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Differenza tra latte in polvere e liquido per neonati: quale scegliere?
Il “latte formulato“, comunemente conosciuto come “latte artificiale per neonati” ha un grande vantaggio rispetto al latte materno: fornisce alla neo mamma che non può – per motivi di salute o altro – o non vuole allattare al seno, la possibilità di Continua a leggere
Differenza tra svezzamento tradizionale ed autosvezzamento
Si parla spesso di autosvezzamento e di svezzamento “tradizionale”, ma che differenza c’è tra questi due approcci? Vediamo allora di fare un confronto tra i due tipi di svezzamento, seguendo i punti fermi di entrambi i metodi.
Svezzamento tradizionale
- Viene iniziato secondo le indicazioni del pediatra, della mamma o comunque di un’altra persona.
- Si tende a introdurre un pasto completo alla volta e a eliminare la poppata corrispondente il più velocemente possibile seguendo un calendario prestabilito.
- Il bambino di solito mangia separatamente dal resto della famiglia
- Si tendono a privilegiare pappe, omogeneizzati e baby food in generale (spesso perché si inizia troppo presto, per cui non si hanno alternative). Il fatto che le pappe siano preparate a casa o acquistate già pronte, poco importa.
- La gradualità è dalle pappe ai pezzetti, ai pezzetti più grandi al cibo “normale”.
Autosvezzamento
- È un processo che inizia solo quando lo decide il bambino e non qualcun altro.
- Si comincia con piccoli assaggi, effettuati con la famiglia a tavola. Il latte non viene sostituito seguendo il calendario, ma seguendo il naturale sviluppo del bambino.
- I pasti vengono sempre condivisi per cui il bambino non mangia da solo.
- Siccome abbiamo atteso che il bambino fosse pronto, non c’è nessun bisogno di affidarsi a cibi speciali preparati solo per lui. Invece possiamo condividere la tavola e quello che c’è: tutti in famiglia mangiano le stesse cose
- La gradualità la vediamo nel passaggio da micro assaggi ad assaggi sempre più consistenti fino a veri e propri pasti.
Lo svezzamento tradizionale è VERTICALE, l’autosvezzamento è ORIZZONTALE
Nello svezzamento tradizionale si sostituisce una poppata con un pasto più o meno completo, poi se ne sostituiscono due e così via. L’introduzione dei cibi è fatta subito in profondità, ovvero in modo verticale, a determinati orari del giorno stabiliti a priori. Non è il cibo che complementa il latte; se siamo fortunati e il cibo non viene imposto come unica fonte di nutrimento, è il latte a complementare il cibo.
Se si fa autosvezzamento non si sostituisce a priori nessuna poppata in quanto il bambino si avvicina al cibo solido in modo graduale, partendo da piccoli assaggi durante tutti i pasti consumati dalla famiglia nell’arco della giornata. In questo caso il cibo fa da complemento al latte perché le poppate non si abbandonano se non molto gradualmente e in modo più o meno equilibrato. Insomma in modo orizzontale. Se ci si sofferma un attimo a pensare, procedere in modo orizzontale non è certo una novità;
- il bambino non impara forse a camminare in modo orizzontale?
- Il bambino non impara forse a parlare in modo orizzontale?
Lo stesso vale per ogni altra tappa evolutiva di ogni bambino, anche se ogni bimbo è una storia a sé che va valutata nella sua unicità, per trovare il metodo migliore PER LUI.
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Quanto devono crescere di peso ed altezza un neonato ed un bambino?
La crescita del neonato durante il primo anno di vita avviene molto rapidamente anche se ogni bambino ha propri ritmi personali e non sempre uguali a quelli dei coetanei. Alla nascita, infatti, pesi e lunghezze non sono uguali per tutti: in generale però si può dire che il peso medio alla nascita è di circa 3200 grammi con qualche differenza tra maschi e femmine, infatti i primi pesano circa 150 grammi in più: viene comunque considerato normale un peso compreso tra i 2500 e i 4500 grammi.
Non ci sono quasi diversità per quanto riguarda la lunghezza tra maschi e femmine che misurano tra i 49 e i 53 centimetri.
I primi tre mesi: ecco quanto pesa il neonato
La prima considerazione da fare è che statura e peso possono essere diverse da un bimbo all’altro non solo in base al genere, maschile o femminile, ma anche per motivi legati a fattori ereditari e per cause dipendenti dalla mamma: se in gravidanza fuma potrebbe avere un neonato di basso peso.
