L’attore Matthew Perry è morto a 54 anni: addio a “Chandler” di Friends

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO È morto Matthew Perry attore personaggio Chandler serie TV Friends vasca idromassaggio causa morte annegamento alcol droghe dipendenzeAddio a Chandler Bing, indimenticabile personaggio della popolare serie Tv “Friends“, andata in onda dal 1994 al 2004. Matthew Perry, l’attore statunitense che ha interpretato l’amatissimo personaggio, è stato trovato morto ieri nella vasca per idromassaggio della sua casa nell’area di Los Angeles. Aveva 54 anni. I motivi del decesso – come riportano i media Continua a leggere

La superficie sternocostale del cuore, dal “Gray’s Anatomy” edizione del 1918

cuore, disegno anatomia storia della medicinaNella figura potete vedere la superficie sternocostale del cuore. Questo disegno appartiene al popolare testo di anatomia umana “Gray’s Anatomy”, edizione del 1918, consultabile online a questo link: Continua a leggere

BoJack Horseman, Il panorama a metà strada: curiosità, analisi, riflessioni, significati

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ATTENZIONE: SPOILER per chi non ha visto TUTTE le sei stagioni di BoJack Horseman

Siete pronti ad intraprendere un viaggio nella testa del nostro cavallo animato preferito?

Nel penultimo episodio della sesta ed ultima stagione della serie BoJack Horseman, “Il panorama a metà strada”, mentre BJ sta letteralmente affogando nella piscina, si immagina Continua a leggere

Le maratone di serie tv peggiorano il sonno e causano insonnia

MEDICINA ONLINE TABLET SMARTPHONE CELLULARE TELEVISIONE SERIE TV NETFLIX MARATONA FILM COMMEDIA DRAMMATICO LETTO DORMIRE DIVANO INSONNIA CERVELLO LUMINOSITAUna ricerca dell’Università di Leuven (Belgio) e di quella Michigan (USA) è arrivata a concludere che guardare in modo compulsivo le serie tv danneggia il sonno, lo rende peggiore come qualità, aumenta il senso di affaticamento e l’insonnia, ciò a causa del senso di allerta cognitiva provocato dalle maratone televisive, al fatto cioè che il cervello rimane attivo troppo a lungo. Per giungere a tali conclusioni i ricercatori hanno preso in esame 423 giovani, di età compresa tra 18 e 25 anni, il 74% per cento dei quali erano studenti. È stato chiesto loro di rispondere a un questionario online, e dai risultati è emerso che oltre l’80% dei partecipanti si sono identificati come spettatori compulsivi di serie tv, con il 20,2% che affermava di esserlo stato almeno un paio di volte alla settimana nel mese precedente.

Stanchezza diurna ed insonnia

Gli amanti delle maratone televisive – specie su smartphone e tablet – hanno riportato più stanchezza durante il giorno e sintomi di insonnia, scarsa qualità del sonno e un maggior senso di allerta prima di andare a dormire. Ulteriori analisi hanno evidenziato che avevano anche un 98% in più di probabilità di avere una qualità del sonno peggiore rispetto a chi la tv la guardava moderatamente. Ai fanatici delle serie, i ricercatori consigliano di ridurrne la visione e di effettuare tecniche di rilassamento per ridurre il senso di allerta del cervello prima di andare a letto. Inoltre suggeriscono che i servizi in streaming come Netflix dovrebbero consentire ai telespettatori di pre-selezionare una durata massima di visione, oltre la quale non andare.

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Black Mirror: trama e spiegazione del finale di Giochi pericolosi (Playtest)

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Se cercate la spiegazione del finale, andate direttamente in fondo all’articolo

