Capezzolo retratto (introflesso): cause, cancro al seno e trattamenti

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare Dimagrire Tumore al seno 40 anni mammografiaIl capezzolo introflesso (o retratto) è una malformazione caratterizzata dall’assenza di prominenza del capezzolo, che risulta quindi come «risucchiato» all’interno del seno. Si presenta in due forme principali:

  • capezzolo introflesso reversibile: il capezzolo è introflesso a riposo, ma può estroflettersi manualmente o con il freddo;
  • capezzolo introflesso irreversibile: il capezzolo rimane introflesso anche se stimolato; è la forma più grave.

Il capezzolo introflesso può verificarsi sia nelle donne che nell’uomo.

Cause di capezzolo retratto

Questa anomalia è determinata da dotti galattofori (i tubicini che durante l’allattamento portano il latte al capezzolo) troppo corti, che trattengono all’interno della mammella il capezzolo. L’origine del problema, che colpisce in media 20 donne su mille, è di solito ereditario; in rari casi può essere causato da infiammazioni o da interventi chirurgici. Un tipo di capezzolo introflesso temporaneo, può presentarsi dopo l’allattamento.

Capezzolo introflesso e cancro alla mammella

Il capezzolo introflesso, specie se è monolaterale (solo su una mammella) e/o compare all’improvviso, può essere segno di tumore al seno. In questi casi, però, non si presenta da solo, bensì generalmente accompagnato da altri sintomi, come:

  • un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa,
  • un capezzolo che cambia posizione o morfologia,
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

FOTO DI CAPEZZOLO INTROFLESSO

Cure

Se il capezzolo introflesso è causato da tumore, la sua cura dovrà ovviamente passare attraverso il processo terapeutico specifico per questo tipo di patologia, a tal proposito leggi: Tumore alla mammella: cause, diagnosi e prevenzione

Nei casi più lievi e puramente estetici, per correggere l’anomalia si può ricorrere a dispositivi, simili a piccole ventose, che, creando dall’esterno un vuoto con pressione negativa, spingono il capezzolo in fuori. Devono essere applicati per circa 6-8 ore al giorno per almeno tre mesi. Gli svantaggi? Sono scomodi e visibili attraverso i vestiti. Inoltre, se la pelle è molto delicata, possono provocare l’ulcerazione del capezzolo.

Trattamento chirurgico

In caso di trattamento estetico, l’alternativa chirurgica è sicuramente la più efficace e consiste nell’effettuare una piccola incisione a livello del capezzolo, attraverso la quale rimuovere i tralci fibrosi e i dotti galattofori troppo corti. Al termine dell’operazione, il capezzolo verrà suturato sia all’interno (pull out), per proiettarlo in fuori, che sulla cute esterna (per affrancare meglio i margini). Poi verrà posizionata una medicazione ad anello (detta a ring). L’intervento, che ha una durata di 30-60 minuti, avviene in anestesia locale e in regime di day surgery. La medicazione applicata sulla mammella verrà rimossa dopo circa 5-7 giorni, eventuali punti di sutura, se non riassorbibili, dopo circa 10 giorni. Inizialmente la zona potrà risultare tumefatta, ma il gonfiore si ridurrà progressivamente fino a scomparire nell’arco di due settimane circa.

Dopo l’intervento

All’inizio la sensibilità di areola e capezzolo potrebbe essere alterata: ma si tratta di una condizione provvisoria, destinata a tornare alla normalità nell’arco di alcune settimane o di pochi mesi. In seguito a questa operazione, non è più possibile allattare. L’iter per avere le corrette indicazioni prevede una visita del medico di famiglia che, constatata l’anomalia, prescriverà una visita specialistica dal chirurgo plastico. Sarà poi quest’ultimo a decidere e a programmare, nell’ambito dell’attività ospedaliera, l’intervento, che ha un costo variabile fra i mille e i duemila euro.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Mammella: anatomia e funzioni del seno e delle ghiandole mammarie

MEDICINA ONLINE PETTO MAMMELLA FORMICOLIO CIRCOLAZIONE CANCRO TUMORE DONNA MORTALITA MORTE PROGNOSI CANCRO TUMORE SENO LINFATICI METASTASI SENTINELLA CARCINOMA DOTTI DUTTALE ANATOMIALa mammella è una organo ghiandolare, nella maggioranza degli animali (tra cui l’essere umano) è pari, e nelle femmine di mammifero secerne il latte. Nel genere umano l’organo femminile ha grandezza e forma variabile in base a molti fattori, come genetica, età, elasticità della pelle e percentuale di massa grassa. La mammella destra e sinistra sono difficilmente uguali in dimensioni e perfettamente simmetriche. Oltre che strumento di nutrizione della prole, la mammella è – dopo la pubertà – una caratteristica sessuale secondaria della donna e rappresenta una parte del corpo erogena, molto sensibile e generalmente considerata fonte di attrazione sessuale.

