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Differenza tra cubbaita e torrone
Il torrone è un dolce natalizio, tipicamente composto da albume d’uovo, miele e zucchero, farcito con mandorle, noci, arachidi o nocciole tostate; spesso ricoperto da due strati d’ostia. Viene prodotto nella variante classica (dura), morbida o al cioccolato; inoltre si può distinguere tra torrone e mandorlato.
La cubbaita, detta anche giuggiulena, è un delizioso torrone siciliano a base di sesamo e mandorle. In Sicilia, a Caltanissetta, la tradizionale cubbaita si produce unendo il verde del pistacchio, il giallo del miele e il bianco delle mandorle, offerti naturalmente dalle campagne nissene. Una ricetta antichissima che ha poi dato vita alle numerose varianti che oggi conosciamo, con l’inserimento di sapori tipici dell’isola come il limone, le arance, le noci e le nocciole, fino al sesamo e al cioccolato. Solo molti secoli dopo, negli anni ’70, a Belpasso, Francesco Condorelli inventerà i celebri torroncini che oggi conosciamo.
Ognuno degli ingredienti della cobaita ha qualcosa da raccontare della storia e delle tradizioni culturali della Sicilia più tipica, più vera: c’è il sesamo, innanzitutto, che in Sicilia si coltiva proprio dai tempi della dominazione araba nel ragusano, nella zona di Ispica ma anche ad Agrigento e nel trapanese, dove la pianta ha un terreno ed un clima ideali per la sua crescita. Tuttavia oggi è abbastanza difficile reperire sesamo siciliano poiché la coltivazione è stata via via abbandonata.
Il miele: quello perfetto per la preparazione della cobaita è tradizionalmente il miele di timo dei Monti Iblei, ma oggi vista la qualità e la disponibilità di molti mieli aromatici con caratteristiche particolari, come il miele d’agrumi o di mandorlo, si può lasciare spazio alla sperimentazione e alla fantasia dei maestri dolciari e dei pasticceri.
La difficoltà di questa ricetta sta nel procedimento della cottura: nel momento in cui si vanno a cuocere gli ingredienti insieme, la temperatura e il tempo di cottura devono essere tali da consentire al miele di caramellarsi ma anche all’olio dei semi di sesamo di non bruciarsi. Tanto più equilibrata sarà la mano del pasticcere, tanto più equilibrato sarà il contrasto fra le note dolci e amare, migliore sarà il sapore del croccante.
Questo dolce per tradizione si prepara in occasione del Natale, ma non solo. A Palermo era tradizione prepararlo nelle bancarelle delle fiere che venivano allestite in occasione delle feste di Pasqua e per la festa in onore di Santa Rosalia patrona di Palermo, che si tiene nei giorni di Luglio.
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Franca Viola: la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore
Franca Viola è stata la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. Divenne simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione delle donne italiane.
Il fidanzamento rotto
Nata il 9 gennaio 1948 ad Alcamo (Trapani, Sicilia), Franca all’età di quindici anni – con il consenso dei genitori – si fidanzò con Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi e membro di una famiglia benestante. Tuttavia in quel periodo Melodia venne arrestato per furto ed appartenenza ad una banda mafiosa e ciò indusse il padre di Franca, Bernardo Viola, a rompere il fidanzamento; per queste ragioni, la famiglia Viola fu soggetta ad una serie di violente minacce ed intimidazioni: il loro vigneto venne distrutto, il casolare annesso bruciato e Bernardo Viola addirittura minacciato con una pistola al grido di “chista è chidda che scaccerà la testa a vossia“, ma tutto ciò non cambiò la sua decisione.
Il rapimento e le violenze
Il 26 dicembre 1965, all’età di 17 anni, Franca Viola fu rapita (assieme al fratellino Mariano di 8 anni, subito rilasciato) da Melodia, che agì con l’aiuto di dodici amici, con i quali devastò l’abitazione della giovane ed aggredì la madre che tentava di difendere la figlia. La ragazza fu violentata e quindi segregata per otto giorni in un casolare al di fuori del paese e poi in casa della sorella di Melodia ad Alcamo stessa; il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta “paciata”, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani.
La liberazione e l’arresto di Melodia
Il padre e la madre di Franca, d’accordo con la polizia, finsero di accettare le nozze riparatrici e addirittura il fatto che Franca dovesse rimanere presso l’abitazione di Filippo, ma il giorno successivo, 2 gennaio 1966 la polizia intervenne all’alba facendo irruzione nell’abitazione, liberando Franca ed arrestando Melodia ed i suoi complici. Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, ossia non più vergine, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando l’onore suo e quello familiare. In caso contrario sarebbe rimasta zitella, additata come “donna svergognata”.
