Peyote e mescalina: effetti e danni di una droga molto diffusa

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La mescalina è un alcaloide contenuto nel peyote, è il principale principio attivo della pianta, responsabile dei suoi effetti allucinogeni. La mescalina è stata la prima delle sostanze psichedeliche ad essere isolata: ciò avvenne nel 1897 ad opera di Arthur Heffter e successivamente venne sintetizzata nel 1919 da Ernst Spath. Negli anni ’50 gli effetti sulla psiche furono studiati dal dott. Humphry Osmond che, sotto controllo, nel 1953 diede una dose di droga allo scrittore britannico Aldous Huxley il quale, entusiasta, ne descrisse gli effetti nel libro “The Doors of Perception – Le porte della percezione“. Il libro ebbe negli Stati Uniti una notevole diffusione e contribuì in modo decisivo alla diffusione della droga fra la cultura psichedelica e hippie degli anni ’60 e ’70.

Aspetto di peyote e mescalina

Il peyote è costituito da un fusto sferico, di colore grigio-verde, leggermente schiacciato al centro, dove si sviluppano dei ciuffi lanosi e dove, in primavera-estate, sboccia un fiore di colore bianco o rosa che contiene i semi, di colore nero. La superficie presenta delle coste arrotondate con piccole areole ricoperte da peluria grigiastra. Il peyote cresce in parte nascosto nel terreno, è dotato di radici molto grosse e raggiunge un diametro di circa 15 cm. La mescalina si può presentare sotto diverse forme: sali, cristalli, polvere o liquido. Tende ad avere un colore chiaro, bianco o marrone.

Modalità di assunzione di peyote e mescalina

Il peyote viene consumato masticando il “boton”, la parte superiore che esce dal terreno, sia fresco che essiccato. È possibile anche che la parte superiore venga immersa nell’acqua per ottenere un liquido intossicante. Anche la mescalina viene assunta per via orale, spesso in forma di capsule.

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Dosaggio di peyote e mescalina

Il peyote contiene in media circa 1.5% di mescalina, e generalmente vengono ingeriti dagli 8 ai 16 “bottoni”, del diametro di circa 6 cm. La dose allucinogena di mescalina è di circa 300 – 500 mg, e l’effetto dura circa 12 ore.

Funzionamento della mescalina

La mescalina agisce a livello del Sistema Nervoso Centrale intervenendo sui recettori della serotonina e della dopamina e insistendo particolarmente sull’area cerebrale collegata al nervo ottico che genera così allucinazioni e sinestesie. Assorbita dai tessuti periferici, si lega prevalentemente con le proteine del fegato dal quale è successivamente metabolizzata.

Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

Gli effetti cominciano a sopraggiungere nella mezz’ora successiva all’ingestione e possono durare fino a 12 ore (mediamente oscillano tra 6 e 9 ore).

Effetti di peyote e mescalina

Gli effetti consistono principalmente in allucinazioni visive-uditive e sinestesie (ad esempio “vedere” un suono, ascoltare “un colore). Il soggetto avverte una riduzione marcata della sensazione di fatica, del dolore, del pericolo, della fame e della sete. Tipiche sono le alterazioni percettive di varia natura e la acutezza visiva (visualizzazione di schemi geometrici in movimento e in sovrapposizione).  Il «trip» è caratterizzato da un’iniziale iperattività e stati di agitazione: gli effetti “positivi” sono spesso anticipati da senso di nausea e malessere. In seguito, le percezioni sono più intense, soprattutto a livello visivo nella percezione dei colori. In una seconda fase, si possono vivere esperienze di profonda concentrazione meditativa. I consumatori parlano di visioni e di un senso di euforia mistica, della sensazione di aver vissuto un’esperienza rivelatrice, della modifica nella percezione di sé e da un sentimento di dissoluzione dell’Io.

Effetti collaterali ed indesiderati di peyote e mescalina

Gli effetti collaterali possono perdurare fino a 5-6 ore dal termine degli effetti “positivi” e sono generalmente:

  • malessere;
  • nausea;
  • vertigini;
  • forte salivazione;
  • aumento della sudorazione;
  • tensione dei muscoli del collo e della mandibola.

