Perché è così difficile smettere di fumare?

MEDICINA ONLINE CIGARETTE SIGARETTA FUMO PASSIVO ATTIVO TERZIARIO DANNI DIFFERENZE NICOTINA SMETTERE DI FUMARE NO STOP SMOKING CANCRO POLMONE TOSSICODIPENDENZA VIZIO ARIA TUMOREMolti pensano che il fumare sigarette sia un vizio, cioè una brutta abitudine, e per questo si chiedono il motivo per cui è così difficile smettere, anche volendolo con tutte le proprie forze. Qualcuno risponde che è difficile smettere perché le sigarette sono “buone” o perché fumare è rilassante o perché mantiene svegli e vigili. Queste sono tutte risposte false. Si fuma per un unico motivo: perché la nicotina è una droga e come tutte Continua a leggere

Fa più male il fumo attivo, passivo o terziario?

MEDICINA ONLINE SMETTERE DI FUMARE CHAMPIX VARENICLINA FUMO SIGARETTA TOP TABACCO NICOTINA TABAGISMO DIPENDENZA TOSSICODIPENDENZA DANNI FARMACO AIUTO PACCHETTO SIGARETTE SAPORE CANCRO POLMONI ICTUS INFARTOPrima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento, vi consiglio di leggere questo articolo: Differenza tra fumo attivo, passivo e terziario

Non c’è una risposta netta alla domanda del titolo. Apparentemente il fumo attivo fa più male al fumatore rispetto a quanto il suo fumo passivo possa far male ai suoi conviventi, ed in parte è realmente così, almeno a parità di periodo di esposizione. La questione però cambia in base alla situazione: ad esempio posso assicurarvi che il fumo attivo di una singola sigaretta fumata per 5 minuti può fare molto meno male rispetto al fumo passivo e terziario aspirati ed assorbiti per una settimana di seguito da chi vive in un ambiente di fumatori abituali.

Quindi a parità di tempo di esposizione il fumo attivo può determinare più danni degli altri due tipi di fumo, tuttavia ciò non deve farci ritenere il fumo passivo e terziario innocui: numerose ricerche mediche hanno evidenziato gli effetti dannosi del fumo passivo e terziario sulla salute umana, specialmente nelle donne incinte e nei bambini e soprattutto se la permanenza nel luogo “intossicato” si protrae a lungo, questo è il motivo per cui nella maggioranza dei Paesi industrializzati da alcuni anni non è più possibile fumare in luoghi pubblici, come avveniva alcuni anni fa (quando si sottovalutava il potenziale impatto del fumo passivo sulla salute).

Per approfondire, leggi: Differenza tra danni del fumo attivo, passivo e terziario

I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, pensati per il fumatore che vuole smettere di fumare o che ha smesso da poco. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Differenza tra fumo attivo, passivo e terziario

MEDICINA ONLINE CIGARETTE SIGARETTA FUMO PASSIVO ATTIVO TERZIARIO DANNI DIFFERENZE NICOTINA SMETTERE DI FUMARE NO STOP SMOKING CANCRO POLMONE TOSSICODIPENDENZA VIZIO ARIA TUMORE.jpgFumo attivo (o “diretto” o “centrale”)

Il fumo attivo, chiamato anche diretto o centrale (in inglese “mainstream smoke”), è quello inalato e aspirato direttamente dalla sigaretta accesa, dal fumatore stesso, cioè dalla persona che fuma la sigaretta. Una persona vicina al fumatore NON aspira fumo “attivo”.

Fumo passivo (o “secondario”, “indiretto”, “laterale”)

Il fumo attivo, una volta emesso nell’ambiente, diventa fumo passivo, chiamato anche “secondario”, “indiretto” o “laterale” (in inglese “sidestream smoke”). Il fumo passivo è aspirato involontariamente da persone poste nelle vicinanze di una fonte di fumo attivo, rappresentato sia dal prodotto della lenta combustione della sigaretta, sia quello prodotto dall’espirazione del fumo dal fumatore.

