale. In pratica agendo su di esso si può usare il pedale con una strato con singoli dall’uscita molto bassa, fino ad una jackson con humbucker dall’uscita altissima. Inoltre permette di inserire il Memory Lane anche nel loop effetti di un amplificatore. Tutto ciò perché il chip NE570N presente all’interno è predisposto per lavorare ottimamente a segnali non troppo sparati e non gradisce cose tipo l’X2N della Di Marzio! Se usate un humbucker potente e picchiate sulle corde col delay acceso e con tale jumper regolato male potreste sentire di tanto in tanto dei piccoli “colpi” nel suono corrispondenti ai picchi. Problema ovviato dal jumper appunto. Ah, un’altra cosa che non si vede, è la costruzione interna: una precisione quasi maniacale, ottimi componenti e non aggiungo altro.

ALIMENTIAMOLO

Per alimentare questa bestiola serve un trasformatore da ben 24V DC che è incluso nel prezzo. Attenzione al polo positivo che è centrale, contrariamente alla maggior parte dei pedali in giro.

LO ACCENDIAMO?

Dopo averlo osservato (con rispetto ed in religioso silenzio) per qualche minuto, si passa finalmente alla prova sonora! Per prima cosa ho trovato molta soddisfazione nel notare come il pedale da spento sia assolutamente trasparente! Dinamica ed armoniche che entrano in questa scatolona argentata escono inalterate. E’ true bypass (ed infatti uso un buffer Black Box della Masotti ad inizio catena) ed il segnale della mia strato e dei miei wha Geoffrey Teese e Fulldrive2 mosfet passano attraverso il Memory Lane come un limpido ruscello di montagna. Ricordatevi che ad un pedale non basta essere true bypass per essere veramente trasparente!

Lo switch per accendere l’effetto è veramente silenzioso. Azionato il delay (senza modulazione per ora) si nota, con MIX abbastanza alto, un leggero scurimento del suono, in realtà il segnale diretto è identico ma le ripetizioni abbastanza scure possono dare tale effetto al suono generale risultante. A parte questa considerazione c’è da dire solo una cosa: chiudo gli occhi e mi sembra di suonare allo stadio Olimpico tanta è la spazialità dell’effetto! Una cosa realmente mai sentita prima, una pasta sonora “organica”, una naturalezza fuori dal normale, rimani completamente avvolto e coccolato da un “abbraccio” di suono. E la spazialità ovviamente aumenta passando da un ampli monoconico ad un ampli con molti coni o meglio ancora usando un ampli con il solo suono diretto ed un altro ampli con il solo suono effettato (spazio sul palco permettendo!). Diminuendo il tempo di ritardo si ha un quasi riverbero da togliere il fiato, abbassando il controllo EQ le ripetizioni si scuriscono in maniera naturale e diventano un tutt’uno con le note lunghe nei soli, aumentando il numero delle ripetizioni si creano dei tappeti sonori da psichedelia pura fino a raggiungere oscillazioni aliene! Perdonatemi l’eccesso di trasporto ma vi assicuro che questo scatolone canadese vi fa volare più in alto di uno shuttle e vi porta in una dimensione musicale totalmente diversa dai soliti suoni, quasi in un universo sonoro parallelo. I due NOS MN3005 percorsi da 15v hanno la musicalità della antologica lira di Orfeo!

MODULIAMOLO!

La modulazione può essere inserita in due modi.

Se avete il delay acceso e la modalità mod spenta potete comunque inserire una leggera modulazione agendo sul potenziometro mod, aumentandone il livello (bisogna sentirgli fare il famoso “click” altrimenti non si ha modulazione. In pratica in questo modo si ha una lieve modulazione che un po’ mi ricorda quella data dall’imperfezione di un sistema a testine magnetiche su un nastro ormai ben vissuto… Inserendo la modulazione tramite lo switch mod si possono invece ottenere risultati veramente molto modulati, “sognanti” e creare paesaggi sonori suggestivi. Posso suonare un arpeggio e dietro di me mi sembra quasi di sentire un sintetizzatore di quelli buoni ad accompagnarmi con suoni tappeto, o addirittura, spingendo sul controllo DEPTH, un intero gruppo di coriste che sottolineano le mie linee melodiche! Molti potrebbero pensare che lo stesso effetto potrebbe essere ottenuto usando un chorus (o un flanger o un phaser) messo semplicemente prima di un delay “normale” ma vi assicuro che non è neanche lontanamente lo stesso! Con il Memory Lane il suono diretto rimane non modulato e molto nitido e crea un bel contrasto con lo “sfondo” modulato. Un po’ come succede nel Jazz Chorus della Roland dove, azionando il chorus, un cono dell’ampli continua a dare solo il pulito mentre l’altro cono dà il segnale effettato: la spazialità ne guadagna molto! Ovviamente esagerare con la modulazione unita ad un MIX molto alto può dare risultati parecchio “scordati” che vanno bene solo si ricerca quel tipo di effetto.

