L’apparato respiratorio di un bimbo, dopo l’autopsia. Nella trachea, proprio a livello della biforcazione nei bronchi destro e sinistro, c’è bloccata un’arachide (vedi freccia) che è finita accidentalmente nelle Continua a leggere
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Il medico dopo la morte del paziente: certificato di morte, autopsia, cura della famiglia
PREMESSA: questo articolo è diretto principalmente al medico e, più in generale, al professionista della Continua a leggere
Astori, l’autopsia: “Morto per bradiaritmia, cuore rallentato fino a fermarsi”
“In base alle evidenze dell’esame autoptico effettuato in data 6 marzo 2018 sul cadavere di Astori Davide Giacomo, in riferimento alla causa di morte, la si può indicare come causa di morte cardiaca, senza evidenze macroscopiche, verosimilmente su base bradiaritmica, con spiccata Continua a leggere
Encefalopatia traumatica cronica: cos’è e quali sport sono a rischio?
L’encefalopatia traumatica cronica (CTE), in inglese chronic traumatic encephalopathy, nota anche come sindrome da demenza pugilistica, è una sindrome che è stata descritta per la prima volta nel Football americano, ma ne sono affetti, seppure più lievemente, anche atleti di altri sport di contatto. La scoperta della CTE è dovuta alle ricerche del dottor Bennet Omalu, neuropatologo nigeriano; il dottor Omalu iniziò così una battaglia contro la NFL (la maggiore lega professionistica nordamericana di football), accusando la poca importanza data alla salute dei giocatori ed il poco interesse per le precauzioni da prendere per evitare i traumi cranici.
Le ricerche di Omalu furono ignorate dalla NFL fino al 2009, quando l’autopsia del giocatore di football Chris Henry, morto a soli 29 anni, evidenziò per l’ennesima volta la presenza della malattia. La storia del dott. Omalu fu riportata dalla giornalista Jeanne Marie Laskas in un articolo dello stesso anno su GQ che fece scalpore, diventando poi il soggetto del film Zona d’ombra del 2015, con Will Smith nella parte del dott. Omalu.
Le encefalopatie
Le encefalopatie sono un gruppo di patologie contraddistinte da un’alterazione strutturale e funzionale del cervello. Una encefalopatia può essere congenita o acquisita, può essere permanente oppure può presentare un margine più o meno importante di guarigione (encefalopatia temporanea). I vari tipi di encefalopatia differiscono tra loro per le cause scatenanti – alle quali di solito devono i loro nomi – per la sintomatologia, per le complicazioni, per il trattamento e per la prognosi. La CTE è un tipo di encefalopatia.
Cause
La sindrome è causata da una somma di fattori che includono il danno cerebrale ricorrente e di un idrocefalo comunicante progressivo formato da lesioni cerebellari ed extrapiramidali. Tali fattori sono determinati dal danno cronico a cui viene sottoposto il cervello, quando viene ripetutamente esposto a traumi diretti ed indiretti.
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Encefalopatia traumatica cronica: progressione e sintomi
Questa particolare patologia può insorgere anche diversi decenni dopo il ritiro dalla pratica sportiva (alcuni individui mostrano le prime manifestazioni anche in età anziana) ed ha carattere progressivo, cioè va inesorabilmente peggiorando col tempo. Secondo diverse ricerche, condotte soprattutto negli Stati Uniti, esistono tre stadi patologici, durante i quali il quadro sintomatologico evolve in maniera considerevole:
- Durante il primo stadio, i pazienti mostrano un calo dell’attenzione, mancanza di concentrazione, amnesie (cioè perdita di memoria), sbalzi d’umore e piccoli disturbi affettivi.
- Durante il secondo stadio, i malati denunciano un peggioramento delle amnesie e dell’instabilità comportamentale, confusione, disorientamento e, talvolta, mal di testa e giramenti del capo. Per certi versi la sintomatologia ricorda molto quella del morbo di Parkinson.
- Durante il terzo e ultimo stadio, i pazienti presentano una forma grave di demenza, difficoltà a capire le cose, problemi di linguaggio, tremori, rallentamento dei movimenti, sordità, paralisi, “facies a maschera” e forti vertigini.
In aggiunta a tali sintomi, possono comparire talvolta anche altri problemi, come disartria, disfagia e ptosi oculare.
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Diagnosi post-mortem
L’unico modo per stabilire con certezza se determinati disturbi neurologici sono dovuti o meno a un’encefalopatia traumatica cronica è analizzare il tessuto cerebrale dopo la morte, durante un’autopsia (diagnosi post-mortem), infatti, prima del decesso, le uniche informazioni utili a livello diagnostico provengono dall’analisi dei sintomi e dalla storia passata del paziente.