Fumo terziario

Il fumo terziario è meno conosciuto degli altri due tipi e per certi versi, proprio per questo, paradossalmente potenzialmente più pericoloso. Il fumo terziario è rappresentato dalle sostanze nocive derivate dal fumo di sigaretta, che si depositano invisibili su vestiti, letti, coperte, tende, mobili. Supponiamo ad esempio che vi andiate a fumare una sigaretta sul balcone: evitate ai vostri figli il fumo passivo ma parte delle sostanze nocive sprigionate rimangono “appiccicate” addosso ai vostri vestiti e quando tornate in casa e vi avvicinate ai vostri figli, loro le ispireranno. Un altro esempio tipico è soggiornare in una stanza d’albergo precedentemente abitata da qualcuno che ci ha fumato dentro: anche se apparentemente pulita, questa stanza rappresenta una sorta di “camera a gas” per voi e soprattutto per i vostri figli, specie entro i primi anni di vita ed ancor di più se il bimbo ha meno di 12 mesi ed il suo sistema respiratorio è ancora molto delicato.

Per approfondire, leggi:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra danni del fumo attivo, passivo e terziario

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Quali danni provoca il fumo attivo?

E’ ormai dimostrato che il fumo attivo è la principale causa di tumore del polmone. Inoltre, aumenta l’incidenza nei fumatori di malattie del cavo orale come il tumore alla bocca o di altre neoplasie come quelle del pancreas, dell’esofago e delle vie urinarie. Per alcune malattie polmonari come la bronchite cronica e l’enfisema, che hanno un andamento progressivo ed invalidante, il fumo di sigaretta è il fattore di rischio più importante, senza dimenticare le malattie cardiovascolari (infarto, ictus, aneurismi) che risultano più frequenti nei fumatori rispetto ai non fumatori. Ed ancora, la durata media della vita è minore nei fumatori rispetto ai non fumatori, di ben 11 anni!

Quali danni provoca il fumo passivo?

Ricerche di chimica analitica hanno dimostrato che nel fumo passivo alcune sostanze irritative, ossidanti e cancerogene sono presenti addirittura in concentrazione superiore rispetto al fumo attivo, ma, fortunatamente, il fumo passivo è molto diluito nell’aria dell’ambiente, quindi, si inala di meno rispetto al fumo attivo che è, invece, tutto concentrato all’interno dell’apparato respiratorio del fumatore. Inoltre, è il principale inquinante degli ambienti chiusi, quindi, per ridurre il rischio legato all’esposizione al fumo passivo si devono aprire le finestre e cambiare l’aria il più spesso possibile. E’ provato che il fumo passivo è in grado di provocare in persone che soffrono di asma il rischio di riacutizzazione della malattia, senza considerare che una costante esposizione a fumo passivo renda il soggetto inconsciamente dipendente dalla nicotina: non sono rari i casi di persone non fumatrici  ma conviventi di fumatori che, quando la convivenza è terminata, hanno avvertito i sintomi dell’astinenza da nicotina ed in alcuni casi hanno iniziato loro stessi a fumare.

Quali danni provoca il fumo passivo?

Pur provocando meno danni rispetto al fumo attivo e passivo, il terziario è potenzialmente più pericoloso proprio perché si tende spesso a sottovalutarlo. I genitori di un bimbo non dovrebbero quindi solo smettere di fumargli vicino, dovrebbero smettere completamente di fumare, dal momento che il fumo terziario alza nel bambino il rischio di sviluppare bronchioliti, asma ed in generale varie patologie respiratorie.

Leggi anche: Fa più male il fumo attivo, passivo o terziario?

Danni da fumo attivo, passivo e terziario nelle donne incinte

Le donne in gravidanza fumatrici o che abitano in ambienti ricchi di fumo passivo e terziario, hanno un rischio aumentato di aborto spontaneo, possono andare incontro all’eventualità che, alla nascita, il neonato sia sottopeso e che incorra in un rischio maggiore di “morte improvvisa del lattante” (SIDS) e che nei primi anni di vita di avere problemi di malattie respiratorie rispetto agli altri. Allo stesso modo, i bambini figli di fumatori vanno incontro molto più frequentemente a infezioni respiratorie invernali acute ed è certo che questi bambini corrono un rischio maggiore di diventare persone asmatiche.

