Differenza tra insufficienza respiratoria di tipo 1 e 2

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA INSPIRAZIONE ESPIRAZIONE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePer capire appieno le differenze tra insufficienza respiratoria di tipo 1 e 2, dobbiamo prima partire da alcune semplici basi di fisiologia umana. L’apparato respiratorio è l’insieme degli organi e dei tessuti deputati a respirare, intendendo con il termine “respirare” l’azione incessante che bronchi e polmoni svolgono nel trasferire al sangue una sufficiente quantità di ossigeno (O2) presente nell’aria che respiriamo (l’aria è composta per circa il 20% da ossigeno e per circa l’80% da azoto, mentre insignificante è la quantità di anidride carbonica ), che viene portato a tutte le cellule dell’organismo dalla rete dei vasi sanguigni e dei capillari, eliminando al contempo dal sangue, con un percorso inverso rispetto all’ossigeno, l’eccesso di anidride carbonica (CO2) prodotta nel corso dei processi metabolici delle cellule. Si definisce pertanto insufficienza respiratoria l’incapacità dell’apparato respiratorio di mantenersi efficace nel compiere questo doppio scambio dei gas respiratori e precisamente dell’ossigeno in un senso e dell’anidride carbonica nell’altro. Ogni condizione ed ogni malattia che impediscano un adeguato apporto di ossigeno al sangue ed alle cellule (ipossia) con o senza una contemporanea adeguata eliminazione dell’anidride carbonica (ipercapnia), causano insufficienza respiratoria.

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Quanti tipi di insufficienza respiratoria ci sono?

Tenuto conto di ciò che si è detto prima, si riconoscono due tipi di insufficienza respiratoria:

  • Insufficienza respiratoria ipossiemica pura (tipo I): corrisponde al solo deficit di ossigeno nel sangue arterioso (pressione parziale di O 2 nel sangue arterioso inferiore a 60 mmHg) con anidride carbonica (CO2) normale
  • Insufficienza respiratoria ipossiemico–ipercapnica (tipo II): corrisponde alla contemporanea presenza di un deficit di O2 associato ad eccesso di CO2 nel sangue arterioso (pressione parziale della CO2 nel sangue arterioso superiore a 45 mmHg)

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In funzione, poi, del tempo necessario all’instaurarsi dell’insufficienza respiratoria, si distinguono:

  • Insufficienza respiratoria acuta: corrisponde alla comparsa di insufficienza respiratoria a comparsa improvvisa in un soggetto con funzione respiratoria fino a poco prima normale
  • Insufficienza respiratoria cronica: corrisponde alla presenza di insufficienza respiratoria costantemente presente da tempo in pazienti con malattie croniche dell’apparato respiratorio in grado di determinarla. Sono spesso presenti associate sia l’ipossiemia che l’ipercapnia.
  • Insufficienza respiratoria acuta su cronica: corrisponde ad un aggravamento di un’insufficienza respiratoria cronica che non riesce più ad essere compensata dalla terapia con l’ossigeno e dalla terapia farmacologica in atto a causa di un occasionale aggravamento della malattia respiratoria cronica già presente determinata da una condizione infettiva o infiammatoria acuta che si aggiunge.

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Quali sono le cause dell’insufficienza respiratoria?

Innumerevoli cause possono essere responsabili di insufficienza respiratoria. La semplice presenza di un deficit di ossigeno nell’aria respirata, come capita ad esempio respirando ad alta quota aria con contenuto di ossigeno anche molto inferiore a quello abitualmente presente alle quote più basse, è sufficiente a generare insufficienza respiratoria acuta ed è per questo motivo che gli scalatori sono soliti supplementare il contenuto di ossigeno destinato ai polmoni respirando in maschera quello proveniente da bombole d’ossigeno sotto pressione. Una qualsiasi crisi di soffocamento (inalazione accidentale di corpo estraneo nelle vie respiratorie, soffocamento provocato a scopo omicida, paralisi o insufficienza funzionale dei muscoli respiratori ad opera di veleni a base di curaro o di malattie neuro-muscolari, ecc.) determina l’interruzione del corretto approvvigionamento di ossigeno al sangue e dell’adeguata eliminazione della CO2, e di conseguenza diviene causa di insufficienza respiratoria acuta ipossiemica ed ipercapnica (tipo II). Molte malattie dei bronchi, dei polmoni e della pleura sono fonte di insufficienza respiratoria acuta e cronica e si può dire che la stessa rappresenti l’esito finale di quasi tutte le malattie dell’apparato respiratorio nelle fasi finali di gravità del loro percorso naturale.

