Gaslighting (manipolazione psicologica maligna): spiegazione ed esempi

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO GASLIGHT ANGOSCIA FILM 1944 GASLIGHTING MANIPOLAZIONE PSICOLOGIA NARCISISMO SCENA TUA MADRE ERA PAZZA NOIR DOMINAZIONE GASLIGHTER LAVAGGIO DEL CERVELLOCon il termine “gaslighting” (anche chiamato “controllo coercitivo” o “manipolazione psicologica maligna“; in inglese “gaslighting” o “coercive control“) storicamente in medicina e psicologia ci si riferiva ad un tipo di manipolazione psicologica estrema che aveva l’obiettivo di far rinchiudere un individuo in un istituto psichiatrico oppure causargli malattie o condizioni patologiche mentali con l’intento di ottenere da lui informazioni e/o fargli il “lavaggio del cervello”.

“Gaslighting” e “gaslighter” nel linguaggio attuale

Nel linguaggio attuale, con “gaslighting” ci si riferisce ad un tipo di manipolazione psicologica subdola ed estremamente violenta (non in senso fisico, ma solo psicologico) in cui si spinge il manipolato a vedere la propria realtà ripetutamente messa in discussione dal manipolatore (definito “gaslighter“), con l’obiettivo di fargli dubitare della sua stessa memoria e percezione. Con il gaslighting si condiziona talmente l’altro che la vittima è portata a pensare che i propri ricordi e le proprie percezioni siano sbagliate, mentre siano vere e giuste quelle del manipolatore.
Al contrario di quanto molti pensano, il manipolatore non è necessariamente un uomo, bensì può essere anche una donna. Il gaslighter può attuare il gaslighting verso altre persone, uomini e donne, che possono essere un marito, una moglie, un collega di lavoro, un amico o un parente (anche i propri figli). Il manipolatore ha spesso tratti di personalità narcisistici o potrebbe anche soffrire di un disturbo narcisistico di personalità. All’apparenza il gaslighter è una persona “pulita”, che non usa alcun tipo di violenza, né fisica né psicologica, ed indossa una maschera di persona “di cui fidarsi” e persino “innamorata” della persona che in realtà rappresenta semplicemente una vittima da usare, utile per raggiungere i propri scopi egoistici, in assenza di rimorsi e sensi di colpa.

Obiettivi del gaslighter

Una volta che il manipolato viene convinto del fatto che quello che pensa e ricorda sia – con ogni probabilità – frutto di un errore di percezione e di memoria, è facile per il manipolatore convincerlo a pensare e/o fare quello che lui desidera, trasformando il manipolato in una sorta di marionetta nelle sue mani. Tutto ciò può permettere al gaslighter di raggiungere diversi scopi, tra cui:

  • indebolire le difese psicologiche della vittima;
  • rendere la vittima insicura e paurosa;
  • isolare la vittima dal resto del mondo (allontanandola da amici e parenti);
  • compiere una azione negativa nei confronti della vittima, sfuggendo alle sanzioni che gli spetterebbero, e continuare così a ripetere l’azione negativa senza subire conseguenze;
  • far credere alla vittima di essere “pazza”;
  • far credere ad altre persone che la vittima sia “pazza”;
  • far credere alla vittima che il manipolatore sia l’unica persona che ha ricordi e percezioni esatte e quindi impedendole di essere autonoma a causa della paura di perdere l’aiuto del manipolatore;
  • far credere alla vittima di non è potersi più fidare dei propri pensieri, facendola diventare sempre più dipendente dal manipolatore, unico “depositario della verità”;
  • far credere alla vittima di non potersi più fidare di nessuno a parte lui, rendendola sempre più isolata e dipendente dal manipolatore, unico “di cui ci si può davvero fidare in un mondo di bugiardi”;
  • aver ragione in ogni discussione, visto che “se hai sbagliato a ricordarti di quel dato evento, ti sbagli anche su tutto il resto”.

Nei casi più gravi, in cui la manipolazione sia estrema, portata avanti per anni e su individui magari già emotivamente fragili, il gaslighting può portare la vittima a malattie psichiatriche come depressione e disturbi d’ansia, fino anche al suicidio. In questi casi è però molto difficile, per la giustizia, punire il gaslighter, soprattutto se egli sia stato particolarmente abile e calcolatore nel mascherare le proprie azioni subdole.