Nella settimana dopo la nascita la crescita subisce il fisiologico calo ponderale che si aggira intorno al 5-10% dovuto alla emissione di meconio e alla perdita di liquidi: se il bambino si alimenta con regolarità il peso viene recuperato durante la seconda settimana di vita. Nei primi tre mesi avviene l’aumento ponderale più importante perché per una corretta crescita il bambino assume circa 25 al giorno, che corrispondono circa 150-180 grammi alla settimana.
Dal terzo al sesto mese
Dal terzo mese la crescita del neonato rallenta un po’, con circa 20 grammi al giorno, vale a dire 150 grammi alla settimana.
Si può dire che una fisiologica crescita del neonato porta a raddoppiare il peso della nascita al 5° mese di vita e a triplicarlo intorno all’anno.
Dalla nascita a due anni: quanto cresce in lunghezza?
Nel primo mese di vita la crescita del neonato in lunghezza è molto accentuata: il piccolo, infatti, alla fine del primo mese misura ben 5 centimetri più che alla nascita.
Aumenta ancora 3 centimetri nel corso del secondo mese per poi crescere di 2 centimetri dal terzo al settimo mese. Da questo momento fino all’anno la lunghezza del bambino aumenterà di un centimetro al mese. Tra il primo ed il secondo anno di età i bimbi maschi e femmine tendono a crescere di circa 12 cm totali, arrivando a circa 85/90 cm di altezza (le bambine) e circa 90/95 cm di altezza (i bambini) con ampie variazioni individuali.
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Aumento di peso da 6 a 9 mesi
Dal sesto al nono mese di vita il bambino aumenta all’incirca 400-500 grammi al mese: alla fine del nono mese un lattante pesa mediamente circa nove chili. A partire dal sesto mese in avanti, tuttavia, l’aumento di peso non è più in relazione solamente con la quantità di cibo introdotta dal piccolo, ma anche con la sua vivacità. Come accade anche per gli adulti, i bambini più irrequieti ed esuberanti consumano più energie in confronto ai più calmi e tranquilli che, invece, tendendo a muoversi di meno, consumano un numero di calorie inferiore.
Aumento di peso da 9 a 12 mesi
Dal compimento del decimo mese fino al primo compleanno l’accrescimento ponderale dovrebbe essere in totale di altri 700-800 grammi per cui, alla fine dell’anno di vita, un maschietto dovrebbe pesare all’incirca 10 chilogrammi ed una femmina 4 etti di meno. La differenza di peso tra due coetanei può tuttavia essere notevole perché, come già spiegato, l’accrescimento ponderale è influenzato, oltre che dall’alimentazione e dall’attività fisica più o meno frenetica del bambino, soprattutto da fattori ereditari. Anche se, in linea di massima, i pediatri ritengono che all’età di un anno un bambino dovrebbe avere triplicato il peso presentato alla nascita, non vi è assolutamente da preoccuparsi se un bebè, che alla nascita pesava 2,7 kg, ne pesi, al compimento del suo primo compleanno, 8,5, come pure è intuibile sia normale che un neonato che alla nascita pesava 4 kg sia di peso abbondantemente superiore ai 10 kg all’anno di vita.
Aumento di peso da 1 a 2 anni
Il ritmo di accrescimento ponderale piuttosto sostenuto presentato nei primi dodici mesi di vita è poi destinato a ridursi drasticamente tra il primo e il secondo anno di vita, durante il quale i bambini aumentano di circa due chili arrivando a pesare pressappoco 12 chili ai ventiquattro mesi di età.
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Quando il bambino inizia dire le prime parole? Come aiutarlo a parlare?
Ci sono alcune tappe base di sviluppo del linguaggio bimbi, che sono le seguenti:
- a 6 mesi di età , il bambino sa ripetere suoni come “la, la”, “ba , ba” o ” da, da ” (tale emissione di suoni prende il nome onomatopeico di “lallazione”;
- entro i 12 mesi (primo anno di età) il bambino sa dire alcune parole semplici;
- all’età di 18 mesi (un anno e mezzo di vita) il bambino sa pronunciare numerose parole;
- entro i 2 anni il bambino inizia a mettere insieme le parole in modo da esprimere un senso compiuto, spesso legato all’alimentazione, ad esempio ” basta pappa”, “acqua mamma”, “ancora latte”;
- entro i 3 anni , il bambino sa parlare usando 2-3 frasi alla volta.