Mammella, seno e petto

Con il termine “seno” ci si riferisce allo spazio compreso tra le mammelle, tuttavia, nella lingua italiana la parola “seno” viene comunemente usata come sinonimo di “mammella”. Va però precisato che tale termine, in riferimento alla mammella femminile, risulta essere errato, poiché il termine indica una concavità (come si può intuire da espressioni come “in seno a”, oppure “insenatura”, le quali indicano entrambe “qualcosa che sta all’interno”). Anche il termine “petto“, viene in italiano spesso utilizzato come sinonimo di mammella nel linguaggio comune, ma va ricordato che in realtà in medicina con “petto” si indica il torace nel suo insieme, e non solo le mammelle.

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Anatomia della mammella umana

La mammella umana è un organo pari (cioè è presente in due copie, la mammella destra e quella sinistra), posto nella regione anteriore del torace, ai lati della linea mediana, localizzata tra il terzo e il sesto spazio intercostale. La mammella poggia in particolare su due strutture muscolari: una più esterna, muscolo grande pettorale, ed una profonda, muscolo piccolo pettorale.

L’organo è costituito da due parti fondamentali:

  • tessuto adiposo;
  • strutture ghiandolari;

nel complesso queste componenti costituiscono la ghiandola mammaria. Fino al periodo della pubertà, le mammelle sono poco sviluppate e sono uguali in maschi e femmine. Nella pubertà lo sviluppo della mammella maschile si interrompe, mentre invece la struttura femminile, subisce uno sviluppo che varia da donna e donna, in base al corredo genetico ed alla presenza o non di eventuali patologie, specie quelle ormonali. La dimensione e la forma dell’organo femminile è molto variabile. Tale variabilità è principalmente dovuta alla quantità di tessuto adiposo presente ed alla sua localizzazione.

Riguardo allo sviluppo della mammella, leggi anche:

La mammella femminile

La mammella femminile può essere idealmente suddivisa in quattro quadranti, costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo.

E’ composta da varie componenti:

  • componente ghiandolare, (15-20 lobi), ognuno dei quali ha uno sbocco verso il capezzolo attraverso un dotto galattoforo;
  • componente adiposa, in cui sono inserite ed immerse le strutture ghiandolari;
  • componente fibrosa di sostegno, che genera suddivisioni tra le diverse appendici ghiandolari.

Capezzolo ed areola

Presso l’apice della mammella si trova il capezzolo, sporgenza esterna di forma conica, nella cui regione apicale presenta 15-20 forellini (pori lattiferi) che costituiscono lo sbocco dei dotti galattofori. Il capezzolo è circondato dall’areola, una regione circolare pigmentata avente diametro medio che varia dai 3 agli 8 cm. L’areola è caratterizzata da piccole sporgenze (tubercoli di Montgomery), dovute alla presenza sottostante di ghiandole sebacee, dette anche ghiandole areolari, esse sono considerate ghiandole mammarie rudimentali. Sia il capezzolo che l’areola sono dotati di fibre muscolari lisce, disposte sia circolarmente che radialmente, che ne permettono la contrazione, formano strutture che prendono il nome di muscoli areolari. La contrazione genera l’erezione del capezzolo ed il corrugamento dell’areola, nonché la contrazione dei dotti galattofori. Ciò permette, nel periodo dell’allattamento, un agevole deflusso del latte materno, cioè il nutrimento che, in seguito al parto, la madre fornisce al neonato. Il secreto della ghiandola mammaria è, nei primi giorni, una sostanza amarognola povera di grassi ma particolarmente ricca di proteine e immunoglobuline, detta colostro. Il colostro quindi trasferisce al lattante una sorta di immunità passiva, ha anche proprietà lassative. Successivamente ha inizio la secrezione di latte vero e proprio.