Questa terza stagione di Black Mirror, di cui questo episodio è il secondo, prodotta da Netflix risulta indubbiamente più matura rispetto agli inizi, probabilmente grazie alla consapevolezza di aver ormai conquistato una fetta di pubblico decisamente maggiore rispetto a quando fu lanciata. Ma la cosa che mi fa piacere ancor di più questa serie incredibile è che questa consapevolezza non si esplica con il ripetersi, con quell’auto-citazione fine a se stessa che contraddistingue alcune serie e film che sembrano campare di rendita per il solo fatto di avere un nome ormai consolidato; e fortunatamente non si percepisce comunque alcuno sforzo di banalizzazione (leggi “commercializzazione”) mirata a raggiungere a tutti i costi un pubblico tanto ampio. No, al contrario, Black Mirror continua sulla stessa strada ideologica innovando al punto giusto, tirando fuori dal cappello idee nuove come solo la fantascienza più cerebrale e matura riesce a fare, fregandosene di ogni aspettativa, liberandosi da qualunque tipo di ansia di prestazione che può colpire quando si produce il seguito di qualcosa che già prometteva bene.
La sperimentazione è sempre stata una costante di questa serie, e in quest’ultima stagione questo è particolarmente evidente: ogni puntata, infatti, omaggia un genere diverso. In questa seconda puntata, i creatori riescono abilmente a giocare non solo con la fantascienza, che nelle loro mani è come il pongo per un bambino, ma anche con l’horror, fondendo i due aspetti in un inquietante finestra su un futuro decisamente non molto lontano, e sfruttando il potere della paura di raggiungere la parte più primitiva del nostro io. Non a caso, alla regia troviamo Dan Trachtenberg (noto ultimamente per quel piccolo gioiellino di 10 Cloverfield Lane), che dimostra che con il genere ci sa fare, e che, come nel sopracitato seguito di Cloverfield, si destreggia tra i cliché tipici dell’horror con la giusta dose di ironia e ci regala qualche riflessione interessante sul perché siamo così attratti da un genere tanto inquietante.

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Trama senza spoiler

La parte iniziale dell’episodio ci introduce al protagonista, Cooper, in viaggio alla ricerca di sé stesso ed in fuga da un passato con il quale ha un rapporto complesso. A Londra, l’incontro con una ragazza del luogo, Sonja, è la scusa per spiegare allo spettatore i motivi del viaggio e del complicato rapporto con la madre, che continua a chiamarlo inutilmente, essendo Cooper non intenzionato a sentirla fino al ritorno a casa. Quando, finalmente, egli sembra aver completato il suo lungo viaggio attorno al globo e si appresta a tornare, la mancanza di denaro lo spinge a sottoporsi alla sperimentazione pagata di un nuovo gioco, creato da una famosa casa di sviluppo di videogame horror. In linea con il suo atteggiamento, Cooper non ci pensa due volte e pur di ottenere i soldi per tornare si reca al centro di sviluppo del prestigioso brand. Qui lo spettatore comincia ad avere un assaggio di quella che sarà la puntata: paura. Senza voler fare eccessivo spoiler, cominciate a questo punto a porre estrema attenzione a quello che accade dopo l’entrata di Cooper nell’edificio dove avverrà la sperimentazione, anche agli elementi apparentemente secondari.

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Spaventare qualcuno che sa che sta per essere spaventato

Ma se il gioco da testare è horror, in quanto è noto che la casa produca giochi di genere, la domanda che viene da porsi è: come si fa a spaventare qualcuno che sa che sta per essere spaventato? È qui che entra in gioco la sperimentazione: il gioco si installa direttamente nel sistema nervoso, con un semplice chip sul retro del collo. E tramite l’analisi del cervello dell’individuo plasma le sue percezioni audiovisive per spaventarlo, studiando le sue debolezze, le sue paure, le sue conoscenze pregresse e i suoi “scheletri nell’armadio”. Questa è pressappoco la presentazione che il fondatore della “SaitoGemu” fa della sua creazione, mostrandosi entusiasta di aver raggiunto un nuovo livello di intrattenimento, certo che questa nuova tecnologia rivoluzionerà il mondo del gaming. Con queste premesse, la puntata non può che costruirsi in modo intricato (poiché, come vedremo, il fatto di trovarsi in un gioco mentale complica di molto le cose) e inquietante, sfruttando la paura dell’ignoto portata all’ennesima potenza (non è l’ignoto in fondo il fondamento della paura?) tanto da spingere lo spettatore stesso a mettere in dubbio quello che sta vedendo, ben oltre quello che la trama di per sé suggerisce.

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Inganno

È questo uno dei temi fondamentali della puntata: l’inganno, che supera i limiti dello schermo e si instilla direttamente nella testa di chi guarda. È straordinaria la capacità di immedesimare lo spettatore nello stesso inganno in cui si ritrova catapultato Cooper, nonostante il primo sia pronto ad ammettere che la simulazione possa andare ben oltre quello che invece il protagonista crede. Di fatto, quindi, non solo Cooper si autoinganna, ma anche la nostra mente, nel tentativo di giustificare gli eventi mostrati, tende ad ingannarci, portandoci a costruire una serie di scenari per spiegare la situazione: scenari certamente plausibili, così tanto da convincerci di essere esatti. Ma, esattamente come avviene al protagonista, i suddetti scenari si riveleranno poi con tutta probabilità errati, per il semplice motivo che è quello lo scopo del gioco, ed è quello lo scopo della puntata.

