Il disagio psicologico nel bambino con dislessia

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma MAI ESSERE TRASPARENTI FUORI IL CARATTERE Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Filler BotulinoPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

Spesso la dislessia – confusa con le normali prime difficoltose fasi di apprendimento del bambino – non viene precocemente diagnosticata, accade quindi molto frequentemente che le difficoltà specifiche di apprendimento del bambino non vengano individuate precocemente. Il risultato di ciò è che sovente capita che il bimbo sia costretto a vivere una serie di insuccessi a catena senza che lui ne riesca a comprendere il motivo. Quasi sempre i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti allo scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività, alla distrazione: i genitori spesso si lamentano col bimbo della sua poca voglia di impegnarsi nello studio. Questi alunni, oltre a sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e colpevoli. L’insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad un’elevata demotivazione all’apprendimento e a manifestazioni emotivo-affettive particolari quali:

  • la timidezza estrema;
  • la forte inibizione;
  • l’aggressività;
  • gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe;
  • la depressione.

Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema a tutto tondo e ne rimane imprigionato fino a che non viene elaborata una diagnosi accurata che permette di fare chiarezza.

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Possibili sensazioni e comportamenti del ragazzo dislessico
Provando a mettersi nei panni di un bambino o di un ragazzo con disturbo di apprendimento si possono immaginare le esperienze e gli stati d’animo:

  • egli si trova a far parte di un contesto (la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e astratte;
  • osserva però che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle attività proposte e ottiene buoni risultati;
  • sente su di sé continue sollecitazioni da parte degli adulti (“stai più attento!”, ” Impegnati di più!”, “hai bisogno di esercitarti molto”…);
  • si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei;
  • comincia a maturare un forte senso di colpa sentendosi responsabile delle proprie difficoltà;
  • ritiene che nessuno sia soddisfatto di lui, né gli insegnanti né i genitori;
  • ritiene di non essere all’altezza dei compagni e che questi non lo considerino membro del loro gruppo a meno che non vengano messi in atto comportamenti particolari (ad esempio quello di fare il buffone di classe);
  • per non percepire il proprio disagio, mette in atto meccanismi di difesa che non fanno che aumentare il senso di colpa, come il forte disimpegno (“Non leggo perché non ne ho voglia!”, “Non eseguo il compito perché non mi interessa”…) o l’attacco (aggressività);
  • talvolta il disagio è così elevato da annientare il soggetto ponendolo in una condizione emotiva di forte inibizione e chiusura.

Possibili atteggiamenti dei familiari del soggetto dislessico
Per la maggior parte dei genitori la scuola è importante, è al primo posto nella vita dei bambini e dei ragazzi, tutto il resto viene dopo e, se la scuola va male, ne sono insoddisfatti e chiedono al/alla figlio/a un maggiore impegno. Non di rado si sente dire ai genitori rispetto alla difficoltà del figlio: “Non me lo aspettavo… mi è sempre sembrato un bambino intelligente…”.
L’ingresso nella scuola elementare ha, in questi casi, fatto emergere un problema; il bambino non apprende come gli altri, gli altri sanno già leggere e scrivere, lui invece… Comincia così la storia del bambino – scolaro, una storia che, in certi casi, ha risvolti davvero drammatici, non si riesce a comprendere tutta quella serie di “perché” che permetterebbero di intraprendere percorsi adeguati ed efficaci e si cercano soluzioni spesso dannose, anche se decise in buona fede. Ecco allora che si sottopongono i figli a estenuanti esercizi di recupero pomeridiano, si elargiscono punizioni (niente più sport, niente più videogiochi…), e talvolta si arriva anche a far cambiare scuola al figlio.
Nonostante si parli molto di questi problemi, c’è ancora scarsa conoscenza e non sempre la diagnosi giunge in tempi accettabili, cosicché sia il bambino sia la famiglia tutta vivono esperienze frustranti, generatrici di ansia e di un clima affettivo non certamente favorevole.

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Bambino con dislessia e scuola: un apprendimento attraverso l’esempio e la sperimentazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LEGGERE MALE FIGLIO SVILUPPO CERVELLO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

In generale, il bambino e lo studente con dislessia non hanno un rapporto “naturale” con l’apprendimento che deve avvenire tramite le parole: non è per loro sufficiente ascoltare per capire ed imparare, ma necessitano di spiegazioni che passino anche attraverso l’esempio concreto e la sperimentazione.
Inoltre, lo schema riassuntivo, dove compaia il “percorso ragionato” compiuto dall’insegnante, è molto importante per l’alunno con Dislessia, che soprattutto durante gli anni della scuola Primaria e Secondaria di I grado, non sarà in grado di costruire tale schema in autonomia, ma dovrà esservi guidato. Ciò riguarda tutte le discipline scolastiche e tutto ciò che il bambino deve apprendere in classe. Infatti, la Dislessia non è un problema solo per la lettura. I bambini con Dislessia spesso hanno avuto difficoltà di linguaggio nei primi tre anni di vita: può trattarsi di bambini che hanno imparato a parlare verso i due anni, altre volte invece hanno imparato verso l’anno ma poi il loro linguaggio è rimasto povero, oppure non hanno mai pronunciato bene le parole, o hanno continuato ad usare frasi costruite in modo non del tutto corretto.

