Le tube di Falloppio (anche chiamate “salpingi”, “tube uterine”, “trombe di Falloppio” od ovidutti) sono due condotti pari (cioè ne esistono due, uno destro e l’altro sinistro) simmetrici che mettono in comunicazione ciascuna delle due ovaie con l’utero, permettendo quindi all’ovulo di incontrare lo spermatozoo e, in caso di fecondazione, Continua a leggere
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Tube di Falloppio chiuse: cosa sono e come “aprirle”?
Quando lo sperma viene emesso in vagina con l’eiaculazione, svariati milioni di spermatozoi iniziano un lungo viaggio alla ricerca della cellula uovo, annidata in una delle due tube di Falloppio (condotto che unisce l’ovaio all’utero). Si tratta di un viaggio piuttosto impervio, tanto che la stragrande maggioranza dei gameti maschili perisce ancor prima di intravedere l’ambita meta. E’ un vero e proprio viaggio di eliminazione, dove la selezione è estrema: gli spermatozoi sono tanti proprio per questo motivo (1 su milioni ce la fa!). Continua a leggere
Isterosalpingografia: come si fa, dolore, preparazione, rischi, costo
L’isterosalpingografia è un esame radiografico dell’utero e delle salpingi ottenuto mediante l’inserimento – tramite catetere – di un liquido (mezzo di contrasto) nella cavità uterina, che determina opacizzazione e permette di ottenere radiografie con un’immagine “a calco” di:
- utero: canale cervicale, istmo, cavità uterina;
- tube uterine (salpingi) fino all’ostio addominale (estremità della tuba che si apre nel cavo peritoneale che riceve l’ovocita al momento dell’ovulazione).
Castrazione chirurgica in uomo e animali: perché farla e quali effetti determina
La castrazione è una tecnica che permette di rimuovere – o rendere comunque non funzionanti – le gonadi di un essere umano o di un animale, rendendolo irreversibilmente sterile, cioè impedendo al maschio di poter mettere incinta una femmina ed alla femmina di poter essere messa incinta. La castrazione può essere eseguita tramite operazione chirurgica (castrazione chirurgica) in cui vengono estirpate le gonadi (testicoli ed ovaie), oppure tramite l’inibizione o la distruzione dei gametociti (spermatozoi ed ovuli) con mezzi ormonici o genericamente chimici (castrazione chimica) o con raggi röntgen (castrazione radiologica).
Castrazione chirurgica
La castrazione chirurgica è una tecnica chirurgica che permette di rimuovere le gonadi di un essere umano o di un animale, rendendolo irreversibilmente sterile, cioè impedendo al maschio di poter mettere incinta una femmina ed alla femmina di poter essere messa incinta. Nel maschio la rimozione dei testicoli viene effettuata tramite una orchiectomia, mentre nelle femmine la rimozione delle ovaie viene effettuata tramite ovariectomia, operazione più complessa rispetto all’orchiectomia vista la posizione anatomica delle ovaie. Rimuovendo i testicoli, luogo dove sono prodotti gli spermatozoi, e le ovaie, luogo dove risiedono gli ovuli, il soggetto diventa sterile in modo permanente ed irreversibile.
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Per quali motivi di pratica la castrazione?
La castrazione chirurgica si pratica negli uomini per determinate malattie del testicolo, in genere per tumore o traumi (spesso deve essere asportato un solo testicolo, ed in questo caso si parla di “emicastrazione“); nelle donne per lo più la castrazione viene effettuata in corso d’isterectomia o per inibire l’ulteriore evoluzione di determinati tumori maligni. Negli animali la castrazione chirurgica si pratica generalmente per evitare cucciolate indesiderate e, nei maschi, per rendere l’animale più tranquillo ed eliminare comportamenti aggressivi legati alla sessualità.
Castrazione prima e dopo la pubertà nel maschio
La castrazione del maschio eseguita prima della pubertà, oltre alla sterilità, ha per effetto la non manifestazione dei caratteri sessuali secondari maschili, con:
- deficienza dello sviluppo degli organi genitali esterni e interni;
- deficienza dell’apparato pilifero (peluria e barba ben poco diffusa);
- deficienza nel normale sviluppo del corpo maschile: esso un assume aspetto femmineo e tende alla pinguedine.
