Induratio penis plastica o Malattia di Peyronie: cos’è e come si cura

MEDICINA ONLINE Induratio Penis Plastica (IPP)Morbo o Malattia di La Peyronie Peyronie's disease PENE CURVO STORTO DRITTO PENETRAZIONE DOLORE PLACCA CURA TERAPIA INCURVATO.pngCon Induratio Penis Plastica (IPP), detta anche Morbo o Malattia di La Peyronie o – più semplicemente Malattia di Peyronie (in inglese “Peyronie’s disease) , in medicina ci si riferisce ad una alterazione del tessuto connettivo che colpisce i corpi cavernosi del pene (i due cilindri che, riempiendosi di sangue, consentono l’erezione) e che determina una progressiva sostituzione della loro naturale struttura di rivestimento, la tunica albuginea, normalmente elastica e resistente, con un tessuto fibroso e rigido, che forma una placca fibrosa la quale deforma il pene, rendendolo lievemente curvo o storto. La malattia prende il suo nome dal chirurgo francese François de La Peyronie, che per primo la descrisse nel 1743 quando era alla Corte di Versailles, anche se la prima segnalazione della malattia fu fatta da Andrea Vesalio nel 1550.

Malattia di Peyronie: quale frequenza ha?

La IPP colpisce circa il 5% degli uomini adulti nel mondo occidentale.

Malattia di Peyronie: quali sintomi comporta?

La fibrosi localizzata della tunica albuginea che riveste i corpi cavernosi del pene, provoca sintomi variabili in base alla gravità della patologia. I sintomi più evidenti e frequenti sono:

  • dolore durante l’erezione;
  • erezione difficoltosa;
  • curvatura anomala del pene di grado variabile;
  • disfunzione erettile (impotenza);
  • rientro penieno (se presente interessamento del setto intercavernoso);
  • difficoltà durante la penetrazione vaginale od anale;
  • diminuzione della circonferenza peniena;
  • diminuzione della lunghezza del pene.

Cause della curvatura del pene

Nella malattia stabilizzata si forma una placca calcifica, nella parte interessata, che porta a una curvatura del pene più o meno importante. Le cause sono incerte: si ipotizzano quali fattori eziologici i microtraumi che si possono verificare durante i rapporti sessuali o traumi di altra natura. Anche una risposta auto-immunitaria su base ereditaria potrebbe essere alla base della formazione della placca fibrosa sul pene.

Come si riconosce l’inizio della malattia ?

Purtroppo la IPP si sviluppa spesso in maniera subdola e si rende evidente solo quando la malattia è in uno stato più grave. Nelle fasi iniziali può manifestarsi solo una certa iper-sensibilità del pene e non sempre, alla palpazione, è possibile riconoscere un’alterata consistenza. Il dolore può essere presente ma non è una costante (2/3 circa dei pazienti). Solo successivamente, con l’avanzare della malattia, compare la deformazione del pene. In seguito, fasi di quiete si alternano a fasi di accelerazione, fino ad una “stabilizzazione” della malattia, con la formazione della cosiddetta “placca” che, nei casi più gravi, può raggiungere una consistenza ossea. I tempi sono imprevedibili, perché variano da caso a caso: è possibile che si formino nuove placche, in altre zone del pene, con una modificazione continua della curvatura e talvolta anche con un raddrizzamento dell’asta (quando la malattia, diffondendosi, determini delle contro-trazioni). L’interessamento del setto intercavernoso (la “spina dorsale” situata tra i due corpi cavernosi) comporta invece una retrazione diffusa dell’asta, più che un incurvamento o una deformità della stessa.

Malattia di Peyronie: cosa fare se si sospetta la patologia?

Come spesso avviene in campo medico, quanto prima è effettuata una corretta diagnosi, tanto migliori saranno i risultati che è possibile aspettarsi delle terapie. Quindi nel caso in cui si notino innaturali curvature nel pene, insorte improvvisamente o gradatamente, occorre in ogni caso rivolgersi ad un medico andrologo, specie nel caso si riscontrino i sintomi come dolore in erezione, deficit erettivo e/o formazione di nodulo).