L’uso del linguaggio è alla base delle attività didattiche presenti a scuola ed è per questo motivo che alcuni casi di Dislessia sembrano “nascere” durante gli anni della Primaria. In realtà, il contesto scolastico mette in luce problematiche già presenti. In alcuni casi, se il bambino non venisse in contatto con un ambiente ove sia il linguaggio scritto che quello orale costituiscono allo stesso tempo lo strumento e l’oggetto principale di apprendimento, il suo disagio e le sue problematiche si configurerebbero in maniera meno “forte” (come ad esempio accade nei percorsi di apprendimento che seguono il metodo Montessori).

Il problema di lettura e scrittura può essere considerato dall’insegnante come il segnale più evidente di un funzionamento più ampio. Generalmente, il bambino con Dislessia è particolare anche quando non legge: quando parla usa parole diverse tra loro credendo che significhino la stessa cosa, oppure ha poco interesse a parlare in maniera “corretta” e fatica ad imparare il linguaggio specifico delle varie materie. Non memorizza parole nuove con facilità ed è lento nel ricordare l’alfabeto, oppure non lo impara del tutto. Quando ascolta, il bambino potrebbe non comprendere del tutto il senso di ciò che gli viene detto, se il pensiero è ricco di frasi subordinate e se sono pochi gli esempi legati alla realtà concreta presenti nel discorso.
E’ come se il nostro modo di parlare risultasse troppo complesso, perché il bambino non ha gli strumenti per organizzarlo autonomamente (come fa invece il bambino non dislessico, che comunque a seconda dell’età risulta più o meno competente nell’organizzare ciò che ascolta).

Diverso è ascoltare un brano che qualcuno legge, dall’ascoltare un discorso. Il brano che viene letto, ha una ritmica ed una punteggiatura che già lo riordinano e che quindi facilitano l’organizzazione. Un buon brano, o un capitolo di un buon libro di testo, sono già “organizzati” e quindi il bambino riesce a comprendere ascoltando la lettura di un’altra persona.

Importante sottolineare che: anche un disturbo della letto scrittura isolato può comportare difficoltà in matematica, più o meno importanti a seconda del grado di dislessia e della classe frequentata dal bambino. Infatti, più il bambino va avanti con la scolarizzazione, più le richieste aumentano e con esse le difficoltà in matematica, legate alla comprensione dei testi dei problemi ed alla concettualizzazione astratta, soprattutto se essa deve appoggiarsi prevalentemente sul canale verbale.

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Dislessia: le condizioni più frequentemente correlate

MEDICINA ONLINE DISGRAFIA IMMAGINE ESEMPIO

Disgrafia

Prima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

La dislessia è spesso accompagnata da parecchie difficoltà di apprendimento, ma non è chiaro se esse condividono le sottostanti cause neurologiche. Queste correlate disabilità comprendono:

Disgrafia, disortografia e discalculia

Un disturbo che si esprime principalmente attraverso le difficoltà con la scrittura, ma in alcuni casi con difficoltà associate alla coordinazione occhio-mano e o ai processi orientati ad una sequenza, come legare nodi o svolgere compiti ripetitivi. Nella dislessia, la disgrafia è spesso multifattoriale, a causa della ridotta automaticità del processo lettera-scrittura, delle difficoltà organizzative ed elaborative e la compromissione della formazione della parola visiva, che rende più difficile per recuperare l’immagine visiva delle parole necessarie per l’ortografia. Spesso si associa anche la disortografia e la discalculia. Per approfondire:

Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)

Un significativo grado di comorbidità è stato segnalato tra i disturbi ADHD e la dislessia. L’ADHD si verifica nel 12%-24% di tutte le persone con dislessia. Per approfondire: Deficit di attenzione: quando un bambino è iperattivo, che fare?