Effetto Mandela condizionato

Il gaslighting è definibile anche “effetto Mandela condizionato“. Con “effetto Mandela” (in inglese “Mandela effect” o “false memory”) in medicina e psicologia si descrive quella condizione per cui ci si ricorda qualcosa in maniera diversa da com’è o da com’era in realtà, generando un “falso ricordo”. Un falso ricordo è un fenomeno psicologico in cui una persona ricorda qualcosa che non è accaduta o che qualcosa è accaduto in modo più o meno profondamente diverso dal modo in cui è realmente accaduto. L’effetto Mandela è un fenomeno spontaneo, che avviene più o meno in chiunque, senza alcun condizionamento esterno. Il gaslighting è invece una tecnica che spinge il manipolato ad avere un falso ricordo tramite una manipolazione voluta, non spontanea ma anzi studiata ad arte per creare nella vittima la percezione che il proprio ricordo sia falso (mentre in realtà è esatto) e che sia invece il ricordo indotto dal manipolatore sia vero (mentre in realtà è falso).

Leggi anche: Effetto Mandela in psicologia: quando non puoi fidarti della tua memoria

Tecniche di manipolazione

Abbiamo compreso che il gaslighting sia una forma di manipolazione nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni con l’intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione e farla diventare una marionetta nelle sue mani. Ma come può raggiungere il gaslighter raggiungere il suo obiettivo? Egli in genere usa diverse tecniche di manipolazione di tipo verbale e/o non verbale, tra cui frasi “ad effetto”, retorica, fallacie logiche, espressioni facciali, intonazioni, atteggiamenti passivo-aggressivi e linguaggio del corpo accuratamente studiati per invadere e condizionare subdolamente lo spazio fisico e mentale della vittima. Alcune frasi tipicamente usate dal gaslighter, sono:

  • “Come al solito ti ricordi male: non è la prima volta”;
  • “Quel mobile è sempre stato lì, nessuno lo hai spostato”;
  • “Quell’oggetto non si è spostato da solo: siamo solo io e te in casa ed io non l’ho spostato, quindi sei stata tu e non te lo ricordi”;
  • “Non devi sentirti così, capita a tutti di non ricordarsi le cose”;
  • “Ieri non ho detto questo, hai capito male come sempre oppure ti ricordi male le mie parole”;
  • “Continui a farmi tanti danni, ma io ti perdono”;
  • “L’anno scorso siamo andati in vacanza al mare e non in montagna, ma come fai a non ricordarti una cosa del genere?”;
  • “Ieri mi dicevi che stavi mangiando la pasta, ma – te lo devo dire per il tuo bene – il tuo piatto era vuoto. Tu te lo ricordi pieno, ma era proprio vuoto”;
  • “Quello che dici non è mai successo, ti inventi le cose”;
  • “I suoni che senti, li avverti solo te: hai allucinazioni uditive”;
  • “Poco fa pensavi di aver salutato una persona, ma in realtà hai salutato il nulla… Hai le allucinazioni visive ora?”;
  • “Ho paura che tu stia male: ultimamente dici cose strane e la memoria ti fa brutti scherzi”;
  • “I tuoi comportamenti sempre più assurdi, cominciano a preoccuparmi sul serio: andiamo dal medico”.

Grazie a queste tecniche l’abusante mette in dubbio ogni scelta, memoria, sentimento, emozione e valore, della vittima, risultando sempre non violento e assolutamente logico, in buona fede, convincente e compassionevole. La vittima, così condizionata, arriva quindi ad assicurare amici preoccupati o parenti, medici e forze dell’ordine, sul fatto che il proprio partner sia assolutamente amorevole nei suoi confronti.

Esempi

I criminali che componevano la Famiglia Manson durante la fine degli anni sessanta del secolo scorso, erano soliti entrare nelle case delle vittime senza rubare nulla, ma spostavano leggermente i mobili. Al loro rientro a casa i residenti vedevano i mobili spostati e ciò li turbava perché non si ricordavano se erano stati effettivamente loro a spostarli o no. Questa è una tecnica usata anche dai gaslighter: ad esempio possono spostare uno o più oggetti in casa (o farli proprio sparire) e – alla domanda della vittima: “Hai spostato tu gli oggetti?” – possono semplicemente rispondere: “No, gli oggetti sono sempre stati lì, sei tu che come al solito ti ricordi male”, oppure “No, sei tu che li hai fatti sparire e magari neanche te lo ricordi…”.

Altro esempio tipico di gaslighting è quando il manipolatore ha commesso in passato qualcosa reputato sbagliato dal partner ma oggi nega categoricamente che quell’evento passato sia accaduto, anche negando l’evidenza. Il manipolato potrebbe ad esempio dire: “L’anno scorso siamo andati in vacanza al mare come piace a te, ma quest’anno vorrei andare in montagna come piace a me”. A questo punto il manipolatore potrebbe rispondere in modo convinto: “Ma cosa dici, amore: l’anno scorso siamo andati in montagna! Ma come fai a non ricordartelo?”. Un manipolatore particolarmente subdolo potrebbe a questo punto far sparire qualsiasi prova che documenti la ragione del manipolato: ad esempio potrebbe far sparire tutte le foto che documentano la vacanza passata al mare o usare programmi di fotoritocco per creare delle foto false della coppia mentre passa le vacanze in montagna.