Particolari modificazioni si hanno a carico del tono di voce, che diventa simile a quello femminile, e nel carattere che diventa meno aggressivo e non attratto dal campo della sessualità. Se invece la castrazione è eseguita dopo la pubertà, questi effetti sono molto meno evidenti perché lo sviluppo dei caratteri sessuali è già avvenuto, pur diventando comunque il soggetto sterile.
Castrazione prima e dopo la pubertà nella femmina
La castrazione della femmina eseguita prima della pubertà, oltre alla sterilità, ha per effetto la non manifestazione dei caratteri sessuali secondari femminili, con inibizione dello sviluppo degli organi genitali, delle mammelle e del bacino e l’assenza di mestruazioni, oltre alla diminuzione dell’interesse verso la sfera sessuale. Se invece la castrazione è eseguita dopo la pubertà, gli effetti più evidenti consistono nella soppressione dei cicli mestruali.
In caso di castrazione precedente alla pubertà, si rende necessaria una terapia ormonale sostitutiva per permettere il corretto sviluppo dei caratteri sessuali secondari nel giovane.
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Differenza tra castrazione e sterilizzazione: vantaggi e svantaggi
Spesso i proprietari di cani o gatti, o di animali in generale, non hanno ben compreso la differenza tra castrare o sterilizzare il proprio animale da compagnia, ed usano come sinonimi due termini che invece indicano cose molto diverse tra loro: facciamo chiarezza.
Castrazione
La castrazione è una operazione chirurgica che asporta le gonadi dell’animale, cioè nel caso dei maschi vengono asportati i testicoli (luogo dove vengono prodotti gli spermatozoi), mentre nelle femmine le ovaie (dove sono presenti gli ovuli). In questo modo non ci sarà più attività sessuale nell’animale né possibilità di generare gravidanze, a causa della diminuzione dei livelli ormonali e dell’assenza di spermatozoi nel maschio e di ovuli nella femmina. Nella femmina esistono due modalità principali di castrazione: la prima è l’ovariectomia e consiste nell’estrazione di entrambe le ovaie della cagna, mentre la seconda è l’ovarioisterectomia che consiste nell’estrazione delle ovaie e dell’utero. La castrazione nel maschio prende il nome di orchiectomia. La castrazione è irreversibile sia nel maschio che nella femmina.
Sterilizzazione
La sterilizzazione è una operazione chirurgica che – al contrario della castrazione – lascia intatti testicoli ed ovaie dell’animale, ma che determina chiusura delle tube nelle femmine e la vasectomia nei maschi. Ciò determina sterilità dell’animale poiché nel maschio impedisce la presenza di spermatozoi nel liquido seminale mentre nella femmina interrompe la pervietà del decorso tubarico, indispensabile per intraprendere una gravidanza. Nel maschio, pur mancando la possibilità di mettere incinta una femmina, rimane un comportamento sessuale normale. La sterilizzazione in alcuni casi è reversibile.
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Castrazione o sterilizzazione: quale scegliere?
Non esiste una tecnica migliore dell’altra: entrambe le operazioni permettono di evitare la procreazione e le cucciolate indesiderate ed hanno vantaggi e svantaggi specifici. Sarà il veterinario, discutendo con voi dei vantaggi a svantaggi, a decidere qual è l’opzione migliore per il vostro animale.
Castrazione: vantaggi e svantaggi
La tecnica della castrazione è molto più drastica e invasiva rispetto alla sterilizzazione, tuttavia offre alcuni vantaggi come controllare il carattere nei casi di animali aggressivi o con problemi di convivenza.
Vantaggi della castrazione nel maschio:
- diminuisce di molto la dominanza dell’animale in quanto influisce negativamente sulla produzione di testosterone;
- inibisce al maschio il desiderio sessuale ed evita conflitti associati;
- diminuisce la probabilità di patologie della prostata;
- animale più mansueto ed ubbidiente;
- animale più facile da educare;
- l’animale socializza più facilmente con altri animali e “litiga” meno con loro.
Svantaggi della castrazione nel maschio:
- è irreversibile;
- esiste un maggior pericolo intraoperatorio e con l’anestesia, in quanto l’intervento è più invasivo;
- il processo di recupero postoperatorio è più lento rispetto a quello della sterilizzazione;
- spesso provoca l’insorgenza di sovrappeso ed obesità, a meno che la dieta non venga modificata diminuendo l’introito calorico giornaliero e/o l’attività fisica non venga aumentata.