Disturbo dell’elaborazione uditiva
Una disabilità dell’ascolto che colpisce la capacità di elaborare le informazioni uditive. Ciò può portare a problemi con la memoria uditiva e il sequenziamento uditivo. Molte persone con dislessia hanno problemi di elaborazione uditiva e possono sviluppare i propri spunti logografici per compensare questo tipo di deficit. Alcune ricerche indicano che le competenze di elaborazione uditiva potrebbero essere il deficit primario nella dislessia.

Disprassia
Una condizione neurologica caratterizzata da una marcata difficoltà nello svolgere compiti routinari che coinvolgono il controllo dell’equilibrio, del coordinamento cinestetica, nella difficoltà dell’uso dei suoni vocali, problemi di memoria a breve termine e nell’organizzazione. Per approfondire: Disprassia a scuola: sintomi, esercizi, si guarisce?

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Dislessia: quali sono le cause?

MEDICINA ONLINE BAMBINI BIMBI SCUOLA PRIMARIA ELEMENTARE ETA PICCOLI EDUCAZIONE INSEGNANTE DISTURBI SPECIFICI LINGUAGGIO APPRENDIMENTO DSA INTELLIGENZA DISLESSIA DISGRAFIA DISORTOGRAFIA ATTENZIONE DISCALCULIA SCRIVERE ERRORPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

I ricercatori hanno cercato di scoprire le basi neurobiologiche della dislessia dei bambini fin dall’identificazione della condizione, avvenuta nel 1881. Ad esempio, alcuni hanno cercato di correlare l’incapacità di vedere chiaramente le lettere, caratteristica comune tra i dislessici, allo sviluppo anormale delle loro cellule nervose visive. Le teorie più moderne sembrano indicare una causa multifattoriale che interessa il sistema nervoso e la genetica.

Il ruolo del cervello

Le moderne tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia ad emissione di positroni (PET) hanno permesso di fornire una correlazione sia funzionale che strutturale nel cervello dei bambini con difficoltà di lettura.[53] Alcuni dislessici mostrano un’inferiore attività elettrica in alcune parti l’emisfero sinistro del cervello, coinvolte con la lettura, come ad esempio la circonvoluzione frontale inferiore, il lobulo parietale inferiore e la corteccia temporale media e ventrale. Negli ultimi dieci anni, gli studi sull’attivazione cerebrale che utilizzano la PET hanno permesso di compiere notevoli passi avanti nella comprensione della base neurale del linguaggio. Sono state proposte le basi neurali per il lessico visivo e uditivo per le componenti di memoria verbale a breve termine.

La teoria cerebellare

La ricerca scientifica ha fornito dati importanti che indicano il ruolo interattivo del cervelletto e della corteccia cerebrale, così come altre strutture cerebrali. La teoria cerebellare della dislessia propone che la compromissione del movimento muscolare, controllato dal cervelletto, influenza la formazione delle parole che hanno bisogno dei muscoli della lingua e facciali per essere formulate, causando i problemi di scioltezza che sono caratteristici di alcuni dislessici. Il cervelletto è coinvolto anche nella automazione di alcune attività, come la lettura. Il fatto che alcuni bambini dislessici hanno deficit nell’attività motoria e nell’equilibrio menomazioni è stato menzionato come prova per il ruolo del cervelletto nella loro difficoltà di lettura. Tuttavia, la teoria cerebellare non è supportata da studi controllati.

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La teoria genetica

La ricerca di potenziali cause genetiche della dislessia ha le sue radici negli esami autoptici del cervello di persone con la condizione. Le differenze anatomiche osservate nei centri linguistici di tali cervelli includono malformazioni corticali microscopiche conosciute come ectopie o, più raramente, malformazioni microvascolari e delle microcirconvoluzioni. Gli studi suggeriscono che uno sviluppo corticale anormale si verifichi prima o durante il sesto mese di sviluppo del cervello del feto. Sono state, inoltre, segnalate nei dislessici formazioni di cellule anormali nelle strutture cerebrali e sottocorticali non linguistiche. Diversi geni sono stati associati con dislessia, tra cui DCDC2 e KIAA0319 sul cromosoma 6, e DYX1C1 sul cromosoma 15.

Importante ricordare che la dislessia può anche esordire in età adulta come risultato di lesioni cerebrali traumatiche, ictus o demenza.

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Come affrontare la dislessia? Il percorso terapeutico nel bimbo dislessico

Sono più intelligenti gli uomini o le donne Nuovi studi hanno decretato il vincitorePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

Ogni percorso terapeutico deve essere personalizzato in relazione: alle caratteristiche psicologiche del soggetto, agli ambiti di competenza, potenzialità e difficoltà riscontrati, ai tempi di attenzione, ai livelli motivazionali e di metacognizione individuati. Le linee guida prevedono due itinerari da portare avanti parallelamente:

  • itinerario relativo alle competenze di base percettivo-motorie e meta-fonologiche;
  • itinerario specifico per la lettura.

Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune riscontrate nelle capacità di base; il secondo itinerario ha invece lo scopo di promuovere la conquista di capacità di lettura più adeguate. È importante quindi che i due itinerari siano proposti parallelamente e con gradualità, per evitare di rimandare nel tempo la conquista di quelle capacità di lettura che possono gratificare il bambino. Quest’ultimo dovrà essere informato circa il lavoro da svolgere, anzi, egli stesso dovrà conoscere gli obiettivi che, di volta in volta, dovranno essere raggiunti; in questo modo gli sarà possibile essere protagonista e, al tempo stesso, “osservatore” dei propri processi di apprendimento.

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Consulenza alla famiglia
Il lavoro con la famiglia deve integrare il percorso individuale del soggetto dislessico. Gli incontri con la famiglia sono un momento fondamentale nel lavoro con il bambino che presenta difficoltà di apprendimento; attraverso queste sedute si cerca di sostenere sia i genitori sia i figli nel cammino verso la piena comprensione del problema, verso la ricerca condivisa di modalità idonee per affrontarlo, evitando che il problema stesso giunga a pervadere ogni ambito della vita del bambino e crei disagi insormontabili nella sfera affettiva e relazionale. Nelle situazioni di disturbo specifico è in ogni caso importante che questo tipo d’intervento affianchi, ma non sostituisca, il lavoro individuale e personalizzato con il bambino, che deve essere portato avanti da personale preparato e in grado di stabilire adeguati raccordi con la scuola.

Ergonomia del testo
I problemi di dislessia impongono di pensare all’ergonomia del testo scritto. Alcune linee guida possono essere d’aiuto per rendere più agevole la lettura, pur senza risolvere il problema.

  • font tipografico tendenzialmente con caratteri senza grazie (caratteri tipografici che possiedono alle estremità degli allungamenti ortogonali). È importante che, però, siano differenziate almeno la “l” maiuscola e la “l” minuscola. Un carattere senza grazie (ossia senza le sporgenze alle estremità delle aste verticali), come quello in cui è scritto questo testo, è bene usarlo per testi brevi, con una spaziatura del 5-6% tra le lettere, perché nel caso di lettere come le “o” e la “g” lo scuro, verticale, del carattere risulta più vicino alle lettere che precedono e che succedono facendo perdere l’unità della lettera. Un altro problema che già danno i caratteri di larghezza media (meno evidente con quelli più stretti) è che nelle lettere aperte come la “n”, la “m”, la “u” e la “v” il bianco entra nell’area del carattere, disturbando la lettura. È per questo motivo che i libri sono impaginati con caratteri con le grazie, che stancano meno la lettura, nonostante siano meno sintetici, e nel caso di difficoltà di decodifica visiva sono meno indicati nella fase iniziale. Un’altra possibilità che può aiutare approcci difficoltosi è di usare il maiuscoletto al posto delle lettere minuscole, sempre distanziando un poco le lettere tra loro;
  • sconsigliata la frazionatura delle parole andando a capo. È importante che la riga contenga un massimo di settanta battute. Le battute giuste (da cui il termine giustezza della riga) dovrebbero essere circa sessanta, in modo che l’occhio sia facilitato a tornare indietro e il ritmo della respirazione possa accompagnare la lettura;
  • giustificazione solo a sinistra (sbandierato a destra) per tre ragioni principali:
    • equispaziatura delle parole e delle lettere che rende la lettura più lineare e codificabile
    • la sbandieratura a destra permette di avere una forma particolare dell’insieme della pagina che aiuta a evitare la perdita del segno
    • elimina la frazionatura delle parole andando a capo
  • ampia interlinea.

La prognosi, in generale, è positiva per gli individui a cui la condizione viene identificata al più presto durante l’infanzia e ricevono il supporto da amici, familiari e personale specializzato.

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Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO TRISTE TRISTEZZA DEPRESSIONE BAMBINI VETRO TRENO VIAGGIOLa dislessia (anche chiamata “disturbo della lettura“, in inglese: “dyslexia” o “reading disorder”), è una condizione che fa parte dei disturbi specifici dell’apprendimento o DSA. La dislessia è caratterizzata da una certa difficoltà:

  • nella lettura;
  • nella pronuncia delle parole,
  • nella lettura veloce;
  • nella memorizzazione delle definizioni;
  • nella memorizzazione dei termini specifici;
  • nella scrittura a mano;
  • nella copiatura di un testo;
  • nella pronuncia delle parole durante la lettura ad alta voce;
  • nella comprensione di ciò che si legge (testo e numeri).