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Quali sono le conseguenze e i sintomi dell’insufficienza respiratoria?

L’insufficienza respiratoria può determinare una grave alterazione funzionale di tutti gli organi, progredendo nel tempo fino a determinare la morte dell’individuo che ne è colpito. Tali danni sono secondari a:

  • insufficiente quantità di O2 nel sangue (ipossiemia), con difficoltà di concentrazione, attenzione e memoria e deterioramento ideativo e cognitivo, facile affaticabilità, dispnea, cianosi, aumento della frequenza respiratoria, nausea, inappetenza e anoressia, dimagrimento e perdita della massa muscolare, sviluppo di ipertensione polmonare con aumento del disagio respiratorio e scompenso cardiaco destro, iperglobulia (aumento della viscosità del sangue), fino ad arrivare al coma ipossico
  • eccesso di CO2 (ipercapnia) che tende ad accumularsi fino a divenire tossica per l’organismo, determinando dapprima cefalea al risveglio, occhi arrossati e rallentamento psichico e motorio, tremori e scosse muscolari, per aggravarsi fino al coma nelle fasi più avanzate (come ipercapnico)

Come si fa la diagnosi di insufficienza respiratoria?

Il sospetto di insufficienza respiratoria viene confermato con l’esecuzione di un semplice esame chiamato emogasanalisi arteriosa, che consiste in un prelievo di sangue arterioso da un’arteria del polso. In tal modo si è in grado di determinare la quantità dei due gas O2 e CO2 presenti nel sangue arterioso e di porre diagnosi di insufficienza in base ai criteri esposti prima (O2 < 60 mmHg – CO 2 > 45 mmHg). In alternativa, e solo per il deficit di ossigeno (non è possibile con questo metodo dosare la CO2), è possibile misurare la quantità di ossigeno presente nel sangue misurando la saturazione dell’emoglobina con uno strumento chiamato ossimetro o saturimetro, attraverso la semplice applicazione di una pinza dedicata al dito del paziente senza dover procedere al prelievo di sangue. Il vantaggio di tale misurazione sta nella sua praticità e nella possibilità di eseguire il controllo anche presso il domicilio del paziente in ossigenoterapia.

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Come si cura l’insufficienza respiratoria? Cos’è l’ossigenoterapia?

La terapia dell’insufficienza respiratoria consiste ovviamente nella terapia delle moltissime malattie che la causano o nella rimozione delle cause acute che la determinano. In relazione, tuttavia, alle sole alterazioni di O2 e CO2 nel sangue arterioso, essa comprende:

  • terapia dell’insufficienza respiratoria di tipo I (solo deficit di O2): consiste nella ossigenoterapia e cioè nella somministrazione di ossigeno puro medicale compresso (99,9%) attraverso cannule nasali (CN) al flusso stabilito dallo specialista pneumologo, oppure con mascherina faciale tipo Ventimask a percentuale di O2 variabile ed impostabile secondo necessità. Il vantaggio, rispetto alla somministrazione con cannule nasali, sta nel fatto che in questo modo è perfettamente nota la percentuale di ossigeno nella miscela di gas inalati dal paziente, cosa impossibile a determinarsi con la somministrazione attraverso cannule nasali. In alternativa all’ossigeno gassoso compresso è possibile l’impiego di ossigeno liquido, in grado di erogare ossigeno gassoso da volumi di ossigeno liquido molto più contenuti rispetto ai volumi dell’ossigeno compresso (maggior praticità di trasporto e di gestione domiciliare). La quantità, i tempi nella giornata e la durata complessiva dell’ossigenoterapia vengono stabiliti dallo pneumologo, specie per quanto attiene alla corretta gestione dell’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (O2-LTO) in pazienti con malattie respiratorie croniche (BPCO, enfisema polmonare, fibrosi polmonare, tumori polmonari trattati a domicilio, ecc.). Il paziente necessita di un attento monitoraggio delle quantità di ossigeno da somministrare e di controlli specialistici programmati finalizzati alla corretta gestione dei numerosi problemi pratici e clinici che l’ossigenoterapia comporta, tra i quali quelli derivanti da un’imperfetta umidificazione dell’ossigeno inalato, dalla maggior facilità alle infezioni respiratorie nei pazienti trattati (polmoniti) e dal rischio di un pericoloso incremento della CO2 negli stessi.
  • terapia dell’insufficienza respiratoria di tipo II (deficit di O2 associato ad eccesso di CO2): consiste nell’impiego di appositi ventilatori per la terapia ventilatoria non invasiva (NIV), in grado di evitare il ricorso all’intubazione oro-tracheale del paziente, associata a tutto ciò che si è già descritto a proposito dell’ossigenoterapia.