Lobi e lobuli della mammella

I fasci fibrosi della mammella, talvolta detti retinacoli, si portano in profondità e dividono il parenchima ghiandolare in lobi e lobuli. Ogni lobulo comprende gli alveoli che fungono da unità secernenti. Gli alveoli sono rivestiti da epitelio semplice poggiante su una membrana basale in cui sono intercalate cellule mioepiteliali che favoriscono la progressione del secreto attraverso dotti di calibro progressivamente crescente. Si comincia con i dotti alveolari per continuare in quelli lobulari ed arrivare ai dotti galattofori. Ogni lobulo ha il suo dotto galattoforo che sbocca lateralmente al capezzolo in un’ampolla, che prende il nome di seno galattoforo, questa ha la capacità di accumulare il secreto prodotto. L’epitelio da cubico semplice dei dotti alveolari diventa pluristratificato non cheratinizzato nei dotti galattofori.

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Vasi sanguigni e linfatici della mammella

  • L’arteria mammaria esterna (o toracica laterale), ramo dell’arteria ascellare, è responsabile della vascolarizzazione della regione superficiale della mammella e dei quadranti laterali (supero-laterale ed infero-laterale) della ghiandola mammaria. Le regioni profonde ed i quadranti mediali (supero-mediale ed infero-mediale) della ghiandola mammaria sono vascolarizzati da rami perforanti dell’arteria mammaria interna (o toracica interna), ramo dell’arteria succlavia. La mammella è inoltre raggiunta da rami mammari laterali delle arterie intercostali posteriori da II a VI.
  • Le vene fanno capo alle vene cefalica, giugulare esterna, mammaria interna e intercostali.
  • I linfatici posteriori e laterali fanno capo ai linfonodi ascellari, quelli mediali drenano nei linfonodi mammari interni. Si hanno inoltre anastomosi fra i linfatici delle due mammelle e con i linfatici addominali. Il drenaggio della linfa si deve inoltre ai linfonodi interpettorali di Rotter.

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Modificazioni fisiologiche della mammella in gravidanza

La mammella subisce notevoli modificazioni durante la gravidanza. Durante la prima metà della gravidanza la secrezione di estrogeni e progestinici induce ipertrofia alveolare e sviluppo di tutti i componenti della mammella, fatta eccezione del tessuto adiposo interstiziale, la cui massa diminuisce. L’areola, infatti, assume una colorazione più scura ed aumenta di diametro. Ciò è legato essenzialmente all’azione degli ormoni gonadotropi e, successivamente, dalla prolattina. La consistenza, poi, aumenta notevolmente in seguito al parto, dove l’ossitocina prodotta dall’ipotalamo induce la contrazione delle cellule mioepiteliali e quindi la secrezione di latte durante il periodo dell’allattamento. Le mammelle divengono più turgide durante il periodo mestruale e, in maniera più o meno evidente, in seguito all’eccitazione femminile. L’invecchiamento porta invece ad un progressivo calo di volume della mammella con riduzione della ghiandola e aumento del tessuto adiposo.

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La mammella maschile

L’organo maschile è decisamente meno sviluppato di quello femminile. Nel maschio la mammella è costituita da un piccolo rilievo, con una piccola areola ed un piccolo capezzolo (silloide). La struttura ghiandolare sottostante è composta da un numero ridotto di strutture alveolari prive di lume. Esistono dotti lattiferi, ma sono brevi e privi di vere e proprie ramificazioni. Durante l’adolescenza, in ogni caso, può esserci un aumento anche delle dimensioni della mammella maschile (ginecomastia puberale). Tale aumento, in realtà, è seguito solitamente da una regressione in un tempo breve (uno-due anni).

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Anomalie e patologie della mammella

Tra le patologie che colpiscono la mammella figurano patologie genetiche e patologie legate allo sviluppo. Tra le patologie genetiche figurano la politelia (la presenza di un soprannumero di capezzoli) o la polimastia (soprannumero di ghiandole mammarie). Sono in genere formazioni poco evidenti, non secernenti, che possono essere confuse con un lipoma se si tratta di ghiandola o con macchie cutanee o nei in caso di capezzoli rudimentali. Hanno la caratteristica di presentarsi costantemente lungo una linea ideale che va dalla cavità ascellare alla radice interna della coscia, la cosiddetta linea del latte, milk line degli autori anglosassoni e che coincide con quella presente in alcuni mammiferi. Tra le patologie legate allo sviluppo, si può verificare nei maschi uno sviluppo volumetrico mono o bilaterale, detto ginecomastia. La mammella femminile, invece, nel corso dello sviluppo può andare incontro ad un numero maggiore di anomalie, tra cui:

  • il mancato sviluppo nel periodo della pubertà, solitamente legato a casi di agenesia delle ovaie o di deficienza ovarica;
  • l’ingrossamento prematuro dell’organo, spesso correlato ad una sindrome di pubertà precoce;
  • l’ipertrofia dell’organo (detta anche macromastia).

