Dimetiltriptamina (DMT): effetti psichedelici e danni

MEDICINA ONLINE FARMACO MEDICINALE PRINCIPIO ATTIVO FARMACIA PILLOLA PASTIGLIA DINITROFENOLO DNP DIMAGRIRE DIETA FARMACI ANORESSIZANTI MORTE EFFETTI COLLATERALI FOGLIO FOGLIETTO ILLUSTRALa N,N-dimetiltriptammina (anche nota come “N,N-DMT” o “DMT“) è una triptammina psichedelica endogena, presente in molte piante e nel fluido cerebrospinale degli esseri umani. Ha una lunga storia di utilizzo come droga da parte dell’uomo, in particolare nell’area amazzonica. È presente in alcune varietà di mimosa e acacia e nei semi della Anadenathera peregrina, un albero della famiglia delle leguminose. Il DMT, estratto utilizzando solventi come alcol o gasolio, oppure ricavato attraverso processi di distillazione, viene prodotto in piccole quantità anche dal corpo umano durante il metabolismo. Strutturalmente la DMT è analoga al neurotrasmettitore serotonina, all’ormone melatonina e ad altre triptammine psicoattive come psilocibina, psilocina e bufotenina.

Dimetiltriptamina e fase REM del sonno

La ghiandola pineale situata nell’encefalo è in grado di produrre più o meno blande quantità di DMT, durante la fase REM dei sogni, specialmente intorno alle ore 3, 4 del mattino: il DMT potrebbe quindi essere la chiave per spiegare la particolare “stranezza” di alcuni nostri sogni.

Storia della dimetiltriptamina

Il DMT fu sintetizzato chimicamente per la prima volta nel 1931 dal chimico Richard Manske e gli effetti psicotropi furono studiati dal chimico e psicologo ungherese Stephen Szára a metà degli anni ’50. In realtà tale sostanza era nota già molti anni prima in alcune tribù. L’uso di piante contenenti dimetiltriptammina, specialmente fra i popoli indigeni del Brasile ed alcune tribù del sud America, è infatti una pratica antichissima, spesso riservata agli sciamani che la utilizzavano nei rituali per entrare in contatto con gli “spiriti” o in pratiche curative. La prima testimonianza registrata dell’uso di un preparato a base di DMT si ha da un frate impiegato nella seconda spedizione di Colombo nelle Americhe: nel 1496, sull’isola di Hispaniola, osservò gli indiani Taino inalare una potente polvere enteogena chiamata ‘kohhobba’, “così forte che chi la assumeva perdeva coscienza” che si pensa potesse essere DMT.\

Aspetto della dimetiltriptamina

Il DMT puro si presenta allo stato solido come un cristallino bianco o giallastro-rosso.

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Meccanismo di azione della dimetiltriptatina

Gli effetti psichedelici della DMT si possono probabilmente attribuire in gran parte alla attivazione del recettore serotoinergico 5-HT2A, anche se non si può escludere che altri recettori come 5-HT2C, sigma-1, ed altri, possano giocare un ruolo importante. Quando la DMT arriva al sistema nervoso centrale (oltre a legarsi al recettore sigma-1) va a legarsi ai recettori adrenergici (in particolare su α1 e α2) causando un aumento della pressione e una diminuzione della produzione di noradrenalina e di acetilcolina. Successivamente entra in competizione con la serotonina sui recettori 5-HT2A e 5-HT2C e con la dopamina sui recettori della dopamina (D1) causando così una diminuzione dei 2 neurotrasmettitori a livello postsinaptico ma senza cessarne la produzione, così che quando la sostanza viene metabolizzata i neurotrasmettitori ritornano tutti al loro posto. In questo modo non si creano né alterazioni chimiche né dipendenze a riguardo della DMT.

Modalità di assunzione della dimetiltriptamina

Il DMT viene assunto con diverse modalità che differiscono per effetti e durata, e può essere sniffato, fumato o ingerito.

  • Fumato: gli effetti si presentano immediatamente (più o meno dopo 45 secondi) e raggiungono il massimo livello in circa un minuto, per durare un periodo di tempo relativamente corto (5 – 30 minuti a seconda della dose). “The Business Man’s Trip” (viaggio dell’uomo d’affari) è il nome comune dato agli effetti procurati con questo metodo d’assunzione, perché di breve durata.
  • Inalato: quando viene sniffato gli effetti sono caratterizzati da un incremento della durata e da una diminuzione dell’euforia.
  • Iniettato: gli effetti del DMT per iniezione sono simili a quelli causati dall’inalazione.
  • Ingerito: il DMT, che è processato dall’enzima digestivo monoamine ossidasi, è praticamente inattivo se assunto oralmente, a meno che non sia combinato con un inibitore dell’enzima (MAOI: Monoamine Oxidase Inhibitors; sono classificate come potenti droghe antidepressive). In Sud-America viene assunto attraverso l’ayahusca, una tradizionale bevanda ottenuta dalla lavorazione di piante contenenti dimetiltriptamina con l’aggiunta di MAOI.

Dosaggio della dimetiltriptamina

La quantità per procurare effetti allucinogeni nell’uomo è di circa 50 – 100 mg.

Effetti ed esperienze

Sono stati fatti degli esperimenti e degli studi sulla DMT da parte di un famoso esponente della rivoluzione psichedelica: Terence McKenna. In molte interviste da lui rilasciate o in conferenze parla di un viaggio breve di 20-30 minuti che porta la mente in una dimensione di trascendenza quasi totale e sembra che esseri provenienti da altri mondi facciano comparsa nella nostra realtà parlando e interagendo con noi. Mc Kenna parla di un suo viaggio ricorrente in cui delle palle da basket ingioiellate si autodribblano parlando in greco demotico. Pochissimi secondi dopo l’assunzione dei vapori si riscontrano i primi effetti:

  • allucinazioni visive vivide;
  • maggiore nitidezza dei colori;
  • brillantezza dei colori aumentata;
  • alterazione di tutte le percezioni, specie visive, tattili ed uditive;
  • presenza di un ronzio/fischio ad alte frequenze, ricorrente in tutte le esperienze.

