Differenza tra trauma cranico e lesione cerebrale

MEDICINA ONLINE CERVELLO BRAIN TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA NERVO TRIGEMINO ATTACCHI PANICO ANSIA IPPOCAMPO IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE TRISTE STANCHEZZA ROMBEIl “trauma cranico” è un qualsiasi tipo di trauma riferito al cranio ed alle strutture in esso contenute (principalmente cervello e vasi sanguigni) che si verifica quando una forza esterna di vario tipo colpisce la scatola cranica in Continua a leggere

Commozione cerebrale: cos’è, cosa fare, conseguenze, tempi di recupero

MEDICINA ONLINE ENCEFALOPATIA TRAUMATICA CRONICA FOOTBALL CALCIO FILM CONCUSSION ZONA D'OMBRA URTO DANNO CERVELLO SPORT CONTATTO CAUSELa commozione cerebrale (anche chiamata “concussione cerebrale”) consiste in un’alterazione, generalmente temporanea e reversibile, delle funzioni cerebrali causata da traumi cerebrali. Questi traumi generano uno stato confusionale, generalmente reversibile e temporaneo, in cui vengono alterati i centri nervosi che controllano funzioni quali la memoria, l’equilibrio, la coordinazione. La persona può Continua a leggere

Differenza tra ferita, contusione e ferita lacero-contusa

MEDICINA ONLINE FERITA LESIONE ABRASIONE CONTUSIONE PIAGA ESCORAZIONE DIFFERENZA RIPARAZIONE INTENZIONE ASETTICA MORSO SQUALO PIEDE DOLORE SANGUE VIOLENTA BISTURIPer comprendere la differenza tra ferita, contusione e ferita lacero-contusa, dobbiamo necessariamente partire dalla definizione di “lesione.

Lesione

Anche se nell’uso comune “lesione” viene usato come sinonimo di “ferita”, come ad esempio nel caso di una ferita da taglio tipica degli incidenti domestici, in realtà in medicina questo termine ha un significato diverso e ben più ampio. In ambito medico una “lesione”  corrisponde genericamente ad una qualsiasi alterazione a carico di un tessuto o di un organo che comporti un cambiamento della forma, della funzione o della morfologia degli stessi, come conseguenza di un insulto fisico, chimico o biologico. Può derivare quindi da:

  • un trauma: ad esempio la ferita da taglio prima citata oppure una ferita da colpo d’arma da fuoco, o ancora una lesione spinale causata da impatto traumatico causato tipicamente da incidente sportivo o stradale;
  • una pressione cronica e costante: la quale impedisce il corretto fluire del sangue col risultato di determinare necrosi e lesioni da decubito, cosa che si verifica spesso in pazienti costretti all’immobilità, come quelli in coma per lunghi periodi o tetraplegici;
  • una pressione acuta ed intensa: un colpo diretto ed intenso può provocare una contusione;
  • una patologia: ad esempio il tessuto tumorale prende spesso il nome di “lesione tumorale” oppure un infarto può determinare una “lesione al miocardio”, o ancora una lesione ulcerosa può essere determinata da diabete (tipicamente sul piede) o patologie gastroduodenali (in stomaco e duodeno).

Ferita

Con ferita in medicina si intende un tipo particolare di lesione, caratterizzata dall’interruzione traumatica di uno o più tessuti esterni o interni del corpo, causata da agenti esterni di varia natura che agiscono con modalità diversa. In relazione al percorso e alla profondità le ferite possono essere distinte in ferite superficiali (quando interessano esclusivamente lo strato cutaneo e sottocutaneo) o profondepenetranti ed interne. In base al grado di contaminazione della ferita, quest’ultima può essere “pulita” o “contaminata”. Infine in base al meccanismo che l’ha determinata, una ferita può essere da taglio, da punta o di altro tipo (da arma da fuoco, lacero-contuse…).