LIVE

Dal vivo la comodità di avere il tap tempo si sente molto, il Memory Lane se ricordo bene è l’unico vero analogico che ha tale possibilità! Inoltre la possibilità di controllare il numero di ripetizioni tramite un pedale di espressione è comoda e si possono fare giochini oscillanti noise rimanendo direttamente in piedi e senza chinarsi a modificare a mano il potenziometro!

QUELLI CHE POTREBBERO ESSERE CONSIDERATI DIFETTI

Sembrerà ovvio agli appassionati di delay analogici ma è doveroso ricordarlo per i meno esperti: le ripetizioni non sono esattamente la riproduzione matematica del suono che entra ma sono molto morbide, diciamo lo-fi, sicuramente ciò è una cosa che può anche non piacere, senza contare che con alcuni tipi di suono/genere molti preferiscono un digitale ben fatto all’analogico, come ci insegna il buon Floyd. Poi, anche se secondo me è più che sufficientemente versatile, qualcuno potrà aver bisogno di vari settaggi preimpostati, del midi, delle lucette colorate e della macchina del caffè incorporata: qualcuno insomma magari lo trova limitato! Chi viene da delay digitali sul tipo Boss si troverà probabilmente sconcertato: il Diamond è un pedale impossibile da gestire senza un minimo di esperienza, per quanto possano sembrare intuitivi i vari controlli interagiscono criticamente tra di loro! Sembrerà strano ma se non lo impari ad usare questo pedale con certe regolazioni reagisce in maniera quasi imprevedibile. Col Boss 2+2=4 mentre con questo 2+2= dipende… Questo per me è un grande pregio, ne parlo meglio nell’ultimo capitoletto dell’articolo. Inoltre alcuni troveranno il poco più di mezzo secondo di delay un po’ pochino per i loro bisogni. In effetti anche io ero partito per comprare il Maxon AD999 che è analogico e raggiunge 900 millisecondi, però, dopo aver provato entrambi, la qualità sonora del Diamond ha vinto su qualsiasi altra cosa, senza contare che mi sono anche accorto che in fondo 550ms mi bastano decisamente! Inoltre, il Maxon, essendo analogico, risulta un pelino rumoroso quando si raggiungono tempi di ritardo oltre i 700ms. Il nostro canadese è invece più silenzioso di un pesce muto. Sicuramente poi non è un delay adatto a qualsiasi genere musicale, difficilmente io ci suonerei metal e nu metal! Io infatti lo uso per suoni vecchia scuola blues e rock blues! Se volete un pedale delay più versatile magari potete provare un NOVA DELAY della T.C. Electronic, oppure il Boss DD-20 (serie twin pedal, il preferito di Pierangelo Mezzabarba della Masotti), o magari il valvolare della Hughes&Kettner (il Replex) che non è analogico ma suona più analogico di alcuni veri analogici, oppure l’Eventide Time Factor che è un gran bell’effetto (2 diversi delay contemporaneamente fino a 3 secondi di ritardo) anche se, secondo me, provato accanto al Diamond, continua a rimanere un pizzico digitale, artificiale per così dire! Il prezzo, circa 400 euro, è un tantino – eufemismo – alto (durante le feste natalizie il portafoglio è l’unico ad esser dimagrito!) e questo è un impedimento mica da poco, tuttavia a giudicare da quanto mi ispira questo pedale alla tipica domanda di Harmony Central “se questo pedale ti venisse rubato lo ricompreresti?” io rispondo senza dubbio di SI così ci potrei suonare comodamente in galera dopo aver preso a legnate il ladro! Magari ci esce una cosa tipo il finale del film “The Blues Brothers”!

