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David Kirby: la foto che ha cambiato il volto dell’AIDS
Il giorno in cui è morto, David Kirby aveva 32 anni. Giaceva sul letto, il suo volto sofferente e il corpo consumato dall’Aids, circondato dalla sua famiglia. Quell’istante in cui l’uomo è spirato, è stato impresso dalla macchina fotografica di Therese Frare, all’epoca una giovane studentessa di foto-giornalismo in un’università dell’Ohio. Frare riuscì a catturare quel momento straziante con freddezza e professionalità, dando un volto umano a quella malattia fino ad allora socialmente stigmatizzata. Nel novembre del 1990, la rivista Life decise di pubblicare quella foto che divenne rapidamente l’immagine simbolo per tutte le persone affette dal virus dell’Hiv.
Dopo lungo tempo, la rivista ha deciso di condividere la storia commovente che si cela dietro quella foto e lo ha fatto attraverso i ricordi di Therese Frere, protagonista in prima persona di quegli strazianti momenti che l’hanno cambiata profondamente. Uno scatto nato casualmente ma che ha permesso alla donna di conquistare visibilità e innumerevoli riconoscimenti. “Avevo iniziato un corso di foto-giornalismo presso l’Università dell’Ohio nel gennaio del 1990”, ha raccontato Therese Frare alla rivista Life. “In quel periodo prestavo anche volontariato presso il Pater Noster House, una struttura che ospitava i malati di Aids a Columbus. Nel mese di marzo ho iniziato a scattare foto lì e ho avuto modo di conoscere il personale, in particolare un volontario di nome Peta che si prendeva cura di alcuni pazienti. Tra loro c’era anche David Kirby”.
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Kirby era nato e cresciuto in una piccola città dell’Ohio. Negli anni Ottanta, l’uomo si era distinto per il suo appassionato attivismo a sostegno dei diritti degli omosessuali. Per questo motivo, Kirby fu costretto a trasferirsi in California e a estraniarsi dalla sua famiglia, ma alla fine degli anni Ottanta scoprì di aver contratto il virus dell’Hiv.
David contattò nuovamente i suoi genitori e domandò loro se potesse far rientro a casa, esaudendo così il suo ultimo desiderio: poter morire circondato dalla sua famiglia. E così avvenne. “Il giorno che David è morto, stavo facendo visita a Peta”, ha raccontato ancora Frare, che oggi vive e lavora a Seattle. “Alcuni infermieri avevano chiamato Peta chiedendogli di far compagnia a David. Lui portò anche me, ma mi fermai fuori dalla stanza di David, assorta nei miei pensieri, quando a un certo punto la madre di David venne fuori e mi disse che volevano una foto che li immortalasse mentre davano l’ultimo saluto al loro figlio”.
“Entrai, rimasi in silenzio in un angolo, l’unica parte del mio corpo che muovevo erano le mani che stringevano la macchina fotografica. Puntai l’obiettivo e scattai. Solo in seguito, ho capito che lì dentro era accaduto qualcosa di veramente incredibile. Ed era avvenuto proprio di fronte a me”. L’immagine aveva restituito un volto umano a quella malattia che stava mietendo migliaia di vittime, molte delle quali morivano in maniera del tutto inconsapevole.
La foto scattata da Tehrese Frare si guadagnò numerosi riconoscimenti, tra cui il World Press Photo Award, quando venne pubblicata sulla rivista Life, ma esplose due anni più tardi quando l’azienda Benetton decise di utilizzarla nella versione a colori per lanciare una campagna pubblicitaria provocatoria.
La scelta di Benetton generò critiche e polemiche, sia tra i gruppi cattolici che avevano ritenuto la foto offensiva perché richiamava alla mente l’immagine classica di Maria che culla Cristo, dopo la sua crocifissione, sia tra gli attivisti impegnati nella sensibilizzazione sul virus dell’Hiv, furiosi perché ritenevano la decisione poco opportuna e fatta a fini esclusivamente commerciali. Al di là delle polemiche, la foto di Therese Frere aveva dato all’opinione pubblica la possibilità di guardare con i propri occhi gli effetti di una malattia di cui ben poco si era parlato in quegli anni, dissipando paure e ignoranza.