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Possono anche verificarsi casi in cui una o entrambe le mammelle siano mancanti (amastia), sebbene anomalie di questo tipo siano spesso correlate a malformazioni sistemiche ben più gravi, generalmente incompatibili con la vita. In ogni caso, le patologie vere e proprie sono legate a problemi nel delicato equilibrio degli ormoni provenienti essenzialmente da surrene e, soprattutto, ipofisi. Altri fattori determinanti lo sviluppo di patologie sono eventuali lesioni traumatiche a cui la mammella viene sottoposta o processi infiammatori cronici, che possono sfociare o complicare le forme tumorali (vedi mastopatia). Una patologia infiammatoria dovuta a traumi o iatrogena è la malattia di Mondor.

Visita senologica e palpazione

Per la prevenzione e la diagnosi precoce delle malattie che interessano la mammella, è particolarmente importante la visita senologica e la palpazione (fatta dal medico e da sole). L’esame clinico mira principlamente ad identificare eventuali lesioni o noduli sospetti ed indirizza nella scelta delle indagini strumentali (ecografia e mammografia) per l’approfondimento diagnostico. Inoltre il senologo potrà richiedere esami del sangue ed una radiografia del torace, per valutare ed indagare in maniera più efficace una situazione clinica sospetta. Per approfondire, leggi:

Chirurgia plastica del seno 

La chirurgia plastica è in grado di rimodellare il seno, a scopo di miglioramento estetico oppure per riparare i danni indotti da interventi quali l’asportazione di un tumore. Di frequente, vengono utilizzate protesi in silicone o altro. Tali protesi però presentano aspetti controversi, in parte discussi ed esaminati nelle relative voci. Un’ altra tecnica usata in medicina e chirurgia estetica per il seno è la radiofrequenza, a tal proposito leggi: Rassodare il seno senza chirurgia con la Radiofrequenza Monopolare

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Classificazione e stadiazione delle fasi del tumore alla mammella

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MIn caso di tumore maligno alla mammella, esistono vari sistemi di classificazione, i quali sono molto importanti perché influenzano molto il trattamento, la prognosi e la mortalità. Una descrizione ottimale di una neoplasia alla mammella deve includere tutti questi fattori:

  • Istopatologia Il cancro alla mammella in primo luogo è solitamente classificato per il suo aspetto istologico. La maggior parte dei tumori alla mammella sono derivati dall’epitelio di rivestimento dei dotti galattofori o dei lobuli e questi tumori sono classificati rispettivamente come duttali o lobulari. Per carcinoma in situ si intende la crescita di cellule cancerose o precancerose di basso grado all’interno di un compartimento tissutale particolare, come il dotto mammario, senza che vi sia una invasione dei tessuti circostanti. Al contrario, il carcinoma invasivo non si limita al compartimento tissutale iniziale.
  • Grado. Questa classificazione confronta l’aspetto delle cellule tumorali della mammella con il tessuto mammario normale. Le cellule normali in un organo come la mammella si differenziano, il che significa che esse assumono forme e forme specifiche a seconda della loro funzione che rivestono nell’organo. Le cellule tumorali perdono tale differenziazione. Nel tumore, le cellule che normalmente si dovrebbero schierare in modo ordinato per formare i condotti del latte, diventano disorganizzate. La divisione cellulare diventa incontrollata. I nuclei delle cellule perdono di uniformità. I patologi descrivono le cellule come ben differenziate (basso grado), moderatamente differenziate (grado intermedio) e scarsamente differenziati (alto grado), a seconda di come le cellule perdono progressivamente le caratteristiche proprie delle cellule normali. Tumori scarsamente differenziati hanno una prognosi peggiore.
  • Stadio. La stadiazione del cancro della mammella utilizza il classificazione TNM che si basa sulle dimensioni del tumore (T), sulla sua diffusione ai linfonodi (N) ascellari e se vi è la presenza di metastasi (M), cioè la sua diffusione ad una parte più lontana del corpo. Una dimensione più grande del tumore, la diffusione linfonodale e la presenza di metastasi, comporta un punteggio TNM elevato e una prognosi peggiore.