Dopo questo primo stato di “semi-coscienza” si passa ad uno stato nel quale il corpo “dorme”, caratterizzato dalla percezione / visione di figure geometriche perfette come un caleidoscopio nel quale si muovono dei frattali coloratissimi e fluorescenti. Questa fase potrebbe essere descritta da alcuni come:

“l”esperienza di divenire uno “spazio obiettivo” di almeno tre dimensioni nel quale oggetti non terrestri ed entità possono verificarsi ed interagire con noi. Esperienza in apparenza estremamente energetica, rapida e confusa le prime volte”.

Nel giro di una decina di minuti le allucinazioni perdono vividezza, si ripassa alla fase di “semi-coscienza” per poi tornare nel giro di altri 10-20 minuti alla normalità. Mc Kenna descrive alcune sue esperienze in questo modo:

“Un livello sonoro che diviene più denso e si materializza in piccole creature simili a gnomi fatti di un materiale simile all’ossidiana, emesso dal corpo, dalla bocca e dagli organi sessuali, per tutta la durata del suono. È effervescente, fosforescente e indescrivibile. Le metafore linguistiche diventano inutili, perché questa materia è al di là del linguaggio, non un linguaggio fatto di parole, un linguaggio che diviene le cose che descrive”.

Terence McKenna sostiene inoltre che non sia una molecola pericolosa per la salute, a meno che uno non muoia dallo stupore. Effettivamente, non ci sono ad oggi prove di danni fisici causati da questa sostanza, ma è possibile che un utilizzo continuato possa indurre psicosi e altre disfunzioni difficilmente prevedibili data la sua bassa diffusione.

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Piante e funghi contenenti DMT

Qui di seguito trovate un elenco di famiglie di piante e funghi contenenti la DMT:

  • Myristicaceae;
  • Ochneaceae;
  • Polygonaceae;
  • Rubiaceae;
  • Rutaceae;
  • Acanthaceae;
  • Agaricaceae;
  • Aizoaceae;
  • Poaceae;
  • Leguminosae;
  • Malpighiaceae.

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Peyote e mescalina: effetti e danni di una droga molto diffusa

MEDICINA ONLINE ALLUCINOGENI PCP POLVERE ANGELO FUNGHI FUNGHETTI ECSTASY DROGA EFFETTI MDMA METABOLITA MDA DIPENDENZA ALLUCINAZIONI VISIONI ECCITAZIONE PILLS PILLOLA COMPRESSE PASTIGLIE PASTICCHE ILLEGALI FARMACIIl peyote (Lophophora williamsii) è una pianta grassa appartenente alla famiglia della cactaceae originaria delle regioni semi-desertiche del nord e del centro del Messico, e del sud degli Stati Uniti. La pianta, con le sue proprietà allucinogene, è conosciuta fin dalla preistoria ed utilizzata in riti religiosi da parte dei nativi americani.

La mescalina è un alcaloide contenuto nel peyote, è il principale principio attivo della pianta, responsabile dei suoi effetti allucinogeni. La mescalina è stata la prima delle sostanze psichedeliche ad essere isolata: ciò avvenne nel 1897 ad opera di Arthur Heffter e successivamente venne sintetizzata nel 1919 da Ernst Spath. Negli anni ’50 gli effetti sulla psiche furono studiati dal dott. Humphry Osmond che, sotto controllo, nel 1953 diede una dose di droga allo scrittore britannico Aldous Huxley il quale, entusiasta, ne descrisse gli effetti nel libro “The Doors of Perception – Le porte della percezione“. Il libro ebbe negli Stati Uniti una notevole diffusione e contribuì in modo decisivo alla diffusione della droga fra la cultura psichedelica e hippie degli anni ’60 e ’70.

Aspetto di peyote e mescalina

Il peyote è costituito da un fusto sferico, di colore grigio-verde, leggermente schiacciato al centro, dove si sviluppano dei ciuffi lanosi e dove, in primavera-estate, sboccia un fiore di colore bianco o rosa che contiene i semi, di colore nero. La superficie presenta delle coste arrotondate con piccole areole ricoperte da peluria grigiastra. Il peyote cresce in parte nascosto nel terreno, è dotato di radici molto grosse e raggiunge un diametro di circa 15 cm. La mescalina si può presentare sotto diverse forme: sali, cristalli, polvere o liquido. Tende ad avere un colore chiaro, bianco o marrone.

Modalità di assunzione di peyote e mescalina

Il peyote viene consumato masticando il “boton”, la parte superiore che esce dal terreno, sia fresco che essiccato. È possibile anche che la parte superiore venga immersa nell’acqua per ottenere un liquido intossicante. Anche la mescalina viene assunta per via orale, spesso in forma di capsule.

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Dosaggio di peyote e mescalina

Il peyote contiene in media circa 1.5% di mescalina, e generalmente vengono ingeriti dagli 8 ai 16 “bottoni”, del diametro di circa 6 cm. La dose allucinogena di mescalina è di circa 300 – 500 mg, e l’effetto dura circa 12 ore.

Funzionamento della mescalina

La mescalina agisce a livello del Sistema Nervoso Centrale intervenendo sui recettori della serotonina e della dopamina e insistendo particolarmente sull’area cerebrale collegata al nervo ottico che genera così allucinazioni e sinestesie. Assorbita dai tessuti periferici, si lega prevalentemente con le proteine del fegato dal quale è successivamente metabolizzata.

Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

Gli effetti cominciano a sopraggiungere nella mezz’ora successiva all’ingestione e possono durare fino a 12 ore (mediamente oscillano tra 6 e 9 ore).