Possono insorgere, inoltre, episodi psicotici, aspetti depressivi e paranoici e disturbi al fegato. Frequenti sono i traumi determinati indirettamente dalla diminuita percezione del pericolo e del dolore. Pericolosi ed imprevedibili gli effetti della sostanza se associata ad altre droghe, come canapa, LSD, psilocibina, DMT e 2C-X.

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Destrometorfano (DXM): effetti della droga dello sciroppo

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Storia del destrometorfano

Il destrometorfano venne sintetizzato negli Stati Uniti nel 1954 e nel 1958 la “Food and Drug Administration“ ne autorizzò l’utilizzo con scopi terapeutici. La sostanza venne impiegata in particolar modo nei farmaci da banco per curare la tosse.
Ad alti dosaggi viene classificato come allucinogeno dissociativo, poiché può produrre effetti simili al PCP e alla ketamina. Al pari di quest’ultime, infatti, agisce come antagonista del recettore del NMDA.
Durante gli anni ‘60 e ‘70 il DXM era disponibile in farmacia, senza bisogno di ricetta medica, come farmaco per la tosse; sotto forma di compresse era stato messo sul mercato nelle speranza di diminuire i rimedi per la tosse basati sulla codeina. Nel 1973 il formato in compresse è stato però ritirato dal commercio, poiché queste venivano usate come droga ricreazionale, ed è stato sostituito dallo sciroppo nel tentativo di ridurre l’uso improprio. Nel mercato illegale ha assunto il nome di DXM, Robo, Rojo, CCC, Triple C.

Aspetto del destrometorfano

Il destrometorfano in commercio legalmente si presenta in forma liquida all’interno di sciroppi. Nel mercato illegale viene venduto in compresse o in capsule di gel, ed è possibile anche trovarne in polvere.

Modalità d’assunzione del destrometorfano

Il DXM viene assunto per via orale, attraverso alte dosi di sciroppo per la tosse, oppure ingerendo le compresse e le capsule.

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Metabolismo del destrometorfano

Il destrometorfano dopo somministrazione orale è ben assorbito dal tratto gastrointestinale; la biodisponibilità è bassa (intorno all’11%) e la concentrazione plasmatica massima viene raggiunta entro circa 2 ore dall’assunzione.

Dosaggio del destrometorfano

Il destrometorfano come farmaco anti-tosse viene assunto in dosi di 15-30 mg. Le dosi da abuso, invece, si differenziano a seconda dell’effetto ricercato, e variano da 100 mg fino a 1500 mg.

Effetti del destrometorfano

Gli effetti del destrometorfano variano molto in funzione della dose assunta:

Dose (mg) Effetti sul comportamento
100 – 200 Stimolazione leggera
200 – 400 Euforia e allucinazioni
300 – 600 Distorsione della percezione visiva
Perdita del coordinamento
500 – 1.500 Sedazione dissociativa

Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

L’azione della molecola si manifesta nel giro di 1 ora dalla somministrazione e si protrae per un tempo di sei ore.

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Ketamina usata come droga: effetti, allucinazioni e danni

MEDICINA ONLINE FARMACO MEDICINALE PRINCIPIO ATTIVO FARMACIA PILLOLA PASTIGLIA DINITROFENOLO DNP DIMAGRIRE DIETA FARMACI ANORESSIZANTI MORTE EFFETTI COLLATERALI FOGLIO FOGLIETTO ILLUSTRALa ketamina (anche chiamata “ketammina”) è un farmaco principalmente utilizzato come anestetico dissociativo e più recentemente a livello sperimentale contro il disturbo bipolare e l’alcolismo. Dal punto di vista chimico, la ketamina è una droga “parente stretta” del PCP (fenciclidina, famosa anche come “polvere d’angelo”) che ha però effetti di maggiore durata ed intensità, oltre ad avere molti più effetti collaterali rispetto alla ketamina. Farmacologicamente può essere considerata un antagonista del recettore NMDA (N-metil-D-aspartato). In Italia è commercializzata dalla società farmaceutica Parke-Davis con il nome di Ketalar, e da altre società con i nomi di Ketanest e Ketaset. A dosi sub-anestetiche la molecola causa blande allucinazioni e dissociazioni psichiche (nonché lieve analgesia) e ha trovato perciò largo uso anche in ambito ricreativo come droga allucinogena.

