Che significa “Carpe diem”? L’invito ad apprezzare ciò che si ha

MEDICINA ONLINE AFORISMI FRASI WIKIQUOTE Prof. John Keating (Robin Williams) nel film del 1989 L’attimo fuggente (Dead Poets Society), diretto da Peter Weir

Robin Williams in “L’attimo fuggente”

Carpe diem: come si traduce e chi lo ha “detto” per primo?

Carpe diem è una locuzione latina presente nelle Odi (Odi 1, 11, 8) del poeta latino Quinto Orazio Flacco (65 a.C. – 8 a.C.) comunemente noto come “Orazio”, che in italiano è  tradotto con “cogli il giorno” oppure, con maggiore libertà, con “cogli l’attimo”, da cui il titolo del famoso film “L’attimo fuggente“. Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità, ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia dell’uomo, che però è spesso male interpretato.

Cosa significa Carpe diem? Il significato vero

Molti danno alla celebre locuzione il significato di “buttati nelle cose, cogli al volo le occasioni senza pensarci troppo, non lasciarti sfuggire le opportunità che ti si presenteranno“, ma il concetto nascosto nelle due semplici parole Carpe diem è qualcosa di molto più profondo. “Cogli il giorno” è una esortazione all’uomo, affinché lui assapori in ogni momento i beni offerti dalla vita nel presente, dato che il futuro non è prevedibile, da intendersi NON come invito alla ricerca del piacere ed allo sfruttamento di possibilità future, ma ad apprezzare ciò che si ha ORA ed a goderne appieno, dato che – come dice Lorenzo de’ Medici nel Trionfo di Bacco e Arianna – “di doman non c’è certezza”. Non esattamente “cogli le occasioni che ti si presenteranno in futuro“, come molti interpretano erroneamente la locuzione, bensì “cogli letteralmente la tua vita giorno per giorno, vivi la tua esistenza ORA apprezzandola fino in fondo ed apprezzando quello che hai in questo momento“. Cogli… l’oggi, godi dell’oggi!

Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo lo sai che vola e lo stesso fiore che oggi sboccia, domani appassirà. Robert Herrick

Il saggio è colui che quando ha sete e beve, sente l’acqua fresca che gli scende per la gola e pensa: ‘Oh com’è bello bere!’. Luciano De Crescenzo

Un futuro incerto

Dietro al Carpe diem oraziano si nasconde una visione realistica della vita umana, in cui non solo non è possibile conoscere il futuro, ma tale futuro è incerto e la nostra esistenza stessa è certa nel presente, ma non sarà certa il momento successivo. Solo sul presente l’uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, devono concentrarsi le sue azioni. L’uomo che davvero aspira alla felicità deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie apparentemente banali che si presentano di fronte ai suoi occhi OGGI, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro. Le cose che oggi ci sembrano eterne, in realtà non lo sono affatto e domani potremmo non possederle più, quindi non sottovalutiamole e cogliamole oggi.

Godiamo della vista di un fiore, abbracciamo un nostro parente, perché domani potremmo aver perso la vista o potremmo aver perso il nostro caro. Viviamo a fondo ogni singolo apparentemente banale attimo della nostra vita, perché ora lo abbiamo, domani chissà…

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Il tempo sfugge

La filosofia oraziana pone in primo piano la libertà dell’uomo nel gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice il poeta stesso nel verso precedente, “Dum loquimur, fugerit invida aetas” (“Mentre parliamo, sarà fuggito avido il tempo”), ed è inutile sprecare la vita cercando di conoscere il futuro. Orazio vuole infondere una serena dignità all’uomo, affinché dia valore alla propria esistenza sfidando l’usura del tempo e il suo status totalmente effimero. Lungi quindi dall’essere un crasso e materialista invito al piacere sfrenato, od anche ad un piacere senza turbamento, il Carpe diem è piuttosto ispirato alla concezione epicurea di felicità come assenza di dolore, ed esprime l’angosciosa imprevedibilità del futuro, la gioia dignitosa della vita e la rassegnazione nell’accettare la morte, che il poeta cerca di esorcizzare con l’invito a vivere il presente per non pensare al momento inevitabile del trapasso, che in Orazio è spesso contrapposto all’ammirata esplorazione lirica del paesaggio e della natura, ciclica, meravigliosa e sublime ma anche cupa, misteriosa ed incomprensibile, uno spettacolo da cui l’uomo dovrebbe cogliere la tragica ciclicità.

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Succhiare il midollo della vita

«Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza, in profondità, succhiando tutto il midollo della vita, […] per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.»

Questa frase è tratta dal meraviglioso film del 1989 L’attimo fuggente (Dead Poets Society), diretto da Peter Weir, con Robin Williams nella parte del prof. John Keating. La frase cita il celebre filosofo e poeta statunitense Henry David Thoreau e ben racchiude il senso del film e del Carpe diem oraziano.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Cosa significa “Panta rei”? Tutto scorre e legge di attrazione dei contrari

MEDICINA ONLINE STUDIO STUDIARE LIBRO LEGGERE LETTURA BIBLIOTECA BIBLIOGRA LIBRERIA QUI INTELLIGENTE NERD SECCHIONE ESAMI 30 LODE UNIVERSITA SCUOLA COMPITO VERIFICA INTERROGAZIONE ORALE SCRITTO Library PICTURE HD WALLPAPERCos’è “Panta rei”?

