Differenza tra soffocamento e strangolamento

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA DRENAGGIO TORACE GABBIA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIO LOBI ANATOMIA VERSAMENTOSoffocamento (o asfissia)

E’ necessario subito chiarire che il termine “soffocamento” ed “asfissia” indicano la stessa cosa: la condizione nella quale la normale respirazione di un individuo è impedita a causa di vari fattori diretti o indiretti che impediscono il corretto scambio di gas con l’ambiente. Le cause di soffocamento sono principalmente Continua a leggere

Asfissia: sintomi, cure ed in quanto tempo si muore

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA APNEA STATICA DINAMICA PROFONDA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari A PeneCon “asfissia” in medicina ci si riferisce alla pericolosa condizione nella quale la normale respirazione è impedita a causa di vari fattori diretti o indiretti che impediscono il corretto scambio di gas con l’ambiente. Una asfissia viene generalmente accompagnata da “dispnea” cioè dalla sensazione di Continua a leggere

Differenza tra asfissia e soffocamento

MEDICINA ONLINE NASO ANATOMIA FOSSA NASALE CACOSMIA ODORE MUCOSA MUCO CATTIVO LARINGE LINGUA FARINGE GOLA TESTA SENI PARANASALI SINUSITE SUFFUMIGI ARIA RESPIRO POLMONI NARICISia il termine “asfissia” che “soffocamento” indicano la stessa cosa: la condizione nella quale la normale respirazione di un individuo è Continua a leggere

Differenza tra castrazione chimica e chirurgica

MEDICINA ONLINE PENE MEDICO SBIANCAMENTO PELLE PENIENA SCROTO GLANDE SCURO CHIARO VAGINA PLASTICA LABBRA GRANDI PICCOLE Thai penis whitening trend raises eyebrowsLa castrazione è una tecnica che permette di rimuovere – o rendere comunque non funzionanti – le gonadi di un essere umano o di un animale, rendendolo irreversibilmente sterile, cioè impedendo al maschio di poter mettere incinta una femmina ed alla femmina di poter essere messa incinta. La castrazione può essere eseguita tramite operazione chirurgica (castrazione chirurgica) in cui vengono estirpate le gonadi (testicoli ed ovaie), oppure tramite l’inibizione o la distruzione dei gametociti (spermatozoi ed ovuli) con mezzi ormonici o genericamente chimici (castrazione chimica) o con raggi röntgen (castrazione radiologica). Detto in parole povere nella castrazione chimica vengono tolti testicoli o ovaie, in quella chimica no.

Castrazione chirurgica

La castrazione chirurgica è un tipo di castrazione. E’ una tecnica chirurgica che permette di rimuovere le gonadi di un essere umano o di un animale, rendendolo irreversibilmente sterile, cioè impedendo al maschio di poter mettere incinta una femmina ed alla femmina di poter essere messa incinta. Nel maschio la rimozione dei testicoli viene effettuata tramite una orchiectomia, mentre nelle femmine la rimozione delle ovaie viene effettuata tramite ovariectomia, operazione più complessa rispetto all’orchiectomia vista la posizione anatomica delle ovaie. Rimuovendo i testicoli, luogo dove sono prodotti gli spermatozoi, e le ovaie, luogo dove risiedono gli ovuli, il soggetto diventa sterile in modo permanente ed irreversibile.

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Per quali motivi di pratica la castrazione chirurgica?

La castrazione chirurgica si pratica negli uomini per determinate malattie del testicolo, in genere per tumore o traumi (spesso deve essere asportato un solo testicolo, ed in questo caso si parla di “emicastrazione“); nelle donne per lo più la castrazione viene effettuata in corso d’isterectomia o per inibire l’ulteriore evoluzione di determinati tumori maligni. Negli animali la castrazione chirurgica si pratica generalmente per evitare cucciolate indesiderate e, nei maschi, per rendere l’animale più tranquillo ed eliminare comportamenti aggressivi legati alla sessualità.

Castrazione chimica

La castrazione chimica è un tipo di castrazione, temporanea e solitamente non definitiva, provocata da farmaci a base di ormoni, indirizzata alla riduzione della libido e dell’attività sessuale di un individuo. Il farmaco più in uso attualmente è il medrossiprogesterone che agisce sul cervello inibendo gli ormoni che stimolano i testicoli alla produzione di testosterone.