Chi ne soffre ha solitamente un’intelligenza normale e una buona volontà di apprendere. La dislessia comporta difficoltà di grado lieve, medio o severo; in caso di compromissione totale delle capacità di lettura si parla di alessia (alexia in inglese). La dislessia può essere di tipo fonologico o visivo. Le persone con dislessia hanno frequentemente scarse capacità ortografiche, una caratteristica a volte chiamata disortografia e disgrafia. Non si parla di dislessia quando la difficoltà di lettura è dovuta ad un insegnamento insufficiente o a problemi di udito o di vista.

Dislessia e deficit dell’attenzione

Il disturbo dislessico e la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), comunemente si verificano insieme: circa il 15% delle persone con dislessia presenta anche ADHD e il 35% coloro con ADHD hanno la dislessia. A tale proposito, leggi anche: Dislessia: le condizioni più frequentemente correlate

Cause di dislessia

La dislessia sembra essere causata da un’inferiore attività elettrica in alcune parti l’emisfero sinistro del cervello, coinvolte con la lettura, come ad esempio la circonvoluzione frontale inferiore, il lobulo parietale inferiore e la corteccia temporale media e ventrale. Diversi geni sono stati associati con la dislessia, tra cui DCDC2 e KIAA0319 sul cromosoma 6, e DYX1C1 sul cromosoma 15. Per approfondire, leggi: Dislessia: quali sono le cause?

Sintomi e segni della dislessia

Non è facile individuare sintomi e segni della dislessia nelle sue prime fasi. Nella prima infanzia, i sintomi che comportano la formulazione di una diagnosi di dislessia comprendono:

  • un’insorgenza ritardata di parola,
  • difficoltà nel distinguere la sinistra dalla destra,
  • difficoltà con la direzione,
  • la mancanza di consapevolezza fonologica,
  • la facilità di essere distratti da un rumore di fondo.

I bambini con dislessia spesso hanno difficoltà di linguaggio nei primi tre anni di vita: può trattarsi di bambini che hanno imparato a parlare verso i due anni, altre volte invece hanno imparato verso l’anno ma poi il loro linguaggio è rimasto povero, oppure non hanno mai pronunciato bene le parole, o hanno continuato ad usare frasi costruite in modo non del tutto corretto. L’inversione delle lettere o delle parole e la scrittura specchio sono comportamenti che a volte si riscontrano nelle persone con dislessia, ma non sono considerati caratteristiche proprie del disturbo. I bambini in età scolare con dislessia possono mostrare segni di difficoltà nell’individuare o generare parole in rima o contare il numero di sillabe; entrambe le capacità dipendono dalla consapevolezza fonologica. Essi possono anche mostrare difficoltà nel segmentare le parole in singoli suoni o fondere suoni nella produzione di parole, indicando una ridotta consapevolezza fonemica. Anche la difficoltà nel nominare gli oggetti o ricercare la parola giusta è una caratteristica correlata con la dislessia. Per approfondire, leggi anche: Dislessia: i problemi più diffusi nella decodifica del testo e ripercussioni su scrittura ed apprendimento

Ripercussioni sul bambino

La dislessia può avere un impatto fortemente negativo sul bambino, a tal proposito approfondisci con: Il disagio psicologico nel bambino con dislessia

Diagnosi nel bambino dislessico

La dislessia viene diagnosticata attraverso una serie di test di memoria, di ortografia, di visione e di capacità di lettura.

Quando il bambino dislessico cresce

I problemi persistono nell’adolescenza e nell’età adulta e possono accompagnarsi con difficoltà nel riassumere storie, nella memorizzazione, nella lettura ad alta voce o nell’apprendimento delle lingue straniere. Gli adulti con dislessia spesso sono in grado di leggere con una buona comprensione del testo, anche se tendono a farlo più lentamente di altri, senza tuttavia presentare una difficoltà di apprendimento e hanno prestazioni peggiori nei test di ortografia o durante la lettura di parole senza senso – una misura della consapevolezza fonologica. Un mito comune circa la dislessia è che la sua caratteristica distintiva è nella lettura o nella scrittura di lettere o parole al contrario, ma questo è vero per molti bambini che imparano a leggere e scrivere.

Come affrontare la dislessia?

A tale proposito leggi:

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Piede piatto: cos’è e perché può diventare pericoloso per la salute

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PIEDE PIATTO IN BAMBINO COSE PERICOLOSO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCon “piede piatto” viene indicata una particolare conformazione del piede caratterizzata dall’appiattimento della volta plantare (la parte della superficie plantare del piede che, in situazioni fisiologiche, non tocca il terreno quando si è in posizione eretta) e dalla valgo-pronazione del calcagno. E’ quindi un paramorfismo in cui risultano alterati i rapporti anatomici del piede.