Cominciamo dal principio: “Panta rei”, o più correttamente “Pánta rheî”, è un aforisma. Un aforisma è una breve o brevissima frase che, in poche parole, condensa un insegnamento, una considerazione od un principio specifico, generalmente di tipo filosofico o morale. In questo caso Panta rei è davvero uno degli aforismi più corti in assoluto, dal momento che è composto da appena soltanto due parole, due parole che però sono piene di significato.

Ma qual è questo significato?

Panta rei deriva dal greco πάντα ῥεῖ che può essere tradotto con “tutto scorre” e, nonostante sia attribuita al filosofo greco Eraclito (535-475 a.C.), specificatamente non compare mai nei frammenti eraclitei (circa cento) giunti fino a noi, bensì appare come definizione della filosofia eraclitea nel Cratilo di Platone:

«Dice Eraclito “che tutto si muove e nulla sta fermo” e confrontando gli esseri alla corrente di un fiume, dice che “non potresti entrare due volte nello stesso fiume”»

Eraclito riflette sul fatto che l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni ente, nella sua realtà apparente, è sottoposto alla legge inesorabile del mutamento, nel bene e nel male. Eraclito sottolinea anche che v’è un Logos, sottostante a questo continuo mutare, un’armonia profonda che governa in modo oscuro e inconoscibile la perenne dialettica fra contrari, che provoca il divenire perpetuo degli enti sensibili. Il discepolo di Eraclito, Cratilo, estremizzerà poi il pensiero del suo maestro, sostenendo che non solo non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, ma neppure una volta sola.

L’attrazione dei contrari

Nella dottrina di Eraclito il Panta rei, oltre a riferirsi al continuo fluire e mutare di tutte le cose, si lega strettamente anche alla legge di attrazione dei contrari. L’unità di ciò che è opposto e l’armonia dei termini in disaccordo tra loro (come “caldo-freddo”, “umido-arido”) è allora la causa del mutamento illustrato dal panta rei, ed osservabile nel mondo concreto (così che la nostra esperienza del mondo stesso è sempre irreplicabile, dato che la realtà è un perenne ed armonico mutamento). Eraclito condensa spesso questi principi in massime filosofiche, come la seguente: “Per coloro che entrano negli stessi fiumi, altre e sempre diverse scorrono le acque”.

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Picnic a Hanging Rock (1975): spiegazione del finale del film

MEDICINA ONLINE Picnic at Hanging Rock film Peter Weir 1975 Joan Lindsay Il lungo pomeriggio della morte Anne Louise Lambert TEEN FLOWER BEAUTIFUL CINEMA WALLPAPER LOVE NATURA FIOREAvete appena finito di vedere il bellissimo film del 1975 Picnic a Hanging Rock diretto da Peter Weir ed avete la faccia a forma di punto interrogativo? Continuate a leggere e – forse – avrete le risposte che cercate! Sia il film, sia la versione attuale del romanzo scritto da Joan Lindsay da cui è stato preso, si concludono con un (finto) estratto da un giornale di Melbourne del 14 febbraio 1913 in cui si cita la morte dell’arcigna direttrice Mrs. Appleyard. Il finale però lascia molti interrogativi senza risposta, tra cui quello più importante: che fine hanno fatto Miranda e le altre ragazze scomparse? E soprattutto: perché sono scomparse? Il film non lo spiega e questa, almeno per me, è una delle cose più belle di un film che, a 40 anni di distanza, tiene incollati allo schermo fino alla fine per poi lasciarci puntualmente a bocca aperta. Ma quindi esiste o no un finale che spieghi qualcosa? No. Oppure si?

Il capitolo escluso dal romanzo

Secondo quanto racconta John Taylor, agente letterario di Joan Lindsay, in “The Secret of Hanging Rock”, l’editore del romanzo aveva avuto la brillante idea di rimuovere il diciottesimo ed ultimo capitolo, cioè l’ultimo capito, quello in cui la scrittrice spiegava quello che era successo alle ragazze scomparse. Un colpo di genio commerciale, senza il quale forse il romanzo non avrebbe avuto la stessa risonanza. Taylor conobbe la scrittrice nel 1972 durante le trattative per la cessione dei diritti cinematografici. Dopo aver letto il romanzo, Taylor confessò alla Lindsay di aver notato delle incongruenze nel terzo capitolo e “di essere giunto ad alcune conclusioni”. La Lindsay gli rispose che lui era stata l’unica persona ad avvicinarsi alla soluzione e gli consegnò una copia dattiloscritta del diciottesimo capitolo, con l’impegno a non rivelarlo prima della sua morte. Una copia ulteriore venne rinvenuta tra le carte della scrittrice ed è conservata nella sua casa di Mulberry Hill, vicino Melbourne, oggi un museo. C’è un motivo in tutto questo. Il terzo capitolo contiene dei paragrafi presi di peso dal diciottesimo capitolo perduto ed appiccicati lì con poca grazia. Perché sia stato fatto questo, non è dato da saperlo. Forse la Lindsay voleva lasciare una traccia per condurre il lettore verso una possibile soluzione.