Effetti di peyote e mescalina

Gli effetti consistono principalmente in allucinazioni visive-uditive e sinestesie (ad esempio “vedere” un suono, ascoltare “un colore). Il soggetto avverte una riduzione marcata della sensazione di fatica, del dolore, del pericolo, della fame e della sete. Tipiche sono le alterazioni percettive di varia natura e la acutezza visiva (visualizzazione di schemi geometrici in movimento e in sovrapposizione).  Il «trip» è caratterizzato da un’iniziale iperattività e stati di agitazione: gli effetti “positivi” sono spesso anticipati da senso di nausea e malessere. In seguito, le percezioni sono più intense, soprattutto a livello visivo nella percezione dei colori. In una seconda fase, si possono vivere esperienze di profonda concentrazione meditativa. I consumatori parlano di visioni e di un senso di euforia mistica, della sensazione di aver vissuto un’esperienza rivelatrice, della modifica nella percezione di sé e da un sentimento di dissoluzione dell’Io.

Effetti collaterali ed indesiderati di peyote e mescalina

Gli effetti collaterali possono perdurare fino a 5-6 ore dal termine degli effetti “positivi” e sono generalmente:

  • malessere;
  • nausea;
  • vertigini;
  • forte salivazione;
  • aumento della sudorazione;
  • tensione dei muscoli del collo e della mandibola.

Possono insorgere, inoltre, episodi psicotici, aspetti depressivi e paranoici e disturbi al fegato. Frequenti sono i traumi determinati indirettamente dalla diminuita percezione del pericolo e del dolore. Pericolosi ed imprevedibili gli effetti della sostanza se associata ad altre droghe, come canapa, LSD, psilocibina, DMT e 2C-X.

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Destrometorfano (DXM): effetti della droga dello sciroppo

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Storia del destrometorfano

Il destrometorfano venne sintetizzato negli Stati Uniti nel 1954 e nel 1958 la “Food and Drug Administration“ ne autorizzò l’utilizzo con scopi terapeutici. La sostanza venne impiegata in particolar modo nei farmaci da banco per curare la tosse.
Ad alti dosaggi viene classificato come allucinogeno dissociativo, poiché può produrre effetti simili al PCP e alla ketamina. Al pari di quest’ultime, infatti, agisce come antagonista del recettore del NMDA.
Durante gli anni ‘60 e ‘70 il DXM era disponibile in farmacia, senza bisogno di ricetta medica, come farmaco per la tosse; sotto forma di compresse era stato messo sul mercato nelle speranza di diminuire i rimedi per la tosse basati sulla codeina. Nel 1973 il formato in compresse è stato però ritirato dal commercio, poiché queste venivano usate come droga ricreazionale, ed è stato sostituito dallo sciroppo nel tentativo di ridurre l’uso improprio. Nel mercato illegale ha assunto il nome di DXM, Robo, Rojo, CCC, Triple C.

Aspetto del destrometorfano

Il destrometorfano in commercio legalmente si presenta in forma liquida all’interno di sciroppi. Nel mercato illegale viene venduto in compresse o in capsule di gel, ed è possibile anche trovarne in polvere.

Modalità d’assunzione del destrometorfano

Il DXM viene assunto per via orale, attraverso alte dosi di sciroppo per la tosse, oppure ingerendo le compresse e le capsule.

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Metabolismo del destrometorfano

Il destrometorfano dopo somministrazione orale è ben assorbito dal tratto gastrointestinale; la biodisponibilità è bassa (intorno all’11%) e la concentrazione plasmatica massima viene raggiunta entro circa 2 ore dall’assunzione.

Dosaggio del destrometorfano

Il destrometorfano come farmaco anti-tosse viene assunto in dosi di 15-30 mg. Le dosi da abuso, invece, si differenziano a seconda dell’effetto ricercato, e variano da 100 mg fino a 1500 mg.

Effetti del destrometorfano

Gli effetti del destrometorfano variano molto in funzione della dose assunta:

Dose (mg) Effetti sul comportamento
100 – 200 Stimolazione leggera
200 – 400 Euforia e allucinazioni
300 – 600 Distorsione della percezione visiva
Perdita del coordinamento
500 – 1.500 Sedazione dissociativa

Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

L’azione della molecola si manifesta nel giro di 1 ora dalla somministrazione e si protrae per un tempo di sei ore.

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Ketamina usata come droga: effetti, allucinazioni e danni

MEDICINA ONLINE FARMACO MEDICINALE PRINCIPIO ATTIVO FARMACIA PILLOLA PASTIGLIA DINITROFENOLO DNP DIMAGRIRE DIETA FARMACI ANORESSIZANTI MORTE EFFETTI COLLATERALI FOGLIO FOGLIETTO ILLUSTRALa ketamina (anche chiamata “ketammina”) è un farmaco principalmente utilizzato come anestetico dissociativo e più recentemente a livello sperimentale contro il disturbo bipolare e l’alcolismo. Dal punto di vista chimico, la ketamina è una droga “parente stretta” del PCP (fenciclidina, famosa anche come “polvere d’angelo”) che ha però effetti di maggiore durata ed intensità, oltre ad avere molti più effetti collaterali rispetto alla ketamina. Farmacologicamente può essere considerata un antagonista del recettore NMDA (N-metil-D-aspartato). In Italia è commercializzata dalla società farmaceutica Parke-Davis con il nome di Ketalar, e da altre società con i nomi di Ketanest e Ketaset. A dosi sub-anestetiche la molecola causa blande allucinazioni e dissociazioni psichiche (nonché lieve analgesia) e ha trovato perciò largo uso anche in ambito ricreativo come droga allucinogena.