Vantaggi della castrazione nella femmina:
- non producendo più ormoni, sparisce il calore delle femmine;
- previene varie patologie, tra cui il cancro alle mammelle ed i tumori agli organi riproduttivi;
- animale più tranquillo;
- animale più facile da educare;
- l’animale socializza più facilmente con altri animali e “litiga” meno con loro.
Svantaggi della castrazione nella femmina:
- è irreversibile;
- esiste un maggior pericolo intraoperatorio e con l’anestesia, in quanto l’intervento è più invasivo;
- il processo di recupero postoperatorio è più lento rispetto a quello della sterilizzazione;
- spesso provoca l’insorgenza di sovrappeso ed obesità, a meno che la dieta non venga modificata diminuendo l’introito calorico giornaliero e/o l’attività fisica non venga aumentata.
Sterilizzazione: vantaggi e svantaggi
La sterilizzazione ha il vantaggio di essere meno drastica e pericolosa, inoltre permette un recupero più veloce dell’animale oltre a determinare una maggiore prevenzione delle malattie dell’utero o delle mammelle nelle femmine, e della prostata nei maschi. Contemporaneamente però non elimina la produzione di ormoni e ciò si riflette nella permanenza del desiderio sessuale e – in caso di animale dominante – non mitigherà il suo carattere.
Vantaggi della sterilizzazione:
- è potenzialmente reversibile;
- ha minore rischio intraoperatorio;
- è meno invasiva della castrazione;
- il recupero postoperatorio è più veloce rispetto alla castrazione;
- diminuisce la possibilità di malattie prostatiche nel maschio.
Svantaggi della sterilizzazione:
- non elimina la produzione di ormoni;
- non elimina il desiderio sessuale del cane e non evita conflitti associati;
- se l’animale è dominante ed aggressivo, non modificherà il suo carattere.
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Come cambia lo sperma negli anni? Quantità, consistenza ed altre caratteristiche
Un uomo adulto, sano, con una età compresa tra i 20 ed i 30 anni, ad ogni eiaculazione emette fisiologicamente circa dai 1,5 ml ai 6 ml di sperma (liquido seminale) ed ogni millilitro contiene tra 20 e 200 milioni di spermatozoi circa. Lo sperma emesso è costituito da due parti fondamentali:
- plasma seminale: è la parte liquida dello sperma e va a costituire fino al 98% di quest’ultimo;
- spermatozoi: le cellule che “nuotano” nel plasma seminale ed hanno il compito di fecondare l’oocita femminile. Gli spermatozoi rappresentano solo tra il 2 ed il 5% del volume totale dello sperma.
Gli spermatozoi sono prodotti nei testicoli, mentre il plasma seminale ha origine dalla fusione di liquido prostatico (prodotto nella prostata), secrezioni delle vescicole seminali e liquido di Cowper prodotto dalle ghiandole bulbouretrali.
Il plasma seminale è ricco di vitamine, sali minerali e molti altri componenti diversi, tra cui: acqua, fruttosio, carnitina, enzimi proteolitici, acido citrico, zinco, bicarbonati, muco calcio, cloro, colesterolo, creatina, aboutonia, acido lattico, magnesio, azoto, fosforo, potassio, pirimidina, sodio, sorbitolo, spermidina.
Come cambia lo sperma negli anni?
L’invecchiamento fisiologico dell’organismo ha delle ripercussioni ben note sulla sua funzione sessuale dell’uomo, che si riflettono nel calo del testosterone e nelle difficoltà d’eccitazione ed erezione. Alcuni uomini sperimentano anche una notevole difficoltà nel raggiungere l’orgasmo, mentre non di rado subentrano problemi di prostata ingrossata e disturbi della funzione urinaria. Ma non solo: anche lo stesso organo sessuale maschile, il pene per l’appunto, subisce delle trasformazioni più o meno sostanziali, a seconda dei casi anche nell’aspetto. Una delle possibili conseguenze dell’età che avanza è senza dubbio una diminuzione più o meno marcata sia del volume spermatico che della qualità dello stesso, che si caratterizza da un numero più basso di spermatozoi totali ed una percentuale minore di spermatozoi vitali ed esenti da malformazioni, come rilevabile con un semplice spermiogramma. Non è raro che dai 40 anni in poi si assista ad una riduzione di circa 1 ml di sperma per ogni eiaculazione rispetto ai 30 anni di età, con gli spermatozoi che possono diminuire a 10 – 50 milioni per millilitro. Tale diminuzione potrebbe divenire ancora più marcata dopo i 50 anni di età, con riduzione di anche di oltre 2 ml di liquido seminale rispetto ai 30 anni, e soprattutto tra i 70 e gli 80 anni di età e ciò è assolutamente normale. Ovviamente tale riduzione è fortemente correlata alla situazione soggettiva del paziente: ad esempio un 50 enne in salute, in forma, normopeso, che non ha mai assunto droghe e non ha mai avuto patologie, potrebbe avere quantità di sperma maggiori rispetto ad un 40 enne obeso, sedentario e con patologie alla prostata.