Le stranezze del terzo capitolo

In effetti è nel terzo capitolo che è racchiusa la chiave del mistero. Gente più acuta di me si sarà sicuramente accorta che la seconda parte del terzo capitolo ha qualcosa che non va. Se provate a leggere attentamente notate delle curiose ripetizioni. E’ il momento in cui le quattro ragazze sono impegnate nell’ascesa verso la sommità della rocca. Le ragazze sostano per due volte in una spianata e compiono gli stessi gesti: osservano il gruppo dei campeggiatori dall’alto come fossero delle formiche e riposano. In entrambe le situazioni Edith implora una delle amiche di tornare indietro. E’ curioso che una quattordicenne timorosa come Edith, dopo aver chiesto una prima volta ad Irma di andare via, si metta tranquillamente a riposare sopra una roccia, poi si risvegli e solo dopo aver vanamente pregato Miranda di tornare, fugge via sconvolta. Queste incongruenze sono in parte presenti anche nel film.

Il capitolo diciottesimo e la spiegazione del finale

Ricapitoliamo: Joan Lindsay aveva scritto un romanzo composto da diciotto capitoli, con un finale che forniva la spiegazione della scomparsa delle tre ragazze sulla roccia e del ritrovamento di Irma. Per ragioni commerciali l’editore aveva chiesto alla Lindsay di rimuovere l’ultimo capitolo (il diciottesimo) e la Lindsay aveva acconsentito, lasciando al suo agente il compito di pubblicarlo dopo la sua morte. La spiegazione del film si trova quindi – in teoria – nel famoso diciottesimo ed ultimo capitolo del romanzo, che è stato poi riproposto nel libro “The Secret of Hanging Rock“. Quest’ultimo capitolo inizia dal momento in cui Edith fugge in preda ad una crisi isterica dalla roccia tornando verso il campo base. Le tre ragazze, Marion, Miranda ed Irma continuano la salita lungo il monolite fino ad arrivare in un pianoro dove iniziano a sperimentare delle strane sensazioni. Poco dopo sono raggiunte dalla signorina McGraw, loro insegnante di matematica, con la camicia strappata e senza la gonna, che non ricorda più il suo nome e quello delle ragazze. Anche le ragazze non riconoscono la donna. La McGraw agisce come una sorta di guida spirituale nei confronti delle ragazze guidandole verso la rivelazione di un altro tipo di realtà. Il momento chiave avviene quando Marion incita le altre ragazze a gettare i costrittivi corsetti nel precipizio ma gli indumenti, invece di cadere, restano fermi in una sorta di vuoto spazio-temporale. Successivamente la McGraw indica alle ragazze un’apertura tra le rocce, una sorta di varco spazio-temporale, entro le quali entrano prima lei, poi Marion e Miranda, trasformandosi in piccole creature striscianti, forse delle lucertole. Solo Irma resta fuori, forse per aver esitato troppo e la possibilità di passare dall’altra parte le viene negata da una frana che chiude l’apertura. La storia si conclude con Irma che “si gettò sulle rocce e andava rompendo e battendo la faccia granulosa del macigno con le sue mani nude.”

Superare una realtà di costrizioni

Il capitolo diciottesimo fornisce quindi una spiegazione sul mistero, pur aprendo altri interrogativi. Spiega la scomparsa delle ragazze e dell’insegnante (e dei loro corpi), il misterioso ritrovamento di Irma dopo otto giorni in stato di shock ma in buono stato fisico, il mistero delle unghie spezzate e dei piedi puliti della ragazza. Nel commento al capitolo, Yvonne Rousseau afferma che si tratta di una soluzione molto vicina all’esoterismo, il passaggio delle ragazze da una realtà (quella del mondo reale) costrittiva e limitata, ad una superiore e più ampia, in cui è forte la comunione con una natura misteriosa ed avvolgente. È evidente anche il collegamento con il paesaggio australiano, dominato dalla mai spenta tradizione aborigena del “sogno”, ovvero la fusione tra realtà materiale e spirituale, tra mondo dei morti e mondo dei vivi. Joan Lindsay non spiega però apertamente chi o che cosa abbia provocato l’apertura del passaggio, se esso fosse già esistente oppure no. Il fatto che solo tre delle quattro protagoniste abbiano avuto la possibilità di attraversare la soglia sembra dovuto al fatto, dice la Rousseau, che Marion, Miranda e la signorina McGraw erano persone spiritualmente elevate, diversamente dalla frivola e materialista Irma.

