Siete in una discoteca, ad una festa affollata con la musica altissima, oppure ad un tavolo a cena con tanta gente attorno a voi. Tutti parlano a voce alta, si formano tanti sottogruppi di persone che parlano tra loro. Nonostante tutta la confusione, però, riuscite comunque a concentrarvi sull’unica voce che volete sentire, anche se fosse dall’altra parte del tavolo. Gli scienziati chiamano questo “effetto Cocktail Party“, cioè la capacità del cervello di azzerare il “rumore” di sottofondo e concentrarsi su una cosa in particolare. Grazie allo stesso meccanismo, se qualcuno con cui non stiamo parlando fa il nostro nome, anche sottovoce, spesso il nostro cervello riesce a sentirlo anche se fino ad un attimo prima sembrava non ascoltare la persona che l’ha pronunciato.
Cosa succede nel cervello
L’effetto Cocktail Party si spiega perché nel nostro cervello esistono due zone distinte:
- la corteccia uditiva primaria, che “sente” i suoni;
- la corteccia uditiva secondaria che analizza i dati giunti alla corteccia uditiva primaria e li interpreta
La corteccia uditiva secondaria scarta le informazioni non rilevanti e fornisce priorità a quelle considerate più rilevanti. Ad esempio il continuo ed intenso rumore di traffico durante la notte – una volta abituati ad esso – non ci sveglierà, mentre potrebbe svegliarci un lievissimo rumore del portone di casa che viene aperto: ciò avviene perché la corteccia uditiva secondaria considera più rilevante un suono magari lieve ma inusuale e che può indicare pericolo (un ladro che entra in casa), rispetto ad un suono magari più forte ma a cui noi ci siamo abituati e che sappiamo – per esperienza – non indicare pericolo. La corteccia secondaria ha quindi la capacità di elevare la soglia uditiva cosciente minima in presenza di stimoli non importanti (specie se ripetuti), mentre l’abbassa rapidamente in presenza di stimoli ritenuti importanti. Estremizzando il concetto, durante la famosa festa, la nostra corteccia primaria sente le voci di tutte le persone che parlano, ma la corteccia secondaria scarta tutte le voci che non ci interessano tranne quelle dell’interlocutore, grazie anche alle sue caratteristiche specifiche come tono, timbro ed accento: riusciremo quindi a discriminare nella folla una voce che conosciamo bene, molto meglio rispetto ad una voce di uno sconosciuto. Allo stesso modo la corteccia secondaria scarta tutte le voci in sala, ma se avverte la presenza del nostro nome, ci rende consci di quel suono, reputandolo probabilmente importante. Con l’età, questa nostra capacità di focalizzazione sui suoni che ci interessano si indebolisce sempre più e non per una diminuzione dell’udito (che certamente può anche essere presente) ma più per un normale processo di invecchiamento della corteccia cerebrale.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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