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Realtà aumentata

Veniamo quindi al secondo tema che segue logicamente il primo: la potenza della mente. Questa non è l’unica puntata di Black Mirror a sfruttare come pilastro narrativo una realtà simulata a livello percettivo, ma è la prima volta che tale realtà viene ad essere costruita puramente dalla mente di chi la vive. Ecco che una semplice regola forzata all’interno della mente (spaventati!) diventa un’ossessione, e le percezioni vengono plasmate di conseguenza, con una realtà che di fatto non è più possibile definire tale, riaccendendo il dibattito eterno tra realisti e nominalisti (esiste una realtà indipendente dall’uomo?). In questo caso è interessante notare come una volta che il nostro “strumento di analisi percettivo” (la mente) viene impostato su un certo obiettivo, la realtà perde completamente di significato, come avveniva nel film Inception per Mal, che una volta convintasi di star vivendo un sogno, forzava ogni percezione a diventare una prova a favore della sua ossessione. La puntata ci mostra però come una realtà esterna esista e come, anzi, questa abbia un valore importante nel modo in cui il protagonista costruisce la propria esperienza, riconducendo tutto ad un unico elemento, proposto fin dall’inizio dell’episodio, che funge da collante per tutta la storia (per chi non avesse visto l’episodio, quest’ultima affermazione potrebbe sembrare confusa, ma una volta visto diverrà chiaro). Molta della produzione fantascientifica moderna, non a caso, ha concentrato gli sforzi non più su mondi lontani, alieni, navi spaziali o simili, ma sull’individuo, sulle costruzioni mentali e sulle possibilità praticamente illimitate del nostro cervello (a livello di complessità, si paragonano spesso mente e universo, con la prima che spesso sembra detenerne il primato). Allo stesso modo, la scienza stessa, a partire dalla psicoanalisi e dal dibattito sulla conoscenza, ha cominciato sistematicamente a concentrarsi su questo magnifico strumento: nel tentativo di spiegarlo, si continua ad evidenziarne la complessità.

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Basta un particolare anche innocuo, per distruggere tutto

Veniamo dunque alla fine della puntata che, come la serie di ha abituato, lascia un profondo senso di rassegnazione, paura e inquietudine. Ma in che modo siamo guidati fino a queste emozioni? La risposta risiede in quella che potrebbe essere definita “provocazione narrativa”. Quel che accade, ancora una volta, è che nonostante la storia ci inganni in vari modi, l’inganno realmente disturbante è quello che sfrutta le conoscenze pregresse di uno spettatore moderno (esattamente come il gioco sfrutta le conoscenze di Cooper per ingannarlo). Siamo abituati ad associare ad un protagonista ottimista, positivo e allegro dei risvolti che in fine saranno proporzionali al suo carattere. È il ritorno finale alla realtà che scombussola lo spettatore, lo nausea, mostrando un contrasto netto tra il mondo delle costruzioni mentali, in cui tutto deve avere senso, positivo o negativo che sia, e quello della realtà, che non segue alcuno schema e non ha alcuno scopo. Nella realtà “reale” basta un particolare apparentemente innocuo e insignificante per distruggere qualsiasi cosa, anche la nostra stessa vita. La puntata funziona quindi come un’enorme monito sul potere della tecnologia in relazione però a prerogative tutte umane: se questa vuole imporsi come strumento con il quale il sogno dell’uomo dell’onnipotenza può finalmente prendere vita, la realtà sarà sempre un passo avanti, imprevedibile, spietata, e sempre completamente indifferente alla nostra volontà.

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Spiegazione del finale (SPOILER)

I momenti più importanti per capire il finale sono quattro, mentre i colpi di scena sono due:

MOMENTO 1: Cooper è nella stanza bianca del test assieme a Katie, l’assistente afroamericana del direttore Saito. Katie ritira e spegne il cellulare di Cooper. Katie esce un momento dalla stanza e Cooper ne approfitta per sbloccare la rete sul cellulare e scattare e inviare foto a Sonia, ma il ritorno di Katie gli impedisce di rimettere il cellulare in modalità aereo, e riceve l’ennesima chiamata dalla madre, che Katie blocca. Nonostante l’imprevisto, tutto procede bene e la donna gli inserisce dietro il collo un chip di controllo neurale che chiama “fungo”: dopo un primo momento di attivazione, Cooper vede gli ologrammi della talpa ed inizia a giocarci.