La traduzione in italiano del famoso diciottesimo capitolo

Sta accadendo adesso. Come è accaduto fin dal momento in cui Edith Horton è fuggita inciampando e urlando verso il pianoro. E come accadrà fino alla fine del tempo. La scena non cambierà mai, neppure per la caduta di una foglia o il volo di un uccello. Per le quattro persone sulla Roccia la recita avverrà sempre nel dolce tramonto di un presente senza passato. La loro gioia ed agonia saranno nuove senza fine.
Miranda è di poco avanti ad Irma e Marion mentre si spingono attraverso i cornioli, i suoi lisci capelli biondi che danzano liberamente come fiori di grano sulle sue spalle in movimento, come se nuotasse, solcando onda dopo onda di un verde opaco. Un’aquila sospesa allo zenit si accorge di un insolito tramestio di macchie più chiare nella boscaglia in basso, e spicca il volo nell’aria più alta e pura. Infine i cespugli si diradano davanti alla parete di una piccola rupe che trattiene l’ultima luce del sole. E’ così che in un milione di sere d’estate la traccia si forma e si riforma sui picchi e i pinnacoli della Hanging Rock.
L’altopiano sul quale sono emerse ora dalla boscaglia è molto simile a quello inferiore: macigni, pietre nomadi, a volte un albero stentato. Gruppi di felci gommose si agitavano leggermente nella pallida luce. La pianura sotto era infinitamente vaga e distante. Guardando in basso attraverso il circolo delle rocce, esse potevano appena distinguere l’andare e il venire di piccole figure, in mezzo a sbuffi di fumo rosato. Una forma nera che poteva essere un veicolo accanto al riflesso dell’acqua.
“Cosa stanno a fare quelle persone laggiù, zampettando come un mucchio di piccole formiche impegnate?” Giunse Marion e guardò sopra le spalle di Irma. “Un incredibile numero di esseri umani è privo di scopo.” Irma rise. “Ho l’impressione che si considerino molto importanti.”
Le formiche e i loro fuochi vennero scartate senza ulteriori commenti.
E comunque Irma si accorse, per un breve momento, di un suono piuttosto curioso che veniva dal piano, come il rimbombo di tamburi distanti. Miranda era stata la prima a vedere il monolite: una singola formazione di roccia, qualcosa simile a un uovo mostruoso, che cresceva regolarmente dalle pietre davanti, sopra una violenta scarpata sulla pianura. Irma, alcuni metri dietro le altre due, le vide arrestarsi d’improvviso con una lieve oscillazione, mentre la testa chinata e le mani pressate sul petto era come se si difendessero da una raffica di vento.
“Che c’è Marion? Cosa ti turba?”
Gli occhi di Marion erano fissi e brillanti, le sue narici dilatate ed Irma pensò casualmente quanto simile lei fosse a un levriero.
“Irma! Non riesci a sentirlo?”
“Sentire cosa, Marion?” Neppure un rametto si muoveva sugli alberelli seccati.
“Il monolite. Mi trascina come la marea. E’ come se mi trascinasse fuori, se vuoi saperlo.” Dato che Marion Quade scherzava raramente, Irma ebbe timore di sorridere. Specialmente mentre Miranda stava richiamandola alle sue spalle, “da che parte lo senti più forte, Marion?”
“Non riesco a capirlo. Mi sembra che stiamo ruotando sulla superficie di un cono – in ogni direzione allo stesso momento.”
Ancora matematica! Quando Marion Quade era particolarmente comica era il momento in cui qualcosa aveva a che fare con le somme. Irma disse leggermente “Mi sembra più come un circo! Forza, ragazze – non volete restare a guardare quel coso per sempre.”
Non appena il monolite fu superato e fu lontano dalla vista, tutte e tre furono sopraffatte da un’irresistibile letargia. Distese in fila sulla liscia superficie di un piccolo pianoro, caddero in un sonno così profondo che un lucertola corse fuori da sotto una roccia e si fermò senza paura nella cavità formata dal braccio allungato di Marion, mentre numerosi insetti dalla corazza di bronzo visitarono senza fretta il capo dorato di Miranda.
Miranda fu la prima a destarsi, in un tramonto senza colori nel quale ogni dettaglio era intensificato, ogni oggetto chiaramente definito e separato: un nido abbandonato nella biforcazione dei rami di un albero morto da tempo, con ogni pagliuzza ed ogni piuma complicatamente intrecciate e tessute; le pieghe della gonna strappata di mussolina di Marion come una conchiglia; i boccoli neri di Irma lontani dal suo volto in una squisita confusione di crini, le ciglia disegnate con vigorosi movimenti sugli zigomi. Tutto, se puoi osservarlo con sufficiente chiarezza, come adesso, è bello e completo. Tutto ha la sua propria perfezione.
Un serpentello marrone che trascinava il suo corpo squamoso sul selciato creò lo stesso rumore del vento sul terreno. L’aria per ogni dove risuonava della vita microscopica.
Irma e Marion erano ancora addormentate. Miranda poteva udire il battito separato dei loro due cuori, come due tamburelli, ciascuno con un ritmo diverso. E nel sottobosco oltre la fenditura, il crepitio e lo schioccare di rami nel punto in cui una creatura vivente si muoveva invisibile verso di loro in mezzo alla vegetazione. Essa si avvicinava, il calpestio e il crepitio ruppero il silenzio quando i cespugli vennero violentemente aperti e un oggetto pesante venne spinto dalla boscaglia quasi nel grembo di Miranda.
Era una donna con un volto scavato e consunto, tagliato da nere folte sopracciglia – una figura clownesca che indossava una camicetta strappata di calico e lunghi mutandoni di calico ricamati sotto il ginocchio di due gambe come bastoni, che davano deboli calci dentro stivaletti neri con lacci.
“Ce l’ho fatta!” esclamò la bocca spalancata, ed ancora “Ce l’ho fatta!”
La testa in disordine cadde di lato, le palpebre pesanti si chiusero. “Poverina! Sembra malata,” disse Irma. “Da dove arriva?”
“Mettile il braccio sotto la testa” disse Miranda “mentre le slaccio il corsetto.”
Libera dalla corteccia che la costringeva, con la testa che riposava su una sottoveste ripiegata, il respiro della straniera si fece regolare, l’espressione affaticata le abbandonò il volto e, gettandosi sulla roccia, si addormentò.
“Perché non ci togliamo tutte questi vestiti assurdi?” chiese Marion. “In fondo, abbiamo abbastanza costole per tenerci diritte.”
Non appena le quattro paia di corsetti furono gettate sulle rocce restituendo una deliziosa frescura e libertà, il senso dell’ordine di Marion venne offeso. “Tutto nell’universo ha un posto assegnato, a cominciare dalle piante. Sì, Irma, ci credo proprio. Non c’è bisogno che rida. Anche i nostri corsetti su Hanging Rock.”
“Bene, non troverai certo un guardaroba,” disse Irma, “anche se ti metti d’impegno a cercarlo. Dove li possiamo mettere?” Miranda suggerì di gettarli nel precipizio. “Passameli.”
“Da che parte sono caduti?” Marion voleva saperlo. “Ecco giusto accanto a te ma non sono riuscita a capirlo.”