Tali limiti temporali sono però assolutamente variabili: ogni bambino ha tempi diversi che non necessariamente indicano una patologia.
Come fanno i bambini ad imparare a parlare?
I bambini imparano a parlare guardando, ascoltando e rispondendo alle persone che li circondano.Sono attorniati da mille stimoli e assorbono informazioni in ogni istante. Nei primi mesi, il bambino ascolta la voce della mamma e del papà o comunque delle persone che vivono attorno a lui quotidianamente, e cerca di ripetere gli stessi suoni che emettono gli adulti. Quando voi gli rispondete e cercate di “conversare” con lui, il bambino di conseguenza si sentirà ulteriormente incoraggiato e stimolato a continuare nei suoi esperimenti comunicativi. E così mano a mano che cresce imparerà nuovi suoni, nuove sillabe e parole.
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Quando un bambino non parla: cosa può impedire a mio figlio di imparare a parlare?
Ci sono diverse situazioni che possono causare un ritardo nel parlare. Ad esempio:
- problemi di udito;
- problemi con il movimento della lingua;
- problemi al palato o alle corde vocali;
- problemi relativi alla zona cerebrale deputata al linguaggio.
Il modo migliore per aiutare il bambino che presenta un ritardo nel linguaggio è quello capire precocemente quale potrebbe essere l’eventuale problema ed affrontarlo. Con la maggioranza delle patologie, un trattamento precoce determina buone probabilità che la capacità linguistica del vostro bambino possa migliorare e/o risolversi.
Cosa fare se mio figlio non sta parlando nei tempi previsti?
I tempi di apprendimento del linguaggio sono estremamente variabili, tuttavia, se pensate che il vostro bambino abbia qualche problema di linguaggio parlatene con il pediatra di fiducia, che eventualmente potrà inviarvi da uno specialista per una consulenza.
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Come posso aiutare il mio bambino ad imparare a parlare?
Innanzitutto parlate con lui, fin da quando è nel pancione. Dalla nascita continuate a farlo, parlategli, raccontategli storie, cantate con lui delle canzoni. Tutto questo aiuterà il vostro bimbo ad imparare ad emettere suoni e a comunicare. Rispondete con parole ai suoni del vostro bambino. Se per esempio il bambino vi indica una banana e dice “ee – ee” voi rispondetegli con un “Vuoi mangiare la banana?”. In questo modo inzierà ad associare il nome e il suono corretto alle cose. Altri consigli sono:
- Insieme alla voce usate anche segnali con la mano e gesti per aiutarlo a capire cosa state dicendo.
- Parlate con il vostro bambino per tutta la giornata. Mentre siete in passeggiata ad esempio o mentre fate la spesa con lui: date sempre uno nome alle cose e descrivete quello che state facendo.
- Rispondete sempre alle domande del vostro bambino perché per lui ricevere delle risposte è importantissimo.
- Non fate l’errore di parlare con il linguaggio dei bambini (il cosiddetto “bimbese“), ma usate sempre e solo parole reali.
- Leggetegli delle fiabe, ogni giorno a partire dai 6 mesi di età, ma anche da prima se volete.
- Ascoltare i grandi che leggono ad alta voce, aiuta il bambino ad imparare i suoni. La lettura può anche aiutare a capire la lingua e imparare nuove parole.
- Scegliete libri con grandi immagini con colori vivaci e con storie semplici. vanno benissimo anche testi che contengono numeri, le lettere dell’alfabeto, forme e rime.
- Per coinvolgere di più il vostro bambino indicate le immagini e date il nome alle cose raffigurate, e poi chiedete al bambino di indicare gli oggetti rappresentati nella pagina. Mano a mano che cresce potete fargli domande sulla storia. Questa interazione stimola il bambino all’apprendimento. Non dimenticate mai di incoraggiarlo e di trasmettergli fiducia in quello che fa o impara a fare.
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Quando il bambino inizia a mangiare da solo autonomamente?