MOMENTO 2: Subito dopo il momento 1, Cooper viene portato da Saito e Katie collega il “fungo” di Cooper ad un cavo per qualche secondo, per caricare un “pacchetto di rete neurale”. Finita l’istallazione Katie lo accompagna presso la casa degli orrori.

MOMENTO 3: Cooper all’interno della casa, comincia ad aver davvero troppa paura e chiede di terminare l’esperimento, va nella “stanza di recupero” ed impaurito, tenta di estrarsi il fungo da solo, ma Katie, Saito e due collaboratori intervengono e lo fermano: a quanto pare il fungo ha interagito troppo a fondo con il sistema nervoso di Cooper, facendogli dimenticare il suo passato: Saito, dopo avergli chiesto scusa, ordina ai due assistenti di portarlo via. Cooper urla e si risveglia: è ancora nell’ufficio di Saito, che si scusa sentitamente: forse i parametri erano troppo alti e l’esperimento è durato solo un secondo.

COLPO DI SCENA 1: Arrivati al termine del “momento 3” lo spettatore capisce il “colpo di scena 1”: tutto quello che ha visto tra il momento 2 ed il momento 3 in realtà non è mai esistito, bensì è stato solo il frutto di quel secondo di “iperattività cerebrale” che ha provato Cooper grazie al pacchetto di rete neurale, mentre era seduto nella stanza di Saito. In pratica tutta la fase della casa degli orrori sarebbe solo una specie di “bad trip” causato dai “parametri troppo alti”. Lo spettatore è così rassicurato: Cooper sta bene e lo vede tornare a casa. Tutti vissero felici e contenti? Non proprio.

MOMENTO 4: Cooper tornato a casa, incontra la madre in lacrime in stato apparentemente confusionale, che non lo riconosce e gli dice che deve chiamare suo figlio per sapere come sta. La madre compone il numero e… Cooper nuovamente si risveglia nel momento in cui la madre lo aveva chiamato al suo incontro con Katie e muore in preda agli spasmi.

COLPO DI SCENA 2: Al termine del momento 4 il corpo di Cooper viene portato via. Lo spettatore capisce quindi che tutto quello che è successo tra il momento 2 ed il momento 4, in realtà non è esistito se non nella mente di Cooper: è stato tutto un enorme “bad trip” causato dall’interferenza della chiamata ricevuta sul cellulare che sarebbe dovuto essere spento. Questo bad trip include quindi buona parte della puntata: Cooper non è mai stato davvero nella casa degli orrori, non è mai stato seduto nella stanza di Saito, non ha mai subito l’istallazione del “pacchetto di rete neurale” e nemmeno ha mai giocato con le talpe virtuali. Tutto questo, come anche il colpo di scena 1, col protagonista che torna a casa, è stato solo immaginato da Cooper in quegli 0.04 secondi che sono stati la durata reale dell’esperimento.

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Riflessioni sul finale

Lo spunto di riflessione principale è dato dal fatto che la fine definitiva del gioco è dettata dal non rispetto di una regola che vietava l’utilizzo del cellulare durante la fase di beta testing, cellulare utilizzato al fine di raccogliere prove sulla nuova tecnologia da vendere alla stampa di settore. Un po’ come quando sull’aereo ti dicono di spegnere il cellulare ma tu lo vuoi lasciare acceso. La fatalità della chiamata ricevuta dalla madre nel momento più sbagliato possibile, a sua volta conseguenza proprio dell’irrisolutezza da parte di Cooper nell’affrontare la propria paura di riallacciare i rapporti con lei, contribuisce a chiudere il cerchio, nel momento in cui scopriamo che quasi tutto l’episodio è avvenuto – esclusivamente all’interno della mente iperstimolata del protagonista – nell’intervallo di 0,04 secondi, il tempo impiegato da Cooper per dire “Mamma”.