“Non li hai visti cadere perché non sono caduti.” La precisa voce gracidante giunse loro come una tromba dalla bocca della donna-pagliaccio sulla roccia, che si era ora tirata a sedere con un’aria perfettamente in salute.
“Credo che se tu, ragazza, girassi la testa a destra e guardassi all’altezza della vita…” Girarono tutte la testa verso destra e lì, davvero, c’erano i corsetti, fermi nell’aria senza vento come una flotta di piccole navi. Miranda aveva raccolto un ramo secco, abbastanza lungo da raggiungerli, e stava frustando quelle stupide cose che sembravano incollate sullo sfondo dell’aria grigia.
“Fammi provare!” Disse Marion. Whack! Whack! “Devono essere ancorate a qualcosa che non vedo.”
“Se volete la mia opinione,” gracchiò la straniera, “sono ancorate nel tempo. Tu ricciolina – che cosa stai guardando?”
“Non volevo guardarvi. Il fatto è che quando voi avete parlato del tempo, ho avuto la curiosa impressione di avervi incontrata da qualche parte. Molto tempo fa.”
“Tutto è possibile, finché non ne sia provata l’impossibilità. E talvolta anche in tal caso.” La stridula voce aveva un tono convincente di autorità.
“E adesso, dato che ci troviamo insieme sul piano di un’esperienza comune – non ho idea del perché – posso conoscere i vostri nomi? Apparentemente ho lasciato il mio contrassegno individuale da qualche parte lì sopra.” Indicò in direzione del muro anonimo di sterpi. “Non importa. Percepisco di essermi liberata di un buon numero di vestiti. Ad ogni modo, eccomi qui. La pressione sul mio corpo fisico deve essere stata molto severa.” Mosse una mano su- gli occhi e Marion chiese con una strana umiltà, “voi suggerite che dovremmo andare avanti prima che la luce svanisca?”
“Per una persona della tua intelligenza – posso discernere il tuo cervello piuttosto bene – tu non hai un gran spirito di osservazione. Dato che qui non ci sono ombre, anche la luce qui non cambia.”
Irma appariva preoccupata. “Non capisco. Per favore, ciò significa che se ci fossero delle caverne, esse sarebbero riempite di luce o tenebra? Sono terrorizzata dai pipistrelli.”
Miranda era radiante. “Irma, cara – non vedi? Significa che arriveremo nella luce!”
“Arriveremo? Ma Miranda… dove stiamo andando?” “La ragazza Miranda ha ragione. Riesco a vedere il suo cuore, pieno di comprensione. Ogni creatura vivente deve arrivare in qualche posto. Se non altro, è quello che ho capito.” Si era alzata in piedi e per un momento loro pensarono che apparisse quasi bella. “In realtà, credo che stiamo arrivando. Adesso. “ Un improvviso mancamento fece ruotare tutto il suo corpo come una giostra. Quando terminò, lei vide davanti a se la fessura. Non era una fessura nelle rocce, né una fessura nel terreno. Era una fessura nello spazio, più o meno come una bella luna piena d’estate, che andava e veniva. Lei l’osservò come i pittori e gli scultori osservano una fessura, una cosa esistente, che dava forma e significato alle altre forme. Come una presenza, non come un’assenza – un’affermazione concreta di verità. Lei pensò che avrebbe potuto continuare a guardarla per sempre, felicemente in estasi, da sopra, da sotto e dall’altra parte. Era solida come un globo, trasparente come una bolla d’aria. Un’apertura facile da attraversare, eppure per nulla concava.
Lei aveva passato la vita intera a fare domande e adesso venivano a lei le risposte, semplicemente guardando alla fessura. Questa si dissolse e finalmente venne la pace in lei.
Il serpentello marrone era riapparso di nuovo e stava adagiato su una spaccatura che correva chissà dove sotto l’inferiore di due macigni che era in equilibrio uno sopra l’altro. Quando Miranda si piegò per toccarle le squame così squisitamente disegnate, essa scappò via in un groviglio di viticci.
Marion si inginocchiò accanto a lei ed insieme cominciarono a rimuovere il pietrisco e i cavi intrecciati del viticcio.
“E’ andata là sotto. Guarda, Miranda – dentro quell’apertura.” Una fessura – forse il labbro di una caverna o di un tunnel, orlato di foglie spezzate a forma di cuore.
“Sarai d’accordo che è mio privilegio entrare per prima?”
“Entrare?” dissero, guardando dallo stretto labbro della caverna alle ampie anche angolari.
“E’ molto semplice. Tu stai pensando nei termini di misurazioni lineari, ragazza Marion. Quando ti darò il segnale – credo un tocco sulla roccia – voi potrete seguirmi, e la ragazza Miranda potrà seguirvi. Avete capito bene?”
Il volto rugoso era radiante.
Prima che potessero rispondere, il lungo torace ossuto si era disteso sul terreno accanto alla fessura, prendendo deliberatamente la forma più adatta a una creatura creata per strisciare e risiedere sotto la terra. Le braccia sottili, incrociate dietro la testa con i suoi luminosi occhi transfissi, divennero le tenaglie di un gigantesco granchio che abita in un ruscello fangoso e transitorio.
Lentamente il corpo si spinse centimetro dopo centimetro nella fessura. Prima a scomparire fu la testa; poi le scapole unite; i mutandoni ricamati, i lunghi neri bastoni delle gambe fuse insieme come una coda che terminava in due stivaletti neri.
“Non vedo l’ora che arrivi il segnale,” disse Marion. Quando infine risuonarono dei colpetti fermi da sotto la roccia, lei andò sotto facilmente, con la testa per prima, lasciandosi la camicetta senza girarsi indietro. “Tocca a me adesso,” disse Miranda. Irma osservò Miranda inginocchiarsi accanto alla fessura, i suoi piedi nudi intrecciati nelle foglie di viticcio – così calma, così bella, così priva di timori. “Oh, Miranda, cara Miranda, non andare laggiù – ho paura. Torniamo a casa!”
“A casa? Non capisco, mia dolce amica. Perché stai piangendo? Ascolta! Non è Marion che mi chiama? Devo andare.” I suoi occhi brillarono come stelle. Il richiamo venne di nuovo. Miranda tirò le sue lunghe meravigliose gambe dietro di lei e scomparve.
Irma si sedette sulla roccia in attesa. Una processione di piccoli insetti si stava svolgendo in mezzo a licheni secchi e selvaggi. Da dove venivano? Dove stavano andando? Dove erano andate tutte? Perché, perché Miranda aveva infilato il suo capo luminoso in un’oscura fessura del suolo? Guardò in alto verso il cielo grigio e senza colore, alle tristi felci senza consistenza e pianse a dirotto.
Per quanto tempo era rimasta a fissare l’orlo della caverna, guardando e aspettando di sentire il richiamo di Miranda sulla roccia? Ascoltando e guardando, guardando e ascoltando. Due o tre ruscelli di sabbia fine scesero picchiettando dall’inferiore dei due grandi macigni sulle foglie rovesciate dei viticci, il quale ruotò lentamente in avanti, e scendendo con precisione dolorosa direttamente dentro la fessura.
Irma si era gettata sulle rocce e si mise a rompere e a colpire la faccia granulosa del macigno con le mani nude. Era sempre stata brava nel ricamo.
Aveva delle belle mani delicate, morbide e bianche.

