Le nuove generazioni, cresciute iperconnesse e con il cellulare in mano fin da prima dei 10 anni di età, sono a rischio di patologie impensabili fino ad appena 10 anni fa. Sotto accusa finisce in particolare l”insonnia tecnologica’ che sta mettendo a rischio lo sviluppo cerebrale degli adulti di domani, e le nuove dipendenze più impalpabili di quelle da sostanze che pure continuano in forma sempre nuova a minacciare i teenager. La nuova droga tecnologica ha mille fonti: scommesse online, social network, pornografia online, serie tv online, acquisti online, videogiochi online… sono tante le nuove “online-dipendenze” causate da un abuso di tecnologia e si diffondono così rapidamente da cogliere impreparati psichiatri e psicoterapeuti. Alcune “tecno-patologie” sono diventate così diffuse da aver addirittura un nome:
- nomofobia: paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile;
- fomo (fear of missing out): paura di essere tagliati fuori dai social network;
- ansia da squillo (ringxiety): ansia da smarphone;
- textaphrenia e textiety: ansia da messaggio;
- ansia da “challenge” o da “sfide social”: ansia che deriva dal partecipare a catene social;
- like-addiction: ansia di raggiungere il più alto numero di like (“mi piace”) o di non raggiungere abbastanza like;
- vamping: ore notturne trascorse sui social media.
Sempre più giovani
Tra i più giovani, l’età media dell’uso del primo cellulare, l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social si aggira intorno ai 9 anni. Circa 5 adolescenti su 10 dichiarano di trascorrere da 3 a 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% da 7 a 10 ore, mentre il 10% supera abbondantemente la soglia delle 10 ore. Il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, contro il 77% dei preadolescenti. Il primo è stato aperto intorno ai 12 anni e la maggior parte di loro arriva a gestire in parallelo 5-6 profili, insieme a 2-3 app di messaggistica istantanea.
Selfie ed ossessione per like e seguaci
Gli adolescenti sono alla continua ricerca di approvazione, che si raggiunge attraverso like e follower: per circa 5 su 10 è normale condividere tutto quello che si fa, comprese foto personali e private, mettendo tutto in vetrina, sottoponendolo alla severa valutazione della macchina dei ‘mi piace’. Per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like ricevuti, che accrescono l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Ovviamente, vale anche il contrario,tanto che il 34% ci rimane molto male e si arrabbia quando non si sente apprezzato. L’aspetto che caratterizza gli adolescenti di oggi sono i selfie, i famosi autoscatti, dove si è disposti a tutto pur di ottenere like: ad esempio il 13% ha seguito addirittura una dieta per piacersi di più nei selfie. Il dato più allarmante è che circa 1 adolescente su 10 fa selfie pericolosi in cui mette anche a repentaglio la propria vita e oltre il 12% è stato sfidato a fare un selfie estremo per dimostrare il proprio coraggio.
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Stato di allerta costante 24 ore su 24
Depressione giovanile
Mancanza di sonno
Cosa fare?
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Una ricerca dell’Università di Leuven (Belgio) e di quella Michigan (USA) è arrivata a concludere che guardare in modo compulsivo le serie tv danneggia il sonno, lo rende peggiore come qualità, aumenta il senso di affaticamento e l’insonnia, ciò a causa del senso di allerta cognitiva provocato dalle maratone televisive, al fatto cioè che il cervello rimane attivo troppo a lungo. Per giungere a tali conclusioni i ricercatori hanno preso in esame 423 giovani, di età compresa tra 18 e 25 anni, il 74% per cento dei quali erano studenti. È stato chiesto loro di rispondere a un questionario online, e dai risultati è emerso che oltre l’80% dei partecipanti si sono identificati come spettatori compulsivi di serie tv, con il 20,2% che affermava di esserlo stato almeno un paio di volte alla settimana nel mese precedente.
Mal di schiena e dolori al collo. Dolori e fastidi che cominciano già 7 anni e che diventano sempre più
Manine e dita a rischio per i bimbi che utilizzano troppo i tablet o gli smartphone, magari senza il necessario controllo da parte dei genitori. E soprattutto in pericolo anche la capacità di imparare a scrivere. L’allarme arriva da un’intervista rilasciata dalla terapista occupazionale del Learning and Therapy Corner in Maryland (Usa), Lindsay Marzoli, rimbalzata sui media anglosassoni: “Se usano sempre telefonini o tablet – dice l’esperta – non eseguono quelle normali attività con penne e matite che servono a far sviluppare i muscoli necessari a scrivere correttamente. Muscoli che potrebbero rimanere deboli anche durante la crescita”.
Avete mai fatto il calcolo di quanto tempo passate al giorno davanti a uno schermo? E in tutta la vita? In questo momento voi stessi ci siete davanti, potrà essere quello di un pc o quello del vostro smartphone, oppure ancora quello del vostro tablet ma in ogni caso sempre di schermo si tratta. La domanda del titolo se l’è chiesta anche un gruppo di ricercatori britannici e la risposta è stata inquietante: ognuno di noi, mediamente, passerà 23 anni della propria vita davanti a uno schermo. Praticamente poco meno di un terzo della nostra vita la trascorreremo fissando uno schermo retroilluminato, pc, cellulare o televisore che sia. Secondo i calcoli il 56% degli adulti risulta passare almeno 7 ore al giorno davanti allo schermo, che equivalgono a 106 giorni in un anno.
La miopia è decisamente aumentata negli ultimi anni. Una malattia che colpisce una vasta parte della popolazione. Le cause sono diverse, da quella che è una predisposizione genetica a quelle che sono abitudini non indicate per la nostra vista. Negli ultimi anni, l’avvento dell’elettronica ha chiaramente fatto la sua parte. Un uso poco adeguato e decisamente non corretto di apparecchiature elettroniche come Tv digitali, smartphone, tablet e pc può portare alla miopia o comunque a diversi disturbi della vista. La vita di oggi ci porta decisamente a sfruttare molto questi mezzi ma è anche vero che bisogna farlo con determinate accortezze.
Avere un rapporto costante con una donna virtuale creata da un dispositivo elettronico vi sembra roba da matti? Se la vostra risposta è affermativa siete d’accordo probabilmente con la maggior parte delle persone. Ma c’è sicuramente chi non la pensa come voi. In Giappone vive infatti una generazione di otaku, di appassionati in maniera ossessiva a manga, anime, e altri prodotti correlati, che ama coltivare relazioni pseudo-sentimentali con ragazze che vivono nei giochi per tablet, Nintendo, o altri congegni portatili.