Per quali motivi di pratica la castrazione chimica?

La castrazione chimica è stata sviluppata come misura temporanea preventiva per soggetti che hanno commessi stupri o violenza sessuale su minori ed è applicata come parte della pena di reati a sfondo sessuale, in diversi paesi, inclusi gli Stati Uniti e Canada, Russia, Polonia, Regno Unito, Svezia, Danimarca, Norvegia, Spagna, Germania e Francia. Spesso, la legislazione prevede che lo stesso pedofilo possa richiedere la castrazione chimica su base volontaria, talora ottenendo sconti di pena. In Italia è stata invocata come pena di reati a sfondo sessuale da diversi esponenti politici, specie quelli appartenenti alla sfera del centro-destra.
Al di fuori dell’ambito della prevenzione e repressione del crimine, la castrazione chimica viene eseguita come fase preliminare nel trattamento ormonale per il cambiamento di sesso, da uomo a donna, nei soggetti transessuali. In questo caso, la trasformazione è irreversibile dopo circa sei mesi dall’inizio del trattamento farmacologico.
Il famoso matematico e informatico Alan Turing, padre dell’informatica teorica, fu sottoposto a castrazione chimica dopo la condanna, nel 1952, per omosessualità (che all’epoca era considerata reato). Questa si ipotizza che fu la causa del suo suicidio, commesso due anni dopo.

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Differenza tra congelamento, assideramento ed ipotermia

MEDICINA ONLINE TEMPERATURA CORPO FEBBRE GRADI CENTIGRADI COLD FREDDO CALDO HOT CONGELAMENTO ASSIDERAMENTO IPOTERMIA SURGELATO thermometer.jpgCos’è il congelamento?

Il congelamento è il raffreddamento localizzato di alcune parti del corpo dovute all’esposizione a basse temperature. In genere sono colpite le estremità, quali le dita (delle mani e dei piedi), la punta del naso, le guance e le orecchie.

Quando si verifica il congelamento?

Il congelamento si verifica in conseguenza dell’esposizione diretta al freddo, coinvolgendo la pelle e i tessuti sottostanti, con temperature comprese tra –4 e –10 °C ma si può manifestare anche con temperature meno rigide in certe condizioni, come ad esempio quando la persona indossa vestiti bagnati, oppure se il soggetto è anziano e/o ha patologie particolari, oppure ancora se resta immobile per un lungo periodo di tempo.

Sintomi iniziali di congelamento

I sintomi della fase iniziale di un congelamento, sono:

  • lieve dolore iniziale che scompare, assieme alla sensibilità;
  • cute leggermente pallida;
  • sensazione di formicolio della parte interessata;
  • aumento della vasocostrizione vasale con conseguente aumento della pressione arteriosa;
  • tachicardia e tachipnea (aumento della frequenza cardiaca e respiratoria);
  • possibile gonfiore e indurimento.

Sintomi tardivi di congelamento

Se non trattato precocemente, il congelamento nelle fasi più avanzate porta a:

  • progressivo arresto della circolazione del sangue nella parte colpita;
  • assenza completa di sensibilità;
  • pelle cianotica (di colore bluastro);
  • formazione di bolle (prima sierose poi emorragiche);
  • dolori molto intensi.

L’ultimo grado di congelamento porta al blocco della circolazione nella parte interessata: si hanno fenomeni ischemici (scarso afflusso di sangue) e successivamente necrotici (morte) dei tessuti.

Cosa fare in caso di congelamento

  • isolare il soggetto dal freddo trasportandolo in un luogo riparato;
  • riscaldare il soggetto con indumenti pesanti o col calore del proprio corpo;
  • sostituire gli indumenti bagnati e/o stretti;
  • proteggere le parti interessate dalla lesione con cotone idrofilo;
  • riscaldare le parti congelate in modo graduale;
  • somministrare bevande zuccherate e calde;
  • proteggere l’infortunato da vento e umidità;
  • rimuovere ogni ostacolo alla circolazione sanguigna;
  • asciugare la parte con delicatezza;
  • riscaldare le parti in acqua con temperatura tra i 35 e i 40°C (in mancanza d’acqua riscaldare con indumenti o con le mani senza strofinare);
  • controllare frequenza cardiaca e respiratoria;
  • provvedere a contattare il numero per le emergenze 112 o condurre il soggetto in ospedale .

