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Differenza tra prolasso e insufficienza mitralica
La valvola mitrale (anche chiamata valvola bicuspide) è una delle quattro valvole cardiache che mettono in comunicazione, tra loro e con l’esterno, atri e ventricoli del cuore. La valvola mitrale ha un diametro di oltre 30 mm ed unisce l’atrio sinistro al ventricolo sinistro ed ha un orifizio di 4–6 cm2. Insufficienza mitralica e prolasso mitralico, indicano due patologie che interessano questa valvola.
Con insufficienza mitralica o rigurgito mitralico, si intende il reflusso di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro, dovuto ad un’anomalia che determina un’imperfetta coaptazione dei lembi mitralici durante la sistole ventricolare; ciò è causato da danni reumatici a corde tendinee e muscoli papillari, oppure da endocardite, o da prolasso valvolare mitralico. Questa valvulopatia può rimanere asintomatica, fino alla sua evoluzione in scompenso cardiaco, con sintomi tipici che sono principalmente:
- cardiopalmo, dovuto a fibrillazione atriale o a extrasistoli ventricolari;
- dispnea;
- astenia;
- affaticamento.
Con “prolasso valvolare mitralico” si intende una valvulopatia caratterizzata dallo spostamento di una cuspide (cioè un lembo), anormalmente ispessita, della valvola mitrale nell’atrio sinistro durante la sistole. La sua eziologia può essere di natura degenerativa e abbraccia un ampio spettro di alterazioni infiltrative o displasiche del tessuto mitralico come la fibroelastosi endocardica e la sindrome di Marfan. Può essere asintomatica nei casi più lievi, mentre nei casi più gravi può condurre all’appena descritta insufficienza mitralica. Un prolasso valvolare può in alcuni casi complicarsi con una endocardite, o condurre sino all’arresto cardiaco se innesca una aritmia ventricolare.
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- Differenza tra emorragia cerebrale ed aneurisma
- Differenza tra emorragia cerebrale ed ictus
- Differenza tra ictus cerebrale ed attacco ischemico transitorio (TIA)
- Differenza tra insufficienza e stenosi valvolare
- Differenza tra insufficienza cardiaca e scompenso
- Differenza tra uretra e uretere
- Differenza tra insufficienza renale acuta, cronica e dialisi
Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Nervo sciatico (ischiatico): anatomia, funzioni e patologie
Il nervo sciatico (o ischiatico, in inglese “sciatic nerve“) è un nervo misto che origina dal plesso sacrale. Appartenente alla categoria dei nervi misti, è una derivazione degli ultimi due nervi spinali lombari (L4 ed L5) e dei primi tre nervi spinali sacrali (S1, S2 e S3). Queste strutture nervose si uniscono, a formare il nervo sciatico, circa a livello del muscolo piriforme del gluteo. È il nervo più voluminoso del plesso ed è considerato il suo ramo terminale, nonché è il più lungo di tutti i nervi umani. È formato da due contingenti di fibre che decorrono separate all’interno di esso e alla fine si dividono nei due rami terminali.
Territorio di innervazione
La componente motoria innerva i muscoli della loggia posteriore della coscia, parte del grande adduttore e tutti i muscoli della gamba e del piede. La componente sensitiva innerva la cute posteriore e anterolaterale della gamba e quasi tutta la cute del piede (ad eccezione della parte dorsomediale).
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Decorso
Le radici del nervo si uniscono in un tronco a ridosso del sacro; il nervo esce quindi dalla cavità pelvica passando dietro l’osso ischiatico , al di sotto del muscolo piriforme e lateralmente rispetto al nervo cutaneo posteriore del femore. Si viene così a trovare in posizione intermedia fra il grande trocantere del femore e la tuberosità ischiatica e decorre verso il basso profondamente, in rapporto successivamente con i muscoli gemello superiore, otturatore interno, gemello inferiore e quadrato del femore. Superata la natica, il nervo raggiunge la coscia, dove decorre in prossimità della linea aspra del femore. A questo livello emette rami per i muscoli posteriori della coscia e per parte del grande adduttore. In prossimità dell’angolo superiore della cavità poplitea si divide nei suoi rami terminali: il nervo tibiale e il nervo peroniero comune. Spesso la divisione in questi due rami avviene più in alto, lungo il suo decorso nella coscia.