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La vita è il sogno di un sogno

MEDICINA ONLINE Picnic at Hanging Rock film Peter Weir 1975 Joan Lindsay Il lungo pomeriggio della morte Anne Louise Lambert TEEN FLOWER BEAUTIFUL CINEMA WALLPAPER LOVE NATURA FIORE.jpgA volte penso che pochi esseri abbiano uno scopo, ma probabilmente uno scopo esiste per tutti, in disegni misteriosi. […] La vita è un sogno, nient’altro che un sogno.
Il sogno… di un sogno.

Miranda (Anne Louise Lambert) dallo splendido film del 1975 “Picnic ad Hanging Rock” diretto da Peter Weir e tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice australiana Joan Lindsay

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Avere una sorella rende più felici che avere un fratello

MEDICINA ONLINE AVERE SORELLA SORELLE PIU FELICI MACHI FRATELLO FEMMINA FIGLI GEMELLI AMICI BAMBINI BIMBI GIOCO PASSEGGIATA BOSCO NATURA AMORE CAMMINARE GIOVENTU FAMIGLIA GENITORI.jpgAvere una sorella rende più felici. A svelarlo è una ricerca scientifica secondo cui un legame di questo tipo aiuterebbe ad essere sereni e ad affrontare la vita con il sorriso. Lo studio è stato realizzato da un team di esperti della De Montfont University in collaborazione con la Ulster University, in Irlanda. Quando si parla di sorelle la prima cosa che viene in mente sono litigi infiniti, gelosie e scontri per qualsiasi cosa. A chi non è capitato almeno una volta (se non un centinaio!) di litigare con la propria sorella per un vestito sottratto dall’armadio o per chi dovesse prendere la macchina? Oggi però la scienza ci svela come queste figure così importanti nella vita di ognuno di noi possono aiutarci a migliorare e ad essere più felici.

La ricerca

Gli studiosi hanno analizzato la vita e i comportamenti di 571 giovani con una età compresa fra i 17 e i 25 anni. I partecipanti all’esperimento hanno dovuto rispondere ad una serie di domande che consentivano di valutare la loro salute mentale e le prospettive per il futuro. Il risultato? Chi aveva una sorella possedeva maggiori possibilità di stare bene e di affrontare l’esistenza in modo positivo. Il motivo? Le sorelle aiutano ad essere più aperti e comunicativi per quanto riguarda i sentimenti, consentono di vivere serenamente e favoriscono la salute mentale.

Sorelle più estroverse dei fratelli

“Le sorelle sembrano incoraggiare una più aperta comunicazione e coesione nelle famiglie” ha svelato il professor Tony Cassidy, che ha preso parte allo studio. Questa affermazione è vera soprattutto nel caso in cui nel nucleo familiare ci siano dei fratelli maschi. Questi infatti hanno la tendenza a non esternare le proprie emozioni e ad essere più introversi, creandosi un muro di protezione che viene solitamente abbattuto dalla forza comunicativa delle sorelle. Non solo, le donne in questo caso sono anche ottime consigliere e sono in grado di gestire al meglio situazioni particolarmente stressanti e difficili, come la separazione dei genitori.

