Bypass coronarico: sternotomia, angina, mortalità, successo a lungo termine

MEDICINA ONLINE BYPASS AORTA AORTO CORONARICO CORONARIE SINGOLO DOPPIO TRIPLO QUADRUPLO 1 2 3 4 MIOCARDIO INFARTO DEL MIOCARDIO ANGINA VENA SAFENA MAMMARIA CARDIOCHIRURGIA CHIRURGIAMalgrado l’efficacia dell’attuale terapia medica per il trattamento della coronaropatia molti pazienti possono necessitare della rivascolarizzazione chirurgica tramite bypass coronarico (Coronary Artery Bypass Grafting, CABG) che è anche un mezzo efficace per ridurre o eliminare i sintomi di angina pectoris. Vari studi hanno dimostrato che il CABG può migliorare la sopravvivenza in alcuni sottogruppi di pazienti, compresi i pazienti affetti da angina refrattaria alla terapia medica, i pazienti con stenosi superiore al 50% del tronco comune e i pazienti affetti da malattia dei tre vasi coronarici severa associata a disfunzione ventricolare sinistra. Inoltre, i pazienti con malattia dei due vasi coronarici nei quali è presente una stenosi severa (>75%) nell’arteria discendente anteriore prossimale sinistra sembrerebbero beneficiare del CABG anche se la funzionalità del ventricolo sinistro è normale.

Il CABG standard viene eseguito mediante una sternotomia mediana con bypass cardiopolmonare e arresto in cardioplegia. La mortalità operatoria è dell’l% o meno nei pazienti stabili con funzionalità ventricolare sinistra normale; le incidenze dell’infarto miocardico perioperatorio e di ictus variano dall’ l al 4%. Un aumento di eventi avversi è associato all’età avanzata, al sesso, alla bassa statura, al
diabete, all’angina instabile o a recente infarto del miocardio e a funzione ventricolare sinistra gravemente ridotta. La sopravvivenza globale a l0 anni è di circa 1’80%, con angina progressiva o ricorrente nel 50% circa dei pazienti.

Il successo a lungo termine della chirurgia dipende dal tipo di condotta usato durante l’intervento (innesti di vena safena rispetto all’arteria mammaria interna) e dalla progressione della malattia aterosclerotica nei vasi di innesto e in quelli nativi. L’arteria mammaria interna è particolarmente resistente alla malattia aterosclerotica e ha un tasso di pervietà di circa il 90% a l0 anni. In confronto, gli innesti venosi sono soggetti a chiusura sia durante il periodo postoperatorio immediato (di solito in rapporto a fattori tecnici) e dopo mesi o anni dalla chirurgia, per comparsa dell’iperplasia intimale e progressione dell’aterosclerosi. Di conseguenza, solo il 50% degli innesti venosi sono pervi a 7-10 anni dal CABG.

Il fattore predittivo maggiore del successivo sviluppo di malattia aterosclerotica negli innesti di bypass chirurgici è la capacità da parte dei pazienti di tenere sotto controllo i propri fattori di rischio per lo sviluppo della malattia aterosclerotica dopo la chirurgia, in particolare:

  • il fumo di sigaretta,
  • l’ipertensione arteriosa,
  • il diabete,
  • l’ipercolesterolemia,
  • la sedentarietà,
  • l’alimentazione ricca di grassi, cibo spazzatura e fritti,
  • l’obesità.

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L’abbassamento aggressivo di livelli di lipoproteine a bassa densità (colesterolo LDL, “colesterolo cattivo”) dopo il CABG, come pure la somministrazione di un’aspirina giornaliera hanno dimostrato di ridurre l’incidenza di occlusione dell’innesto venoso.

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La maggior parte dei casi di angina ricorrente può essere gestita con successo mediante terapia medica. In molti casi, la rivascolarizzazione percutanea di un vaso nativo o dell’innesto assicurerà un sollievo sintomatico ed è la procedura iniziale di scelta in questo quadro clinico.
Nei pazienti con sintomi refrattari non trattabili con rivascolarizzazione percutanea, si può ripetere nuovamente il CABG; tuttavia, in questo caso, la ripetizione del CABG è associata a un aumento della mortalità perioperatoria e a un controllo meno soddisfacente a lungo termine dell’angina.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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