- Il nervo tibiale (anche chiamato sciatico popliteo interno SPI) innerva il gruppo posteriore della gamba, i muscoli plantari del piede, parte della cute posteriore della gamba, la cute plantare del piede e la cute dorsale delle falangi distali. Il nervo rappresenta la diretta continuazione del nervo ischiatico. Dopo la sua origine, scende in cavità poplitea, dove decorre lateralmente rispetto ai vasi poplitei. Qui emette il nervo cutaneo mediale del polpaccio (o della sura), che si fa superficiale, decorre satellite della vena safena piccola e si unisce a un ramo proveniente dal nervo peroniero comune per formare il nervo surale. Il nervo tibiale si porta quindi nella gamba, dove passa al di sotto dell’arcata del soleo per poi decorrere fra il tricipite e i muscoli profondi. A questo livello emette rami motori per tutta la loggia posteriore della gamba. Portandosi verso il basso, il nervo tende a spostarsi medialmente, fino a raggiungere il malleolo mediale e passarvi posteriormente. Qui emette rami sensitivi per la cute mediale del calcagno. Raggiunge la pianta del piede e si divide nei nervi plantare mediale e plantare laterale, che innervano la cute e i muscoli plantari.
- Il nervo peroniero comune (chiamato anche sciatico popliteo esterno SPE) innerva i muscoli laterali e anteriori della gamba, i muscoli dorsali del piede, la cute anterolaterale della gamba e la cute dorsale del piede (con l’eccezione delle falangi distali). Dopo la sua origine in cavità poplitea, il nervo decorre verso il basso e lateralmente lungo il margine mediale del bicipite femorale, per poi raggiungere il perone. Durante il suo decorso emette alcuni rami motori per il tibiale anteriore e il nervo cutaneo laterale del polpaccio (o della sura), che si fa superficiale e si unisce all’omologo mediale proveniente dal nervo tibiale per formare il nervo surale. Il nervo peroniero comune circonda il collo chirurgico del perone e si divide nei suoi rami terminali: il nervo peroniero superficiale e il nervo peroniero profondo.
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Funzioni
Derivando da alcuni nervi spinali (che sono nervi misti), il nervo sciatico possiede una funzione sensitiva e una funzione motoria. Infatti, è deputato al controllo di alcune precise regioni cutanee e di alcuni determinati muscoli dell’arto inferiore.
- FUNZIONE MOTORIA A livello del gluteo, il nervo sciatico non innerva alcun muscolo. Infatti, le sue innervazioni muscolari cominciano a partire dalla coscia. In questa sede, innerva i muscoli posteriori (muscoli ischiocrurali) e il muscolo grande adduttore.
Più in basso, nel punto in cui si divide in due, prende contatto con tutti gli elementi muscolari della gamba e gli elementi muscolari intrinseci del piede. - FUNZIONE SENSITIVA La raccolta delle informazioni avviene per mezzo dei dermatomeri; i dermatomeri sono aree altamente specializzate, con proprietà tattili, propriocettive, termosensibili e nocicettive. I termini “termosensibile” e “nocicettivo” significano, rispettivamente: “che riescono a captare le variazioni di temperatura” e “che sono capaci di captare gli stimoli dolorosi”. A livello cutaneo, il nervo sciatico presenta soltanto innervazioni sensitive di tipo indiretto, che stabilisce attraverso le sue due branche principali e le diramazioni di queste.
Principali malattie del nervo sciatico
La principale patologia correlata al nervo sciatico è – come molti lettori già sapranno – la sciatica, nota anche come sciatalgia.
Sciatica è il nome che i medici utilizzano per qualsiasi condizione dolorosa, successiva a un processo di compressione o irritazione del nervo sciatico.
In genere, un individuo affetto da sciatica percepisce dolore nella parte bassa della schiena, sul gluteo e sulla gamba (che sono le regioni percorse dal nervo sciatico).
Inoltre, spesso lamenta anche una serie di sintomi secondari, quali: debolezza muscolare, formicolio alla gamba e difficoltà, più o meno marcata, nel controllare i movimenti dell’arto inferiore interessato.