Le tappe principali sono:

  • Stadio 0 è una condizione pre-cancerosa o marcatore, o il carcinoma duttale in situ o carcinoma lobulare in situ.
  • Fasi 1-3 sono all’interno della mammella o linfonodi regionali.
  • Fase 4 è il cancro ‘metastatico’ che ha una prognosi meno favorevole.

Se disponibili, gli studi di imaging biomedico possono essere utilizzati come parte del processo diagnostico nei casi selezionati per la ricerca di metastasi. Tuttavia, nei casi di tumore mammario con basso rischio di metastasi, i rischi associati alle scansioni PET, TAC o scintigrafia ossea, superano i possibili vantaggi, in quanto queste procedure espongono il paziente ad una notevole quantità di radiazioni ionizzanti potenzialmente pericolose.

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T
Dimensioni del tumore
T0 Nessun tumore rilevabile
Tis Carcinoma in situ, non invasivo
T1 fino a 2 cm
T1mic Microinvasione fino a 0,1 cm
T1a >0,1 cm ma ≤ 0,5 cm
T1b > 0,5 cm fino a 1 cm
T1c > 1 cm fino a 2 cm
T2 > 2 cm fino a 5 cm
T3 > di 5 cm
T4 Qualsiasi dimensione con estensione alla parete toracica o alla pelle
N
Coinvolgimento linfonodale
N0 Nessuno
N1 1–3 nell’ascella
N2 4–9 nell’ascella
N3 10 o più nell’ascella o
al di sotto/sopra della clavicola
M
Presenza di metastasi
M0 Non rilevabili
M1 Rilevabili (più frequentemente a polmone, fegato e ossa)

Stato dei recettori

Le cellule del cancro alla mammella possiedono dei recettori sulla loro superficie, nel loro citoplasma e nel nucleo. Alcuni messaggeri chimici, come gli ormoni si legano ai recettori e questo provoca variazioni nella cellula. Le cellule del cancro al mammella possono avere o non avere tre recettori importanti: il recettore dell’estrogeno (ER), il recettore del progesterone (PR), e l’HER2/neu. Le cellule tumorali ER+ (cioè le cellule tumorali che hanno recettori per gli estrogeni) dipendono dagli estrogeni per la loro crescita; questo implica che esse possono essere colpite con farmaci che bloccano gli effetti degli estrogeni (ad esempio il tamoxifene) e generalmente la malattia ha una prognosi migliore. Senza trattamento, i tumori mammari HER2+ sono generalmente più aggressivi di quelli HER2-[87][88], tuttavia le cellule tumorali HER2 + rispondono ai farmaci, come l’anticorpo monoclonale trastuzumab (in combinazione con la chemioterapiaconvenzionale), e ciò ha migliorato in modo significativo la prognosi.[89] Le cellule prive di questi tre recettori vengono chiamate triplo-negative, anche se spesso esprimono recettori per altri ormoni, come il recettore degli androgeni e il recettore della prolattina.

Test del DNA

Il test del DNA può essere di vario tipo, tra cui quello a microarray, e ha come obbiettivo il confronto tra le cellule normali a le cellule del carcinoma. Le specifiche modifiche, in un particolare per il cancro al mammella, possono essere usate per classificare il tumore in diversi modi e possono aiutare nella scelta del trattamento più efficace.

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Differenza tra capezzolo ed areola

MEDICINA ONLINE PETTO MAMMELLA FORMICOLIO CIRCOLAZIONE CANCRO TUMORE DONNA MORTALITA MORTE PROGNOSI CANCRO TUMORE SENO LINFATICI METASTASI LINFONODO SENTINELLA CARCINOMA DOTTI DUTTALE ANATOMIAIl capezzolo è la formazione anatomica presente sulla Continua a leggere

Tumore al seno: stadiazione, prognosi e sopravvivenza

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAIn tutto il mondo, il tumore alla mammella rappresenta il tipo principale di neoplasia nelle donne ed oltre il 25% di tutti i casi di tumore. La prognosi per il tumore alla mammella varia a seconda del tipo, dell’estensione della malattia, e dell’età del paziente.