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Contusione

Le contusioni sono lesioni conseguenza di un trauma diretto, la cui forza vulnerante non è sufficiente a provocare una discontinuità dei tessuti biologici. Nell’ambito delle contusioni si possono distinguere:

  • ecchimosi: lesioni caratterizzate dalla rottura di piccoli capillari, con modesto stravaso ematico, mentre lo strato superficiale rimane integro;
  • ematoma: lesione in cui si ha la rottura di vasi sanguigni più grandi con conseguente emorragia significativa. La raccolta di sangue può rimanere circoscritta o infiltrare i tessuti circostanti;
  • abrasione: caratterizzata da micro rotture degli strati più superficiali dell’epidermide (non fuoriesce sangue);
  • escoriazione: quando la discontinuità interessa gli strati più profondi e si accompagna a modeste lesioni vascolari (fuoriesce sangue);

Ferita lacero-contusa

Quando l’evento traumatico ha una intensità tanto elevata da provocare oltre al fatto contusivo anche una rottura dei tessuti, di solito non lineare e a margini sfrangiati, la contusione prende il nome di ferita lacero-contusa.

Ricapitolando:

Sia ferita, che contusione, che ferita lacero-contusa, sono “lesioni”. Con la differenza principale che:

  • “ferita” implica un trauma che ha generato una soluzione di continuità del tessuto (ad esempio un taglio che impedisce la continuità della cute);
  • “contusione” implica un trauma di impatto violento che generalmente determina la formazione di un ematoma ma NON genera una soluzione di continuità del tessuto (ad esempio un pugno);
  • “ferita lacero-contusa” implica un trauma di impatto violento che generalmente determina la formazione di un ematoma ed inoltre genera una soluzione di continuità del tessuto (ad esempio un pugno dato indossando un tirapugni con punte).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Encefalopatia traumatica cronica: cos’è e quali sport sono a rischio?

MEDICINA ONLINE ENCEFALOPATIA TRAUMATICA CRONICA FOOTBALL CALCIO FILM CONCUSSION ZONA D'OMBRA URTO DANNO CERVELLO SPORT CONTATTO CAUSE.jpgL’encefalopatia traumatica cronica (CTE), in inglese chronic traumatic encephalopathy, nota anche come sindrome da demenza pugilistica, è una sindrome che è stata descritta per la prima volta nel Football americano, ma ne sono affetti, seppure più lievemente, anche atleti di altri sport di contatto. La scoperta della CTE è dovuta alle ricerche del dottor Bennet Omalu, neuropatologo nigeriano; il dottor Omalu iniziò così una battaglia contro la NFL (la maggiore lega professionistica nordamericana di football), accusando la poca importanza data alla salute dei giocatori ed il poco interesse per le precauzioni da prendere per evitare i traumi cranici.
Le ricerche di Omalu furono ignorate dalla NFL fino al 2009, quando l’autopsia del giocatore di football Chris Henry, morto a soli 29 anni, evidenziò per l’ennesima volta la presenza della malattia. La storia del dott. Omalu fu riportata dalla giornalista Jeanne Marie Laskas in un articolo dello stesso anno su GQ che fece scalpore, diventando poi il soggetto del film Zona d’ombra del 2015, con Will Smith nella parte del dott. Omalu.

Le encefalopatie
Le encefalopatie sono un gruppo di patologie contraddistinte da un’alterazione strutturale e funzionale del cervello. Una encefalopatia può essere congenita o acquisita, può essere permanente oppure può presentare un margine più o meno importante di guarigione (encefalopatia temporanea). I vari tipi di encefalopatia differiscono tra loro per le cause scatenanti – alle quali di solito devono i loro nomi – per la sintomatologia, per le complicazioni, per il trattamento e per la prognosi. La CTE è un tipo di encefalopatia.

Cause
La sindrome è causata da una somma di fattori che includono il danno cerebrale ricorrente e di un idrocefalo comunicante progressivo formato da lesioni cerebellari ed extrapiramidali. Tali fattori sono determinati dal danno cronico a cui viene sottoposto il cervello, quando viene ripetutamente esposto a traumi diretti ed indiretti.