Molti genitori, quando il loro bambino inizia a star seduto sul seggiolone e ad interessarsi alla manipolazione del cibo e agli oggetti ad esso collegati, si interrogano sul dubbio se esista o no un’età ideale in cui si debba o possa insegnare ad un bimbo a mangiare da solo. No, come per molte altre attività, vedi il camminare, molto dipende dai segnali che il bimbo stesso dà: è molto curioso nei confronti del cibo o lo accetta passivamente? Riesce ad afferrare bene le posate o i pezzetti piccoli di cibo usando ad esempio due dita a mo’ di pinza?
Svezzamento: dai sei mesi ad un anno di età circa
Fin dallo svezzamento è importante permettere al bambino di conoscere il cibo, sia assaggiandone molte varietà a piccoli bocconcini, ma permettendogli anche di manipolare il cibo, portarselo alla bocca da solo (e inevitabilmente combinando qualche disastro, questo mettetelo in conto). E’ normale a questa età portare tutto alla bocca e fare conoscenza di ogni oggetto, che sia o meno commestibile, mediante l’olfatto e il gusto. Ad un bimbo di sei mesi normalmente si permette di esplorare gli oggetti mettendoli in bocca, anzi gli si propongono dei giochi che servono proprio a questo, allo stesso modo, e a maggior ragione, non dobbiamo vietargli di farlo col cibo, portandolo alla bocca con le mani, pasticciandolo e sporcandosi. Facendo così, il bambino svilupperà un buon rapporto col cibo e col proprio corpo e imparerà ad assaggiare di tutto. Per quel che riguarda l‘uso delle posate nei bimbi piccoli, per far loro prendere confidenza, iniziate a dargli in mano un cucchiaino e poi verso l’anno una forchettina per bambini, magari mentre lo imboccate voi con un’altra. A 9 mesi il bambino sa tenere il biberon con le mani, portarlo alla bocca e toglierlo quando ha finito. Se gli viene dato un biscotto lo succhia con piacere ma si sporca parecchio. Quindi il primo consiglio quindi è quello di lasciare il bambino libero di mangiare con le mani, manipolare il cibo, annusarlo e portarlo alla bocca. Una serie di azioni che il bambino può fare sin da subito, sin dalle prime fasi dello svezzamento.
Poi si può offrire al bambino un cucchiaino morbido con il quale può provare a prendere il cibo e portarlo alla bocca.
Dai 12 ai 18 mesi
Verso l’anno ma anche un po’ più tardi se non lo vedete pronto, se il bambino è molto lento a mangiare e si distrae facilmente, potete lasciarlo fare da solo per la prima metà del pasto e imboccarlo successivamente. Sperticatevi in lodi e complimenti quando riesce a portare correttamente un boccone in bocca da solo. Verso i 18 mesi, il bambino, specie nei confronti della mamma, vorrà far da sé affermando la sua autonomia, spesso in malo modo, non per niente questa fase viene denominata quella dei “terribili 2 anni”.
Dai 18 ai 36 mesi
In questa stupenda fase (per quel che riguarda le scoperte) il bambino riconosce il proprio posto all’interno della famiglia, ne acquisisce le regole. Continua però la ricerca dell’autonomia, infatti vi accorgerete che vorrà fare “tutto da solo”. A due anni un bambino di solito mangia da solo, tiene il bicchiere con una sola mano e non si sporca quasi più. Ogni tanto può chiedere di essere imboccato, ma in realtà è più una coccola o una richiesta di attenzione che reale difficoltà. Verso i due anni e mezzo inizia ad utilizzare la forchetta ed infila correttamente i bocconi in bocca.
A tre anni ormai dovrebbe stare correttamente a tavola
Se ad esempio, pur conoscendo l’uso delle posate si ostina a mangiare con le mani, cercate di togliere questa “cattiva abitudine” con gentile fermezza, altrimenti continuerà perché è più comodo chissà per quanto.
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Quando iniziare lo svezzamento dopo latte artificiale e allattamento al seno
Cosa significa “svezzamento”?