In caso di tumore maligno alla mammella, la prognosi viene formulata sulla probabilità di sopravvivenza senza progressione (PFS) o di sopravvivenza senza malattia (DFS). Queste previsioni si basano su serie storiche statistiche di casi con classificazione simile. Tuttavia la prognosi rimane una stima, in quanto ogni paziente avrà una storia a sé e le classificazioni non sempre sono precise. La sopravvivenza è solitamente espressa come un numero medio di mesi (o anni) in cui il 50% dei pazienti sopravvive o la percentuale di pazienti che sono vivi dopo 1, 5, 15, e 20 anni.

I tassi di sopravvivenza nel mondo sviluppato sono alti, con valori stimati che variano tra l’80% e il 90% di sopravvivenza della paziente a 5 anni dalla diagnosi. Nei paesi in via di sviluppo questi valori sono invece molto più bassi. L’ampia variabilità dipende ovviamente sia dalle condizioni generali di salute della paziente, ma anche e soprattutto dallo stadio del tumore: tumori piccoli, diagnosticati precocemente, ben delimitati e senza metastasi a distanza, hanno prognosi migliore di tumori non circoscritti e metastatizzati. A tal proposito ricordiamo che il tumore del seno viene classificato in cinque stadi:

  • Stadio 0: è chiamato anche carcinoma in situ. Può essere di due tipi:
    • Carcinoma lobulare in situ: non è un tumore aggressivo ma può rappresentare un fattore di rischio per la formazione successiva di una lesione maligna.
    • Carcinoma duttale in situ (DCIS): colpisce le cellule dei dotti e aumenta il rischio di avere un cancro nello stesso seno. È considerato una forma precancerosa più che un vero e proprio tumore. Nella maggior parte dei casi, infatti, non si evolve verso un cancro vero e proprio ma regredisce spontaneamente per azione dei meccanismi di difesa dell’organismo (in primo luogo l’azione del sistema immunitario).
  • Stadio I: è un cancro in fase iniziale, con meno di 2 cm di diametro e senza coinvolgimento dei linfonodi.
  • Stadio II: è un cancro in fase iniziale di meno di 2 cm di diametro che però ha già coinvolto i linfonodi sotto l’ascella; oppure è un tumore di più di 2 cm di diametro senza coinvolgimento dei linfonodi.
  • Stadio III: è un tumore localmente avanzato, di dimensioni variabili, ma che ha coinvolto già anche i linfonodi sotto l’ascella, oppure che coinvolge i tessuti vicini al seno (per esempio la pelle).
  • Stadio IV: è un cancro già metastatizzato che ha coinvolto altri organi al di fuori del seno.

Se il tumore viene identificato allo stadio 0, la sopravvivenza a cinque anni nelle donne trattate è del 98%, anche se le ricadute variano tra il 9 e il 30% dei casi, a seconda della terapia effettuata.

Se i linfonodi sono positivi, cioè contengono cellule tumorali, la sopravvivenza a cinque anni è del 75%.

Nel cancro metastatizzato, cioè quello che ha già colpito altri organi al di fuori del seno (in genere i polmoni, il fegato e le ossa), la sopravvivenza media delle pazienti curate con chemioterapia è di due anni, ma ciò significa che vi sono casi in cui la sopravvivenza è molto più lunga, anche fino a dieci anni.

La prognosi è molto importante non solo per prevedere la sopravvivenza del paziente, ma anche relativamente alle decisioni sul trattamento poiché ai pazienti con una buona prognosi solitamente vengono offerti trattamenti meno invasivi, come la lumpectomia e la radioterapia o la terapia ormonale, mentre a coloro che hanno una prognosi più negativa viene generalmente prescritto un trattamento più aggressivo, come una più ampia mastectomia e/o un ciclo chemioterapico.

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Tumore al seno: sintomi e segni visibili

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA.jpgIl primo sintomo evidente del tumore alla mammella è tipicamente la presenza di un nodulo che si avverte come diverso dal resto del tessuto mammario. Più dell’80% dei casi di cancro al mammella vengono scoperti quando la donna si accorge di avere un nodulo, ma non tutti i noduli indicano cancro: ad esempio i fibroadenomi sono molto diffusi e benigni. I tumori al mammella primitivi, tuttavia, possono essere rilevati grazie ad una mammografia. Un nodulo trovato nei linfonodi situati sotto le ascelle può inoltre essere un indizio di un tumore mammario. Altri segni che possono far sospettare questa condizione possono include:

  • un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

La presenza di dolore (“mastodinia“) può essere indicativo sia di tumore ma anche di altre patologie. I sintomi sono tanto più indicativi di malattia maligna quanto più si presentano monolateralmente (cioè ad una sola mammella e non ad entrambe).