Storia della ketamina

La ketamina è stata scoperta nel 1962 da Calvin Stevens, e possiede una struttura chimica simile a quella della fenciclidina (PCP). Dalla fine degli anni ’60 la ketamina inizia ad essere usata al di fuori dell’ambito clinico, sotto il nome di “mean green”, “rock mesc” e “rock mescaline”. Nel 1997 la DEA (Drug Enforcement Administration) segnala un incremento preoccupante dell’abuso di ketamina, ma solo nel 1999 viene catalogata come sostanza psicotropa ed inserita tra le tabelle delle sostanze stupefacenti.

Aspetto della ketamina

La ketamina all’origine si presenta sottoforma di liquido chiaro, per essere iniettata, ma sul mercato illegale si trova anche in polvere biancastra o lavorata in compresse con il nome di “K, special K o cat Valium”.

Modalità d’assunzione della ketamina

Nella forma liquida può essere iniettata (con modalità sia endovenosa che intramuscolare), spruzzata su sostanze da fumare, o consumata nelle bevande. In quest’ultima modalità diventa particolarmente pericolosa perché produce amnesia, ed essendo senza odore ne sapore può essere somministrata all’insaputa del consumatore e usata per commettere abusi sessuali.

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Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

Gli effetti si avvertono dopo alcuni minuti dall’assunzione e durano da circa 45 minuti a un’ora.

Effetti della Ketamina

La ketamina ha un’azione complessa sulla sfera psichica con un ampio raggio di azione sulla coscienza, sul cervello e su tutto il corpo in generale.  A differenti dosaggi e modalità di assunzione corrispondono tanto effetti quanto rischi differenti. I primi vanno da una leggera stimolazione, all’euforia tipica di un’ubriacatura alcoolica, fino a uno stato dissociativo forte che conduce ad allucinazione intensa. In quest’ultimo caso, l’esperienza ketaminica, un po’ come l’attività onirica, si caratterizza per il fatto che è rivolta in misura variabile verso una “realtà interiore”. L’effetto dissociativo riportato è conosciuto in ambito medico come “stato di emersione” o di “ingresso in un’altra realtà”, e definito in termini di dimensione trans-personale di coscienza, dissoluzione estatica dell’Io, Near-Death Experience o Out-of-Body Experience. Per questo, la ketamina è spesso definita come sostanza “enteogena”. Gli effetti appena indicati possono essere valutati come positivi o negativi dal soggetto, sia sulla base del contenuto dell’esperienza sia sulla sua elaborazione, ma soprattutto su quelle che erano le sue aspettative relative all’assunzione. Così un’esperienza dissociativa può avvenire in quanto consapevolmente ricercata, ma anche per un errore nel dosaggio o, più in generale, per una scarsa conoscenza della sostanza.

Effetti indesiderati e collaterali della Ketamina

La ketamina, pur essendo più “sicura” rispetto alla PCP, ha comunque molti effetti negativi conseguenti alla sua assunzione, quali:

  • ronzio nelle orecchie;
  • tachicardia;
  • progressiva riduzione delle capacità motorie ;
  • progressiva riduzione delle capacità percettive;
  • tremori;
  • nausea;
  • vomito;
  • sudore;
  • riduzione della memoria;
  • riduzione della concentrazione.

Altri possibili effetti collaterali derivanti dall’uso prolungato sarebbero ansia, attacchi di panico, flash-back, depressione, insonnia, paura del buio; così come la slatentizzazione di vari sintomi della sfera psicotica quali dispercezioni o deliri a sfondo persecutorio. L’uso prolungato può portare anche a cistiti, calcoli renali, possibili alterazioni della memoria e della capacità d’apprendimento, sulla cui reversibilità non vi è accordo in letteratura. La ketamina può produrre anche una serie di complicazioni nel lungo periodo, legate soprattutto alla sua capacità di indurre alta tolleranza e forte dipendenza psichica.

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Associazione con la cocaina

La Ketamina viene spesso associata alla cocaina (mix definito CK “Calvin-Klein”), per ottenere effetti sinergici e per ridurre i possibili effetti sgradevoli della cocaina.

Dipendenza da ketamina

La dipendenza da ketamina è soprattutto psicologica ed è determinata dagli effetti neurobiologici che questa complessa sostanza ha in comune, non solo con la cocaina, ma anche con gli oppiacei, l’alcool e la cannabis, così come per le proprietà psichedeliche.

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Fenciclidina (PCP o polvere d’angelo): effetti, dosi e danni

MEDICINA ONLINE ALLUCINOGENI PCP POLVERE ANGELO FUNGHI FUNGHETTI ECSTASY DROGA EFFETTI MDMA METABOLITA MDA DIPENDENZA ALLUCINAZIONI VISIONI ECCITAZIONE PILLS PILLOLA COMPRESSE PASTIGLIELa fenciclidina è una sostanza allucinogena di sintesi a base di piperidina, il principale precursore di alcune droghe ad azione oppiomimetica particolarmente diffusa negli anni settanta e ottanta, soprattutto negli Stati Uniti. E’ stata sviluppata negli anni ’50 e brevettata dalla compagnia farmaceutica Parke-Davis come anestetico endovenoso da utilizzare per gli interventi chirurgici. L’utilizzo è stato presto sospeso a causa degli effetti collaterali manifestati dai pazienti, come stati deliranti, agitazione e psicosi nel periodo post-operatorio. Sfruttata successivamente in campo veterinario, per poi diffondersi negli ’60 nel mercato illegale delle droghe con il nome di “PCP” (acronimo derivante dalla sua nomenclatura IUPAC, 1-(1-fenilcicloesil)piperidina) o anche come “polvere d’angelo”. Esistono nel mercato illegale attuale moltissime molecole varianti del PCP, analoghe a quella della fenciclidina ed in genere tutte hanno effetti simili, differenziandosi per la loro intensità. Un “parente stretto” del PCP è la ketamina che, pur avendo effetti di minore durata ed intensità, ha generalmente molti meno effetti collaterali della fenciclidina.