Sperma giallastro o verdastro
Con l’età lo sperma potrebbe assumere una colorazione tendente al giallastro (anziché bianco) a cause di varie patologie e condizioni. Ad esempio ciò potrebbe essere causato dalla presenza di tracce di urina nello sperma (determinata da una eiaculazione retrograda parziale che diventa più probabile con l’avanzare dell’età): in questo caso è la stessa urina a dare il colore giallognolo allo sperma e dargli un cattivo odore o sapore. Per approfondire, leggi anche: Liquido seminale (sperma) giallo o giallastro: cause e cure
Una colorazione giallo-verdastra o verde dello sperma, associata suoi a cattivi odori e sapore, può essere anche causata da un’infezione a carico delle gonadi, gli organi preposti alla produzione appunto degli spermatozoi, che nell’uomo sono i testicoli. Anche una infiammazione/infezione della prostata o delle vie genitali può generare il problema. Spesso in questi casi sono associati altri sintomi, come un cattivo odore dello sperma, dolore, prurito, bruciore. È necessario in questo caso rivolgersi prontamente ad un andrologo, che dopo i test di rito individuerà con accuratezza quali sono le problematiche che possono aver portato il nostro sperma ad diventare verdastro. Anche una eiaculazione retrograda può determinare una colorazione del liquido seminale tendente al verde.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Paraplegia: etimologia, significato, sintomi, cura e riabilitazione
Con paraplegia in medicina si intende una condizione di diplegia in cui la parte inferiore del corpo è affetta da paralisi motoria e/o carenza funzionale parziali o totali, associati a disturbi della sensibilità. La lesione midollare che provoca paraplegia è sottostante alla prima vertebra toracica (T1). Si distingue dalla tetraplegia che interessa tutti e quattro gli arti e si verifica in caso di lesione cervicale del midollo spinale.
Paraplegia: etimologia del termine
Paraplegia (accento sulla “i”) è una parola che deriva dal greco παραπληγία, composto da παρα- (“para” che significa “vicino, intorno a”) e -πληγία (“plegìa” che significa “colpisco”).
Diffusione di paraplegia e tetraplegia in Italia
In Italia ogni anno si verificano mediamente 906 nuovi casi di paraplegia all’anno, 625 di tetraplegia, con i seguenti rapporti: il 67% di origine traumatica di cui il 53% rappresentati da incidenti stradali, il 21% da cadute, il 10% da incidenti sul lavoro e il 33% di origine non traumatica. Il rapporto maschi/femmine è 4:1 ed è stato rilevato un incremento annuo di 20/25 nuovi casi, con età compresa tra 10 e 40 anni (picco intorno ai 20), con circa 80 mila persone con lesione midollare attualmente residenti nel nostro paese.
Cause di paraplegia
La lesione midollare che provoca paraplegia è sottostante alla prima vertebra toracica (T1). Tale lesione può essere provocata da svariate cause:
- lesioni infettive;
- lesioni traumatiche della zona lombare o dorsale del midollo spinale, ad esempio in incidenti stradali o spirtivi;
- disciti;
- tumori;
- lesioni vascolari;
- sclerosi a placche;
- da malformazioni congenite del canale midollare, come nella spina bifida.
Sintomi di paraplegia
I sintomi principali connessi a una paraplegia possono verificarsi anche immediatamente dopo la lesione del midollo spinale, ad esempio nelle lesioni da trauma. Variano molto in base alla gravità della lesione. Essi comprendono:
- paralisi degli arti inferiori;
- deficit di movimento;
- riflessi più lenti del solito;
- disturbi intestinali;
- incontinenza urinaria e fecale;
- difficoltà respiratorie;
- sterilità ed infertilità;
- disfunzione erettile;
- alterazione della sensibilità orgasmica;
- alterazione nell’eiaculazione (aneiaculazione, eiaculazione retrograda, astenospermia…).