Di tanto in tanto, il tumore alla mammella si presenta come malattia metastatica che corrisponde alla diffusione del cancro oltre all’organo di origine. I sintomi causati dipenderanno dalla localizzazione delle metastasi le cui sedi più comuni sono ossa, fegato, polmoni e cervello. Una inspiegabile perdita di peso può talvolta preannunciare un tumore alla mammella occulto, così come la presenza di febbre o brividi. Dolori alle ossa o alle articolazioni possono a volte essere manifestazioni della presenza di metastasi, così come l’ittero o sintomi neurologici. Questi sintomi sono definiti non-specifici, nel senso che potrebbero essere anche manifestazioni di molte altre malattie.

La maggior parte dei sintomi correlati alla mammella, tra cui la maggior parte dei noduli, non risultano poi essere indice di un tumore sottostante. Meno del 20% dei noduli, per esempio, sono cancerogeni e le patologie mammarie benigne, quali mastiti e fibroadenoma della mammella sono le cause più comuni dei sintomi. Tuttavia, la comparsa di un nuovo sintomo deve essere presa seriamente in considerazione sia dal paziente che dal medico, per via della possibilità di incorrere in un tumore alla mammella a qualsiasi età.

Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:

  • sesso femminile (ricordiamo infatti che il cancro mammario può colpire anche l’uomo, ma molto più raramente);
  • età avanzata (>30 anni);
  • fumo di sigaretta;
  • genetica (altri casi in famiglia: madre, sorella…);
  • mancanza di procreazione;
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • mancanza di allattamento al seno;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • obesità.

Va infine ricordato che la presenza dei segni e sintomi elencati non assicurano una diagnosi corretta: quest’ultima si dovrà infatti avvalere di esami strumentali (ecografia, mammografia, biopsia…) e di laboratorio.

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E’ normale avere un seno asimmetrico? Esistono rimedi?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO SENO MAMMELLA REGGISENO PETTO TORACE SESSOOgni donna sogna un seno perfetto, tonico, alto, perfettamente simmetrico, ma in realtà in natura le cose sono un po’ diverse ed è molto comune riscontrare leggere o accentuate asimmetrie nell’altezza tra un seno e l’altro: il seno sinistro potrebbe essere più alto o più basso dell’altro o viceversa. Soprattutto in fase di sviluppo, può addirittura capitare che un seno si sviluppi più velocemente dell’altro, creando un effetto di ulteriore asimmetria, tuttavia entro la fine della pubertà, entrambi i seni tendono ad essere egualmente sviluppati. Ciò non significa ovviamente che una eventuale asimmetria non debba comunque essere sottovalutata, specie se sono presenti altri sintomi e segni.

Campanello d’allarme

Attenzione quindi ad eventuali asimmetrie o differenze tra un seno e l’altro, specie se insorgono improvvisamente: potrebbero infatti segnalare la presenza di una patologia mammaria. Attenzione in particolare se si presentano questi segni, che potrebbero indicare cancro alla mammella:

  • un ispessimento ad una sola mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa all’improvviso,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

Se si presentano tali segni e sintomi, è importante effettuare al più presto una visita senologica. Per approfondire: Cancro al seno: sintomi precoci, diagnosi, terapia e prevenzione

In altri casi una asimmetria potrebbe essere dovuta a varie patologie, come ad esempio la sindrome di Poland. Per approfondire: Quando una mammella non si sviluppa: la sindrome di Poland

Rimedi

Per rimediare ad una asimmetria di altezza del seno, potrebbe essere utile effettuare per prima cosa una visita medica per individuare eventuali problemi posturali che, in alcuni casi, possono essere la vera causa di una asimmetria. Purtroppo non esistono tante altre possibilità, se non massaggi particolari – che a mio avviso non determinano reali vantaggi – e la chirurgia estetica, che invece è estremamente efficiente nel risolvere questo tipo di inestetismo, come nel caso del prima/dopo raffigurato qui in alto.

