Teoria della frustrazione-aggressività: quando essere frustrato ti rende aggressivo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO COPPIA AMORE LITIGIO TRISTE RABBIA NERVOSO SEPARAZIONE DIVORZIO LITIGARE (1)La teoria della frustrazione-aggressività (anche conosciuta come “ipotesi della frustazione-aggressività” o “teoria frustrazione-aggressione-spostamento“; in inglese “frustration–aggression hypothesis” o “frustration–aggression–displacement theory“) è una teoria formulata per spiegare la causa dell’aggressività e della violenza, proposta dagli psicologi John Dollard, Neal Miller, Leonard Doob, Orval Mowrer e Robert Sears nel 1939, e successivamente sviluppata dagli psicologi Neal Miller nel 1941 e Leonard Berkowitz nel 1969. La “primitiva” teoria della frustrazione-aggressività affermava fondamentalmente che l’aggressività sia sempre una conseguenza della frustrazione e la frustrazione determini sempre aggressività. La teoria è stata negli anni più volte messa in discussione da sociologhi, psicologi e psichiatri, tuttavia ha il pregio di aver gettato le basi per ulteriori studi sulle cause della violenza e dell’aggressività. Questa teoria viene utilizzata anche per spiegare rivolte e rivoluzioni, che si ritiene siano causate da settori più poveri e svantaggiati della società che potrebbero esprimere la loro frustrazione e rabbia represse attraverso la violenza.

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Cenni storici: dalla teoria originale alla prima modifica

La teoria della frustrazione-aggressione fu proposta nel 1939 sotto forma di monografia pubblicata dallo Yale University Institute of Human Relations. Gli autori della monografia erano gli psicologi statunitensi John Dollard, Leonard Doob, Neal Miller, O. H Mowrer e Robert Sears. La ricerca era il risultato di molti studi condotti dal gruppo che hanno toccato una varietà di discipline tra cui la psicologia, l’antropologia e la sociologia; il marxismo, la psicoanalisi e il comportamentismo furono utilizzati dal gruppo di Yale durante le loro ricerche per trarre le proprie conclusioni. Il loro lavoro, Frustrazione e aggressività (1939), ebbe presto ripercussioni sulla spiegazione delle teorie del comportamento aggressivo. La loro teoria si applicava agli esseri umani, ma anche agli animali. Il libro creò polemiche sull’argomento che portarono a molti articoli che criticavano la nuova teoria. The Psychological Review e Reading in Social Psychology sono due riviste che all’epoca pubblicarono articoli critici verso la nuova teoria. Molti studiosi di scienze sociali hanno contestato la definizione piuttosto rigorosa delle reazioni di frustrazione e il modo in cui viene definito il concetto di frustrazione in sé.
Nel 1941, il gruppo di Yale modificò la propria teoria in seguito alle molteplici critiche e agli studi pubblicati da altri psicologi. Più in particolare, il gruppo di Yale chiarì la sua affermazione originale secondo cui “il verificarsi di un comportamento aggressivo presuppone sempre l’esistenza di frustrazione e, al contrario, che l’esistenza di frustrazione porta sempre a qualche forma di aggressione” (in originale: “the occurrence of aggressive behavior always presuppose the existence of frustration and, contrariwise, that the existence of frustration always lead to some form of aggression”). Di fatto, la seconda parte di questa ipotesi porta i lettori a pensare che la frustrazione possa avere solo come conseguenza l’aggressività, e non ammette la possibilità che altre risposte possano sorgere e prevalere sulla risposta aggressiva. Il gruppo di Yale ha quindi riformulato l’ipotesi come segue: “la frustrazione produce l’istigazione a diversi tipi di risposta, una dei quali è l’aggressività” (in originale: “frustration produces instigation to a number of different types of response, one of which is aggression”). Con questa nuova formulazione, i ricercatori hanno lasciato più spazio all’idea che gli impulsi aggressivi non siano gli unici tipi che possono emergere quando un individuo prova frustrazione. Altri impulsi, come la paura della punizione, possono superare o addirittura attenuare l’istigazione all’aggressività fino a farla scomparire, il che spiegherebbe situazioni in cui la frustrazione non porta ad un’aggressione totale. Dalla riformulazione della teoria in poi, molti pionieri nel mondo delle scienze sociali studiarono l’argomento ed apportarono variazioni rispetto alla teoria originale.