Cosa NON fare in caso di congelamento

  • è sconsigliato frizionare le parti interessate con mani, alcol o neve;
  • non cercare di bucare le bolle eventualmente presenti nella ferita;
  • non esporre al caldo eccessivo il soggetto ed evitare il contatto diretto con oggetti caldi;
  • evitare se possibile il riscaldamento con fonti di calore secco (fuoco, stufa, marmitta auto, ecc.);
  • evitare aumenti troppo repentini della temperatura corporea;
  • non “lanciarsi” in tecniche di rianimazione se non siete esperti in tali tecniche;
  • non somministrare farmaci, droghe, sigarette o alcolici.

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Assideramento (o ipotermia)

L’assideramento (anche chiamato “ipotermia”, i due termini sono sinonimi) è il raffreddamento di tutto il corpo (sotto i 35°C) dovuto all’esposizione prolungata a basse temperature. Vi è diminuzione della temperatura corporea (3°C ogni ora), da cui deriva una progressiva e marcata riduzione delle funzioni vitali.

IMPORTANTE: mentre il congelamento interessa principalmente le estremità ed è meno grave, l’assideramento interessa invece il corpo nella sua interezza, è spesso la naturale conseguenza di un congelamento prolungato ed è più grave di quest’ultimo, potendo determinare coma e morte del soggetto.

Sintomi iniziali di assideramento

I sintomi della fase iniziale di un assideramento, sono:

  • accentuato pallore del viso e del corpo;
  • presenza di brividi e agitazione;
  • polso accelerato e respiro rapido (aumento della frequenza cardiaca e respiratoria);
  • senso di fame;
  • aumento della diuresi;
  • nausea;
  • vertigini;
  • difficoltà respiratorie;
  • marcata debolezza;
  • brividi;
  • dolori articolari e muscolari.

Sintomi tardivi di assideramento

Se non trattato precocemente, l’assideramento nelle fasi più avanzate porta a:

  • difficoltà o scarsa coordinazione nei movimenti;
  • stato di confusione mentale;
  • diminuzione della diuresi o anuria;
  • sonnolenza;
  • frequenza cardiaca rallentata;
  • polso aritmico;
  • frequenza respiratoria rallentata;
  • rigidità muscolare.

Se l’esposizione al freddo continua e la temperatura corporea scende al di sotto dei 30°C si verifica uno stato di incoscienza e le funzioni vitali sono estremamente rallentate, che via via peggiorano fino alla completa assenza fino all’arresto cardiaco ed al decesso del soggetto.

Cosa fare in caso di assideramento

  • portare l’infortunato in un ambiente riscaldato, o riparato da vento e umidità
    (spostarlo sempre con movimenti lenti e mantenerlo in posizione orizzontale);
  • sostituire gli indumenti bagnati con altri asciutti e caldi;
  • somministrare bevande calde;
  • controllare frequenza respiratoria e cardiaca e – se necessario – mettere in pratica tecniche di rianimazione se conosciute;
  • somministrare ossigeno;
  • contattare il 112 o – se possibile – provvedere all’immediato ricovero in ospedale.

Cosa NON fare in caso di assideramento

  • l’innalzamento della temperatura troppo rapido;
  • la somministrazione di bevande alcoliche;
  • i massaggi alle estremità;
  • non somministrare farmaci, droghe, sigarette o alcolici;
  • non rimanere vicino al soggetto nel caso in cui CIO’ POSSA METTERE A RISCHIO LA TUA VITA;
  • non “lanciarsi” in tecniche di rianimazione se non siete esperti in tali tecniche.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenze delle ferite da taglio, da punta, superficiali, profonde, pulite, sporche

MEDICINA ONLINE TAGLIARSI CUTTING ADOLESCENTE AUTOLESIONISMO FERITA TAGLIO POLSO SANGUE MALE DOLORE MORTE MORIRE AIUTOPer ferita si intende l’interruzione traumatica di uno o più tessuti esterni o interni del corpo, causata da agenti esterni di varia natura che agiscono con modalità diversa.