Per approfondire, leggi: Morte in culla (SIDS): prevenzione, cause, sintomi e percentuale dei casi

Come si valuta il grado di esposizione al fumo?

In alcuni centri si esegue la valutazione del monossido di carbonio esalato. Si tratta di una analisi ambulatoriale che si svolge in pochi minuti con l’utilizzo di un particolare strumento in cui la persona espira. A questo punto sul computer appare l’indicazione della quantità di monossido di carbonio che la persona ha assorbito, dando in modo chiaro e preciso un’idea sul grado di intossicazione causato dall’assunzione attiva, passiva o terziaria del fumo da parte di questa persona. L’analisi è eseguibile sia sui fumatori sia sui non fumatori e segnala, a seconda del risultato, se la persona è un fumatore, se ha appena fumato e, comunque, il grado di esposizione al fumo.

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Differenza tra bronchite cronica e BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva)

MEDICINA ONLINE POLMONI VIE AREE LOBI SEGMENTI CHIRURGIA LOBECTOMIA TUMORE CANCRO ASPORTAZIONE POLMONE LUNG CONSEGUENZE COMPLICANZEIl termine broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) descrive una serie di condizioni (affezioni) dei polmoni che rendono difficile svuotare l’aria dai polmoni. Questa difficoltà può provocare la sensazione di fiato corto (detta anche dispnea) o la sensazione di essere affaticati. Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è un termine che può essere usato per descrivere una persona affetta da bronchite cronica, enfisema o una combinazione di entrambe. La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una condizione diversa rispetto all’asma, ma può risultare difficile distinguere la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) dall’asma cronica.

Per approfondire:

I sintomi di BPCO

La BPCO ha una insorgenza tardiva, nelle età medie della vita (quarta e quinta decade), con sintomi lentamente progressivi riferiti da pazienti che normalmente sono o sono stati fumatori. I sintomi principali della BPCO sono la tosse e la dispnea, qualche volta accompagnati da respiro sibilante. Spesso la tosse è cronica, più intensa al mattino e caratterizzata dalla produzione di muco. La dispnea compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nei casi più gravi può arrivare a limitare le normali attività quotidiane. In genere, queste persone sono soggette a infezioni croniche dell’apparato respiratorio, che occasionalmente provocano ricadute accompagnate da una sintomatologia aggravata. Con il progredire della malattia questi episodi tendono a divenire sempre più frequenti. L’ostruzione, il rimodellamento delle vie aeree periferiche e l’enfisema, caratteristici della BPCO, sono dovuti a un’abnorme risposta infiammatoria delle vie aeree del parenchima polmonare e alla sistemica inalazione del fumo di sigaretta o di altri fattori irritanti, come polveri, gas, vapori e infezioni ricorrenti.
Una caratteristica abbastanza tipica di questi malati è dapprima la tosse cronica produttiva, poi un aumento progressivo della difficoltà di respiro, prima in occasione di sforzi più o meno intensi e, quindi, nelle fasi più avanzate della malattia, anche a riposo. In genere, le crisi del respiro non insorgono in modo improvviso come in chi ha l’asma. La BPCO, se non adeguatamente trattata ha, sempre, un decorso peggiorativo, cosa che non accade di regola con l’asma, in particolare se seguita e trattata in maniera opportuna.
Nella maggioranza dei casi di BPCO la spirometria indica un’ostruzione bronchiale irreversibile o scarsamente reversibile (il valore del FEV1, dopo somministrazione di broncodilatatore a rapida azione, non si modifica o aumenta in misura non significativa).

Livelli di gravità della BPCO

La BPCO è stata classificata in quattro diversi livelli di gravità:

  • stadio 0: soggetto a rischio, che presenta tosse cronica e produzione di espettorato. La funzionalità respiratoria risulta ancora normale alla spirometria
  • stadio I: malattia lieve, caratterizzata da una leggera riduzione della capacità respiratoria
  • stadio II: malattia moderata, caratterizzata da una riduzione più consistente della capacità respiratoria e da dispnea in caso di sforzo
  • stadio III: malattia severa caratterizzata da una forte riduzione della capacità respiratoria oppure dai segni clinici di insufficienza respiratoria o cardiaca.