Un bimbo prende il nome di “lattante” nel periodo variabile che inizia col 29° giorno dopo il parto e termina con lo “svezzamento“. Lo svezzamento (anche chiamato “divezzamento” o ancora “alimentazione complementare”) è il processo di sostituzione dell’alimentazione esclusiva a base di latte (allattamento naturale o artificiale) tipica delle prime fasi di vita, con quella caratterizzata dall’assunzione di altri liquidi e solidi. Lo svezzamento inizia in un tempo variabile che oscilla tra i 6 e gli 11 mesi di vita, sia in caso di bimbo allattato al seno che di bimbo allattato con latte artificiale. Se il bimbo è stato allattato al seno, il momento dello svezzamento rappresenta anche psicologicamente la fine del rapporto simbiotico tra mamma e neonato (tipico dei primi mesi di vita del bambino) ed è fondamentale lo sviluppo del rapporto madre/figlio e dell’identità stessa del bambino.
Quando iniziare lo svezzamento nei lattanti?
Non bisogna avere fretta di proporre nuovi alimentati, soprattutto ai bambini allattati al seno, che possono iniziare tranquillamente a variare la loro ‘dieta’ intorno a 6 mesi. Lasciatevi guidare dal bimbo nel decidere qual è il momento più adatto ad iniziare: saranno pronti quando sembreranno ancora affamati dopo un pasto di latte o quando la vista o l’odore di cibi diversi dal latte sembreranno scatenare il loro entusiasmo. Non forzate mai il bambino a mangiare controvoglia e non aspettatevi che le prime pappe vengano consumate interamente. Le prime volte il bimbo mangerà (e sputerà ovunque) pochissimi cucchiaini sia perché deve apprendere sapori nuovi, sia perché deve apprendere un nuovo metodo per alimentarsi passando dal succhiare al cucchiaio.
Come capire quando il lattante è pronto per lo svezzamento?
In genere sono 3 gli elementi da prendere in considerazione (oltre all’età del neonato) che ci possono far capire che il bambino è pronto ad affrontare la fase dello svezzamento:
- è in grado di stare seduto da solo;
- mostra interesse verso il cibo;
- ha raddoppiato il peso dalla nascita.
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Come iniziare lo svezzamento? Quali cibi scegliere e quali evitare?
Il brodo vegetale si prepara con verdure fresche di stagione o se preferite con verdure di coltivazioni biologiche: patate, carote, fagiolini, piselli, spinaci, sedano, carciofi, coste, bietole, zucchine, zucca e tutte le varietà di insalate.
Inizialmente potrete utilizzare solo alcuni tipi, generalmente patata, carota e zucchina, poi progressivamente aggiungere una verdura nuova tutte le settimane. Così facendo si abitua pian piano il bambino a nuovi sapori e si valuta se le novità sono ben tollerate (reazioni allergiche, variazioni nelle scariche intestinali, ecc.). Evitate cavoli, cavolfiori, verze, cipolle che hanno sapori e odori forti, e il pomodoro, uno degli alimenti più allergizzanti. Queste verdure vanno lavate e bollite per un’ora circa in ln litro di acqua non salata. Il brodo così preparato può essere conservato in frigorifero, ben tappato, per 1-2 giorni. Per le prime pappe si utilizza solo il brodo filtrato, scartando le verdure bollite. Nelle settimane successive le verdure utilizzate si passano (o si frullano) e se ne aggiungono 1-2 cucchiai al brodo. Non aggiungere sale, né dado.
Come preparare la prima pappa?
Ovviamente la pappa non è fatta solo di brodo, ecco come la preparerete:
- 150 – 180 grammi di BRODO VEGETALE preparato come descritto sopra:
- 3-4 cucchiai da cucina rasi di CREMA di RISO o MAIS-TAPIOCA o SOIA o MULTICEREALI o SEMOLINO;
- 1 cucchiaino da caffè di PARMIGIANO ben stagionato;
- 1 cucchiaino da caffè di OLIO D’OLIVA extra-vergine.
In caso di stitichezza e popò molto dura, non utilizzare la crema di riso e aumentare la quantità di zucchina; in caso di diarrea, utilizzare la crema di riso e aumentare la quantità di patata e carota. Dopo la prima settimana di solo brodo con cereali e una seconda di brodo + cereali + qualche cucchiaio di verdure lesse passate si può aggiungere 5 grammi (1/2 vasetto) di LIOFILIZZATO di CARNE BIANCA (agnello, coniglio, tacchino, pollo) o mezzo vasetto di omogeneizzato a discrezione del vostro pediatra
Una volta introdotta la pappa ecco come potete organizzare lo schema dei pastidel vostro bambino fino al sesto mese:
- 4-5 pasti nella giornata dei quali 3-4 pasti di latte (materno o di proseguimento);
- 1 pasto (di solito al mezzogiorno, ma senza che ciò costituisca un obbligo) con pappa.