L’intero episodio si rivela, solo a questo punto, un excursus delle paure irrisolte del protagonista, un viaggio sempre più in profondità nella sua mente e nelle sue paure: la paura di rimanere solo, la paura di non ricordare, la paura del lutto familiare e la conseguente difficoltà di riallacciare un legame con i propri affetti rimasti, tutte terribilmente vissute in forma “reale” dal protagonista all’interno della propria mente.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Grey’s Anatomy: tutte le curiosità sulla serie e sugli attori

MEDICINA ONLINE grey's anatomy CAST SEASON LAST STREAMING ACTORS ATTORI PERSONAGGI STAGIONE FILM PROTAGONISTI OSPEDALE MEDICI SERIE TV TELEVISIONE PC COMPUTER.jpgInizialmente la serie doveva intitolarsi “Complications”Shonda Rhimes, autrice ed inventrice della serie, era ossessionata dal seguire in tv i programmi medici su Discovery Channel. Da lì è nata l’idea per Grey’s Anatomy e la scintilla, vuole leggenda, fu dopo che un medico le disse quanto fosse difficile radersi in una doccia di ospedale. Nonostante fosse di Chicago, decise di far spostare la città di ambientazione della serie a Seattle per non assomigliare troppo ad un’altra serie medicale di Chicago: E.R. Medici in prima linea.
Tutte le storie prendono spunto da eventi reali, presi da riviste mediche. Nel corso del tempo, gli stessi spettatori hanno segnalato storie mediche che gli autori visionano e selezionano per la serie.

Quando gli attori del cast devono mettere in scena un’operazione chirurgica, sono obbligati a studiare svariati manuali sulle procedure specifiche per cercare di riprodurle più fedelmente sul set. Tra gli organi che si vedono durante le operazioni, alcuni sono reali: ma sono di mucca.

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Curiosità sul cast e sugli attori (attenzione, spoiler!)

Ellen Pompeo, l’attrice che impersona Meredith Grey, voleva recitare per una serie diversa (Secret Service, scritta da Bob Orci e Alex Kurtzman per la ABC), ma fu rifiutata. Grazie a questo si rese disponibile per diventare la protagonista della serie medica più famosa della storia. L’attrice Pompeo rimase incinta durante la sesta stagione ma gli autori, anzichè mettere anche Meredith in gravidanza, svilupparono il capitolo in cui lei dona parte del fegato al padre separato Thatcher: in questo modo l’attrice potè recitare comodamente nel letto per il resto della serie. Viceversa, durante la stagione 10 il personaggio April Kepner resta incinta: due mesi la stessa attrice Sarah Drew ha annunciato di essere incinta nella vita reale.

Sandra Oh, l’attrice che impersona il chirurgo Cristina Yang, aveva sostenuto il provino per il ruolo della Bailey, ma fu lei ad insistere per avere il suo ruolo storico, che sentiva più vicino a se. Fu la stessa attrice ad avere l’idea di far avere un esaurimento nervoso al personaggio Cristina, e la Rhimes scrisse di conseguenza il capitolo in cui perde il bambino e non riesce a smettere di piangere nel letto d’ospedale. Quando Cristina scopre che il suo fidanzato Owenle ha mentito, gli lancia in faccia una ciotola di latte con cereali. Ma durante le riprese, causa scarsa mira dell’attrice, la scena si è dovuta ripetere 3 volte, con l’attore letteralmente coperto di latte. McKidd, come indica il cognome, è scozzese. Nella serie in lingua originale si sente il suo accento.

Il personaggio Arizona doveva inizialmente “durare” solo 3 episodi. L’attrice Jessica Capshaw fu prima considerata per il ruolo di un’amante di Derek Shepard, poi come amica “pazza” di Meredith, e infine per il ruolo di Arizona Robbins.
Quando Arizona perde la gamba, per rendere più verosimile la camminata l’attrice Capshaw si mette una protesi e ci cammina, con la sua gamba legata dietro, arto che verrà poi cancellato durante il montaggio digitale.

Il personaggio Miranda Bailey, nell’idea iniziale era l’unico con descrizione fisica precisa: “minuscola, bionda, riccia” (descrizione che ricordava la madre dell’autrice). Ma quando la Rihmes fece l’audizione a Chandra Wilson si convinse che era perfetta per quel ruolo.

Durante il primo provino di fronte all’autrice della serie, Patrick Dempsey era terrificato dalla sua espressione “glaciale”, che non lasciava presagire una promozione. In realtà la Rhimes era già concentrata ad immaginare nuovi dialoghi e nuovi sviluppi della serie perchè aveva trovato il suo attore ideale. Fino alla fine della prima serie, Patrick Dempsey non sapeva che il suo personaggio (Derek) fosse sposato. Anche Meredith (Ellen Pompeo) l’ha saputo solo mentre venivano girate le scene finali della prima stagione.