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Il prediabete porta sempre al diabete di tipo 2?

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIARE VERDURA FRUTTAIl riscontro di alterata glicemia a digiuno (valori di glicemia tra 100-125 mg/dl) e/o di ridotta intolleranza al glucosio (glicemia a 120 minuti compresa tra 140-199 mg/dl) e/o di emoglobina glicata (Hb glicata) compresa tra 42-48 mmol/mol, configura il quadro di “prediabete”.

La condizione di prediabete rappresenta un più elevato rischio di sviluppo futuro di diabete di tipo 2 per il paziente, tuttavia il prediabete – pur sembrando implicitamente lasciare intendere che il passaggio al diabete tipo 2 sia obbligato – non conduce necessariamente al diabete conclamato. Il prediabete è infatti a volte reversibile, se vengono adottati in tempo particolari suggerimenti dietetici.

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Diabete di tipo 2: cause, fattori di rischio, sintomi e cure

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIARE VERDURA FRUTTAIl diabete mellito di tipo 2 è di gran lunga la forma di diabete più frequente (interessa il 90% dei casi) ed è tipico dell’età matura. È caratterizzato da un duplice difetto: non viene prodotta una quantità sufficiente di insulina per soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di secrezione di insulina), oppure l’insulina prodotta non agisce in maniera soddisfacente (insulino-resistenza). Il risultato, in entrambi i casi,  è il conseguente incremento dei livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia).
Questo tipo di diabete è detto non insulino-dipendente perché l’iniezione di insulina esterna, a differenza del diabete di tipo 1, non è di vitale importanza.

Cause

Le cause alla base dell’insorgenza della malattia vanno generalmente ricercate in fattori ereditari ed ambientali. Attraverso studi approfonditi si è evidenziato che esiste un fattore di trasmissione ereditario, non ancora ben chiarito, che espone alcune popolazioni o addirittura alcune famiglie a tale patologia. All’ereditarietà si affiancano aspetti caratteristici della persona quali l’obesità: le cellule hanno bisogno di zucchero per vivere, tanto maggiore è il numero di cellule da alimentare tanto maggiore sarà il fabbisogno di insulina. Nelle persone obese, quindi, l’insulina viene prodotta ma non in quantità sufficiente. La vita sedentaria, lo stress e alcune malattie ricadono nell’elenco dei fattori ambientali scatenanti. Esse impongono al pancreas un lavoro aggiuntivo poiché aumentano il fabbisogno di glucosio e quindi di insulina. Qualora il pancreas fosse indebolito da una predisposizione ereditaria al diabete, queste cause accelerano l’insorgenza del disturbo. Anche l’età gioca il suo ruolo: l’invecchiamento dell’organismo si riflette sulla funzionalità di tutti gli organi, non ultimo il pancreas che, invecchiando, non è più in grado di rispondere prontamente alla richiesta di insulina ricevuta.