Di solito, la compressione/irritazione che produce i sintomi della sciatica interessa i nervi spinali costituenti il nervo sciatico, cioè i lombari L4 e L5 e i sacrali S1, S2 e S3. Le tipiche cause di compressione/irritazione sono:
- L’ernia del disco spinale. Secondo alcune statistiche, sarebbe responsabile del 15% dei casi di sciatica,
- La discopatia degenerativa della zona lombo-sacrale.
- La stenosi spinale del tratto lombo-sacrale.
- La spondilolistesi
- La sindrome del piriforme. A decretare il processo di compressione/irritazione è il muscolo piriforme (ecco spiegata l’origine del nome della suddetta circostanza), che è a stretto contatto con il nervo sciatico vicino al punto di emergenza di quest’ultimo.
Spesso, il muscolo piriforme comprime o irrita il nervo sciatico dopo un aver subito un trauma o una contrattura. - I tumori spinali. È l’effetto massa, successivo alla crescita continua del tumore, che determina la sintomatologia. Infatti, ingrandendosi, le neoplasie spinali possono spingere sulle radici dei nervi spinali o sullo stesso midollo spinale.
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Riduzione della riserva coronarica: cos’è e come si studia
Cosa si intende per riserva coronarica?
Il circolo coronarico è un insieme di vasi sanguigni che permettono al sangue di arrivare al muscolo cardiaco (miocardio). In varie situazioni, come ad esempio quando facciamo uno sforzo fisico, il miocardio ha bisogno di avere più sangue per poter funzionare e la riserva coronarica corrisponde proprio alla capacità del circolo coronarico di aumentare il flusso di sangue in rapporto all’aumento delle richieste metaboliche del muscolo cardiaco; questo è ottenuto attraverso la dilatazione delle arterie coronarie.
Cosa si intende per riduzione della riserva coronarica?
La coronaria ostruita in modo critico (stenosi) può ancora permettere un flusso di sangue sufficiente in condizioni di base (a riposo), ma non può adattare il flusso sanguigno all’aumento delle richieste del cuore sotto sforzo e ciò prende il nome di “riduzione della riserva coronarica”. Ricordiamo che un ridotto apporto di sangue al cuore può determinare ischemia, angina e potenzialmente un infarto del miocardio.
Come si studia la riserva coronarica?
Tramite una semplice ecocardiografia, che può studiare la riserva coronarica indirettamente o direttamente. Indirettamente utilizzando i test provocativi di ischemia e valutando gli effetti dell’ischemia miocardica sulla motilità (cinetica) delle pareti colpite (ecostress). Direttamente studiando il flusso nelle coronarie in condizioni basali o durante stimolo.
Le coronarie sono visualizzabili con l’ecocardiografia transesofagea; opportune sonde transtoraciche e particolari proiezioni rendono possibile l’esplorazione di alcuni tratti della discendente anteriore e della coronaria destra. L’uso di particolari sostanze (mezzi di contrasto venosi che attraversano il circolo polmonare e sono rilevabili nelle sezioni di sinistra e nelle coronarie) permette uno studio ottimale con il colordoppler del flusso nelle coronarie in particolare permette di studiare le variazioni di flusso durante vasodilatazione e determinare se la riserva coronarica è normale o ridotta.
Per approfondire:
- Fisiologia della circolazione coronarica, sistemica e polmonare
- Insufficienza cardiaca sintomi iniziali, sinistra, acuta, cronica
- Scompenso cardiaco (insufficienza cardiaca): cause e fattori di rischio
- Scompenso cardiaco (insufficienza cardiaca): sintomi, segni, diagnosi, esami
- Scompenso cardiaco: trattamento farmacologico e chirurgico
- Shock circolatorio (insufficienza circolatoria): cause, sintomi, diagnosi, cure
- Differenza tra sindrome coronarica acuta ed infarto
- Infarto, ischemia, necrosi, aterosclerosi, trombo, embolo, ictus, miocardio… Facciamo chiarezza
- Differenza tra angina stabile ed instabile
Leggi anche:
- Anatomia macroscopica del cuore, sistema circolatorio e circolazione coronarica
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Di cosa sono fatti i denti?
I denti sono formati da dentina (o avorio), un particolare tipo di tessuto osseo giallognolo molto resistente. Essa ha la funzione di proteggere la polpa dalle variazioni di temperatura e dalle sollecitazioni meccaniche. Non a caso, i denti sono gli organi più mineralizzati dell’organismo umano. La dentina è un materiale poroso composto:
- per il 65% di materiale inorganico;
- per il 22% di materiale organico;
- per il 13% di acqua.