Leggi anche: Paraplegia: erezione, disfunzione erettile ed eiaculazione
A livello della lesione si ha:
- distruzione completa delle cellule nervose;
- rottura dell’arco riflesso;
- paralisi flaccida dei muscoli innervati dai segmenti del midollo spinale che sono stati distrutti.
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Disturbi motori nella paraplegia
Nelle lesioni midollari si hanno quadri clinici diversi a seconda che il danno sia completo o meno. Una lesione midollare fa sì che nei muscoli innervati dai segmenti midollari sottolesionali compaia un’impossibilità al reclutamento volontario delle unità motorie. Queste ultime, che sono anatomicamente integre, terminata la fase di shock spinale (da 1 settimana ad alcuni mesi), saranno soggette ad una abnorme attività (spasticità) per il deficit del controllo motorio soprasegmentale.
Disturbi della sensibilità nella paraplegia
In seguito ad una lesione midollare tutti i tipi della sensibilità possono essere più o meno compromessi. L’anestesia o ipoestesia può interessare in misura diversa la sensibilità:
- tattile superficiale e profonda;
- dolorifica;
- pressoria;
- termica;
- statestesica;
- cinestesica.
La persona con lesione midollare può accusare dolori che si possono distinguere in:
- dolori vertebrali;
- dolori metamerici di origine radicolare;
- dolori sottolesionali non hanno distribuzione metamerica, si tratta di parestesie dolorose tipo pizzicori, formicolii, la cui origine è incerta;
- dolori viscerali proiettati in genere rapporto (poco chiaro) alla distensione di un organo cavo (vescica, intestino);
- dolori psicogeni.
Disturbi respiratori nella emiplegia
Nel paziente con emiplegia si verifica una modificazione del meccanismo della respirazione dopo una lesione midollare. I deficit respiratori che si vengono ad instaurare originano sostanzialmente dai seguenti fattori:
- paralisi completa o deficit della muscolatura inspiratoria ed espiratoria;
- alterazione della meccanica toraco-addominale;
- riduzione della compliance polmonare;
- riduzione della compliance della parete toracica.
Conseguenze e complicazioni
La paraplegia porta purtroppo con sé varie problematiche legate alla riduzione della mobilità, con diminuzione della qualità della vita del paziente. La gravità della paralisi dipende dal grado di lesione cui è stato sottoposto il midollo spinale. Molte persone affette da paraplegia sono obbligati all’uso di sedie a rotelle per muoversi. In seguito alla diminuzione o perdita delle funzioni degli arti inferiori, la paraplegia può comportare anche una serie di complicazioni mediche che includono:
- lesioni da pressione;
- trombosi;
- polmonite;
- danni mio-osteo-articolari: limitazioni articolari, retrazioni muscolo-tendinee;
- complicanze psicologiche: disturbo post traumatico da stress, depressione, pensieri suicidari;
- complicazioni nervose.
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Diagnosi
La persona ferita e colpita da presunta paraplegia va urgentemente ricoverata presso una struttura dotata di unità spinale. Un team specializzato provvederà ad effettuare rapidamente approfonditi esami per individuare la collocazione della lesione e valutarne il grado di gravità attraverso test neurologici, TAC, analisi radiologiche con liquido di contrasto alle membrane delle meningi, oltre a stimolazioni magnetiche del cranio per valutare la funzionalità dei circuiti che riconducono al Sistema Nervoso Centale.
Cura e riabilitazione nel paziente con paraplegia
L’obiettivo generale del trattamento riabilitativo in Unità Spinale o nei Centri Riabilitativi consiste nell’aiutare la persona con lesione midollare (plm) a raggiungere la massima autonomia/indipendenza possibile nelle attività della vita quotidiana in relazione alle potenzialità residue (tipo e livello di lesione), all’età, alle condizioni generali della persona, alla presenza o meno di complicanze, alla motivazione, al sostegno della famiglia. Il paziente che afferisce all’Unità Spinale o ai Centri di Riabilitazione chiede l’ottimizzazione delle proprie risorse onde riprendere, degnamente, il suo posto nella società. Come un preparatore atletico, il fisioterapista deve far raggiungere alla plm le capacità fisiche che le permettano, sotto la guida dell’équipe riabilitativa, di compiere il gesto funzionale. All’interno del processo riabilitativo l’intervento si esplica fondamentalmente in due ambiti:
1) RIEDUCATIVO
Finalizzato al recupero della massima capacità funzionale attraverso:
- il recupero neurologico se esso si verifica;
- il rafforzamento della muscolatura rimasta integra;
- la ricerca di compensi e strategie motorie che permettono il riapprendimento e la riacquisizione di abilità funzionali nelle attività quotidiane, lavorative, luduche, etc.;
- l’individuazione di strategie di coping che promuovono il “riadattamento” all’evento disabilità.