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Schema temporale dello svezzamento
Quando introdurre gli alimenti più comuni:
Frutta:
- Mela, pera, banana e prugna: da 4 mesi;
- Limone: qualche goccia nella frutta dai 4 mesi;
- Albicocche e pesche: dai 6 mesi;
- Arance e mandarini: spremuti dall’8° mese;
- Kiwi, fragola, uva, cachi, fichi, anguria, melone, castagne, noci, mandorle: dopo i 12 mesi.
Verdura:
- Patata, carota, zucchina e zucca: dai 5 mesi;
- Sedano, porro, cipolla, insalata, finocchi, cavolfiori e spinaci: dai 6 mesi;
- Pomodoro: senza buccia, dai 10 mesi;
- Melanzane e carciofi: dopo i 12 mesi.
Cereali:
- Riso: in crema dai 5 mesi, in chicchi dagli 8 mesi;
- Mais e tapioca: in crema dai 5 mesi;
- Semolino: dai 6 mesi;
- Crema multicereali: dai 6 mesi;
- Pastina minuscola, tipo sabbiolina: dai 7 mesi;
- Pastina piccola, tipo forellini micron: dagli 8 mesi;
- Pastina media, tipo anellini, stelline o puntine: dai 10 mesi;
- Orzo e Farro: dai 12 mesi.
Carne:
- Coniglio, tacchino, pollo, vitello e manzo: liofilizzato dai 5 mesi, omogenizzato dai 6 mesi, lessato o cotto al vapore dai 9 mesi;
- Prosciutto cotto senza polifosfati: dagli 8 mesi;
- Maiale: dopo i 12 mesi.
Formaggi:
- Parmigiano: dai 5 mesi;
- Formaggio ipolipidico: dai 6 mesi;
- Ricotta fresca: dai 7 mesi;
- Bel paese, Caciotta, Fontina dolce, Caprino fresco e Crescenza: dagli 8 mesi.
Pesce:
- Merluzzo, trota, sogliola, platessa, nasello e palombo: dagli 8 mesi;
- Pesce spada e salmone: dai 9 mesi.
Altri alimenti:
- Olio extra vergine di oliva: dai 5 mesi nella pappa;
- Brodo vegetale: dai 5 mesi;
- Yogurt intero: dai 7 mesi;
- Brodo di carne: dagli 8 mesi;
- Legumi: dagli 8 mesi;
- Uovo: tuorlo sciolto nella pappa, dai 9 mesi; uovo intero dopo i 12 mesi;
- Miele: dopo i 12 mesi.
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Svezzamento al 4 mese
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia l’allattamento esclusivo per i primi 6 mesi del neonato, ma ci sono ancora pediatri che fanno iniziare prima dei sei mesi lo svezzamento o motivi che possono spingere una mamma (o il medico) ad anticipare l’introduzione di nuovi cibi. In ogni caso parlatene sempre col pediatra, che vi saprà consigliare il modo giusto per dare inizio allo svezzamento. Molti pediatri dopo il compimento del quarto mese consigliano di iniziare ad introdurre la frutta, magari per uno spuntino a metà mattina o metà pomeriggio. In genere si comincia con la pera, che è uno dei frutti più digeribili e più adatti al delicato stomaco del neonato.
Svezzamento a 5 mesi
Se avete già iniziato lo svezzamento (anche solo con la frutta) nel quarto mese, potrete continuare così anche nel quindi mese del bebè o iniziare ad introdurre nuovi alimenti. Alcuni anticipano l’inizio dello svezzamento vero e proprio al compimento del quinto mese. C’è chi inizia con le pappe di latte e chi subito con il brodo vegetale. Dallo schema precedente potete vedere che sono molti gli alimenti che si possono introdurre dal quinto mese. Se non potete continuare l’allattamento esclusivo fino al sesto mese (che, ricordate, è sempre la scelta più consigliata), decidete insieme al pediatra una tabella da seguire per iniziare lo svezzamento, sempre cercando di rispettare le esigenze del bambino. Se invece state continuando ad allattare regolarmente, potrete continuare a farlo in maniera esclusiva fino al compimento del sesto mese.