Classificazione in base a percorso e profondità della ferita

In relazione al percorso e alla profondità le ferite possono essere distinte in:

  • ferite superficiali: quando interessano esclusivamente lo strato cutaneo e sottocutaneo;
  • ferite profonde: quando coinvolgono lo strato fasciale e le strutture che si trovano al disotto;
  • ferite penetranti: quando creano un tramite tra l’esterno e una delle grandi cavità dell’organismo (cranica, toracica, addominale);
  • ferite interne: quando interessano organi interni (fegato, milza, polmone, ecc.) a prescindere dal coinvolgimento delle strutture parietali che possono anche rimanere integre, come accade nei traumi chiusi.

Classificazione in base al grado di contaminazione della ferita

Un sistema di classificazione importante è quello che si basa sul grado di contaminazione delle ferite. È opportuno tuttavia precisare che la presenza di germi patogeni nella ferita non determina necessariamente una infezione della stessa.

  • ferite pulite: sono definite tali le ferite di origine non traumatica e nel cui ambito non vi siano interruzioni di alcuni apparati: digestivo, respiratorio, uro-genitale;
  • ferite pulite-contaminate: sono le ferite in cui uno degli apparati è interrotto ma sotto controllo e non vi siano segni apparenti di contaminazione. A questo gruppo appartengono interventi molto frequenti quali la colecistectomia o l’appendicectomia;
  • ferite contaminate: gruppo nel quale vengono inserite le ferite traumatiche recenti e quelle aperte, le ferite con interruzione non controllata dell’apparato gastro-enterico, quelle in presenza di fenomeni infiammatori acuti ma non purulenti, le incisioni delle vie biliari e urinarie in presenza di bile e urine infette;
  • ferite sporche: sono le ferite traumatiche aperte non recenti o quelle dovute a fenomeni perforativi o in presenza di infiammazioni pregresse purulente.

Classificazione in base al meccanismo che determina la ferita

In base al meccanismo che l’ha determinata, una ferita può essere da taglio, da punta o di altro tipo.

Ferite da taglio

Sono prodotte da agenti affilati quali coltelli, rasoi, schegge di vetro o metalliche, premuti e fatti scorrere su un tessuto corporeo. Si presentano rettilinee o ad ampia curvatura, più lunghe che profonde, con una caratteristica coda iniziale breve (tratto iniziale del contatto) e una coda finale più lunga (allontanamento del tagliente dal tessuto). Una caratteristica ferita da taglio è quella chirurgica da bisturi. Hanno i margini netti e sono, in genere, fortemente sanguinanti. L’entità dell’emorragia è legata al numero, al diametro e alla natura arteriosa o venosa dei vasi interrotti, elementi spesso in relazione sia con la profondità del taglio che con il distretto coinvolto. Risultano particolarmente sanguinanti, ad esempio, le ferite del cuoio capelluto, molto meno quelle della linea alba, struttura preferita, per questo motivo, nelle grandi incisioni laparotomiche. Le ferite da taglio spesso provocano un sanguinamento diffuso e puntiforme dei bordi, detto a nappo. Questo tipo di ferita, in particolare quella chirurgica che è più netta e regolare, va incontro a guarigione con ottimi risultati estetici. È condizione essenziale però che sia adeguatamente suturata e che non sia contaminata. In presenza di fenomeni settici concomitanti (intervento per appendicite acuta purulenta o per perforazione intestinale) o insorti nel decorso post-operatorio (infezione secondaria del sito chirurgico) anche la sutura più accurata non riesce ad evitare danni al normale processo di guarigione della ferita con possibili esiti cicatriziali antiestetici.

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Ferite da punta

Sono prodotte da agenti vulneranti appuntiti quali spine, aghi, chiodi, spilli, infissi nel tessuto. Si presentano con un foro di entrata più o meno piccolo e un tragitto di lunghezza diversa e che ne determina la distinzione in: superficiali e profonde. Possono essere:

  • trapassanti: quando attraversano completamente un segmento corporeo, quale un arto;
  • penetranti: quando raggiungono una delle tre cavità: cerebrale, toracica o addominale;
  • transfosse: quando la ferita penetrante presenta oltre al foro di entrata anche quello di uscita.