La famiglia di Kirby aveva acconsentito al libero utilizzo di quell’immagine, ritenendo che essa potesse contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica piuttosto critica verso i malati affetti da Aids, in un momento in cui il virus falciava le persone in maniera incontrollata e i malati esercitavano pressioni sui governi affinché si accelerasse la messa a punto di nuovi farmaci. “Abbiamo sentito che quello era il momento giusto per mostrare la verità sull’Aids”, ha spiegato la madre di David, Kay Kirby. Ed è quello che hanno fatto permettendo a Therese di scattare quella foto.
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Il mistero del palazzo ghiacciato a Milano: colpa del climatizzatore lasciato acceso?
Se vi trovate a passare in Largo la Foppa, a Milano, noterete in questi giorni qualcosa di molto particolare: un palazzo completamente ghiacciato. E’ lo spettacolo che si trova davanti chi esce dalla metropolitana di Moscova. Una visione irreale: finestre, davanzali e le stesse pareti dell’edificio congelati e coperti da uno spesso strato di ghiaccio che scende dai piani alti per diversi metri. La facciata ‘polare’ è dello storico palazzo che ospita il locale Radetzky. Le voci che si sono diffuse in zona e, soprattutto sui social network, dicono che la responsabilità dell’accaduto sembra sia da attribuirsi a uno degli inquilini del palazzo che ha dimenticato acceso l’impianto dell’aria condizionata quando ad agosto è partito per un viaggio d’affari. In realtà è tutto finto, compresi i vigili del fuoco apparsi sul luogo che sono in realtà solo comparse. Il palazzo ghiacciato è una guerriglia contro lo spreco di energia, una nuova campagna di M&cSaatchi di grosso impatto. Questa volta la pubblicità sottolinea l’importanza di evitare gli sprechi simulando, appunto, come un condizionatore acceso per mesi possa ghiacciare la facciata di un palazzo.
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Uomini incinti, oppure… con la pancia da birra?
La maternità è una delle cose più belle del mondo. Essere madre, portare un figlio in grembo e dare alla luce una nuova vita, un nuovo essere umano, una cosa da far venire la pelle d’oca anche ai più duri di cuore. Ora capite perché le gestanti, le ragazze incinte si fanno quelle foto di nudo artistico in cui mostrano il pancione tenendolo con le mani.
Diciamo però che, in mancanza di gestazione, anche la birra è considerata da alcuni una delle cose più belle del mondo. È unisex, ti consola quando sei giù, ti disseta e ti fa gonfiare l’addome, che appunto viene sovente chiamato pancetta da birra. In questi giorni ne vediamo un bel po’ in spiaggia, di maschi che sembrano letteralmente aspettare un bambino, e invece sono solo in hangover.
Sfruttando la pancetta da birra la compagnia tedesca Bergedorfer Bier ha creato una pubblicità molto divertente (o patetica, fate voi), utilizzando uomini di tutte le età mentre posano in mutande, tenendosi la pancia piena di birra e parodiando le foto delle donne col pancione. Voi cosa ne pensate? Pubblicità carina o solo di cattivo gusto?
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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200 mila euro a Nicole Minetti
Pare che 200 mila euro saranno dati a Nicole Minetti per andare all’isola dei “famosi”. Un vigile del fuoco, che ogni giorno rischia la propria vita per salvare quella degli altri, deve lavorare quasi 20 anni per guadagnare la stessa cifra. Si, lo so: è un discorso vagamente “populista”, e non vengono spesi certamente soldi pubblici, però mi viene lo stesso un gran fastidio…
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