Storia della ketamina

La ketamina è stata scoperta nel 1962 da Calvin Stevens, e possiede una struttura chimica simile a quella della fenciclidina (PCP). Dalla fine degli anni ’60 la ketamina inizia ad essere usata al di fuori dell’ambito clinico, sotto il nome di “mean green”, “rock mesc” e “rock mescaline”. Nel 1997 la DEA (Drug Enforcement Administration) segnala un incremento preoccupante dell’abuso di ketamina, ma solo nel 1999 viene catalogata come sostanza psicotropa ed inserita tra le tabelle delle sostanze stupefacenti.

Aspetto della ketamina

La ketamina all’origine si presenta sottoforma di liquido chiaro, per essere iniettata, ma sul mercato illegale si trova anche in polvere biancastra o lavorata in compresse con il nome di “K, special K o cat Valium”.

Modalità d’assunzione della ketamina

Nella forma liquida può essere iniettata (con modalità sia endovenosa che intramuscolare), spruzzata su sostanze da fumare, o consumata nelle bevande. In quest’ultima modalità diventa particolarmente pericolosa perché produce amnesia, ed essendo senza odore ne sapore può essere somministrata all’insaputa del consumatore e usata per commettere abusi sessuali.

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Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

Gli effetti si avvertono dopo alcuni minuti dall’assunzione e durano da circa 45 minuti a un’ora.

Effetti della Ketamina

La ketamina ha un’azione complessa sulla sfera psichica con un ampio raggio di azione sulla coscienza, sul cervello e su tutto il corpo in generale.  A differenti dosaggi e modalità di assunzione corrispondono tanto effetti quanto rischi differenti. I primi vanno da una leggera stimolazione, all’euforia tipica di un’ubriacatura alcoolica, fino a uno stato dissociativo forte che conduce ad allucinazione intensa. In quest’ultimo caso, l’esperienza ketaminica, un po’ come l’attività onirica, si caratterizza per il fatto che è rivolta in misura variabile verso una “realtà interiore”. L’effetto dissociativo riportato è conosciuto in ambito medico come “stato di emersione” o di “ingresso in un’altra realtà”, e definito in termini di dimensione trans-personale di coscienza, dissoluzione estatica dell’Io, Near-Death Experience o Out-of-Body Experience. Per questo, la ketamina è spesso definita come sostanza “enteogena”. Gli effetti appena indicati possono essere valutati come positivi o negativi dal soggetto, sia sulla base del contenuto dell’esperienza sia sulla sua elaborazione, ma soprattutto su quelle che erano le sue aspettative relative all’assunzione. Così un’esperienza dissociativa può avvenire in quanto consapevolmente ricercata, ma anche per un errore nel dosaggio o, più in generale, per una scarsa conoscenza della sostanza.

Effetti indesiderati e collaterali della Ketamina

La ketamina, pur essendo più “sicura” rispetto alla PCP, ha comunque molti effetti negativi conseguenti alla sua assunzione, quali:

  • ronzio nelle orecchie;
  • tachicardia;
  • progressiva riduzione delle capacità motorie ;
  • progressiva riduzione delle capacità percettive;
  • tremori;
  • nausea;
  • vomito;
  • sudore;
  • riduzione della memoria;
  • riduzione della concentrazione.

Altri possibili effetti collaterali derivanti dall’uso prolungato sarebbero ansia, attacchi di panico, flash-back, depressione, insonnia, paura del buio; così come la slatentizzazione di vari sintomi della sfera psicotica quali dispercezioni o deliri a sfondo persecutorio. L’uso prolungato può portare anche a cistiti, calcoli renali, possibili alterazioni della memoria e della capacità d’apprendimento, sulla cui reversibilità non vi è accordo in letteratura. La ketamina può produrre anche una serie di complicazioni nel lungo periodo, legate soprattutto alla sua capacità di indurre alta tolleranza e forte dipendenza psichica.

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Associazione con la cocaina

La Ketamina viene spesso associata alla cocaina (mix definito CK “Calvin-Klein”), per ottenere effetti sinergici e per ridurre i possibili effetti sgradevoli della cocaina.

Dipendenza da ketamina

La dipendenza da ketamina è soprattutto psicologica ed è determinata dagli effetti neurobiologici che questa complessa sostanza ha in comune, non solo con la cocaina, ma anche con gli oppiacei, l’alcool e la cannabis, così come per le proprietà psichedeliche.