I sintomi della bronchite cronica?

I sintomi della bronchite cronica, includono:

  • malessere generale;
  • respiro sibilante;
  • fiato corto;
  • febbre;
  • brividi di freddo;
  • difficoltà a respirare (dispnea);
  • tosse persistente;
  • dolore durante la deglutizione
  • produzione eccessiva di muco, con catarro bianco o giallastro, con piccole perdite di sangue;
  • dolori articolari;
  • faringite;
  • raucedine;
  • oppressione al torace;
  • debolezza;
  • disturbi del sonno.

Leggi anche:

Diagnosi di bronchite cronica e di BPCO

La diagnosi di bronchite cronica e di BPCO include diversi tipi di esami, tra cui:

  • Esami del sangue, per la conta leucocitaria e per la ricerca di stati infettivi;
  • Esami di coltura sull’espettorato, per determinare la presenza di batteri nel muco ed escludere altre infezioni;
  • Radiografia del torace (Rx Torace), per valutare la presenza di segni di infezioni più estese (polmonite);
  • TAC, nei casi in cui sia necessario individuare eventuali anomalie dei polmoni e delle vie aeree in generale;
  • Spirometria, per misurare la quantità di aria che si immette nei polmoni;
  • Test di provocazione bronchiale, per la misura dell’ossido nitrico presente nell’aria emessa (espirata) che indica il livello di infiammazione.

Spirometria nella BPCO

  • FEV1e FEV1/FVC (<70% dopobroncodilatatore);
  • ostruzione non reversibile dopo somministrazione di broncodilatatore (salbutamolo);
  • volumi polmonari: aumento del VR, CFR e TLC ( intrappolamento gassoso alveolare e iperdistensione polmonare;
  • DLCO è ridotta.

 

Trattamento della bronchite cronica

Il trattamento della bronchite cronica è sintomatico e può richiedere l’impiego di agenti terapeutici sia farmacologici che non farmacologici. I tipici approcci non farmacologici per la gestione della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), e fra questi la bronchite cronica, possono includere: la riabilitazione polmonare, la chirurgica per la riduzione del volume polmonare, ed il trapianto polmonare. L’infiammazione e l’edema dell’epitelio respiratorio possono essere ridotti con i farmaci corticosteroidi per via inalatoria. Il respiro sibilante e la difficoltà respiratoria possono essere trattate riducendo il broncospasmo (cioè lo spasmo, reversibile, che interessa i piccolo bronchi e che è secondario alla costrizione del muscolo liscio). Il broncospasmo viene trattato con broncodilatatori a lunga durata d’azione, per via inalatoria. Questi broncodilatatori sono farmaci agonisti del recettore β2-adrenergico (ad esempio il salmeterolo) oppure farmaci ad azione anticolinergica, assunti sempre per via inalatoria, quali l’ipratropio bromuro od il tiotropio bromuro. I farmaci mucolitici (conosciuti anche come espettoranti) possono avere un piccolo effetto terapeutico sulla riacutizzazione della bronchite cronica. L’ossigenoterapia è utilizzata per trattare l’ipossiemia (una situazione caratterizzata da una bassa ossigenazione del sangue) e ha dimostrato di ridurre la mortalità nei pazienti affetti da bronchite cronica. Si deve tenere presente che l’ossigenoterapia (supplementi di ossigeno per un certo numero di ore nel corso della giornata) può portare alla riduzione dello stimolo respiratorio, con conseguente aumento dei livelli ematici di anidride carbonica (ipercapnia) e acidosi respiratoria secondaria.