Nella corona (la parte sporgente e visibile del dente) la dentina è rivestita da uno strato di smalto, un particolare tessuto epiteliale di colore bianco molto resistente e mineralizzato che ha il compito di proteggere il dente dalle aggressioni esterne. La dentina è più tenera dello smalto: una volta esposto vi si creano facilmente delle cavità.
A livello del colletto e delle radice la dentina è rivestita da un altro tipo di tessuto osseo, detto cemento, che la ancora alla sua sede.
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Cavità pulpale
Nella dentina è presente una piccola cavità (cavità pulpale) che contiene la polpa del dente particolarmente ricca di vasi sanguigni e di terminazioni nervose (nervo trigemino). Essa si continua in un canalicolo che percorre ciascuna delle radici (canale radicale) per poi sboccare nell’alveolo con un piccolo foro, attraverso al quale penetrano nel dente vasi sanguigni e nervi. Al suo interno sono contenute cellule particolari, gli odontoplasti, che hanno la funzione di produrre la dentina necessaria ai processi di rinnovamento.
La sensibilità del dente è dovuta proprio alla presenza delle terminazioni nervose all’interno della polpa dentaria. Ciascun dente possiede una sensibilità tattile, termica e dolorifica.
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Valvole cardiache: cosa sono, quali sono ed a che servono?
Cos’è una valvola cardiaca?
Una valvola cardiaca è una struttura che appartiene al cuore, costituita da appendici di tessuto essenzialmente fibroso, rivestita da endocardio. Il tessuto sottile ma estremamente resistente che costituisce una valvola è attaccato al muscolo cardiaco attraverso un meccanismo di cerniera flessibile, chiamato “annulus”.
Dove si trova una valvola cardica?
Ogni valvola cardiaca è posta a livello degli orifizi che collegano gli atri con i ventricoli ed i ventricoli con i vasi sanguigni che trasportano il sangue in uscita dal cuore verso l’intero organismo (aorta ed arteria polmonare). Per approfondire leggi anche: Differenza tra atri e ventricoli
Quante sono le valvole cardiache?
Le valvole all’interno del cuore sono quattro:
- la valvola tricuspide;
- la valvola mitrale;
- la valvola polmonare;
- la valvola aortica.
A che servono le valvole cardiache?
Le valvole cardiache servono a garantire che il sangue si muova con un flusso unidirezionale attraverso le cavità del cuore e prevengono dunque il reflusso del sangue nelle cavità stesse. Le valvole tricuspide e mitrale controllano il flusso del sangue dagli atri ai ventricoli, mentre le valvole polmonare e aortica controllano il flusso dai ventricoli al resto del corpo. Ogni valvola – ad ogni battito cardiaco – si apre per permettere il passaggio del sangue e si chiude velocemente per impedire che il sangue transitato torni indietro.
Descrizione delle quattro valvole:
- La valvola tricuspide è collocata tra l’atrio e il ventricolo destro ed è costituita da tre lembi.Oltre ai lembi questa valvola è composta da un anello (o annulus) valvolare che congiunge i lembi al cuore e da corde (o chordae) e muscoli papillari che uniscono i lembi valvolari al muscolo cardiaco.
- La valvola mitrale è localizzata tra l’atrio e il ventricolo sinistro ed è costituita da due lembi. Oltre ai lembi, questa valvola è composta da un anello valvolare che congiunge i lembi al cuore e da corde e muscoli papillari che uniscono i lembi valvolari al muscolo cardiaco.
- La valvola polmonare è localizzata tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare (la quale porta il sangue dal cuore al polmone per permettere lo scambio ossigeno/anidride carbonica). La valvola polmonare è inserita direttamente sul muscolo della parte più distale del ventricolo destro.
- La valvola aortica è localizzata alla giunzione tra il ventricolo sinistro e l’aorta ascendente. La valvola ha tre cuspidi, un anello di tessuto su cui si inseriscono le cuspidi. I Seni di Valsalva sono rigonfiamenti della parete aortica in corrispondenza delle cuspidi.
Per approfondire, leggi anche:
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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