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Encefalopatia traumatica cronica: progressione e sintomi
Questa particolare patologia può insorgere anche diversi decenni dopo il ritiro dalla pratica sportiva (alcuni individui mostrano le prime manifestazioni anche in età anziana) ed ha carattere progressivo, cioè va inesorabilmente peggiorando col tempo. Secondo diverse ricerche, condotte soprattutto negli Stati Uniti, esistono tre stadi patologici, durante i quali il quadro sintomatologico evolve in maniera considerevole:

  • Durante il primo stadio, i pazienti mostrano un calo dell’attenzione, mancanza di concentrazione, amnesie (cioè perdita di memoria), sbalzi d’umore e piccoli disturbi affettivi.
  • Durante il secondo stadio, i malati denunciano un peggioramento delle amnesie e dell’instabilità comportamentale, confusione, disorientamento e, talvolta, mal di testa e giramenti del capo. Per certi versi la sintomatologia ricorda molto quella del morbo di Parkinson.
  • Durante il terzo e ultimo stadio, i pazienti presentano una forma grave di demenza, difficoltà a capire le cose, problemi di linguaggio, tremori, rallentamento dei movimenti, sordità, paralisi, “facies a maschera” e forti vertigini.

In aggiunta a tali sintomi, possono comparire talvolta anche altri problemi, come disartria, disfagia e ptosi oculare.

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Diagnosi post-mortem
L’unico modo per stabilire con certezza se determinati disturbi neurologici sono dovuti o meno a un’encefalopatia traumatica cronica è analizzare il tessuto cerebrale dopo la morte, durante un’autopsia (diagnosi post-mortem), infatti, prima del decesso, le uniche informazioni utili a livello diagnostico provengono dall’analisi dei sintomi e dalla storia passata del paziente.

Sport a rischio e fattori di rischio
Oltre al pugilato, gli sport a rischio di CTE sono: il football americano, il rugby, l’hockey su ghiaccio e il wrestling. Diversi studi hanno poi confermato che sono a rischio:

  • I militari che, nelle zone di guerra, sono coinvolti in continue esplosioni.
  • Coloro che soffrono di epilessia cronica, perché, durante un attacco, potrebbero sbattere la testa da qualche parte.
  • Coloro che sono stati ripetutamente vittime di abusi domestici. Anche in questo caso, i traumi occasionali alla testa sono la possibile causa.

Gli studi
Da anni negli Stati Uniti si discute delle conseguenze sulla salute dei giocatori di football americano, uno degli sport più popolari e praticati del paese, e in particolare delle ricadute neurologiche sugli atleti professionisti dovute alle commozioni cerebrali, uno degli infortuni più comuni. Nel 2000 uno studio dell’accademia americana di neurologia presentò una ricerca condotta su 1094 ex giocatori professionisti che conteneva dati impressionanti. Lo studio sosteneva che circa il 61 per cento degli ex giocatori aveva avuto almeno una commozione cerebrale nel corso della propria carriera, e inoltre che il 49 per cento ha sperimentato perdita della sensibilità e formicolii; il 28 per cento artriti al collo o al nervo cervicale; il 31 per cento ha problemi di memoria; il 16 per cento non è in grado di vestirsi autonomamente; l’11 per cento non è in grado di nutrirsi autonomamente.
Anche nel calcio sta aumentando l’interesse per i possibili danni causati dagli scontri di gioco con altri giocatori o dagli impatti violenti della testa con il pallone. Secondo una ricerca dell’università di Purdue, i calciatori che colpiscono più volte il pallone con la testa nel corso di una sessione di allenamento o durante una partita danneggiano molti vasi sanguigni, che hanno bisogno di tempo e riposo per rigenerarsi. I colpi di testa però sono molto frequenti nel calcio e i giocatori hanno solo pochi giorni di riposo tra partite e allenamenti. Il pallone da calcio non può essere considerato per questo un oggetto pericoloso, ma per quei giocatori che colpiscono il pallone con la testa regolarmente esiste il rischio che il cervello possa subire lesioni sub-concussive in grado di causare danni a lungo termine.

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Cos’è un infarto e quanti tipi di infarto conosci?