Terapia nella BPCO

La terapia farmacologica per la BPCO si basa sull’utilizzo delle seguenti classi di medicinali:

  • broncodilatatori: particolarmente utili nella fase acuta, quando cioè insorge una dispnea (difficoltà respiratoria) importante. In caso di BPCO lieve vengono utilizzati solo al momento del bisogno e rappresentano l’unico trattamento farmacologico necessario. Esistono broncodilatatori a durata d’azione lunga (salmeterolo, formeterolo) ed ultralunga (indacaterolo) per l’utilizzo quotidiano in caso di BPCO moderata e severa. I broncodilatatori più utilizzati appartengono alla categoria dei beta 2-agonisti; meno utilizzati sono invece le metilxantine (teofillina) e gli anticolinergici (o antimuscarinici);
  • antibiotici: utilizzati per prevenire e per curare le infezioni batteriche; si rendono spesso necessari in caso di peggioramento della tosse e della quantità di espettorato (catarro);
  • cortisonici: assunti esclusivamente sotto controllo medico (possono causare alcuni importanti effetti collaterali, soprattutto se assunti per via orale) vengono associati ai broncodilatatori nei casi più gravi di BPCO;
  • vaccino antinfluenzale: particolarmente utile nell’evitare possibili aggravamenti della condizione.

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Differenza tra bronchite acuta e cronica

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONILa bronchite è una patologia caratterizzata dall’infiammazione della mucosa che riveste i bronchi, le strutture ad albero che conducono l’aria ai polmoni. Il suo sintomo più rilevante è la difficoltà respiratoria, che si manifesta con un respiro sibilante, tosse, fiato corto, disturbi del sonno e senso di oppressione al torace.

Bronchite acuta e cronica

La bronchite può essere acuta, solitamente causata da un’infezione virale, o cronica, come risultato di un danno alle vie aeree dovuto a fumo, inquinamento ed altre condizioni.
Generalmente nella bronchite acuta l’infiammazione è scatenata da un virus che ha già colpito le prime vie aeree, come laringe e trachea, e si estende ai bronchi: l’infezione può essere provocata da virus comuni, come quelli del raffreddore o dell’influenza, o virus più difficili da trattare come il virus respiratorio sinciziale, l’adenovirus. L’episodio acuto è generalmente di breve durata (pochi giorni), se l’infiammazione si ripete e si protrae nel tempo è definita cronica.
La bronchite cronica è la condizione tipica della Broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO) ed è, al contrario della bronchite acuta, causato principalmente dal fumo di sigaretta. Inoltre, l’inalazione cronica di inquinanti dell’aria o fumi irritanti o polveri presenti in ambienti occupazionali (miniere di carbone, fabbriche tessili, silos e movimentazione di grano, allevamenti, stampaggio di metalli) può essere un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di bronchite cronica.

Durata di bronchite acuta e cronica

Mentre la bronchite acuta ha una durata limitata ad alcuni giorni, invece la bronchite cronica è invece caratterizzata e definita tale in presenza di una tosse produttiva che dura più di tre mesi all’anno per almeno due anni in assenza di altre patologie.

La tosse nella bronchite acuta

La tosse negli episodi di bronchite è generalmente violenta, si presenta ad accessi che spesso lasciano senza fiato. A preannunciare il suo arrivo può essere un bruciore al petto, localizzato dietro lo sterno (se è interessata anche la trachea). All’inizio la tosse è generalmente secca e stizzosa, poi diventa profonda e con abbondante secrezione di catarro. In seguito all’infiammazione i bronchi si gonfiano e producono muco e pus. A volte si ha la febbre (non supera i 38,5°C e dura 3-5 giorni) e si respira con difficoltà: all’inizio in situazioni di sforzo, poi anche a riposo.

La tosse nella bronchite cronica

Nella bronchite cronica la tosse diventa insistente soprattutto al mattino, con emissione di muco scarso o abbondante, catarro in quantità che perdura anche oltre tre mesi l’anno. A ciò si associano affanno più o meno intenso e crisi asmatiche. A causa dell’infiammazione i bronchi si restringono o rimangono ostruiti, rendendo difficile il respiro e la circolazione del sangue nei polmoni. In molti casi succede che una o più volte all’anno si verifichino episodi di riacutizzazioni con aumento della tosse e dell’espettorato. Il risultato è un ostacolo più o meno grave al passaggio dell’aria nei bronchi e nei polmoni per provoca dispnea più o meno grave.