Anche una semplice azione può essere “ribaltata” per confondere il partner e fargli dubitare dei propri ricordi. Ad esempio il manipolato potrebbe dire: “Tu hai deciso di comprare quel mobile del bagno che a me proprio non piace: posso decidere io ora quale comprare in camera da letto?”. Il manipolatore potrebbe rispondere: “Ti ricordi male: il mobile del bagno lo hai comprato tu, non ti ricordi quel giorno come sono andate le cose?”. A questo punto il manipolatore potrebbe inventarsi di sana pianta una serie di situazioni, ricche in particolari, che descrivono la sua falsa verità e confondere la vittima.

Tipico esempio di tecnica usata da un gaslighter è nascondere un proprio oggetto nella borsa o nella tasca della vittima e poi incolparla di avergli rubato quell’oggetto. Quando la vittima dirà: “Non sono stato io a rubarti quell’oggetto”, il manipolatore dirà “Stai mentendo, oppure lo hai fatto e non te lo ricordi. Sono arrabbiatissimo con te, ma ti perdono perché ti amo”.

Storia del termine

Il termine “gaslighting” è entrato nell’uso colloquiale a metà degli anni 2010 e deriva da un’opera teatrale del 1938 chiamata “Gaslight” e dagli adattamenti cinematografici del 1940 e del 1944. Nella storia, riproposta in teatro ed al cinema, un marito cerca di far impazzire la moglie manipolando in modo lieve – ma significativo – piccoli elementi dell’ambiente in cui ella vive, ad esempio affievolendo le luci delle lampade a gas. Il film del ’44, noto in Italia come “Angoscia” (con la regia di George Cukor e la star Ingrid Bergman; in alto in questo articolo potete vederne un fotogramma), è un vero capolavoro del cinema noir, con tratti triller che sfociano nell’horror psicologico.

In Angoscia, il perfido protagonista (Charles Boyer) – per motivi che qui non dirò per non togliervi il gusto di vedere questo film – manipola e sfinisce la moglie in svariati modi, tra cui:

  • nasconde de una spilla facendole credere che lei l’habbia persa;
  • sposta un quadro facendole credere che sia stata lei a spostarlo e che se ne sia dimenticata;
  • la isola dal mondo esterno imprigionandola in casa, facendola uscire solo in sua presenza;
  • affievolisce le luci di casa abbassando il gas ogni volta che lei rimane sola;
  • fa dei rumori sinistri di passi sopra la sua camera per farle credere che ci sia qualcuno in casa e le fa credere che tali rumori li senta solo lei (visto che la cuoca è ipoudente e riferisce di non sentirli);
  • le fa credere che lei gli abbia rubato l’orologio da taschino di nascosto facendola piangere in pubblico ed incolpandola di aver fatto una scenata di fronte a tutti;
  • le fa credere che un giorno lei avesse pensato di tenere in mano una lettera, mentre non aveva nulla in mano;
  • le fa credere che sua madre era pazza e che fosse morta in un manicomio quando lei aveva un anno, facendole credere che sia lei stessa pazza perché mostra un quadro sintomatologico esattamente simile a quello di sua madre;
  • le fa credere di dimenticare le cose, tra cui l’identità di un uomo che sembra essere “alle sue calcagna”;
  • senza farsi vedere le sussurra frasi come “Tua madre era completamente pazza… E’ morta in un manicomio…”.

L’azione progressivamente manipolatoria del marito gaslighter, porta la moglie a dubitare sempre di più della sua memoria e della sua percezione della realtà, vedere via via sempre più disintegrata la propria psiche e diventando sempre più emotivamente instabile ed insicura di sé. La moglie si ritrova quindi isolata, con un marito apparentemente dolce e premuroso ma in realtà squallido manipolatore e con il timore di essere diventata pazza. Per interpretare al meglio il ruolo della protagonista Paula, una donna che lentamente impazzisce, Ingrid Bergman si documentò approfonditamente: andò in un istituto di igiene mentale e studiò a lungo una paziente, per carpire ogni singola espressione del viso e degli occhi in particolare. E’ un film che – al di là dell’eccelsa qualità artistica di regia, sceneggiatura, fotografia ed attori – vi consiglio per meglio comprendere cosa sia il gaslighting e quanto potere possa concedere ad un abile manipolatore, soprattutto se la vittima è emotivamente fragile.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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