MEDICINA ONLINE INFARTO DEL MIOCARDIO POLMONARE RENALE CEREBRALE CORONARIE ARTERIE TROMBO EMBOLO OSTRUZIONE DIFFERENZA ICTUS EMORRAGICO EMORRAGIA ISCHEMICO ISCHEMIA NECROSI MORTE PERICOLO SANGUE CIRCOLAZIONE.jpgMi capita spesso che i pazienti mi chiedano lumi riguardo la parola “infarto”. Tutti sanno cosa sia, ma quando gli chiedi cosa significa esattamente, non tutti… sanno cosa sia! Cerchiamo oggi di fare un po’ di chiarezza. Inizio col dire che quando comunemente si usa la parola “infarto”, nella maggior parte dei contesti è praticamente ovvio che ci stiamo riferendo all’infarto del miocardio. Ma in realtà tale parola può riferirsi a diverse patologie.

Ma quindi esistono diversi tipi di infarto, non solo quello “del cuore”?

Cominciamo con lo spiegare che la parola “infarto” significa necrosi tissutale (cioè morte delle cellule che compongono un dato tessuto) causata da ischemia (cioè diminuzione o assenza del flusso di sangue in quel tessuto). La diminuzione o assenza del flusso sanguigno è a sua volta causata da vari fattori, molto spesso da aterosclerosi  (cioè ostruzione del vaso sanguigno da parte di placche lipidiche) o da trombosi o da un embolo. Ricapitolando: l’ostruzione di un vaso sanguigno provoca il mancato afflusso di sangue ad un tessuto (ischemia) ed esso, se non viene ripristinato al più presto il flusso, andrà incontro a necrosi – cioè morirà – dal momento che le cellule che lo compongono sono rimaste senza sangue (e quindi senza ossigeno e nutrimento) troppo a lungo. Questo evento prende il nome di infarto. Dire “infarto” e dire “infarto del miocardio”, pur se usati spesso come sinonimi, non sono però la stessa cosa: è necessario chiarire che l’infarto del miocardio è una data tipologia di infarto, in cui l’ischemia, quasi sempre determinata da ostruzione delle arterie coronarie, colpisce il cuore.

Ischemia ed infarto sono sinonimi?

No, non lo sono. “Ischemia” indica diminuzione della perfusione ematica, mentre “infarto” indica la morte del tessuto provocata da una prolungata ischemia. E’ importante ricordare che non tutte le ischemie determinano necessariamente un infarto: se il flusso di sangue viene ripristinato molto rapidamente, il tessuto potrebbe non subire alcun danno permanente; se invece il flusso ematico NON viene ripristinato rapidamente o non viene ripristinato affatto, il danno tissutale sarà probabilmente permanente e, spesso, determinerà il decesso del paziente. Il tempo in cui il danno necrotico si instaura, dipende non solo dalla causa della mancata perfusione (ostruttiva o non ostruttiva, acuta o cronica) ma anche dal metabolismo soggettivo di ogni tessuto: più un organo ha bisogno di sangue per sopravvivere, più velocemente andrà in necrosi in caso di ischemia.

Vari tipi di infarto

A seconda del tessuto che rimane privo del necessario afflusso sanguigno, l’infarto prende un nome diverso. Se ad esempio è il tessuto intestinale ad andare incontro a necrosi, allora si parla di infarto intestinale; se invece vi è necrosi di tessuto cerebrale, si parlerà di infarto cerebrale (o ictus cerebrale). Quando ad essere ostruiti sono uno o più rami dell’arteria polmonare, si parlerà di infarto polmonare. Se l’interruzione del flusso arterioso avviene a livello dell’arteria renale, a rimanere senza nutrimento è il rene con conseguente ischemia renale ed infarto renale. Questi tipi di infarto sono tra i più diffusi (tranne quello renale, più raro), ma abbiamo dimenticato il più diffuso, cioè…

L’infarto del miocardio

Si parla di infarto del miocardio quando il tessuto interessato da necrosi è il miocardio. Cos’è il miocardio? E’ il muscolo cardiaco che in questo momento permette al vostro sangue di circolare nel vostro corpo. Il cuore è un muscolo, ricordiamocelo!
All’inizio dell’articolo dicevo che quando comunemente si usa la parola “infarto”, è praticamente ovvio che ci stiamo riferendo all’infarto del miocardio. Perché ciò avviene? Semplice: l’infarto del miocardio è l’infarto più diffuso, quindi ormai, nell’uso comune, “infarto” ed “infarto del miocardio” sono praticamente dei sinonimi.

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