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Diagnosi di bronchite acuta e cronica

La diagnosi di bronchite (sia acuta che cronica) include diversi tipi di esami:

  • Esami del sangue, per la conta leucocitaria e per la ricerca di stati infettivi;
  • Esami di coltura sull’espettorato, per determinare la presenza di batteri nel muco ed escludere altre infezioni;
  • Radiografia del torace (Rx Torace), per valutare la presenza di segni di infezioni più estese (polmonite);
  • TAC, nei casi in cui sia necessario individuare eventuali anomalie dei polmoni e delle vie aeree in generale;
  • Spirometria, per misurare la quantità di aria che si immette nei polmoni;
  • Test di provocazione bronchiale, per la misura dell’ossido nitrico presente nell’aria emessa (espirata) che indica il livello di infiammazione.

Trattamenti della bronchite acuta e cronica

Il trattamento della bronchite è diverso a seconda che si tratti di un episodio acuto o sia cronica e ancora che ci sia una sovrapposizione di un’infezione batterica. In tutti i casi la sospensione dal fumo deve essere totale. Generalmente, nel caso di un’infezione virale acuta basta un periodo di riposo a letto, una sufficiente idratazione, l’uso di antinfiammatori, antipiretici e mucolitici per il controllo dei sintomi. Se c’è una sovrainfezione batterica il medico indicherà la terapia con antibiotici più adatta.
La terapia della bronchite cronica, nel quadro complesso della BPCO, prevede un trattamento più articolato e di lunga durata che include farmaci per la broncodilatazione, a base di corticosteroidi, ossigenoterapia e una specifica terapia di riabilitazione polmonare.

La bronchite è contagiosa?

La bronchite acuta è contagiosa, mentre la bronchite cronica è contagiosa solo se correlata a microrganismi. Generalmente, la trasmissione del virus avviene per via aerea, cioè principalmente con:

  • tosse;
  • starnuti.

Questa malattia infettiva si può trasmettere da un individuo ad un altro anche attraverso il contatto diretto, ad esempio si può verificare quando una persona infetta stringe la propria mano, contaminata con le secrezioni infette, a quella di una persona sana.

Come prevenire la bronchite?

La prima prevenzione della bronchite si attua non fumando. Il fumo di tabacco, sigaretta, sigari o pipa, irrita le mucose e favorisce l’instaurarsi dei processi infiammatori. Ugualmente bisognerebbe ridurre l’esposizione all’inquinamento e a sostanze tossiche, ad esempio mediante l’uso di mascherine nelle condizioni più a rischio. È necessario che gli ambienti domestici e lavorativi siano umidificati. In tutti i casi è importante osservare regole di igiene quali lavare bene e con frequenza le mani, seguire un’alimentazione equilibrata e bere a sufficienza.

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Addio sigarette: un test per scegliere le terapie su misura per smettere di fumare

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La ricerca

Lavorando su un semplice prelievo di sangue, i ricercatori hanno individuato le caratteristiche genetiche individuali che influenzano il rischio di diventare dipendente dal fumo di sigaretta o anche la difficoltà a smettere di fumare pur con l’aiuto di una terapia farmacologica. Alcune variazioni nel DNA, specifiche per ciascun individuo, localizzate nei geni che determinano i recettori della nicotina – spiegano i ricercatori – sono risultate associate con il rischio di diventare dipendenti proprio dalla nicotina. In particolare, alcune di queste variazioni determinano anche un’ aumentata difficoltà a smettere di fumare in pazienti che hanno assunto degli specifici trattamenti farmacologici antifumo e hanno ricevuto un apposito supporto psicologico.

Smettere di fumare non è così facile

I risultati dello studio hanno anche purtroppo confermato quello che tanti fumatori sanno bene: smettere di fumare e soprattutto non riprendere a fumare dopo che si è smesso, non è affatto facile: benché poco dopo l’inizio della terapia antifumo oltre il 70% dei soggetti è riuscito a smettere di fumare, a un anno dall’ inizio del trattamento, molti sono ricaduti nella dipendenza dal fumo e solo il 47% dei soggetti ha smesso definitivamente. “Questi risultati – afferma Francesca Colombo, ricercatrice dell’Unità di Epidemiologia Genetica e Farmacogenomica dell’INT, oltre che coordinatrice dello studio – rappresentano il primo passo verso l’individuazione di un profilo genetico individuale, sulla base del quale si potrà definire un percorso terapeutico di disassuefazione dal fumo il più personalizzato ed efficace possibile”.