Le ferite da punta vanno incontro ad una rapida guarigione favorita dalla loro stessa conformazione che però implica anche maggiori rischi di:

  • infezione: la penetrazione dell’oggetto all’interno della ferita può introdurre materiale inquinante: polvere, terriccio, brandelli di stoffa che a causa della forma stretta e allungata della lesione vengono trattenuti. L’impossibilità di una detersione naturale e la difficoltà di praticarne una chirurgica favorisce quindi le infezioni localizzate con formazione di ascessi. Questo vale nelle lesioni di natura traumatica, ma anche in quelle legate a procedimenti chirurgici (iniezioni, ago-aspirati, paracentesi) per la presenza abituale di germi patogeni sulla superficie cutanea o eventualmente sui presidi chirurgici impiegati. È per tale motivo che ogni atto operatorio va eseguito nel rispetto della più rigorosa antisepsi e dopo lunga e accurata disinfezione della cute;
  • complicazione: la ferita da punta, essendo poco dolorosa e scarsamente sanguinante, tende in genere ad essere sottovalutata; inoltre è oggettivamente difficile stabilirne l’entità. Anche avendo a disposizione l’agente vulnerante non è possibile avere la certezza di quanto sia penetrato e quale direzione abbia seguito. Inoltre la sovrapposizione per scorrimento dei piani tissutali, dotati di elasticità diversa, una volta estratto l’oggetto appuntito, rende impossibile la definizione esatta del suo percorso. La stessa introduzione di uno specillo o di una sonda chirurgica scanalata che voglia seguire il tragitto può dare la sensazione, sbagliata, che esso sia più breve del reale, con conseguenze gravi. Un caso emblematico è quello delle ferite penetranti in addome ma non giudicate tali e quindi non ritenute meritevoli di ulteriori e più approfondite indagini. In questi casi le probabili lesioni degli organi interni comporteranno complicazioni gravi emorragiche o settiche  con quadri clinici anche drammatici: addome acuto, shock.

Altre ferite

  • ferite da punta e taglio: sono inferte da agenti vulneranti particolari quali pugnali, spade, lance nei quali si combinano l’azione di pressione e quella di strisciamento. Sono potenzialmente pericolose in quanto sono in grado di raggiungere più facilmente i piani profondi e le grandi cavità;
  • ferite lacere: sono dovute ad un’azione di strappamento o stiramento, oltre che di taglio. Si presentano edematose con vaste ecchimosi, aree necrotiche e margini fortemente irregolari; in generale sono scarsamente sanguinanti. Hanno spiccata tendenza all’infezione e richiedono quindi un’accurata toilette chirurgica con asportazione dei lembi mortificati e irregolari. Non sempre è possibile suturarle, anzi, in determinati casi, è opportuno lasciare aperte in modo che guariscano per seconda intenzione;
  • ferite contuse: sono conseguenza dell’azione vulnerante di oggetti smussi  esercitata con energia sufficiente a vincere l’elasticità dei tessuti ma non quella dei vasi. L’area appare fortemente edematosa con ampie aree ecchimotiche;
  • ferite lacero-contuse: questo tipo di ferita, che combina la natura di quelle lacere e di quelle contuse, rappresenta la lesione di natura traumatica più frequente. La loro caratteristica le rende particolarmente soggette all’infezione e di conseguenza a lunghi tempi di guarigione con esiti cicatriziali antiestetici;
  • ferite da arma da fuoco: sono ferite dovute all’azione vulnerante dei proiettili lanciati dalle armi da fuoco: pistole, fucili, mitragliatrici o delle schegge da scoppio di ordigni esplosivi: bombe, mine, proiettili di mortaio.
    • Nel primo caso le ferite sono caratterizzate da un foro di entrata relativamente piccolo, da un tragitto più o meno lungo e da un foro di uscita a margini estroflessi e di diametro maggiore (dovuto al corpo vulnerante che nel suo progredire crea una rosa di frammenti di tessuto e di osso che lo accompagnano). La gravità della ferita dipende alla forza viva del proiettile, dal distretto colpito, dal numero di organi interessati. Queste ferite hanno molte analogie con le ferite da punta e come queste vanno frequentemente incontro a infezione ed emorragie interne. Almeno inizialmente il dolore è modesto così come il sanguinamento esterno.
    • Le ferite da scheggia somigliano a quelle lacero contuse aggravate dal fatto che la forza viva, in questi casi elevata, può determinare danni importanti fino alle conseguenze estreme definite di sfacelo traumatico.