Prevenzione e terapia

L’assunzione di vitamina E è utile nella prevenzione dell’insorgenza di tali forme di sclerosi, come la IPP, oltre a facilitare e rendere efficace la terapia farmacologica indotta con ionoforesi. Va sottolineato che sono rari i casi di completa calcificazione della placca di conseguenza sono buoni i risultati di guarigione con le terapie alternative farmacologiche quali appunto la ionoforesi, la laserterapia e la ultrasuonoterapia. Per quanto riguarda le cure, si utilizzano terapie farmacologiche generali oppure trattamenti locali come la terapia con laser ad ultrasuoni, o l’infiltrazione di farmaci all’interno della placca (cortisonici depot o calcioantagonisti come il verapamil per far regredire la calcificazione), il cui obiettivo è soprattutto quello di ridurre i sintomi ed arginare l’evoluzione della malattia. Inoltre si utilizzano anche meccanismi di trazione per il raddrizzamento del pene. Di recente è stata introdotta la somministrazione locale peniena di farmaci attraverso la laserforesi altrimenti detta “criopass-laser terapia”, tecnica già ampiamente usata in ortopedia, medicina estetica e sportiva. La tecnica è in fase di sperimentazione anche per la cura di metastasi cutanee di patologie tumorali. La radiofrequenza monopolare è stata recentemente introdotta tra le tecniche usate nella prevenzione: dal momento che la radiofrequenza induce di un riscaldamento endogeno dei corpi cavernosi, ossigena l’organo e previene la fibrosi, quindi può essere utile nella malattia di Peyronie. L’intervento chirurgico è molto delicato e va eseguito da uno specialista particolarmente esperto, dopo averne accertata la necessità secondo della gravità del caso. Per la verità sono stati proposti negli anni una varietà di trattamenti, ma nessuno si è dimostrato efficace al 100% nel risolvere il problema.

Malattia di Peyronie: conseguenze di gravi curvature del pene

La malattia nei casi più gravi può portare a deficit erettili tali da impedire la penetrazione o erezioni dolorose, in questi casi solo l’intervento chirurgico con l’eventuale applicazione di una protesi peniena o una corporoplastica secondo Nesbit può essere di aiuto.

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Lupus eritematoso sistemico (LES): cause, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO LES CAUSE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl lupus eritematoso sistemico (da cui l’acronimo “LES“, o semplicemente “lupus“; in inglese “systemic lupus erythematosus“, da cui l’acronimo “SLE“) è una patologia del connettivo cronica di natura autoimmune, che può colpire diversi organi e tessuti del corpo. Come accade nelle altre malattie autoimmuni, il sistema immunitario produce autoanticorpi che, invece di proteggere il corpo da virus, batteri e agenti estranei, aggrediscono cellule e componenti del corpo stesso, causando infiammazione e danno tissutale. Il meccanismo patogenetico è un’ipersensibilità di III tipo, caratterizzata dalla formazione di immunocomplessi. Il lupus è una patologia caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose, sensibilità alla luce del sole e coinvolgimento sistemico di quasi tutti gli organi e apparati come il rene, le articolazioni, il sistema nervoso centrale, le sierose e il sistema emopoietico, dovute a deposito di immunocomplessi e complemento. Colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 15 e i 40 anni.

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Etimologia

Il termine “Lupus” è una parola latina che significa “lupo” e si riferisce alla caratteristica eruzione cutanea a forma di farfalla riscontrata sul viso di molti pazienti affetti da LES, che ricordava ai medici i contrassegni bianchi presenti sul muso dei lupi. Secondo altri invece le lesioni cicatriziali successive al rash assomigliavano a quelle lasciate dai morsi o graffi dei lupi.

Che cos’è il lupus eritematoso sistemico?

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia del connettivo (connettivite) caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose, sensibilità alla luce del sole e coinvolgimento sistemico di quasi tutti gli organi e apparati come il rene, le articolazioni, il sistema nervoso centrale, le sierose e il sistema emopoietico, dovute a deposito di immunocomplessi e complemento.

Tipologie

Esistono forme particolari di lupus:

  • lupus indotto da farmaci: caratterizzato dalla presenza degli anticorpi anti-istone;
  • lupus neonatale: causato dal trasferimento trans-placentare degli anti-SSA che possono causare nel neonato manifestazioni cutanee eritematose transitorie o blocchi atrio-ventricolari permanenti;
  • lupus cutaneo: caratterizzato solo dalle manifestazioni cutanee (anche se esistono dei casi che evolvono in forme sistemiche) le cui varianti principali sono il lupus discoide e il lupus cutaneo subacuto.

Epidemiologia

Il LES colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 15 e i 40 anni; il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9:1. Negli uomini con la sindrome di Klinefelter, caratterizzata dalla presenza di un genotipo 47,XXY, la prevalenza è simile a quella nel sesso femminile, suggerendo un possibile coinvolgimento del cromosoma X nella patogenesi della malattia. Possono verificarsi casi di familiarità, ma più spesso è una malattia sporadica. La prevalenza del lupus eritematoso sistemico varia considerevolmente a seconda del paese, dell’etnia e del genere.