2) EDUCATIVO
Finalizzato alla conoscenza e corretta gestione delle problematiche inerenti la lesione midollare (educazione sanitaria).
Le tecniche riabilitative più usate per tentare il recupero delle funzioni neurologiche sono:
- Metodo Kabat;
- Metodo Bobath;
- Metodo Perfetti.
A queste si aggiungono:
- Mobilizzazioni articolari;
- Stretching;
- Terapia respiratoria;
- Trattamento di disturbi sfinterici;
- Terapia occupazionale.
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Astenospermia e spermatozoi deboli: cura e trattamento
Prima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, leggi anche: Astenospermia: spermiogramma, spermatozoi deboli e fattori che influenzano la loro motilità
Con “astenospermia” si indica una anomalia del liquido seminale caratterizzata da una riduzione della motilità degli spermatozoi che può ostacolare la fecondazione, con conseguente possibile sterilità del soggetto. Esistono varie forme di astenospermia, a seconda della causa che la determina. Può essere dovuta a traumi, varicocele, infiammazioni (orchiti), abuso di alcolici o di farmaci (cimetidina, chemioterapici antitumorali), criptorchidismo, ipogonadismo, irradiazione locale, assenza congenita delle cellule produttrici di spermatozoi, presenza di anticorpi antispermatozoi. In caso di orchite le cause possono essere molto varie: nella maggior parte dei casi essa compare a seguito della parotite, più raramente a seguito di sifilide, tifo, tubercolosi, gonorrea e prostatite. Quando la causa rimane sconosciuta, si parla di “astenospermia idiopatica“.
Qual è la cura dell’astenospermia?
Purtroppo non esiste una singola terapia risolutiva per tutte le forme. Il primo obbiettivo del medico è ovviamente curare la malattia a monte. Ad esempio in caso di orchite è in genere prevista la somministrazione di antibiotici e cortisonici; nei casi più gravi questi però non sono sufficienti per impedire l’instaurarsi dell’atrofia testicolare e quindi della sterilità del testicolo. Nel caso di varicocele, specie se il soggetto è ancora giovane, l’astenospermia può essere risolta con un semplice intervento chirurgico.
Curare la patologia a monte, significa quasi sempre risolvere l’astenospermia, per questo è importante che il medico indaghi a fondo alla ricerca della malattia primaria e indirizzi il paziente verso la cura più adatta. Un secondo spermiogramma, fatto a distanza rispetto al primo, può indicare chiaramente se la cura sta avendo effetto o no.
Strategia proposta dal XIX congresso nazionale degli urologi italiani
Questa terapia è stata proposta per curare pazienti con astenospermia idiopatica (astenospermia da cause sconosciute) ed è ancora in fase di studio ma merita di essere menzionata. La terapia è stata condotta in maniera bifasica. Nei primi 30 giorni (fase di induzione) è stata somministrata l’associazione farmacologica con alte dosi di arginina e coenzima Q10 (L-arginina 2500mg, L-taurina 500mg, Coenzima Q10 200 mg, vitamina C 180 mg e vitamina E 30 mg).
Successivamente, per 90 giorni, è stata somministrata una terapia con diverse associazioni, con dosi inferiori di arginina e coenzima Q10 (L-arginina 300mg, L-carnitina 200 mg, L-ornitina 100 mg, L-citrullina 100 mg, coenzima Q10 60 mg e vitamina E 30 mg).
Tutti i pazienti arruolati sono stati sottoposti a triplice valutazione del liquido seminale 10 giorni prima dell’arruolamento, al momento dell’arruolamento e dopo 90 giorni di terapia dal medesimo esaminatore con attenta valutazione della cinetica nemaspermica. Il risultato di questa sperimentazione è incoraggiante: la motilità totale è significativamente aumentata dopo la terapia.
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