Piede piatto nei bambini

Dai 10 mesi di vita fino ai 3-4 anni di età questa situazione è del tutto fisiologica e rientra nella normale crescita del piede (piede piatto fisiologico), ed è generalmente portata a correggersi spontaneamente entro i 6-7 anni di età.

Perché il piede piatto può diventare pericoloso?

Anche quando la presenza dei piedi piatti permane senza regredire autonomamente dopo i 7 anni di vita, la condizione è – la maggior parte delle volte – indolore, tuttavia questo paramorfismo può contribuire all’insorgenza di problemi a caviglie e ginocchia perché la presenza di questa condizione può alterare l’allineamento delle gambe.

Quali sono le cause del piede piatto?

La presenza del piede piatto nei bambini è del tutto normale e in alcune persone questa conformazione del piede tipica dell’infanzia non regredisce, permanendo anche in età adulta. Nonostante la presenza di piattismo generalmente non desti importanti problematiche, i bambini che ne sono affetti hanno maggiori possibilità di soffrire da adulti di patologie secondarie come l’artrosi della caviglia e l’alluce valgo: il trattamento di questa condizione è dunque preventivo. Alcuni fattori possono influire sulla possibilità di sviluppare il piede piatto anche in età adulta: obesità, lesioni traumatiche al piede o alla caviglia; artrite reumatoide; invecchiamento.

Quali sono i sintomi del piede piatto?

La maggior parte delle persone non ha alcun sintomo associato alla presenza del piede piatto. In alcuni casi, soprattutto nei soggetti con valgo-pronazione del calcagno, possono esservi dolore in particolare nella zona del tallone o della volta plantare e gonfiore nella parte interna della caviglia.

Come prevenire il piede piatto?

Per prevenire la formazione del piede piatto in età adulta è bene evitare le condizioni che possano predisporre al suo sviluppo. Se nulla si può fare riguardo alcuni fattori di rischio – come l’artrite reumatoide e l’invecchiamento – è possibile invece attuare delle strategie preventive per evitare l’insorgenza di condizioni come il sovrappeso e l’obesità e le lesioni traumatiche al piede o alla caviglia che favoriscono la comparsa di questo disturbo.

Diagnosi

Per effettuare la diagnosi è necessario un esame obiettivo e durante la visita al paziente si chiederà di effettuare dei movimenti (come mettersi sulle punte dei piedi) per esaminare la meccanica dei piedi.
Nel caso il paziente lamenti dolore, può essere richiesta la sottoposizione e diversi esami di imaging:

  • Radiografia: per visualizzare le ossa e le articolazioni dei piedi.
  • TAC: in grado di visualizzare le ossa e l’articolazione del piede da diverse angolazioni, fornendo maggiori dettagli rispetto a una normale radiografia.
  • Ecografia: questo esame, in grado di fornire immagini dei tessuti molli, può essere effettuato nel caso in cui il medico sospetti la presenza di una lesione tendinea.
  • Risonanza magnetica: in grado di fornire immagini dettagliate sia dei tessuti duri (come le ossa) sia dei tessuti molli (come tendini e vasi sanguigni).

Trattamenti

Nonostante la presenza di piattismo generalmente non desti importanti problematiche, i bambini che ne sono affetti hanno maggiori possibilità di soffrire da adulti di patologie secondarie come l’artrosi della caviglia e l’alluce valgo: il trattamento di questa condizione è dunque preventivo.
In presenza di un accentuato piattismo dei piedi, già a partire dai 3 o 4 anni di età è bene mettere in atto una serie di provvedimenti – del tutto non invasivi – mirati a favorire la maturazione della volta plantare. Tra questi:

  • l’uso di un plantare;
  • il rinforzo muscolare mediante esercizi e sport adatti.

In entrambi i casi è bene farsi consigliare dal medico, evitando soluzioni “fai da te”.

Quando è necessaria la chirurgia?

Se entro gli 8-9 anni non si raggiunge un miglioramento della volta plantare possono essere consigliati, nei casi di piattismo più importanti, interventi chirurgici correttivi da eseguire tra i 9 e i 14 anni. Diverse sono le procedure chirurgiche utilizzate a questo scopo: le più diffuse sono l’endortesi e il calcagno-stop, entrambe mirate a correggere la pronazione del calcagno e a far risalire la volta plantare.