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Cause e fattori di rischio del lupus

Le cause della malattia non sono note, si ritiene che alla base ci sia un’alterata clearance delle cellule apoptotiche con conseguente reazione autoimmune nei confronti del DNA e di altri antigeni intracellulari. Nella patogenesi della malattia è coinvolta anche l’esposizione di antigeni intracellulari da parte dei cheratinociti danneggiati dai raggi UV; infatti l’esposizione al sole nei soggetti lupici è in grado di provocare le manifestazioni cutanee e flare (riattivazioni) di malattia.
La differente incidenza della malattia tra uomini e donne sembra possa essere dovuta a un ruolo importante di fattori ormonali ed epigenetici nella suscettibilità alla malattia del sesso femminile.

Sintomi e segni del lupus

I sintomi e segni del lupus sono molto vari:

  • sintomi sistemici: febbre e stanchezza;
  • segni cutanei e mucosi: rash a farfalla al volto, lesioni eritematose nelle zone esposte al sole, alopecia areata e perdita diffusa di capelli, lesioni rosso-violacee del palato duro e nasali, vasculite cutanea;
  • coinvolgimento renale: sindrome nefritica e sindrome nefrosica;
  • coinvolgimento articolare: artralgie e artrite;
  • coinvolgimento delle sierose: pericarditi e pleuriti;
  • coinvolgimento del sistema emopoietico: leucopenia, anemia emolitica, piastrinopenia;
  • coinvolgimento del sistema nervoso centrale: deficit di concentrazione, epilessia, psicosi.

Alcuni pazienti con lupus hanno un più alto rischio di sviluppare depressione ed altre malattie psichiatriche.

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Diagnosi

I criteri classificativi del lupus comprendono la presenza di quattro tra le manifestazioni cliniche e laboratoristiche di malattia o una biopsia renale probante con ANA o anti-DNA positivi.

Alla base della diagnosi vi è la presenza degli anticorpi anti nucleo (ANA), positivi in più del 90% dei casi. Le specificità più frequenti e specifiche sono gli anti-DNA seguiti dagli anti-Sm/RNP; si è osservato che le variazioni dei livelli degli anti-DNA correlano con l’andamento della malattia. Ugualmente frequenti, ma non specifici, sono gli anti-SSA e gli anti-SSB.
Una percentuale significativa di pazienti affetti da lupus presenta positività degli anticorpi anti-fosfolidipi (LAC, anticardiolipina, anti-beta 2 glicoproteina I), anticorpi in grado di provocare trombosi e aborti.

Esami strumentali per la determinazione dell’attività di malattia e per la stadiazione del coinvolgimento d’organo sono:

  • Esami ematici: il dosaggio del complemento (C3 e C4, che si abbassa in caso di malattia attiva), l’emocromo, la creatinina;
  • Analisi del sedimento urinario e la determinazione della proteinuria nelle 24 ore;
  • Biopsia renale: consente di classificare l’eventuale coinvolgimento renale in 5 classi che prevedono protocolli terapeutici e prognosi diverse;
  • RMN encefalo con mezzo di contrasto;
  • Elettroencefalogramma;
  • Ecocardiogramma;
  • Rx torace;
  • Ecografia articolare.

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Trattamenti

Il trattamento delle fasi acute di malattia e delle manifestazioni d’organo più importanti si basa sull’uso di corticosteroidi endovena o per via orale, dapprima ad alte dosi poi alla più bassa dose sufficiente al controllo della malattia.

Gli antimalarici, come l’idrossiclorochina, se non controindicati, costituiscono la terapia di fondo di tutti i pazienti con lupus poiché riducono la frequenza dei flare, sono particolarmente efficaci nel controllare le manifestazioni cutanee e articolari di malattia e si possono utilizzare in gravidanza.
Agli anti-malarici si possono associare immunosoppressori come la ciclofosfamide, prima linea nel trattamento della glomerulonefrite lupica, l’azatioprina, comunemente utilizzata come terapia di mantenimento dopo ciclofosfamide e nel trattamento delle principali manifestazioni di malattia, il micofenolato mofetile, utilizzabile sia come terapia di induzione che di mantenimento della glomerulonefrite lupica, la ciclosporina, utile in caso di glomerulonefrite membranosa, ed il metotrexate, in caso di prevalenti manifestazioni artritiche non rispondenti agli anti-malarici.

Sono in studio numerosi farmaci biologici per il trattamento del lupus; è attualmente disponibile in commercio un anticorpo monoclonale (Belimumab) diretto contro la molecola BAFF, fattore di sopravvivenza dei linfociti B responsabili della produzione di anticorpi, che è efficace nel controllare il lupus attivo nonostante la terapia standard.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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