I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare

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Dopo quanto posso dire di aver smesso di fumare?

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La mia esperienza

A me è successo, dopo 15 anni da fumatore, di spegnere una sigaretta e dire: da ora in poi mi impegno per non fumare mai più. Sono passati cinque anni da quell’ultima sigaretta e solo ora – a distanza di molto tempo e non dopo una settimana –  posso dire che effettivamente quel giorno ho realmente smesso di fumare. Questo significa che devono passare cinque anni per considerarsi ex fumatore? Ovviamente no. Ripeto: non c’è un arco temporale preciso per avere il bollino “ex fumatore” ed anche se ci fosse, sicuramente non varrebbe per tutti. Ogni ex fumatore ha passato i giorni successivi alla sua ultima sigaretta soffrendo i sintomi dell’astinenza. Io pensavo di volermi accendere una sigaretta ogni 10 minuti, in modo ossessivo, per almeno una decina di giorni dopo aver smesso di fumare. Ma poi il tempo passa, i sintomi di astinenza diminuiscono gradatamente ed un bel giorno capita che ti guardi allo specchio e ti dici: ce l’ho fatta: sono un ex fumatore. Ma sono un “ex fumatore” o sono un “non fumatore”? C’è differenza?

Ex fumatore o non fumatore?

Sembra una distinzione da poco ed invece non lo è. Chiunque sia stato un fumatore abituale ed abbia smesso è un EX fumatore. Con “NON fumatore” ci si riferisce ad una persona che non ha mai fumato in vita sua. Dove sta la differenza? Per il resto della sua vita un EX fumatore ha un rischio molto più elevato di ricadere nel fumo, rispetto a chi non ha mai fumato in vita sua, esattamente come un ex alcolista o un ex eroinomane sono più a rischio di tornare ad essere un alcolizzato ed un eroinomane rispetto a chi non lo è stato mai in vita sua. Certo, più passa il tempo dall’ultima sigaretta spenta e più questo rischio di ricaduta si avvicina ad essere quasi accostabile a quello di un non fumatore, ma non sarà mai identico.

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Mi preme comunque ricordare – anche per dare un bell’incentivo a chi ha smesso da poco tempo – che il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e cancro nell’ex fumatore torna a livelli accostabili a quelli di una persona che non ha mai fumato in vita sua, dopo circa 10 anni di astinenza dalle sigarette. Se vi sembra un periodo eccessivamente lungo, state sottovalutando i rischi delle sostanze cancerogene e RADIOATTIVE delle sigarette che avete per anni introdotto nel vostro corpo. Siamo ottimisti e vediamola così: il nostro organismo è così straordinario da rimettere a posto tutti i danni che gli avete inferto, in appena 10 anni! Però questo termine di 10 anni non ci deve suggerire che oltre tale limite temporale l’ex fumatore non è più a rischio di ricadute: possono anche passare mille anni, ma ad un fumatore basta anche solo fare qualche tiro da una sola sigaretta per ritornare nel circolo vizioso della dipendenza da nicotina e tornare ad essere un fumatore, magari ancora più incallito di prima. Questo per tornare al concetto che un “EX” sarà sempre più a rischio di un “NON”, anche a distanza di secoli.

Ma quindi?

Ma quindi quando puoi dire a te stesso: HO SMESSO DI FUMARE? Lo devi sapere tu. Devi sentirlo dentro. E soprattutto: devi essere sicuro che non accenderai mai più una sigaretta, anche se un meteorite stesse per distruggere la Terra. Quando i sintomi di astinenza saranno ridotti, quando non penserai più alle sigarette ogni 10 minuti e quando avrai la certezza che le sigarette non controlleranno mai più la tua vita qualsiasi cosa succeda… allora si: sarai dei nostri, sarai un orgoglioso EX FUMATORE!

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