Come si presenta la fenciclidina?

Nella sua forma pura il PCP si presenta come una polvere cristallina bianca che si dissolve velocemente in acqua. Tuttavia la maggior parte del PCP sulla strada contiene un certo numero di contaminanti che causano una variazione del colore, con una consistenza che varia dalla polvere, alla massa gommosa, alle pillole. La fenciclidina può presentarsi in forma liquida o in polvere. Nel primo caso, si imbeve una sigaretta nel liquido per poi fumarla. Nel secondo viene generalmente sniffata (cioè aspirata dal naso con una cannuccia o direttamente con la narice).

Come si assume la fenciclidina?

Come già anticipato, il PCP può essere inalato, fumato, iniettato o masticato, in dosi generalmente di 5-10 mg. È venduto più comunemente sotto forma di polvere o di liquido ed è applicato su sostanze che vengono in seguito fumate, come tabacco, marijuana, origano, prezzemolo, o menta; il motivo di questa modalità d’assunzione è dovuto al fatto che in questo modo gli effetti della droga si manifestano prima rispetto agli altri metodi.

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Funzionamento della fenciclidina

La fenciclidina funziona principalmente come un antagonista dei recettori NMDA inibendo il loro funzionamento. Altre sostanze che bloccano questi recettori sono la ketamina e il destrometorfano. Il recettore NMDA è un recettore canale che regola il flusso di ioni sodio e calcio (Na+ e Ca++) in alcuni tipi di neuroni. È un recettore molto complesso, su cui sono presenti numerosi siti di binding, fra cui vi è un sito specifico per il legame della fenciclidina (chiamato, appunto, sito PCP) che si ritiene sia localizzato all’interno del canale ionico. La fenciclidina non solo è in grado di legarsi ai recettori NMDA, ma è anche in grado di esercitare un’azione agonista nei confronti dei recettori dopaminergici di tipo D2; azione dalla quale derivano, con molta probabilità, i suoi effetti schizofrenici. Inoltre, da alcuni studi è emerso che la fenciclidina è anche in grado di legarsi – ostacolandone l’attività – ad alcune proteine di trasporto deputate al reuptake della dopamina, portando così a un ulteriore aumento della biodisponibilità di questo neurotrasmettitore. Infine, da altri studi ancora è emerso che la fenciclidina è capace di legarsi ai recettori delle endorfine e delle encefaline (quindi ai recettori oppioidi) producendo un effetto di tipo analgesico.

Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

Gli effetti iniziano in tempi diversi in base alla modalità di assunzione ed al dosaggio, ma generalmente si presentano dopo circa 10-20 minuti dall’assunzione. Gli effetti durano alcune ore, ma nonostante ciò, ci possono volere alcune settimane per eliminarla totalmente dal corpo.

Quali sono gli effetti della fenciclidina?

Gli effetti provocati sul Sistema Nervoso Centrale sono simili a quelli generati dagli allucinogeni, ma viene classificato come droga dissociativa a causa dei suoi effetti psichedelico-dissociativi. La fenciclidina è una sostanza potente in grado di alterare il sistema percettivo, fino a bloccarne il funzionamento, portando l’assuntore in una sorta di trance e a vivere un’esperienza “al di fuori dal corpo” chiamata “depersonalizzazione”, proprio perché questo non viene più avvertito. Altri effetti del PCP, sono:

  • allucinazioni uditive e visive;
  • euforia;
  • dissociazione;
  • sensazione di forza, invincibilità, maggiore resistenza.

Oltre a ciò, in letteratura sono stati riportati alcuni casi in cui si sono manifestati comportamenti violenti e in cui si sono verificate aggressioni. In altri casi ancora, invece, si sono manifestati impulsi suicidi. Tuttavia, è bene ricordare che poiché la fenciclidina è spesso assunta in associazione ad altre droghe, non è ben chiaro se queste manifestazioni violente e suicide siano provocate dalla singola PCP o dall’interazione fra quest’ultima e gli altri tipi di droga che si sono assunti.

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Effetti indesiderati e collaterali del PCP a bassi dosaggi

La fenciclidina è in grado di indurre molti altri effetti collaterali, il cui tipo e gravità variano di molto in funzione della dose assunta e dell’eventuale associazione sinergica con altre droghe come cocaina, MDMA e marijuana. La fenciclidina, generalmente, anche a bassi dosaggi (sotto i 5 mg) può determinare:

  • disorientamento;
  • delirio;
  • paranoia;
  • effetti paralizzanti sulla mente;
  • intorpidimento delle estremità;
  • tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • ipertensione (aumento della pressione arteriosa);
  • tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • aumento della temperatura corporea;
  • difficoltà a parlare;
  • movimenti scoordinati;
  • andatura instabile;
  • nausea e vomito;
  • malessere generale.

Effetti indesiderati e collaterali del PCP a dosaggi moderati/elevati

Dosi moderate e dosi elevate (5-10 mg o più) di fenciclidina possono portare all’insorgenza di effetti collaterali più severi, quali:

  • grave tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • grave ipertensione (aumento della pressione arteriosa);
  • grave tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • anestesia;
  • minore percezione del dolore (analgesia) che può determinare traumi come fratture non avvertiti dal soggetto, che non prende contromisure adeguate col rischio di peggiorare la lesione;
  • nausea e vomito;
  • grave confusione, delirio, paranoia;
  • vertigini;
  • contrazioni muscolari;
  • ipertermia;
  • convulsioni;
  • coma;
  • decesso.

Danni, dipendenza e tolleranza

Pur non determinando una dipendenza fisica, è bene non sottovalutare la capacità della fenciclidina di indurre dipendenza psichica e tolleranza: il soggetto, volendo ripetere l’esperienza, è spinto assumerne dosi ripetute ed in quantità che devono essere sempre maggiori per raggiungere gli effetti delle prime volte, fino ad arrivare al sovradosaggio che, casi più gravi, può portare a coma e morte. Non sono ben noti gli effetti specifici di un uso cronico di PCP, tuttavia si ipotizzano danni permanenti al sistema nervoso centrale.