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Testicolo ritenuto (criptorchidismo ectopico e vero): diagnosi, terapia e complicazioni

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TESTICOLO RITENUTO CRIPTORCHIDISMO TERAP Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCon testicolo ritenuto o criptorchidismo (dal greco “cripto”, nascosto) ci si riferisce ad una malformazione urologica, caratterizzata dalla mancata discesa del testicolo nel sacco scrotale. Il criptorchidismo può associarsi ad altre anomalie del tratto genito-urinario (es: ipospadia) e nel 70% dei casi riguarda il testicolo destro. Il testicolo anomalo si può trovare in un punto qualsiasi del tragitto che normalmente compie durante la vita fetale dal polo inferiore del rene allo scroto attraversando il canale inguinale. L’interruzione di questo cammino fisiologico porta ad avere il testicolo in una posizione diversa da quella normale che è quella costituita dallo scroto.

Leggi anche: Testicoli e scroto: dimensioni, anatomia e funzioni in sintesi

Sede del testicolo ritenuto: differenza tra criptorchidismo vero ed ectopico

Il più delle volte il testicolo lo troviamo nel sottocutaneo della regione inguinale od in sede sottofasciale in pieno canale inguinale (criptorchidismo vero). In tali casi nello scroto esiste un solo testicolo (quello disceso normalmente) e quindi l’altro è “nascosto”. Il testicolo nascosto (testicolo criptorchide) si può classificare in base alla sua posizione nel tragitto di discesa:

  • addominale alta,
  • addominale bassa,
  • inguinale,
  • soprascrotale,
  • scrotale alta.

Quando invece il testicolo si viene a trovare in un punto al di fuori del tragitto del percorso previsto per la sua “migrazione” dalla cavità addominale allo scroto, si parla di ectopia testicolare o criptorchidismo ectopico.

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TESTICOLO RITENUTO CRIPTORCHIDISMO TERAP2Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpg

Inoltre il testicolo può essere:

  1. testicolo ectopico: testicolo disceso oltre l’anello inguinale esterno ma è posizionato all’esterno al di fuori dello scroto;
  2. testicolo ritenuto: il testicolo è posto a monte dell’anello inguinale esterno lungo la via di migrazione dello stesso (fino al rene).

Nel bambino il criptorchidismo va anche distinto dal “testicolo retrattile” (testicolo normalmente disceso nello scroto, ma in grado di risalire nel canale inguinale per mezzo del riflesso cremasterico e da dove può essere manualmente riportato in sede) e dal “testicolo mobile” (testicolo normalmente disceso nello scroto, che si muove facilmente dentro e fuori dal sacco scrotale per effetto della contrazione del muscolo cremastere). Vi sono poi dei casi di criptorchidismo acquisito (testicolo normalmente disceso alla nascita, che successivamente risale nel canale inguinale ad es. a seguito di un’ernia e non è più riposizionabile in sede). Ancora diverso è il caso di completa assenza di entrambi i testicoli (anorchidia) o di uno soltanto (monorchidia).

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Quanto è diffuso?

Il criptorchidismo si realizza nel 3-5% dei nati a termine e nel 9-30% dei pre-termine. In Italia, secondo queste percentuali, annualmente possiamo avere dai 10.000 ai 90.000 casi. Il criptorchidismo ha una frequenza di circa 1 bambino su 100, la sua incidenza sembra essere aumentata negli ultimi 30 anni soprattutto a causa dell’aumentata esposizione a tossici ambientali (estrogeni, pesticidi, radiazioni).

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Criptorchidismo nel neonato

Il criptorchidismo è abbastanza frequente nel neonato, ma generalmente regredisce entro il primo anno di età, con una discesa spontanea del testicolo, attraverso il canale inguinale, nel sacco scrotale senza che vi siano interventi terapeutici.

Quando preoccuparsi?

La mancata discesa del testicolo è da considerarsi patologica se non avviene entro il termine del primo anno di vita.

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Cause

Le cause di questa malformazione sono congenite per mancata formazione e/o attivazione di strutture e fattori che sovrintendono allo sviluppo del testicolo. Alla luce di recenti studi, volti alla ricerca della cause che contribuiscono alla manifestazione del criptorchidismo, è emerso che questo difetto genitale risulti notevolmente influenzato dagli ormoni. Più precisamente, si tratta di disfunzioni ormonali a livello ipotalamico ed ipofisario: l’insensibilità del testicolo alle gonadotropine (insieme di ormoni che stimolano le gonadi: FSH, LH, hCG) sembra essere la causa principale del criptorchidismo. Nonostante quanto affermato, il meccanismo che regola la responsività ormonale rimane tuttora oggetto di studio per molti autori, poiché non ci sono dimostrazioni inconfutabili. Sembra, comunque, che anche il testosterone vi sia implicato.
Inoltre il particolare peptide INSL3, fattore 3-insulino-simile(INSulin-Like factor 3,) sembra essere l’elemento imputabile alla discesa del testicolo, precisamente durante la fase embrionale: è chiaro come un’alterazione genetica di questo fattore possa considerarsi, a tutti gli effetti, una causa di criptorchidismo.
Oltre alla mutazione genetica di INSL3, anche altre patologie potrebbero considerarsi elementi causali di criptorchidismo, tra cui:

  • l’ipospadia, una anomalia congenita causata dall’incompleto sviluppo dell’uretra, viene spesse volte associata al criptorchidismo;
  • il micropene, la condizione in cui la lunghezza del membro risulta inferiore a 2,5 deviazioni standard rispetto alla norma. Il micropene sembra essere provocato da una carenza di gonadotropine durante lo stadio fetale;
  • la retrazione del gubernaculum testis, il legamento scrotale che collega il testicolo alla regione inguinale, responsabile sia della “spinta” della gonade verso la borsa scrotale, sia del suo mantenimento all’interno della sacca;
  • la sindrome della disgenesia testicolare (TDS) potrebbe causare criptorchidismo: la TDS sembra essere l’esito di anomalie embrionali e fetali, conseguenza, a sua volta, di fattori ambientali (ad esempio inquinamento).

I fattori causali responsabili del criptorchidismo acquisito sono spesso controversi; ad ogni modo, questi sembrano imputabili ad interventi chirurgici per l’ernia inguinale.

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Diagnosi

La diagnosi del criptorchidismo non risulta particolarmente complicata, tutt’alto: in particolare, nei casi di criptorchidismo monolaterale senza ipospadia (anomalo sviluppo dell’uretra), gli accertamenti di laboratorio non sono indispensabili, poiché già dal semplice esame obiettivo il medico evince il disturbo del paziente. Situazione differente si ha, invece, nelle forme bilaterali o monolaterali di criptorchidismo con ipospadia, in cui gli accertamenti diagnostici di laboratorio, considerando la possibilità di un’anorchia (assenza di entrambi i testicoli), sono pressoché imprescindibili: LH, FSH, cariogramma (rappresentazione del corredo cromosomico di una cellula/individuo) e valutazione del testosterone pre/post stimolazione con hCG (human chorionic gonadotropin).

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Complicanze

La mancata discesa del testicolo nella sacca scrotale porta ad una alterazione del funzionamento dell’organo, non solo in termini di produzione degli spermatozoi (riduzione) ma anche in termini di riproduzione cellulare con tendenza allo sviluppo di tumori maligni del testicolo. Sembra che ad influire negativamente sia la temperatura (il testicolo ritenuto ha una temperatura di 1 grado maggiore di quello in sede normale), quindi si rende necessario riposizionare il testicolo nello scroto prima della pubertà per evitare problemi di sterilità. Se invece l’intervento si effettua tardivamente le possibilità di ripresa sono minori od addirittura nulle. In tali casi si preferisce asportare il testicolo sia per evitare il rischio di neoplasie sia perché è dimostrato che il testicolo superstite talora funziona meglio in assenza di testicolo criptorchide.

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Terapie

Esistono terapie mediche (da effettuare entro il primo anno di età) e chirurgiche (se entro il primo anno di età il testicolo non è disceso nella sacca scrotale) da attuare in età pediatrica per prevenire i danni sulla fertilità e per migliorare le possibilità diagnostiche precoci di tumori testicolari.
L’iter terapeutico del criptorchidismo prevede che il testicolo venga riportato all’interno dello scroto precocemente (entro il biennio di vita) con un trattamento medico e/o chirurgico appropriato in modo da salvaguardarne la sua funzionalità e in modo da evitare che vada incontro ad una degenerazione neoplastica (circa il 12% dei tumori testicolari riscontrati in età adulta sono correlati a criptorchidia). Ogni decisione di trattamento è comunque rimandata al compimento del 12º mese di età quando è terminato il periodo in cui è ancora possibile assistere ad una discesa spontanea. La terapia medica (di tipo ormonale) deve essere eseguita entro i primi 18 mesi di vita e porta ad una risoluzione del problema nel 15-30% dei casi. Il trattamento chirurgico del criptorchidismo infantile mira a riportare il testicolo nella sacca scrotale, e viene definito con il termine Orchidopessi o Orchidopessia. Generalmente, si effettua una incisione sull’addome verso l’interno della piega inguinale. Si riposiziona il testicolo nello scroto e lo si fissa nella “borsa” tramite una seconda incisione dello scroto.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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