Vedi anche: FOTO PRIMA E DOPO INTERVENTO CHIRURGICO CORRETTIVO

Chirurgia

L’intervento può interessare una sola mammella o, più frequentemente, entrambe le mammelle: ciò perché raramente si riesce ad eseguire una correzione perfetta solo riducendo la mammella più grande o ingrandendo quella più piccola, ma spesso è necessario eseguire l’intervento sui due seni. L’operazione si esegue in genere in anestesia generale, anche se in alcuni casi selezionati è possibile eseguirla in anestesia locale e sedazione. Le situazioni possibili sono in genere tre:

  • paziente con entrambi i seni piccoli ed asimmetrici con volontà di aumentare il volume del seno: si procede con una mastoplastica additiva bilaterale tramite protesi in silicone, inserendo protesi di volume diverso in maniera tale da compensare l’asimmetria;
  • paziente con un seno di dimensioni normali e l’altro più piccolo: si procede con una mastoplastica additiva monolaterale in cui la protesi viene aggiunta solo al seno più piccolo;
  • paziente con un seno di dimensioni normali e l’altro ritenuto troppo grande dalla paziente: si procede con riduzione e rimodellamento del seno troppo grande, tramite una mastoplastica riduttiva.

Tutti questi interventi tendono a lasciare cicatrici più o meno visibili, che variano soprattutto in base al tipo di intervento usato. La degenza è generalmente di uno o due giorni, salvo complicazioni (che sono infezioni, emorragie e reazioni allergiche ai materiali usati durante l’anestesia e l’intervento), mentre la ripresa completa si ha nel giro nel giro di 10/15 giorni. Piccoli aggiustamenti sono anche possibili con tecniche di lipofilling, che usano il grasso stesso prelevato dalla paziente per riempire il seno più piccolo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra capezzolo maschile e femminile

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA.jpgI capezzoli maschili e femminili, così come le areole che li circondano, sono molto simili tra loro prima della pubertà: sono piccoli, poco pronunciati, poco pigmentati e circondati da cute glabra. Le cose cambiano radicalmente dalla pubertà in poi dal momento che capezzolo ed areola di una donna adulta sono invece generalmente molto più grandi e pronunciati rispetto a quello di un maschio adulto, oltre al fatto che la cute della mammella maschile si riempie di peli, mentre ciò non avviene nella donna.

Il capezzolo di una donna adulta generalmente misura circa 10 millimetri di lunghezza ed altrettanto di diametro, tuttavia questo dato può variare di molto tra soggetto e soggetto. Il capezzolo di un uomo adulto ha dimensioni estremamente più ridotte, avendo generalmente 5 millimetri di lunghezza e di diametro.

La differenza di dimensioni tra uomo e donna, generalmente è ancora più visibile osservando l’areola. L’areola maschile e femminile sono molto simili fino alla pubertà, ma dopo la pubertà ed in età adulta l’areola di una donna è invece molto più grande rispetto a quella di un uomo, specie se la mammella femminile è pronunciata ed ha una forte componente adiposa. Le donne adulte hanno areole di diametro media di 38 mm, ma le dimensioni variano da un minimo di 10 mm fino a 100 mm o anche superiori, specie in fase avanzata e/o quando la componente adiposa tende ad accrescere la salienza mammaria. Una mastoplastica additiva con protesi, può determinare un aumento delle dimensioni dell’areola. Nell’uomo l’areola ha una misura decisamente minore, attestandosi intorno ai 2-4 centimetri sul lato lungo. Una differenza importante è che mentre la donna ha una areola di forma generalmente circolare, l’areola maschile tende ad essere invece ovale, schiacciata ai due poli, inoltre l’areola femminile può presentarsi elevata rispetto alla mammella, mentre quella maschile è piatta.

Dal punto di vista sessuale, sia i capezzoli maschili che femminili rispondono inturgidendosi, assumendo colore più scuro e diventando più sensibili durante l’eccitazione, tuttavia questa risulta una zona maggiormente erotica nella donna che nell’uomo, inoltre l’uomo tende ad essere sessualmente più attratto dalla visione di un capezzolo femminile, rispetto ad una donna che osserva un capezzolo maschile.

Le differenze tra uomo e donna aumentano ancora quando la donna è incinta o allatta, a tal proposito leggi anche: Differenza dei capezzoli e del seno in gravidanza

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Lo staff di Medicina OnLine

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