Svezzamento a 6 mesi
I 6 mesi rappresentano uno spartiacque nell’alimentazione del bambino. Fino a questo momento i neonati hanno seguito una alimentazione a base di latte, mentre dopo il compimento dei 6 mesi si possono iniziare ad introdurre gli altri cibi. E’ per tutti arrivato il momento di far assaggiare al bambino nuovi alimenti, fargli scoprire nuovi sapori e nuove consistenze. Cercate anche di far toccare al bambino i nuovi cibi, in modo che possa imparare a conoscerli con tutti i sensi. Non c’è un solo metodo per svezzare i bambini, ma ce ne sono diversi (dallo svezzamento classico all’autosvezzamento). Parlatene col pediatra e decidete quale metodo volete seguire.
Svezzamento naturale (autosvezzamento)
Oltre al classico svezzamento, durante il quale i nuovi alimenti vengono introdotti un po’ alla volta, ultimamente si sta diffondendo anche un altro metodo per svezzare i neonati. Un metodo considerato sotto vari punti di vista più naturale: l’autosvezzamento. In che consiste questo metodo? In pratica invece di introdurre gli alimenti poco alla volta, il bambino inizia da subito a mangiare tutto. Il piccolo siede a tavola (sul seggiolone) con i genitori e comincia ad assaggiare quello che mangiano i genitori. Ovviamente, se si sceglie l’autosvezzamento, è fondamentale che i genitori seguano una dieta sana ed equilibrata. Meglio evitare il sale (o comunque usarlo molto poco) e i cibi piccanti. In linea di massima, però, il bambino può assaggiare tutto quello che desidera e mangiare da subito insieme a mamma e papà.
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Quando il bambino inizia a camminare e quando camminerà bene?
Una delle più belle soddisfazioni di un bimbo di pochi mesi, e basta guardare la sua espressione quando si riesce per capirlo, è fare i primi passi. Ma a quanti mesi di vita ciò dovrebbe accadere?
A quanti mesi il bambino inizia a camminare?
La media per i primi passi è 12 mesi questo dato è individuale ed estremamente variabili: i bambini più precoci iniziano a muovere i primi timidi passi anche a 8 mesi, altri bimbi invece aspettano i 14 mesi ed oltre, anche fino all’anno e mezzo di vita.
Primi passi: differenza tra maschi e femmine
Le bambine, ed in generale tutti i bimbi con peso minore, tendono a camminare prima rispetto ai bimbi maschi e/o con peso maggiore, tuttavia questa non è assolutamente una regola fissa.
Bambino inizia a camminare: l’influenza dei genitori
L’inizio della deambulazione autonoma del bimbo è una caratteristica familiare: se uno dei genitori ha iniziato a camminare presto, è più probabile (ma non certo!) che anche il bambino inizi presto a fare i primi passi.
Il mio bambino non cammina ancora: quando “preoccuparsi”?
Quasi tutti i genitori, specie con il primo figlio, sono preoccupatissimi di vedere il proprio bambino gattonare ancora superati i 12 mesi di vita. In realtà, come abbiamo visto, ogni bambino impara a camminare con tempi estremamente variabili ed è molto probabile – se anche i genitori da piccoli hanno iniziato a camminare “tardi” – che muova i primi passi anche oltre l’anno di vita. In ogni caso un “limite” temporale, oltre il caso è effettivamente importante interessarsi al problema, è 18 mesi: non camminare superato l’anno e mezza di vita necessita di attenzione da parte del pediatra.
Il bambino che cammina ha bisogno di scarpe?
Le prime scarpe per le prime passeggiate fuori casa dovrebbero preferibilmente avere un modesto plantare e flessibili, dalla punta al tacco. Per i primi passi in casa va invece benissimo lasciarlo a piedi nudi (se la temperatura la concede) o con calze antiscivolo. La preferenza dipende dal tipo di pavimento: con moquette e parquet si può stare a piedi nudi, con marmo e piastrelle è meglio con calze antiscivolo, proprio per evitare di scivolare.
Quali scarpe scegliere?