Sport a rischio e fattori di rischio
Oltre al pugilato, gli sport a rischio di CTE sono: il football americano, il rugby, l’hockey su ghiaccio e il wrestling. Diversi studi hanno poi confermato che sono a rischio:
- I militari che, nelle zone di guerra, sono coinvolti in continue esplosioni.
- Coloro che soffrono di epilessia cronica, perché, durante un attacco, potrebbero sbattere la testa da qualche parte.
- Coloro che sono stati ripetutamente vittime di abusi domestici. Anche in questo caso, i traumi occasionali alla testa sono la possibile causa.
Gli studi
Da anni negli Stati Uniti si discute delle conseguenze sulla salute dei giocatori di football americano, uno degli sport più popolari e praticati del paese, e in particolare delle ricadute neurologiche sugli atleti professionisti dovute alle commozioni cerebrali, uno degli infortuni più comuni. Nel 2000 uno studio dell’accademia americana di neurologia presentò una ricerca condotta su 1094 ex giocatori professionisti che conteneva dati impressionanti. Lo studio sosteneva che circa il 61 per cento degli ex giocatori aveva avuto almeno una commozione cerebrale nel corso della propria carriera, e inoltre che il 49 per cento ha sperimentato perdita della sensibilità e formicolii; il 28 per cento artriti al collo o al nervo cervicale; il 31 per cento ha problemi di memoria; il 16 per cento non è in grado di vestirsi autonomamente; l’11 per cento non è in grado di nutrirsi autonomamente.
Anche nel calcio sta aumentando l’interesse per i possibili danni causati dagli scontri di gioco con altri giocatori o dagli impatti violenti della testa con il pallone. Secondo una ricerca dell’università di Purdue, i calciatori che colpiscono più volte il pallone con la testa nel corso di una sessione di allenamento o durante una partita danneggiano molti vasi sanguigni, che hanno bisogno di tempo e riposo per rigenerarsi. I colpi di testa però sono molto frequenti nel calcio e i giocatori hanno solo pochi giorni di riposo tra partite e allenamenti. Il pallone da calcio non può essere considerato per questo un oggetto pericoloso, ma per quei giocatori che colpiscono il pallone con la testa regolarmente esiste il rischio che il cervello possa subire lesioni sub-concussive in grado di causare danni a lungo termine.
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Questa foto shock vi farà smettere di fumare per sempre… o forse no
La foto che vedete rappresenta i polmoni di un fumatore ed i polmoni di un non fumatore. Secondo voi i polmoni del fumatore, quali sono?
Una foto così farebbe facilmente smettere di fumare chiunque abbia un minimo di buon senso. Ma so che i fumatori NON HANNO buon senso. Come so che il titolo è purtroppo eccessivamente ottimista. E so per certo queste cose perché sono stato un fumatore per tanti anni, prima di smettere il 16 ottobre del 2012.
Oggi vi racconto una storia di quando ero uno studente alla facoltà di Medicina dell’università Sapienza di Roma. Era il primo anno, avevo 19 anni ed avevamo lezione di anatomia. Davanti a noi c’era un cadavere ed il prof ci stava mostrando i vari tessuti e strutture. Notai che i polmoni, rispetto agli altri organi, erano molto più scuri. Chiesi al prof che malattia avesse ridotto così i polmoni di quella giovane signora. La risposta del prof mi gelò il sangue:
fumava ed è morta di cancro ai polmoni
Mi gelò il sangue perché anche io fumavo e l’idea di avere anche io quei polmoni così “sporchi” di catrame, mi rabbrividiva. Dissi ai miei compagni di corso, anche loro quasi tutti fumatori:
ragazzi, dopo aver visto questo da oggi si smette di fumare per sempre
Tutti gli altri erano d’accordo: anche loro avrebbero smesso di fumare immediatamente, dopo quel triste spettacolo. La lezione era finita e tutti noi studenti eravamo stressati da quei polmoni e da quel cancro che probabilmente ci avrebbe colpito. Ma lo stress noi lo cancellavamo con un modo che a noi sembrava infallibile, così la prima cosa che dissi agli altri, nel cortile del policlinico, fu:
chi ha da accendere?
E da qual giorno ci misi altri 12 anni prima di smettere definitivamente con le sigarette e molti miei colleghi fumano ancora e probabilmente non smetteranno mai.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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