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Fenciclidina (PCP o polvere d’angelo): effetti, dosi e danni

MEDICINA ONLINE ALLUCINOGENI PCP POLVERE ANGELO FUNGHI FUNGHETTI ECSTASY DROGA EFFETTI MDMA METABOLITA MDA DIPENDENZA ALLUCINAZIONI VISIONI ECCITAZIONE PILLS PILLOLA COMPRESSE PASTIGLIELa fenciclidina è una sostanza allucinogena di sintesi a base di piperidina, il principale precursore di alcune droghe ad azione oppiomimetica particolarmente diffusa negli anni settanta e ottanta, soprattutto negli Stati Uniti. E’ stata sviluppata negli anni ’50 e brevettata dalla compagnia farmaceutica Parke-Davis come anestetico endovenoso da utilizzare per gli interventi chirurgici. L’utilizzo è stato presto sospeso a causa degli effetti collaterali manifestati dai pazienti, come stati deliranti, agitazione e psicosi nel periodo post-operatorio. Sfruttata successivamente in campo veterinario, per poi diffondersi negli ’60 nel mercato illegale delle droghe con il nome di “PCP” (acronimo derivante dalla sua nomenclatura IUPAC, 1-(1-fenilcicloesil)piperidina) o anche come “polvere d’angelo”. Esistono nel mercato illegale attuale moltissime molecole varianti del PCP, analoghe a quella della fenciclidina ed in genere tutte hanno effetti simili, differenziandosi per la loro intensità. Un “parente stretto” del PCP è la ketamina che, pur avendo effetti di minore durata ed intensità, ha generalmente molti meno effetti collaterali della fenciclidina.

Come si presenta la fenciclidina?

Nella sua forma pura il PCP si presenta come una polvere cristallina bianca che si dissolve velocemente in acqua. Tuttavia la maggior parte del PCP sulla strada contiene un certo numero di contaminanti che causano una variazione del colore, con una consistenza che varia dalla polvere, alla massa gommosa, alle pillole. La fenciclidina può presentarsi in forma liquida o in polvere. Nel primo caso, si imbeve una sigaretta nel liquido per poi fumarla. Nel secondo viene generalmente sniffata (cioè aspirata dal naso con una cannuccia o direttamente con la narice).

Come si assume la fenciclidina?

Come già anticipato, il PCP può essere inalato, fumato, iniettato o masticato, in dosi generalmente di 5-10 mg. È venduto più comunemente sotto forma di polvere o di liquido ed è applicato su sostanze che vengono in seguito fumate, come tabacco, marijuana, origano, prezzemolo, o menta; il motivo di questa modalità d’assunzione è dovuto al fatto che in questo modo gli effetti della droga si manifestano prima rispetto agli altri metodi.

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Funzionamento della fenciclidina

La fenciclidina funziona principalmente come un antagonista dei recettori NMDA inibendo il loro funzionamento. Altre sostanze che bloccano questi recettori sono la ketamina e il destrometorfano. Il recettore NMDA è un recettore canale che regola il flusso di ioni sodio e calcio (Na+ e Ca++) in alcuni tipi di neuroni. È un recettore molto complesso, su cui sono presenti numerosi siti di binding, fra cui vi è un sito specifico per il legame della fenciclidina (chiamato, appunto, sito PCP) che si ritiene sia localizzato all’interno del canale ionico. La fenciclidina non solo è in grado di legarsi ai recettori NMDA, ma è anche in grado di esercitare un’azione agonista nei confronti dei recettori dopaminergici di tipo D2; azione dalla quale derivano, con molta probabilità, i suoi effetti schizofrenici. Inoltre, da alcuni studi è emerso che la fenciclidina è anche in grado di legarsi – ostacolandone l’attività – ad alcune proteine di trasporto deputate al reuptake della dopamina, portando così a un ulteriore aumento della biodisponibilità di questo neurotrasmettitore. Infine, da altri studi ancora è emerso che la fenciclidina è capace di legarsi ai recettori delle endorfine e delle encefaline (quindi ai recettori oppioidi) producendo un effetto di tipo analgesico.

Quando iniziano gli effetti e quanto durano?