Le scarpine per i primi passi devono essere molto morbide e flessibili e non frapporre troppi “strati” al contatto col suolo, per consentire al piedino di ricevere meglio le informazioni propriocettive che provengono dal terreno, ossia l’insieme di informazioni che permettono al piccolo di mantenersi in equilibrio e di sviluppare correttamente la muscolatura del piede. Né servono plantari anatomici particolari (a meno che non vi siano problematiche specifiche, che sarà il medico ad evidenziare), ma è sufficiente una buona suola traspirante, che lasci respirare la pelle.
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Cosa devono fare i genitori: creare gli spazi adatti
Per agevolare il bimbo è importante creare degli spazi in cui il bambino possa fare “i primi esperimenti” di passeggiata, lasciandogli un ambiente spazioso e senza oggetti pericolosi su cui inciampare. Bisogna eliminare dalla sua altezza tutti gli oggetti fragili o pericolosi, via i soprammobili dai ripiani più bassi, coprire gli spigoli con paraspigoli, le prese elettriche con copripresa, chiudere i detersivi negli armadietti, togliere i tappeti che potrebbero farlo inciampare: ormai tutti gli spazi di casa devono essere letteralmente tutti su misura per lui. Attenzione infine ai lembi delle tovaglie, che potrebbe facilmente trascinarsi giù nel tentativo di trovare un appiglio, gettandosi addosso pericolosissimi piatti, bicchieri e posate.
Cosa devono fare i genitori: assecondarlo e complimentarsi
Per i genitori è importante assecondarlo: il bambino fa ciò che si sente di fare e non va forzato. Per questo motivo non deve essere il genitore a metterlo in piedi, per poi cercare di lasciarlo da solo: il bambino deve raggiungere autonomamente la stazione eretta, perché solo allora vuol dire che si sente fisicamente e psicologicamente pronto per stare in piedi e muovere i suoi primi passi. Una volta che è in piedi, possiamo allungargli un dito a cui lui si aggrapperà con la manina, se vorrà farlo. Ai genitori rimane l’importantissimo compito di incoraggiarlo e complimentarsi con lui per i traguardi raggiunti: il bimbo avrà un incentivo a continuare a sperimentare i movimenti delle gambe ed esercitarsi.
Il bimbo cade: cosa devono fare i genitori?
Se succede, i genitori non devono mostrarsi spaventati, cosa che lo… spaventerebbe: la maggior parte delle cadute per lui non sono dannose e se piange è quasi sempre perché ha visto la nostra espressione preoccupata. Un atteggiamento allarmato da parte dei genitori potrebbe anzi dargli insicurezza e scoraggiare ulteriori tentativi, mentre un atteggiamento tranquillo può rassicurarlo ed aumentare la fiducia nelle sue capacità. Se invece l’urto è stato “importante”, il bimbo ha sbattuto la testa violentemente e sembra aver cambiato comportamento rispetto al solito, allora è necessario recarsi immediatamente al pronto soccorso pediatrico.
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Il girello può essere utile per aiutare il bambino a camminare?
La nostra risposta è NO. Anzi, il girello è potenzialmente dannoso, perché fa impostare male l’andatura, inoltre non gli permette di allenare la muscolatura e il senso dell’equilibrio.
Che fare se il bimbo ha il ginocchio varo (gambe ad arco)?
Può succedere, quando il bambino comincia a stare in piedi, di vedere uno spazio tra le ginocchia, che formano, appunto, un arco. Il fenomeno si chiama propriamente ginocchio varo e può interessare con maggiore frequenza i bambini robusti, che con il loro peso possono far arcuare le ginocchia. Spesso c’è una componente familiare, ma nella maggior parte dei casi è una caratteristica che tende a regredire spontaneamente intorno ai 2-3 anni. In ogni caso è bene farlo presente al pediatra che, se lo riterrà opportuno, potrà consigliare una visita ortopedica.
Che fare se il bimbo ha il ginocchio valgo (gambe ad X)?
È la situazione opposta al ginocchio varo: quando il bambino sta in piedi, anche se le ginocchia sono a contatto fra di loro, i piedi restano distanziati. E’ il fenomeno del ginocchio valgo, e si manifesta in genere fra i 3 e i 4 anni. Anche in tal caso c’è in genere una componente familiare e anche in tal caso il fenomeno tende a scomparire con il fisiologico sviluppo degli arti inferiori. Sarà però il pediatra a valutare se e quando è il caso di consultare uno specialista ortopedico.
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