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Allucinazioni lillipuziane e Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie

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Alice dopo aver mangiato il fungo… allucinogeno!

La “Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie” è una particolarissima sindrome di interesse neurologico e psichiatrico, in cui viene alterata la percezione dello spazio e del tempo, facendo vedere – a chi ne soffre – gli oggetti molto più grandi o molto più piccoli di quanto siano in realtà. Inoltre queste persone trovano difficoltoso giudicare il tempo che scorre, dal punto di vista quantitativo. Il disturbo può essere temporaneo, quando è associato con l’emicrania, crisi epilettica, tumori cerebrali e l’uso di droghe psicoattive, oppure permanente in seguito a lesioni cerebrali di vario tipo.

Le allucinazioni lillipuziane

Un sintomo prominente, e spesso fastidioso, della sindrome è quello dell’alterazione dell’immagine del proprio corpo: il malato può infatti confondere la dimensione e la forma di parti (o di tutte le parti) del corpo. La sindrome comporta distorsioni percettive anche della dimensione degli oggetti. Le allucinazioni caratterizzanti la sindrome sono chiamate spesso “allucinazioni lillipuziane“, questo perché gli oggetti possono apparire molto più grandi o – più frequentemente – molto più piccoli di quello che in realtà sono. I pazienti possono presentare sia micropsia che macropsia. La micropsia è una condizione caratterizzata dalla visione distorta di oggetti, che appaiono più piccoli di quanto in realtà sono. Nella macropsia, invece, il paziente vede tutto più grande di quanto non lo sia in realtà. Anche le reali distanze, tra soggetto e oggetti, vengono percepite in modo errato; per esempio un corridoio può sembrare di ampiezza smisurata o il terreno apparire troppo vicino.

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Credersi in movimento da fermi

Il paziente può presentare un senso del tempo e dello spazio distorto, per cui il tempo sembrerà scorrere molto lentamente, in modo simile ad un trip da sostanze allucinogene. La perdita temporanea di tali sensi causa una distorsione nella percezione della velocità. Questo può portare il paziente a credersi in movimento, anche quando non lo è. Altri sintomi minori e meno comuni possono essere: mancanza di coordinamento, difficoltà nel muovere gli arti, perdita di memoria a lungo termine e una sensazione persistente di essere ascoltato, osservato o toccato. La sindrome è talvolta chiamata “Sindrome di Todd“, in riferimento ad un’influente descrizione della condizione nel 1955 da parte dello psichiatra inglese John Todd nella prima metà del ‘900. Todd aveva infatti scoperto che molti dei suoi pazienti, che soffrivano di gravi attacchi di emicrania, vedevano e percepivano gli oggetti in modo sproporzionato, soprattutto dopo un’intensa aura encefalica.

Il romanzo

Spesso questo delirio può essere causato da emicrania, della quale Lewis Carroll (l’autore del famoso “Alice nel Paese delle Meraviglie”, di cui il 14 gennaio ricorrevano i 150 anni dalla morte) soffriva e che probabilmente ha ispirato la scrittura del racconto. Inoltre nel romanzo di Lewis, colpisce il fatto che la protagonista Alice presenti tutti i sintomi della sindrome in questione dopo l’ingestione di muscimolo, un alcaloide psicoattivo contenuto dall’amanita muscaria e dall’amanita pantherina (nel romanzo descritto come un “fungo rosso e bianco”).

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Differenza tra allucinazioni semplici e complesse

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Allucinazioni semplici e complesse

Le allucinazioni possono essere distinte in semplici e complesse.
Si definisce allucinazione semplice quella in cui è attivata una singola modalità sensoriale e quindi la percezione non richiede un’elaborazione cognitiva per essere decodificata. Tipico esempio di allucinazione visiva semplice è quella di vedere un oggetto, ad esempio un albero o una casa, che in realtà non esiste, mentre una allucinazione uditiva semplice è quella di sentire un rumore che non esiste.
Si definisce allucinazione complessa un tipo di allucinazione in cui sono attivate più modalità sensoriali. Tipico esempio di allucinazione complessa visivo-uditiva è quella di vedere e sentire una persona che parla, oppure un elefante che barrisce, che in realtà non esistono.

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Demenza da corpi di Lewy: cause, decorso, Parkinson, aspettativa di vita

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Cause di Demenza da corpi di Lewy

La causa della DLB non è stata ad oggi ancora chiarita completamente. È stato trovato un possibile legame con il gene PARK11, ma bisogna precisare che la maggioranza dei casi di DLB sono da considerarsi sporadici. Un fattore di rischio noto per lo sviluppo della DLB è la presenza dell’allele ε4 dell’apolipoproteina E (come anche per la demenza di Alzheimer).

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Demenza da corpi di Lewy e Parkinson

La DLB è strettamente correlata – ancora in modo non del tutto chiarito – con la malattia di Parkinson, con cui ha in comune alcuni aspetti anatomopatologici: infatti si definiscono corpi di Lewy dei depositi anomali di proteina fibrillare che si formano nelle cellule nervose e si localizzano prevalentemente nei nuclei del tronco encefalico (m. di Parkinson) e della corteccia cerebrale (demenza a corpi di Lewy). La Demenza da corpi di Lewy ha in comune con il Parkinson anche alcuni aspetti clinici, come i tremori e i disturbi del movimento, e ormai oggi si ritiene che le forme di malattia di Parkinson associate a (o evolute in) demenza (PDD: Parkinson Dementia Disease) altro non siano che demenze a corpi di Lewy esordite con parkinsonismo.