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Patologia delle ferite

Le ferite hanno tendenza alla guarigione spontanea che avviene mediante il fenomeno della cicatrizzazione. I tempi e gli esiti sotto l’aspetto estetico e funzionale dipendono dai fattori ai quali si è accennato in precedenza. In alcune circostanze il processo cicatriziale evolve in senso francamente patologico:

  • ipoplastico. Caratterizzato da una scarsa presenza di tessuto di granulazione con riepitelizzazione insufficiente. La cicatrice si presenta di colore più chiaro, infossata, ulcerata.
  • iperplastico. Questa complicazione è legata a situazioni diverse: contaminazione, guarigione per II intenzione, presenza di corpi estranei (anche punti di sutura). La cicatrice si presenta rilevata, dura e arrossata. La correzione chirurgica di questa lesione consiste nella asportazione della cicatrice e nella risutura dei lembi cutanei.
  • metaplastico. Complicazione conosciuta anche come cheloide ha una eziopatogenesi non chiara mentre più certe sono alcune predisposizioni: individuali e familiari, la pelle nera, la localizzazione in sedi particolari quali il collo o i rilievi ossei. A differenza della precedente nonostante la correzione, richiesta dai gravi inestetismi che comporta, ha un’alta tendenza alla recidiva.
  • canceroso. Costituisce una grave e fortunatamente rara complicazione legata a cause sconosciute.

Terapia delle ferite

La terapia delle ferite è essenzialmente chirurgica. A questa va sempre associata una idonea copertura con antibiotici.

  • Nel caso delle ferite da taglio non contaminate, a margini lineari e netti, una adeguata sutura favorisce la guarigione per prima intenzione nel giro di pochi giorni.
  • Nel caso delle ferite lacere e/o contuse la prima operazione è quella di detergerle accuratamente asportando le aree mortificate o francamente necrotiche e di provvedere alla regolarizzazione dei margini. Ciò consentirà una adeguata valutazione del danno e la scelta di procedere alla sutura immediata della ferita, con o senza apposizione di drenaggi, o piuttosto di lasciarla aperta lasciandola ad una guarigione per seconda intenzione, più lunga ma meno rischiosa.
  • Nel caso di ferite da punta è essenziale stabilire se esse siano penetrate in qualche cavità. Utili a questo scopo il ricorso ad alcuni esami quali quello ecografico o radiografico. In presenza di ferite penetranti il rischio di coinvolgimento di uno o più organi è molto alto. Ciò conforta la decisione di intervenire chirurgicamente con un’ampia laparotomia esplorativa o meglio, per la sua minore invasività, di ricorrere ad una laparoscopia esplorativa.

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È da denuncia fare sesso in macchina per strada?

MEDICINA ONLINE GIUSTIZIA LEGGE CODICE PENALE CIVILE AVVOCATO LEGISLAZIONE ASSASSIONIO MURDER OMICIDIO PRIMO GRADO SECONDO MURDER MANSLAUGHTER VOLONTARIO PREMEDITATO COLPOSO DOLOSO MORTE GIUDICEUn giovane lettore ha chiesto al sezione legale del nostro Staff, se “fare sesso in automobile per strada è illegale anche nel caso si tratti di una zona appartata ed in un orario in cui non c’è nessuno in giro?”

Si, praticare da soli o in due un atto sessuale nella propria automobile senza nascondersi costituisce un reato perché offende il pudore e la pubblica decenza anche se il luogo è appartato, non illuminato e non c’è nessuno per la strada. Praticare sesso in auto, anche se in un luogo isolato e non illuminato, è reato perché offende il pudore e la pubblica decenza, come precisato più volte dalla Cassazione. Per evitare di commettere il reato è necessario che la vettura sia stata interamente coperta, ad esempio comprendo finestrini, parabrezza e lunotto posteriore con i classici fogli di giornale per i finestrini.