Gli effetti iniziano in tempi diversi in base alla modalità di assunzione ed al dosaggio, ma generalmente si presentano dopo circa 10-20 minuti dall’assunzione. Gli effetti durano alcune ore, ma nonostante ciò, ci possono volere alcune settimane per eliminarla totalmente dal corpo.

Quali sono gli effetti della fenciclidina?

Gli effetti provocati sul Sistema Nervoso Centrale sono simili a quelli generati dagli allucinogeni, ma viene classificato come droga dissociativa a causa dei suoi effetti psichedelico-dissociativi. La fenciclidina è una sostanza potente in grado di alterare il sistema percettivo, fino a bloccarne il funzionamento, portando l’assuntore in una sorta di trance e a vivere un’esperienza “al di fuori dal corpo” chiamata “depersonalizzazione”, proprio perché questo non viene più avvertito. Altri effetti del PCP, sono:

  • allucinazioni uditive e visive;
  • euforia;
  • dissociazione;
  • sensazione di forza, invincibilità, maggiore resistenza.

Oltre a ciò, in letteratura sono stati riportati alcuni casi in cui si sono manifestati comportamenti violenti e in cui si sono verificate aggressioni. In altri casi ancora, invece, si sono manifestati impulsi suicidi. Tuttavia, è bene ricordare che poiché la fenciclidina è spesso assunta in associazione ad altre droghe, non è ben chiaro se queste manifestazioni violente e suicide siano provocate dalla singola PCP o dall’interazione fra quest’ultima e gli altri tipi di droga che si sono assunti.

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Effetti indesiderati e collaterali del PCP a bassi dosaggi

La fenciclidina è in grado di indurre molti altri effetti collaterali, il cui tipo e gravità variano di molto in funzione della dose assunta e dell’eventuale associazione sinergica con altre droghe come cocaina, MDMA e marijuana. La fenciclidina, generalmente, anche a bassi dosaggi (sotto i 5 mg) può determinare:

  • disorientamento;
  • delirio;
  • paranoia;
  • effetti paralizzanti sulla mente;
  • intorpidimento delle estremità;
  • tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • ipertensione (aumento della pressione arteriosa);
  • tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • aumento della temperatura corporea;
  • difficoltà a parlare;
  • movimenti scoordinati;
  • andatura instabile;
  • nausea e vomito;
  • malessere generale.

Effetti indesiderati e collaterali del PCP a dosaggi moderati/elevati

Dosi moderate e dosi elevate (5-10 mg o più) di fenciclidina possono portare all’insorgenza di effetti collaterali più severi, quali:

  • grave tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • grave ipertensione (aumento della pressione arteriosa);
  • grave tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • anestesia;
  • minore percezione del dolore (analgesia) che può determinare traumi come fratture non avvertiti dal soggetto, che non prende contromisure adeguate col rischio di peggiorare la lesione;
  • nausea e vomito;
  • grave confusione, delirio, paranoia;
  • vertigini;
  • contrazioni muscolari;
  • ipertermia;
  • convulsioni;
  • coma;
  • decesso.

Danni, dipendenza e tolleranza

Pur non determinando una dipendenza fisica, è bene non sottovalutare la capacità della fenciclidina di indurre dipendenza psichica e tolleranza: il soggetto, volendo ripetere l’esperienza, è spinto assumerne dosi ripetute ed in quantità che devono essere sempre maggiori per raggiungere gli effetti delle prime volte, fino ad arrivare al sovradosaggio che, casi più gravi, può portare a coma e morte. Non sono ben noti gli effetti specifici di un uso cronico di PCP, tuttavia si ipotizzano danni permanenti al sistema nervoso centrale.

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LSD (dietilamide dell’acido lisergico): effetti, danni, set e setting