Il processo
All’epoca, la legislazione italiana, in particolare l’articolo 544 del codice penale, recitava: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”, in altre parole ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto “matrimonio riparatore”, contratto tra l’accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona. Il caso sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Durante il processo che seguì, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d’amore, la cosiddetta “fuitina”, un gesto che avrebbe avuto lo scopo di ottenere il consenso al matrimonio, mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto e che il successivo rifiuto di Franca di sposare il rapitore sarebbe stato frutto del disaccordo della famiglia per la scelta del marito. Filippo Melodia fu condannato a 11 anni di carcere, ridotti a 10 con l’aggiunta di 2 anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Pesanti condanne furono inflitte anche ai suoi complici dal tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Giovanni Albeggiani. Melodia uscì dal carcere nel 1976 e fu ucciso da ignoti, il 13 aprile 1978, nei dintorni di Modena, con un colpo di lupara.
Simbolo di libertà e dignità
Franca Viola diventerà in Sicilia un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei avrebbero subito le medesime violenze e ricevettero, dal suo esempio, il coraggio di “dire no” e rifiutare il matrimonio riparatore. Franca Viola si sposò nel 1968 con il giovane compaesano amico d’infanzia Giuseppe Ruisi, ragioniere, che insistette nel volerla sposare, nonostante lei cercasse di distoglierlo dal proposito per timore di rappresaglie.
«Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori»
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Pasta alla Norma: ricetta originale siciliana gustosa, facile e veloce
La pasta alla Norma è un piatto di origine siciliana, in particolare è una specialità catanese creata come omaggio alla più bella opera del celebre compositore Vincenzo Bellini: la Norma.
Questo gustoso e classico primo piatto viene condito con sugosi pomodori pelati e fettine di melanzane fritte. Ma non sarebbe pasta alla Norma senza l’aggiunta di foglie di basilico fresco e una generosa grattugiata di ricotta salata aggiunta a fine cottura: tutti i profumi mediterranei riuniti in un solo piatto!
La pasta alla Norma è una pietanza dal gusto unico e avvolgente, preparata con ingredienti semplici e genuini: un vero tripudio di sapori assaggio dopo assaggio!
Ingredienti
- Spaghetti N°5 320 g
- Ricotta salata 200 g
- Melanzane 500 g
- Aglio 5 g
- Basilico fresco 10 g
- Sale grosso 50 g
- Pomodori pelati 800 g
- Olio extravergine d’oliva 30 g
PER FRIGGERE
Olio di semi di arachidi 700 g
Preparazione
Per preparare la pasta alla Norma cominciate dal condimento. Prendete le melanzane, lavatele, spuntatele e tagliatele a fettine di 0,5 cm di spessore con un coltello o una mandolina, che andrete a porre a strati in un colino appoggiato su di una ciotola; cospargete con sale ogni strato di melanzane che mettete nel colino. Coprite con un piatto o con un peso sistemato sopra per eliminare l’acqua in eccesso e per togliere il retrogusto amarognolo: lasciatele da parte per almeno 1-2 ore.
Prendete una padella antiaderente dai bordi alti, versate l’olio e fate rosolare due spicchi di aglio fino a farli dorare. Unite i pomodori pelati (se preferite potete anche schiacciarli prima con una forchetta) ed aggiustate di sale e pepe. Lasciate cuocere così per 15-20 minuti finché non raggiungono il bollore.
Passate i pelati al setaccio per eliminare tutti i semini e fate nuovamente cuocere per ulteriori 10 minuti. A cottura ultimata, spegnete il fuoco ed aggiungete qualche fogliolina di basilico per insaporire. Tenete il sugo da parte.
A questo punto, riprendete le melanzane, sciacquatele sotto abbondante acqua per togliere il sale e successivamente tamponatele con un panno pulito ben asciutto. Prendete un tegame dai bordi alti, riempite con l’olio di semi e portate alla temperatura di 170° (potete misurare con un termometro da cucina): versate poche fettine di melanzana alla volta in modo che la temperatura dell’olio rimanga tra i 170-180°.
Quando saranno dorate, scolatele con una schiumarola e lasciate asciugare l’olio in eccesso adagiandole su un vassoio coperto con carta assorbente. Poi tagliatele a listarelle, tenendo da parte alcune fettine intere per la decorazione finale.
Unite le melanzane al sugo di pomodoro preparato in precedenza (conservatene una parte che vi servirà per impiattare). Prendete quindi un tegame dai bordi alti, riempitelo d’acqua e portate a bollore. Salate e cuocete gli spaghetti al dente. Una volta cotti, scolateli e trasferiteli direttamente nella padella con il sugo di pomodoro e melanzane.
Fate saltare qualche minuto gli spaghetti per amalgamarli al sugo per insaporire. Grattugiate la ricotta salata a lamelle sottili; servite la pasta alla Norma, aggiungendo qualche cucchiaio di salsa che avete messo da parte, e terminate con una spolverizzata di ricotta, con qualche fettina di melanzana e qualche fogliolina di basilico.
Conservazione
Si consiglia di consumare la pasta alla Norma al momento. Potete conservarla in frigorifero in contenitore chiuso ermeticamente per al massimo 2 giorni. Si sconsiglia la congelazione.
Pomodoro fresco o pelato? Se potete, utilizzate quello fresco ma durante il resto dell’anno potete anche optare per i pomodori pelati!
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