Clinica

La sintomatologia della Demenza da corpi di Lewy, sebbene molto varia, è caratterizzata da sintomi ricorrenti, che tipicamente sono:

  • grandi variazioni dello stato di attenzione e di allerta, con fluttuazioni presenti di giorno in giorno ed addirittura di ora in ora;
  • frequenti allucinazioni visive che spesso segnano l’esordio della malattia;
  • sogni vividi, spesso di natura terrifico;
  • disturbi della memoria;
  • disturbi del movimento indistinguibili da quelli del Parkinson, spesso più marcati ed invalidanti del Parkinson stesso;
  • decadimento cognitivo fluttuante.

I pazienti spesso sono soggetti anche ad ipercatabolismo che, se non trattato, può portare a dimagrimenti improvvisi e drastici nonostante l’alimentazione rimanga perlopiù normale. Al momento attuale, l’aspettativa di vita stimata per i pazienti affetti da questa demenza progressiva è di circa 8 anni dall’esordio dei sintomi, anche se può variare a seconda del fenotipo del paziente stesso.

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Sintomi premonitori

Fra i segni più precoci vi può essere un disordine comportamentale nel sonno, noto come “disturbo comportamentale nel sonno REM” od RBD; i sogni sono vividi e spesso a contenuto terrifico, con vocalizzi e/o segni di comportamento violento. Sempre piuttosto precocemente si può instaurare la comparsa di anosmia. I Disordini cognitivi (sia di tipo corticale che sottocorticale) comprendono

  • disturbi dell’attenzione e del richiamo della memoria (comunque di minore entità rispetto all’Alzheimer);
  • disturbo frontale sottocorticale e visuospaziale;
  • fluttuazioni della performance cognitiva e funzionale (ne soffrono dal 45 al 90% dei pazienti), consistenti in  episodi improvvisi in cui il paziente si disinteressa agli stimoli esterni o appare in condizione di sopore.

Le fluttuazioni sono variabili in durata (da minuti ad ore) e capaci di condurre il soggetto sino ad uno stato ‘pseudo-catatonico’. Tipico è il ‘closing in’ (lett. “appiccicarsici”): il soggetto, quando invitato a riprodurre un disegno,  costruisce il proprio a ridossi di  quello dell’esaminatore.

Sintomi psico-allucinatori

Comprendono:

  • allucinazioni,
  • deliri, illusioni,
  • turbe dell’umore.

Le allucinazioni visive (presenti con percentuale prossima all’80%) sono di solito extracampine, e si presentano con la percezione della figura del famoso “angelo custode” spesso vista dal paziente alla sua sinistra. Esse offrono una ‘sensazioni di passaggio’, sia di animali che di oggetti; fino alla visione di vere e proprie scene allucinatorie, semplici o tridimensionali, solitamente mute. In una fase più tardiva della malattia possono essere presenti anche allucinazioni uditive (più frequentemente che nella demenza di Alzheimer); le allucinazioni appaiono dovute ad una disfunzione presso il lobo temporale. Le illusioni si manifestano nella forma di una distorsione delle immagini reali. I deliri paranoidi e di misidentificazione sono riscontrati sino al 13-75% dei casi; essi possono spingersi fino a grosse manifestazioni isteriche, presenza di dolori diffusi transienti e segni paretici che tendono a scomparire.

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Turbe dell’umore

Si compongono di: sintomi depressivi (con prevalenza dal 14 al 50%), depressione maggiore (con prevalenza del 20%) e sintomi depressivi minori; in genere le turbe dell’umore sono presenti in maniera fluttuante.

Segni motori

sono di tipo parkinsoniano e presenti nel 40% dei casi alla diagnosi (di solito sono forme simmetriche con prevalente rigidità, e tremore a riposo ridotto). Essi sono anche più gravi che nella PD stessa. Caratteristica può essere una  ‘sindrome di Pisa’, che si presenta con una distonia assiale in avanti o laterale. Disfunzioni autonomiche severe compaiono col progressivo avanzamento della patologia: ipotensione ortostatica , ipersensibilità del seno carotideo ed incontinenza urinaria.

Anatomia patologica

La Demenza da corpi di Lewy è anatomicamente caratterizzata dalla presenza di corpi di Lewy, costituiti da aggregati di Alfa-sinucleina e di ubiquitina che si accumulano nei neuroni e che sono rinvenibili nelle biopsie post-mortem.

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Diagnosi

Caratteristica centrale (essenziale per la diagnosi di DLB possibile o probabile): una demenza, intesa come un decadimento cognitivo progressivo di entità tale da interferire con le normali attività sociali o lavorative; un marcato deficit mnesico può non essere presente nelle fasi iniziali di malattia ma è generalmente presente con la sua progressione. Può essere presente un preminente deficit attentivo, delle funzioni esecutive e delle abilità visuo-spaziali.

Caratteristiche “core”, ‘centrali (due delle seguenti caratteristiche sono sufficienti, insieme alla caratteristica centrale, per la diagnosi di DLB probabile; una è necessaria  per la diagnosi di DLB possibile):

  • Fluttuazioni cognitive, con marcate variazione di attenzione e vigilanza
  • Allucinazioni visive ricorrenti, generalmente complesse e ben strutturate
  • Parkinsonismo

Caratteristiche suggestive (in presenza di una o più di queste caratteristiche, in associazione ad una o più caratteristiche “core”, si può porre diagnosi di DLB probabile; se non sono presenti caratteristiche “core”, una o più caratteristiche suggestive permettono di porre diagnosi di DLB possibile; la diagnosi di DLB probabile non può essere posta sulla base delle sole caratteristiche suggestive):

  • Disturbi del sonno REM
  • Spiccata sensibilità ai neurolettici
  • Diminuito uptake del trasportatore della dopamina a livello dei nuclei della base, dimostrato tramite PET o SPECT

Caratteristiche di supporto (presenti frequentemente ma prive attualmente di specificità diagnostica):

  • Cadute e sincopi ricorrenti
  • Transitorie perdite di coscienza non altrimenti giustificabili
  • Disfunzione autonomica di grado severo (ipotensione ortostatica, incontinenza urinaria)
  • Allucinazioni non visive
  • Depressione
  • Relativa integrità delle strutture temporali mediali (dimostrate mediante TC o RMN)
  • Uptake di traccianti di perfusione (mediante SPECT/PET) diffusamente diminuito, con ridotta attività a livello occipitale
  • Anomalie alla scintigrafia miocardia con MIBG
  • Una ‘Prominent slow wave activity on EEG with temporal lobe transient sharp waves’; la si trova descritta nel capitolo successivo della tesi

Caratteristiche che rendono meno verosimile la diagnosi di DLB.