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Storia dell’LSD

L’LSD fu sintetizzato per la prima volta in Svizzera nel 1938 presso la casa farmaceutica “Sandoz” da Albert Hofmann, come risultato della ricerca di nuovi composti con valore terapeutico. Cinque anni dopo la sintesi, Hofmann assunse per errore una goccia del composto sintetico n.25 (LSD-25) e sperimentò per la prima volta su sé stesso gli effetti allucinogeni della sostanza. Successivamente l’LSD venne impiegato con esiti positivi per cure sperimentali in psichiatria e psicologia, per curare schizofrenia e alcolismo, ma l’utilizzo si diffuse anche al di fuori dell’ambito accademico. Divenne nota a partire dagli anni ’50 poiché veniva assunta da poeti ed artisti per espandere la propria coscienza e creatività, e – in seguito alla descrizione degli effetti allucinogeni – la sostanza conobbe una diffusione tra il grande pubblico.
Negli anni ’60 l’LSD venne assunta come simbolo della contro-cultura hippie sorta in quegli anni, ed utilizzata senza nessuna forma di controllo. Iniziò allora nei confronti di questa nuova droga una forte repressione, tale da costringere il “Bureau of Narcotics and Dangerous Drugs” a definire nel 1967 l’LSD come sostanza di nessuna utilità terapeutica, rendendolo di fatto illegale. L’LSD è, ad oggi, una sostanza abbastanza diffusa.

Aspetto dell’LSD

L’LSD appena sintetizzato appare in forma di cristallo, di colore bianco o comunque chiaro, ed è inodore. Successivamente può essere ridotto in polvere e mescolato con altri elementi addensanti per produrre barrette, piccole tavolette o quadrati di gelatina, chiamati “window panes“. Più frequentemente viene diluito, anche in acqua, e vaporizzato su fogli di carta assorbente o cartoncini, suddivisi in piccoli quadrati che ne rappresentano le singole dosi. In origine la carta veniva imbevuta per immersione o facendovi cadere sopra delle gocce della soluzione, ma questo portava a delle concentrazioni elevate che procuravano solo bad trip (reazioni avverse). I fogli , chiamati in gergo “blotter acid – trip – cartone“, vengono presentati sul mercato illegale dipinti con colori accesi e simboli accattivanti, come ad esempio lo “smile”; questo, oltre a rendere più “affascinante” la droga agli occhi dell’acquirente, avrebbe lo scopo di impedire a chi la acquista di intuire lo stato di degrado della sostanza. L’LSD, infatti, allo stato puro e da poco sintetizzato, si presenta di colore bianco; ma se lavorato da tempo, o se tagliato con altre sostanze contaminanti, può assumere altri colori, dal marrone fino al nero.

Modalità d’assunzione dell’LSD

I quadrati dei fogli vengono generalmente assunti per via orale, tenuti sotto la lingua per permettere il rilascio della sostanza, oppure ingeriti. Altra modalità, ma ben poco diffusa, è l’assunzione sfruttando la traspirazione attraverso la pelle.

Dosaggio dell’LSD

L’LSD è l’allucinogeno più potente tra quelli conosciuti, sia naturali che sintetici. Mentre le altre sostanze vengono misurate in milligrammi, per l’LSD viene impiegato il microgrammo (µg), ossia il milionesimo di grammo, ed è sufficiente una quantità di 25 µg per produrre effetti allucinogeni. L’entità delle dosi è variata negli anni; mentre negli anni ’60 era addirittura di 300 µg, negli anni ’90 sono scese tra i 20 e gli 80 microgrammi.

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Dopo quanto si provano gli effetti dell’LSD?

I primi effetti della sostanza si notano entro 30-60 minuti dall’assunzione. Le esperienze con l’LSD vengono definite in gergo trip (che in inglese significa “viaggio”) in particolare, quelle che causano forti reazioni avverse sono chiamate bad trip. La durata media di un trip si aggira intorno alle 6-10 ore; in alcuni casi delle distorsioni lievi della senso-percezione, chiamate in gergo traces, possono durare anche più a lungo e scomparire solo dopo il sonno notturno.

Effetti indotti e collaterali

La sostanza agisce sul sistema nervoso centrale e periferico. Gli effetti dipendono da quattro fattori principali:

  • variazione individuale: ogni organismo ha delle reazioni potenzialmente molto diverse alla medesima sostanza;
  • dosaggio: maggiore dosaggio potrebbe essere correlato a maggiori effetti;
  • setlo stato d’animo del soggetto che lo assume;
  • settingl’ambiente in cui si trova il soggetto al momento dell’assunzione.

Set e setting sono molto importanti per determinare le percezioni “positive”: sensazioni e contesti piacevoli saranno generalmente amplificate così come eventuali sensazioni e contesti spiacevoli potrebbero determinare percezioni spiacevoli. Da ciò si intuisce come l’LSD determini effetti potenzialmente molto diversi in persone diverse ed in contesti diversi.