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Monitor del pc: a che distanza per evitare danni agli occhi?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SEMPR STANCO SENZA ENERGIA LAVORO RIMEDI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneA che altezza e distanza dagli occhi va posto il monitor del pc per avitare danni agli occhi? La medicina del lavoro dà istruzioni ben precise relativamente a ciò. Nel Decreto Legislativo 626/94, poi trasfuso nel Testo unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008, in seguito integrato e modificato), sono indicate tutte le caratteristiche che il posto di lavoro deve avere e che il datore è tenuto a far rispettare affinché si abbia il massimo comfort. Questa normativa prevede il rispetto di alcune importanti regole d’interesse oculare che possono essere applicate anche quando si usa il computer a casa. Esse riguardano in particolare:

  • La distanza visiva adeguata, che per schermi di dimensioni standard (17 pollici) deve essere variabile indicativamente tra i 50 e gli 80 cm; ovviamente, maggiore sarà la grandezza dello schermo e più elevata dovrà essere la distanza.
  • L’altezza dello schermo, che deve essere posizionato leggermente più in basso rispetto all’altezza degli occhi (di 15-20°) e, se possibile, a una distanza di almeno un metro e mezzo dalle finestre.

Consigli per non affaticare la vista:

  • Posizionare la tastiera sul tavolo di lavoro in modo che ci sia lo spazio sufficiente per appoggiare gli avambracci.
  • Non ci dovrebbero essere fonti luminose poste a meno di 30° rispetto alla direzione del vostro sguardo per evitare di essere abbagliati o infastiditi.
  • È importante che siano sempre indossati gli occhiali eventualmente prescritti dall’oculista quando si svolge un’attività di fronte allo schermo. Fate sapere all’oculista che lavorate al videoterminale; potrà, quindi, tenerne conto nella scelta degli occhiali.
  • Il contrasto e la luminosità dei monitor devono essere ben regolati, in modo tale da non dare fastidio. Fate delle prove per trovare la vostra condizione ottimale per svolgere confortevolmente le attività al computer.
  • Evitate che ci siano riflessi sullo schermo che rendono difficoltosa la lettura: in genere il monitor va collocato a 90 gradi rispetto alla fonte di luce naturale o, comunque, in modo tale che la leggibilità sia ottimale. Inoltre anche il piano di lavoro dovrebbe avere una superficie chiara, possibilmente non di colore bianco e, in ogni caso, non riflettente.
  • Fate una pausa della durata di 15 minuti ogni due ore (oppure di cinque minuti ogni tre quarti d’ora o, ancora, di venti secondi ogni venti minuti secondo lo standard americano), cercando di guardare oggetti posti a una distanza di almeno sei metri: questo permette agli occhi di riposarsi.
  • Usate un carattere ben leggibile (almeno corpo 12), preferibilmente in colore scuro su sfondo chiaro. Sono, comunque, da evitare i seguenti abbinamenti cromatici: rosso e blu; giallo e violetto; giallo e verde. Come sfondo di prassi non vanno usati il rosso, il giallo, il verde e l’arancione.
  • Quando siamo concentrati sul monitor (ad esempio quando leggiamo un testo) diminuiamo involontariamente la frequenza con cui sbattiamo le palpebre (ammiccamento). Ciò comporta una minore protezione per la superficie anteriore dell’occhio (cornea); per evitare che si incorra in secchezza oculare può essere utile prestare attenzione a non ridurre l’ammiccamento e, se necessario, ricorrere alle lacrime artificiali.

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Uso prolungato del monitor: quali problemi visivi si rischiano?

L’utilizzo prolungato del monitor del pc (ma anche degli smartphone e dei tablet) può comportare la comparsa di disturbi oculari quali bruciore, arrossamento, lacrimazione o secchezza oculare, fastidio alla luce (fotofobia), senso di affaticamento e annebbiamenti visivi transitori (complessivamente indicati in inglese con l’espressione Computer Vision Syndrome). Tutti questi fastidi possono essere controllati riducendo il tempo trascorso davanti allo schermo, facendo pause più frequenti o arrivando a sospenderne l’uso per un periodo di tempo proporzionale alla gravità dei disturbi (è consigliabile, in questo caso, evitare temporaneamente l’eventuale impiego di lenti a contatto e fare uso di occhiali dotati di lenti antiriflesso). È, comunque, sempre consigliabile sottoporsi a una visita oculistica se i disturbi persistono. Quando si è affetti da congiuntiviti, cheratiti e altre patologie oculari a carattere infiammatorio (specialmente in forma acuta) potrebbe essere opportuno ridurre al minimo l’attività svolta di fronte al monitor oppure di sospenderla del tutto per un breve periodo.

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