  • Malattia cerebrovascolare
  • Presenza di altre malattie che possano giustificare il quadro clinico
  • Comparsa dei segni extrapiramidali nelle fasi avanzate di malattia.

Diagnostica per immagini

La RM testimonia  l’atrofia delle strutture mediali del lobo temporale (e dell’ippocampo in particolare); questo reperto è meno evidente che nella demenza di Alzheimer. Infatti le funzioni mnesiche sono meno coinvolte nei pazienti affetti da LDB rispetto ai soggetti affetti da AD. Si rinvengono, invece, una maggiore atrofia presso il putamen ed il sistema nigro-striatale. Alla SPECT ed alla PET si impiegano traccianti dopaminergici e traccianti aspecifici di perfusione o metabolismo. L’utilizzo di ligandi SPECT quali 123i-FPCIT (n-fluropropyl-2β-carbomethoxy-3β-4- [123i]iodophenyl tropane, noto in termini commerciali come DAT-SCAN), 123i-β-CIT, e del  ligando PET 18F-dopa ([18F]flurodopa), permette di apprezzare nella DLB una marcata perdita di terminali pre-sinaptici dopaminergici a livello nigrostriatale, con una stretta analogia  con altre malattie extrapiramidali quali PD, PSP, Atrofia Multisistemica, ed in netta contrapposizione con la demenza di Alzheimer, in cui si osserva una pressoché  completa integrità funzionale del sistema nigrostriatale. È poi  tipica una ipoperfusione posteriore (o difetto posteriore), a “ferro di cavallo”;  studi che utilizzano SPECT con i ligandi perfusionali 99mtc-HMPAO, 99mtc-ECD  e 123iMP, mostrano infatti una minorata perfusione a  carico delle regioni occipitali nei pazienti con DLB, significativamente maggiore rispetto a quella osservata nei pazienti con AD. Risultati analoghi, si  ottengono con il tracciante PET 18F-FDG che evidenzia un quadro di netto ipometabolismo occipitale.

Terapia

Il trattamento solitamente si basa su due terapie principali: una farmacologica e una non farmacologica. La prima riguarda le manifestazioni neuropsichiatriche, quelle del deterioramento cognitivo e le alterazioni di tipo motorio. Si tratta di una terapia meramente sintomatica e senza capacità curativa caratterizzata dall’uso di due principali gruppi di farmaci: gli inibitori dell’acetilcolinesterasi e la memantina. Dall’altro lato, il trattamento non farmacologico permette di migliorare la qualità di vita della persona, grazie a una combinazione di attività fisica regolare e un programma di riabilitazione.

Trattamento farmacologico

Il trattamento della psicosi richiede una particolare attenzione; i soggetti  trattati con i neurolettici tipici mostrano un rapido peggioramento della sintomatologia extrapiramidale (con complicanze anche potenzialmente fatali:  ipertermia maligna, ‘tono ligneo’ e possibile approdo ad una disfunzione multiorgano). Ragione per la quale debbono venire impiegati i neurolettici atipici (in particolare: clozapina e quetiapina). Il trattamento dei disturbi della memoria prevede il possibile impiego di Memantina e Anticolinesterasici (rivastagmina, Exelon e il donepezil, Aricept). Il trattamento dei sintomi motori implica l’utilizzo di L-dopa. L’aggiunta di un maggiore apporto di sale da tavola o di anti-ipotensivi può essere necessaria per curare l’ipotensione ortostatica.

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Assistenza

Appare essenziale garantire al paziente un sistema di assistenza (‘caregiving’) che comprenda:  riadattamento all’ambiente familiare, cura delle sovraimposte disautonimie fisiche, e controllo della presenza di infezioni vescicali, costipazione e disidratazione. I ‘caregivres’ dovrebbero imparare ad eliminare eventuali stimoli che siano noti per scatenare fenomeni allucinatori nei soggetti affetti da DLB;  è infatti buona norma rendere l’ambiente di vita il più semplificato possibile. Il dialogo con i pazienti colpiti da DLB può essere reso difficile dal loro atteggiamento astioso; sarà quindi necessario che il badante eviti di parlare troppo a lungo o troppo poco col paziente, cercando un giusto mezzo e che si esprima sempre lentamente e in maniera chiara ed esplicita.

Aspettativa di vita

L’aspettativa di vita nel paziente con Demenza da corpi di Lewy, si stima essere di circa 8 anni dalla comparsa dei primi sintomi. Il pronostico però varia molto da persona a persona e può essere influenzato dalla presenza o meno di altre malattie concomitanti, dall’età del paziente, dall’ambiente in cui il paziente vive e dallo stato di salute generale della persona. Non va dimenticato però che si tratta di una malattia degenerativa la cui evoluzione è inevitabile. È importante perciò ricordare che una diagnosi corretta e precoce sarà l’elemento fondamentale in grado di aiutare a rallentare al più presto l’evoluzione dei sintomi conseguendo in questo modo migliore qualità di vita e prognosi più ottimistica.

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