James Pickens Jr. (personaggio Dr. Richard Webber) ottenne la parte appena iniziato il provino: lesse le prime frasi del copione, gli fu subito chiesto di fermarsi e di uscire un attimo. Appena rientrato, gli venne offerta la parte.

L’attore Jesse Williams, prima di essere chiamato ad impersonificare il Dr. Jackson Avery, era un insegnante.

Quando il personaggio Lexie resta uccisa nell’incidente aereo della stagione 8, l’attrice Leigh è rimasta per circa 2 giorni sotto un rottame di aereo per girare la scena.

Il personaggio Alex Karev (Justin Chambers) non era previsto durante le prime riprese, e fu aggiunto dopo. Tutte le sue scene sono state aggiunte digitalmente all’episodio.

Tutti i personaggi principali della serie, prima o poi, sono finiti all’ospedale come pazienti. Ma non tutti si salvano…

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La causa della morte di Mark Sloan

MEDICINA ONLINE CAUSA DELLA MORTE DI MARK SLOAN LEXIE GREY Shonda Rhimes autrice e sceneggiatrice di Grey's AnatomyNelle prime puntate della nona stagione di Grey’s Anatomy, il chirurgo Mark Sloan perde la vita,  Eric Dane – l’attore che lo interpretava – esce di scena dopo oltre 100 puntate. Ma per quale motivo questo personaggio tanto amato è stato eliminato dalla serie?

L’amato Mark
Shonda Rhimes, autrice e sceneggiatrice di Grey’s Anatomy, ha vagliato tutte le altre possibilità prima di decidere di staccare – letteralmente – la spina al suo amato Mark Sloan. “Ho pensato a molti modi in cui Mark avrebbe potuto lasciare lo show, ma qualsiasi opzione che non fosse stata la sua morte, avrebbe richiesto che lui continuasse a piangere per la morte di Lexie a tempo indeterminato e che fosse lontano da sua figlia.
Io e gli altri sceneggiatori abbiamo discusso su questa questione a lungo ed incessantemente. Non volevo che Mark morisse ma, come i miei colleghi hanno giustamente sostenuto, Mark non avrebbe potuto abbandonare Sofia e di certo non avrebbe potuto lasciare sola Callie, dopo l’amputazione della gamba di Arizona”.

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Mark sarebbe tornato a Los Angeles?
La Rhimes ha considerato  tra le varie possibilità, anche la partenza di Mark per Los Angeles, per ristabilire il contatto con la ex Addison. “Mi piaceva l’idea, ma sarebbe stato comunque necessario che Mark abbandonasse la sua bambina ed Arizona. Per di più avrei dovuto rottamare tutti i progetti per Addison in questa stagione – e i suoi piani sono meravigliosi. Inoltre, questa idea avrebbe dato l’impressione che Mark avesse già dimenticato tutto quello che aveva detto a Lexie prima che lei morisse. Allora ho riflettuto, ma alla fine ho dovuto fare ciò che era giusto per l’integrità del personaggio. Mark non avrebbe mai dimenticato subito Lexie e non avrebbe mai abbandonato volontariamente Sofia e Callie. Così muore. E lui e Lexie tornano a stare insieme in qualche modo. Il loro amore rimane vero.”

Lexie
Parlando di Alexandra Caroline Grey, cioè Lexie, la Rhimes ha confessato che la sua morte nel finale dello scorso maggio, la tormenta. “Ho adorato quel personaggio e non potevo immaginare lo show senza di lei”, ha ammesso. “E’ stato importante per me dare all’uscita del suo personaggio il massimo impatto. Sinceramente non ero sicura, a causa di trattative, che sarebbe morta in quell’incidente. Nei miei primi piani, Lexie non era nemmeno sull’aereo. Sarebbe morta tornando in ospedale, facendo qualcosa di semplice come scivolare e sbattere la testa. Sarebbe morta al Seattle Grace, mentre altre persone stavano morendo nel bosco. Non era il mio piano preferito: sarebbe morta senza Mark al suo fianco, senza la possibilità di dirgli addio, senza la possibilità di sentire che l’amava. Io li volevo insieme.”

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