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Sentirsi soli nella folla

MEDICINA ONLINE FOLLA SOLI SOLITUDINE TRISTE SERATA USCITA AMICI VITA AMORE TRISTEZZA DISCOTECA SABATO SERA DEPRESSIONE lonely girl alone in the crowd alone solitude loneliness2.jpgQuel momento in cui la persona che ti piace se ne va e tu sai che dovrai passare il resto della serata con persone di cui, in realtà, non ti importa nulla…

Quel momento in cui capisci che sei solo perché hai sempre detto in faccia a tutti quello che pensavi, senza ipocrisia…

Quel momento in cui sei in mezzo ad una folla, amalgamata come in un grandissimo puzzle, ma ti senti come il pezzo mancante…

Quel momento in cui capisci che la cosa peggiore nella vita non è restare soli, ma stare con persone che ti fanno sentire solo…

Quel momento in cui ti guardi allo specchio e ti chiedi se il tuo essere solo è una tremenda condanna o una meravigliosa conquista…

Altre frasi, aforismi e racconti:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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La differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare

MEDICINA ONLINE MONTAGNA AFORISMA DIFFICOLTA VITA PANORAMA STORIA UOMO POTENZIALITA SALITA VITTORIA SEGRETO VIVERE FELICE FELICITA LAVORO AMORE VISTA DIFFICILE.jpgNon è vero che il mondo è facile. Il mondo non è facile. Il mondo è difficile. La vita è difficile. Ma può essere ancora più difficile se non sfrutti l’enorme potenziale nascosto nei 100 miliardi di neuroni e nei milioni di miliardi di sinapsi che in questo preciso momento stanno lavorando per te, proprio per TE, all’interno del tuo cervello. Il più grande spreco del mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare. Ognuno di noi ha delle qualità: scoprile ed impara a sfruttarle al massimo, ed il mondo, forse, sarà un po’ più semplice! E ricorda: più la montagna da scalare è alta, più sarà bello il panorama quando avrai raggiunto la cima.

Altre frasi, aforismi e racconti:

Lo staff di Medicina OnLine

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Effetto farfalla: significato e passaggio dalla fisica alla psicologia

MEDICINA ONLINE EFFETTO FARFALLA SIGNIFICATO FISICA PSICOLOGIA IMMAGINI  The Butterfly Effect 2004 American science fiction psychological thriller film Eric Bress J. Mackye Gruber Ashton Kutcher Amy Smart.jpg

“Il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo” 

Questa semplice frase, tratta dall’interessante film di fantascienza del 2004 “The Butterfly Effect” e derivata dagli studi del matematico Edward Norton Lorenz, ci ricorda di come il nostro destino sia in balia di un enorme diagramma di flusso, dove ogni piccola azione – nostra e di altre 7 miliardi di persone – può contribuire a modificare radicalmente il destino nostro e dell’intera umanità, in positivo e negativo. Il celebre film diretto da Eric Bress e da J. Mackye Gruber, non dice in verità nulla di nuovo: già Alessandro Magno ben 2300 anni fa, diceva: “Dalla condotta di alcuni dipende il destino di tutti“, un concetto che spazia con straordinaria lungimiranza tra la politica, la fisica e la psicologia.

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Effetto farfalla: che significa?

Il “battito d’ali” simboleggia le nostre piccole azioni quotidiane, con “uragano” si simboleggiano invece i grandi eventi della nostra vita. Effetto farfalla significa quindi che ogni scelta – seppur piccola ed insignificante – che facciamo nella nostra vita, può condizionarla fortemente. Prendiamo ad esempio una persona che è deceduta in un incidente stradale: se quel giorno anziché uscire di casa fosse rimasta a casa, ad esempio per febbre, (forse) non sarebbe stata coinvolta nell’incidente e non sarebbe morta. Un esempio classico dell’effetto farfalla è alla base del film “Sliding Doors” dove la protagonista Gwyneth Paltrow si ritrova a vivere in una sorta di mondo parallelo in base ad un evento apparentemente banale come perdere per un soffio la metropolitana. Altri esempi li possiamo trovare nel film “Questione di tempo” del 2013, oppure in un bel monologo presente nel film “Il curioso caso di Benjamin Button“:

A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio… Sia che ciò avvenga per caso, o intenzionalmente, non possiamo fare niente per evitarlo. Una donna, a Parigi, stava uscendo a fare compere. Ma aveva dimenticato il soprabito, e tornò indietro a prenderlo. Mentre era lì, squillò il telefono, e lei rispose e parlò per un paio di minuti. Mentre la donna era al telefono, Daisy stava provando uno spettacolo all’ Opèra de Paris, e mentre lei provava, la donna, finito di parlare al telefono, era uscita per prendere un taxi. Un tassista, poco prima, aveva scaricato un cliente e si era fermato a prendere un caffè. E intanto Daisy continuava a provare. E questo tassista, che si era fermato per un caffè, prese a bordo la donna che andava a fare compere e che aveva perso l’altro taxi. Il taxi dovette fermarsi per un uomo che stava andando al lavoro in ritardo di cinque minuti, perché si era dimenticato di mettere la sveglia. Mentre quell’uomo in ritardo attraversava la strada, Daisy aveva finito le prove, e si stava facendo la doccia. E mentre Daisy si faceva la doccia, il taxi aspettava la donna che era entrata in una pasticceria a ritirare un pacchetto che, però, non era pronto, perché la commessa si era lasciata col fidanzato la sera prima e se n’era dimenticata. Ritirato il pacchetto, la donna era rientrata nel taxi, che rimase bloccato da un furgone, e intanto Daisy si stava vestendo. Il furgone si spostò, e il taxi poté ripartire, mentre Daisy, ultima a vestirsi, si fermò ad aspettare un’amica alla quale si era rotto un laccio. Mentre il taxi era fermo a un semaforo, Daisy e la sua amica uscirono dal retro del teatro. Se solo una cosa fosse andata diversamente, se quel laccio non si fosse rotto, o se quel furgone si fosse spostato un momento prima, o se quel pacchetto fosse stato pronto perché la commessa non si era lasciata col fidanzato, o quell’uomo avesse messo la sveglia e si fosse alzato cinque minuti prima, o se quel tassista non si fosse fermato a prendere il caffè, o se quella donna si fosse ricordata del soprabito e avesse preso il taxi prima, Daisy e la sua amica avrebbero attraversato la strada, il taxi sarebbe sfilato via. […] Ma la vita, essendo quella che è, aveva creato una serie di circostanze incrociate e incontrollabili. Per cui quel taxi non sfilò via, e quel tassista si distrasse un momento.

Usare l’effetto farfalla a nostro vantaggio

Abbiamo capito di quanto ogni piccola azione – nostra e di chi ci sta vicino o lontano – può cambiare radicalmente la nostra vita, in meglio ma anche in peggio, posizionandoci nel mondo parallelo dove abbiamo preso una scelta piuttosto che un’altra. Non facciamoci prendere dalle paranoie: bere o non bere il bicchier d’acqua che state per mandar giù, non cambierà la vostra vita (o forse la cambierà? non lo sapremo mai!). Ciò che facciamo oggi influirà sul nostro futuro, d’accordo, e quindi cosa fare per usare al meglio questa spada di Damocle? Semplice: se con piccole azioni possiamo cambiare molte cose della nostra vita, perché non provare a cambiare quelle che non ci piacciono? Ecco alcuni consigli per usare al meglio l’effetto farfalla:

Per primo metto il concetto per me più importante. Se è vero che un fatto apparentemente positivo può condurci, alla lunga, alla situazione peggiore, è però anche vero il contrario: una situazione apparentemente negativa, anche molto negativa, può portarci su un binario del diagramma di flusso che ci porterà al migliore destino possibile, che supera in vantaggi gli svantaggi accumulati con la prima situazione. Nell’esempio fatto precedentemente, un evento negativo (avere la febbre) ci fa evitare un evento decisamente più negativo (incidente stradale e morte). Questo non è certamente sempre vero, però ricordate: una brutta situazione può avere anche dei lati positivi. Ad esempio ci fa riflettere sui nostri errori e ci da il tempo e la voglia di impedirne altri, ancora più gravi. Fate tesoro dei vostri momenti negativi e trasformateli in armi per migliorare la vostra vita.

Parlate direttamente con le persone, invece di stare a rimuginare riguardo a questo o a quell’altro malinteso. Semplicemente con un sorriso creerete un ambiente piacevole intorno a voi.

Godetevi i piccoli piaceri. Una tazza di caffè o una cioccolata mentre guardate piovere attraverso la finestra, osservare come dorme un neonato, giocare con i bambini o chiudere gli occhi e percepire l’odore e il suono del mare; esperienze come queste saranno per voi una fonte di piacere immediata che prolungherete nel tempo. Genereranno un “pozzo di felicità” dentro di voi. Io quando cammino per strada, se posso, guardo gli alberi, le piante… Mi emozionano.

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Fate piccole cose per gli altri senza aspettarvi nulla in cambio. Semplici gesti, come supportare campagne contro la fame, aiutare un vicino che ha una gatta da pelare o lasciare il posto ad una vecchietta sull’autobus generano effetti farfalla a corto, medio e lungo termine. In primis, è provato che l’altruismo arreca felicità alle persone; se unissimo le piccole azioni di ciascuno, provocheremmo un grande uragano. Immaginate se ogni persona portasse una confezione di riso per i più bisognosi durante la campagna natalizia contro la povertà: si accumulerebbero chili e chili di riso, tutto grazie ad un semplice gesto. Allo stesso modo, se tutti cedessimo il posto a sedere agli anziani, con il tempo contribuiremmo a creare una società migliore, più umana e felice.

Quando siete arrabbiati, fermatevi un minuto, respirate a fondo e pensate a quanto siete fortunati per tutto quello che avete. Un altro uragano: i livelli di ansia diminuiranno, portandovi fuori dalla spirale dell’ira e scongiurando sentimenti per niente sani. Azioni come queste prevengono emicranie, mal di stomaco, raffreddori, ecc. Le malattie sono altamente relazionate con le emozioni, proprio come dicevano i romani con il loro “Mens sana in corpore sano”.

Pensate all’oggi, non al domani. Se adesso potete approfittarne per fare una passeggiata con il vostro partner, fare un viaggetto o farvi due risate in spiaggia in compagnia di un amico e di un panino, fatelo! Anche così genererete un uragano di felicità tramite piccoli gesti. Se arriveranno momenti negativi, penserete a quanto avete riso e ve la siete spassata in passato, il che vi aiuterà a superare in modo migliore le difficoltà correnti.

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