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Studi successivi

Nel suo articolo pubblicato nel 1941, Gregory Bateson osservava l’ipotesi della frustrazione-aggressione sotto un profilo culturale. Secondo lui la cultura era implicitamente coinvolta nell’ipotesi stessa, poiché si trattava del comportamento umano, che è sempre formato e influenzato dall’ambiente, sia esso sociale o culturale. Bateson ha affermato che è più facile adattare l’ipotesi alle persone la cui cultura ritrae la vita come una serie di eventi neutrali o frustranti che portano a fini soddisfacenti. Questo sarebbe il caso della cultura europea e della cultura Iatmul. Tuttavia, è più difficile applicare l’ipotesi alla cultura balinese. In effetti, ai bambini balinesi viene insegnato a provare piacere, soddisfazione, nei passi che portano ai loro obiettivi, senza aspettare che la soddisfazione raggiunga il culmine con il completamento di tali obiettivi.
Seguendo la stessa linea di pensiero di Bateson, Arthur R. Cohen considerava le norme sociali un fattore importante nel determinare se l’aggressività seguirà o meno la frustrazione. Nel 1955 Cohen pubblicò i risultati di uno studio da lui condotto, che comprendeva 60 studentesse, che dimostrava che le persone avevano meno probabilità di dimostrare aggressività quando gli standard sociali erano messi sotto stress. Cohen inoltre, si è basato su quanto affermato in precedenza dallo studio di Doob e Sears, ovvero che la dimostrazione di un comportamento aggressivo dipenderà dall’anticipazione della punizione. Secondo Cohen le persone erano meno propense a dimostrare aggressività nei confronti dell’agente di frustrazione se quest’ultimo era una figura autorevole. Cohen ha anche indagato sull’affermazione di Nicholas Pastore secondo cui l’aggressività era più probabile che avvenisse in un contesto arbitrario rispetto a uno non arbitrario, e ha raggiunto le stesse conclusioni.
Nel 1989 Berkowitz pubblicò un articolo, chiamato “Ipotesi Frustrazione-Aggressione: Esame e Riformulazione”, che affrontava l’incoerenza degli studi empirici volti a verificare l’ipotesi, così come la sua critica. Berkowitz propose una modifica all’ipotesi che tenesse conto degli affetti negativi e delle attribuzioni individuali.
Più recentemente, Breuer ed Elson hanno pubblicato una panoramica completa della teoria frustrazione-aggressione: gli autori hanno affermato che, nonostante un’ampia quantità di ricerche empiriche che esaminano il legame tra frustrazione e comportamenti aggressivi, c’è un calo nel numero di studi che si riferiscono specificamente all’ipotesi frustrazione-aggressività. Breuer ed Elson propongono che sia utile quindi utilizzare l’ipotesi frustrazione-aggressività come fondamento teorico per la letteratura sull’aggressività e che questa teoria potrebbe avere nuove applicazioni per altre aree come la psicologia dei media.

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Dalla frustazione all’aggressività: spiegazione della teoria

Quando fu formulata per la prima volta nel 1939, l’ipotesi della frustrazione-aggressività affermava che la frustrazione precede sempre l’aggressività, e l’aggressività è la sicura conseguenza della frustrazione. Come visto nel precedente paragrafo, due anni dopo, Miller e Sears hanno riformulato l’ipotesi. La riformulazione suggerica che, mentre la frustrazione crea il bisogno di attuare un comportamento aggressivo, una qualche forma di aggressività è un possibile risultato, ma non un sicuro risultato. Pertanto, l’ipotesi riformulata affermava che la frustrazione induce un comportamento che può essere aggressivo o non esserlo, rendendo la frustrazione una condizione necessaria ma non sufficiente per far scaturire l’aggressività.
L’ipotesi tenta di spiegare perché le persone diventano capri espiatori e quali siano le cause della violenza. Secondo Dollard e colleghi, la frustrazione è la “condizione che esiste quando una risposta allo scopo subisce un’interferenza“, mentre l’aggressività è definita come “un atto la cui risposta allo scopo è un danno a un organismo (o un surrogato dell’organismo)“.  Secondo questa teoria, una persona diventa frustrata quando non riesce a materializzare i suoi desideri. La frustazione, accumulandosi a causa del ripetersi di questa mancata realizzazione e repressa più e più volte, determinerà poi il comportamento violento quando verrà raggiunta la proverbiale “goccia che fa traboccare il vaso”. Maggiore è la frustrazione, più intensa sarà l’aggressività che da essa risulta. L’aggressività si manifesterà sotto forma di aggressione verbale e/o psicologica e/o fisica, diretta o indiretta. Se la violenza diretta è ostacolata o impedita, l’aggressione ricorrerà alla “violenza indiretta“, come ad esempio il diffondere voci od il prendere in giro qualcuno.

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Spostamento verso un capro espiatorio

La teoria della frustrazione-aggressività è anche nota come “teoria frustrazione-aggressione-spostamento”. Cosa si intende per “spostamento”? Precedentemente abbiamo capito che un accumulo di frustazioni può, raggiunto un “punto limite”, sfociare in comportamenti aggressivi di vario tipo. L’aggressione, tuttavia, non necessariamente sarà diretta verso la persona che a monte ha determinato la frustazione che l’ha generata, bensì può essere “spostata“: in questo caso la violenza sarà diretta contro un altro bersaglio. Tale bersaglio “innocente” in genere condivide qualche somiglianza con quello che a monte ha determinato la frustazione. L’indirizzare l’aggressività verso il “capro espiatorio” avviene soprattutto quando la fonte della frustrazione non può – per varie ragioni – essere messa in discussione o aggredita. Ad esempio, se un uomo viene mancato di rispetto e umiliato sul lavoro dal proprio capo, potrebbe non sfogare la rabbia determinata dalla frustazione accumulata direttamente sul proprio capo, magari per paura di perdere il lavoro, quindi – tornato a casa – potrà avere comportamenti aggressivi su bersagli innocenti, come i componenti della propria famiglia (marito, moglie, figli) o su oggetti (rompendo ad esempio un piatto lanciato per terra o dando colpi al proprio computer o urlando contro un libro) o su animali (ad esempio il proprio cane o gatto).

Identikit del frustato-aggressore e come ridurre l’aggressività

Il “frustrato-aggressore” tipo tende ad avere una’autostima alta, ma instabile e mostra rapidamente ostilità di fronte alla frustrazione, perché sono costantemente in guardia. In base alla teoria, vi sono due strategie per ridurre l’aggressività:

  • sopprimere la frustrazione: rimuovere le frustrazioni a monte, diminuisce il rischio che esse determinino l’aggressività;
  • catarsi: tradurre la frustrazione in azioni positive, riduce l’attivazione dell’individuo e previene la trasformazione della frustrazione in aggressività.

Se credi di comportarti in modo aggressivo a causa delle frustrazioni accumulate o che tu sia vittima di aggressività da parte di una persona che abbia accumulato frustrazioni, prenota la tua visita e, grazie a colloqui riservati, ti aiuterò a gestire ed a superare questa situazione.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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