ALTRI DELAY PROVATI

Oltre ai pedali appena menzionati ve ne sono anche altri che ho posseduto/provato, tra cui il SIB! Mr Echo, il Guyatone MD3 (micro delay), il Guyatone Tube Echo, l’Ibanez AD9, il Maxon AD80, il Maxon AD900, T-Rex Replica, vari Boss vecchi e nuovi (gli analogici ed i digitali), inoltre delay DOD, MXR, Electro-Harmonix, Rocktron, Rocktek, Line6… Nessuno mi ha dato le stesse sensazioni del Diamond! Forse gli unici che hanno lasciato un bel segno sono stati, spero di scrivere bene i nomi, il Mooger Fooger Analog echo e il WayHuge AquaPuss ma li ho provati un bel po’ di tempo fa. Un altro prodotto interessante, ma solo per i pazzoidi che arrivano a spendere 1200 euro, è il Tube Tape Echo della Fulltone!

VARIE

Suonato con una Stratocaster con humbucker Jeff Beck al ponte, vari pedali tutti abbastanza costosi (altro eufemismo!), attaccato a vari ampli Fender – Twin soprattutto -, un Vox ed un Hiwatt. Accoppiato a Tubescreamer e simili (insomma overdrive morbidi) escono suoni di classe spettacolari specie attraverso il pulito dei Fender e dell’Hiwatt, sullo stile Radiohead, Pink Floyd, U2, Yes… Ripeto: va bene per tutto basta che non si cerchino sonorità troppo moderne, anche se poco fa ci ho suonato “Sing for absolution” dei Muse e quasi mi mettevo a piangere dall’emozione. Con la modulazione si possono ricreare anche in parte le amate/odiate sonorità “arpeggione effettatissimo” anni ’80. Questo pedale è riuscito a far suonare morbido e spazioso perfino un acidissimo amplificatorino Ibanez IBZ10G a transistor con un solo cono da 6,5 pollici, e senza manco portarlo a Lourdes, vedete un po’ voi!

Curiosità: il pedale ha preso il suo nome dal nome della via dove abita il suo creatore: Memory Lane!

IMPORTANTISSIMO!

Crea assuefazione, ricordate di tanto in tanto di premere sullo switch on/off e spegnerlo!

SOLO L’ULTIMO CONCETTO

Prima di chiudere solo un ultima cosa. Ormai i chitarristi si possono quasi dividere in due grandi correnti di pensiero: chi trova l’analogico insuperabile e chi trova che il digitale sia praticamente così simile all’analogico che lo può sostituire senza nessun problema (vabbè poi ci sono anche quelli che per vari motivi devono scendere a compromessi). Vorrei dire alla categoria dei digitofili che, per quanto il suono di un POD sia identico a quello di un valvolare, la differenza sta nel come si sente la chitarra sotto le dita, nelle reazioni della strumentazione. Voi direte “è talmente scontato e poi che c’entra col pedale in questione?”. Il Memory Lane ha un suono che probabilmente può essere fedelmente ricreato da un qualche apparecchio digitale/transistor/computer/quellochevipare ma la cosa che non può essere ricreata artificialmente è proprio l’essenza del pedale: il fatto che reagisce in maniera analogica, imprevedibile, quasi come fosse umano! Con certe regolazioni il pedale può diventare un cavallo imbizzarrito che però, con esperienza, si impara a controllare con i volumi, con la pennata più o meno dinamica! A volte il pedale, a parità di settaggio, reagisce in maniera diversa se suono una nota più grave o più acuta, oppure se suono la stessa nota molto piano o molto forte! Con il digitale, anche quello più fedele, non ho mai avuto lo stesso grado di difficoltà nel gestire un pedale ed allo stesso tempo lo stesso grado di soddisfazione quando ho faticosamente imparato a gestirlo. Io tra la maggior parte dei digitali che emulano l’analogico e il vero analogico continuo a sentire molta differenza, non tanto nel suono risultante, ma nella reazione al tocco. La stessa differenza che sento anche tra ampli a transistor e a valvole. Non è una regola fissa, ma per me molto spesso è così! Scusate lo sfogo ma sono un sognatore. Spero di aver scritto qualcosa se non interessante, almeno utile a qualcuno!

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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