Fattori di rischio

Non bisogna sottovalutare alcuni fattori di rischio che rendono alcune persone più predisposte di altre a sviluppare il diabete di tipo 2.
I principali fattori di rischio sono:

  • obesità (BMI maggiore o uguale a 30 kg/m2 per il DM2);
  • inattività fisica;
  • familiari diabetici;
  • ipertensione arteriosa (pressione massima maggiore o uguale a 140 mmHg e\o pressione minima maggiore o uguale a 90mmHg);
  • colesterolo HDL (minore o uguale a 35 mg/dl) ed elevata concentrazione di LDL;
  • trigliceridi (maggiori o uguali a 250 mg/dl).

La persona affetta da diabete di tipo 2 è quindi generalmente una persona della seconda o terza età, con un peso superiore a quello ideale, spesso con parenti di primo grado diabetici. I sintomi non sono generalmente evidenti come nel diabete di tipo 1, vengono facilmente ignorati e la scoperta del diabete può avvenire in modo del tutto casuale, ad esempio durante un check-up.

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Sintomi

Alcuni dei sintomi tipi del diabete di tipo 2 sono:

  • sensazione di stanchezza cronica;
  • frequente bisogno di urinare anche nelle ore notturne;
  • sete inusuale;
  • perdita di peso improvvisa e immotivata;
  • visione offuscata e lenta guarigione delle ferite.

Diagnosi

La diagnosi di questa forma di diabete, pertanto, può essere anche molto tardiva (mesi o anni) e, per questo motivo, è facile riscontrare al momento della diagnosi la presenza di complicanze in stato avanzato.

Trattamento

La gestione del diabete di tipo 2 si concentra su interventi sullo stile di vita (dieta ed attività fisica), sulla riduzione degli altri fattori di rischio cardiovascolare e sul mantenimento di livelli di glicemia nell’intervallo di normalità.[16] L’auto-monitoraggio della glicemia è raccomandato a tutte le persone a cui viene diagnosticato il diabete di tipo 2. Tuttavia il beneficio dell’autocontrollo rispetto a quelli che non lo fanno è discutibile. La gestione di altri fattori di rischio cardiovascolare, tra cui: ipertensione, colesterolo alto e microalbuminuria, migliora l’aspettativa di vita di una persona.

Trattamento farmacologico
Vi sono diverse classi di farmaci disponibili come anti-diabetici. La metformina è generalmente raccomandata come trattamento di prima linea, in quanto vi sono alcune prove che sia in grado di diminuire la mortalità. Un secondo farmaco ad assunzione orale, appartenente ad altre classi, può essere utilizzato se la metformina non è sufficiente. Le altre classi di farmaci comprendono: sulfaniluree, inibitori dell’alfa-glucosidasi, tiazolidinedioni, peptide glucagone-simile e inibitori della dipeptidil-peptidasi IV. La metformina non deve essere mai somministrata nei pazienti con gravi problemi renali o epatici. Le iniezioni di insulina possono essere aggiunte ai farmaci per via orale o utilizzate unicamente. La maggior parte dei diabetici necessità di insulina. Quando viene somministrata, si preferisce una formulazione a lunga durata di azione, assunta alla sera prima di dormire. Quando l’insulina serale è insufficiente, la somministrazione due volte al giorno può permettere di ottenere un controllo migliore della glicemia. In alcuni studi è emerso che in uomini ipogonadici l’assunzione di testosterone diminuisce l’insulinoresistenza e migliora sensibilmente il quadro glicemico. Tale risposta è tuttora sotto studio; si valuta la possibilità di utilizzare l’ormone nel diabete mellito di tipo 2, qualora vi fossero conferme sui grandi numeri. Tra le nuove terapie vi è il canagliflozin, che è il primo inibitore del SGLT2; insieme al dapagliflozin.

Trattamento chirurgico
La chirurgia per la perdita di peso (chirurgia bariatrica) in coloro che sono obesi, sembra essere una misura efficace nel trattamento del diabete.[54] Dopo l’intervento chirurgico, molti sono in grado di mantenere normali livelli di zucchero nel sangue con l’assunzione di pochi farmaci o addirittura senza e la mortalità a lungo termine risulta diminuita. Vi è tuttavia un certo rischio di mortalità a breve termine, inferiore all’1%, a causa delle complicanze relative all’intervento chirurgico. I valori soglia dell’indice di massa corporea per cui la chirurgia è opportuna, non sono ancora chiare.[

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