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Effetti sull’organismo

LSD può indurre molte variazioni nell’organismo, tra cui:

  • perdita di consapevolezza dello spazio e del tempo;
  • perdita di lucidità psicofisica;
  • contrazioni uterine;
  • aumento della temperatura del corpo;
  • elevati livelli di zucchero nel sangue;
  • secchezza della bocca;
  • piloerezione (pelle d’oca);
  • alterata percezione della temperatura corporea;
  • aumento della frequenza cardiaca;
  • contrazione della mandibola;
  • sudorazione;
  • dilatazione delle pupille indipendente dalla quantità di luce;
  • iperproduzione di muco;
  • insonnia;
  • alterazioni del sonno (incubi e sogni vividi);
  • crampi;
  • tensione muscolare.

Effetti sulla psicologia e sulla percezione

Gli effetti a livello psicologico variano molto in base alla dose, alla sensibilità individuale e al setting (luogo e stato psicologico al momento della somministrazione). Consistono principalmente in alterazione della coscienza, euforia, perdita di consapevolezza e lucidità, riduzione dei riflessi psicofisici, alterazioni nella memoria a breve e lungo termine, sensazione di intensa beatitudine, emozioni amplificate (tuttavia non alterate), aumento dell’apprezzamento musicale; a dose media provoca allucinazioni geometriche e frattali, amplificazioni sensoriali, distorsione della consapevolezza del tempo, dello spazio e del sé (Leary parlava di ego loss, perdita dell’io) ma contemporaneo senso di unione con l’ambiente circostante, percezione intensificata di suoni, colori, odori e sapori; in alcuni casi è riportata sinestesia.

Sinestesia, setting e creatività amplificata

La sinestesia è un fenomeno sensoriale/percettivo, che indica una “contaminazione” dei sensi nella percezione: le stimolazioni provenienti da una via sensoriale o cognitiva inducono esperienze, automatiche e involontarie, in un secondo percorso sensoriale o cognitivo. Ad esempio un soggetto “vede” un suono o “ascolta” un colore. Queste sensazioni possono, in alcuni casi, causare ansia a causa del loro fortissimo impatto emotivo e rivelatorio. Consumatori ed esperti concordano sul fatto che, essendo l’LSD un amplificatore delle percezioni interiori ed esteriori, il setting è decisivo nella definizione degli effetti: sensazioni e contesti piacevoli saranno amplificate così come sarà amplificato il peso di eventuali sensazioni e contesti spiacevoli. Uno studio del 2016 pubblicato su Language, Cognition and Neuroscience ha dimostrato come l’LSD amplifica effettivamente i processi creativi stimolando le associazioni semantiche tra concetti.

LSD, disturbi mentali e bad trip

Per quanto in passato si ritenesse che l’LSD potesse slatentizzare disturbi mentali preesistenti, secondo alcuni recenti studi l’uso di LSD non costituirebbe un fattore di rischio indipendente per la salute mentale; tuttavia altri studi indicano che in soggetti predisposti o con patologie mentali latenti l’assunzione della sostanza possa predisporre allo sviluppo di patologie psichiatriche come psicosi persistenti e disturbi allucinatori persistenti. Il cosiddetto bad trip, invece, pur generando ricordi che possono essere successivamente difficili da integrare, è di carattere momentaneo, poiché deriva da una sensazione negativa, interiore (legata al “set” – può capitare di realizzare aspetti della propria vita che possono non piacere) o causata da eventi esterni (legata al “setting”) che viene amplificata dallo psichedelico, rendendola dunque difficile da gestire. In tali casi gli operatori sociali consigliano il dialogo e il posizionamento del soggetto in un ambiente tranquillo e rilassato; in casi molto intensi la somministrazione di clorpromazina o benzodiazepine può attenuare le sensazioni negative.

Dipendenza e tolleranza all’LSD

L’LSD non produce dipendenza fisica o comportamenti compulsivi indirizzati alla sua ricerca ma, data l’intensità e la peculiarità di questo tipo d’esperienza e il suo grande impatto psicologico e spirituale, chi prova le sostanze psichedeliche tende a ripetere l’esperienza (dipendenza psicologica). Inoltre, la tolleranza verso la sostanza cresce in ogni caso molto rapidamente, di modo che per percepire gli effetti sarebbe necessario aumentare la quantità: già il giorno successivo dall’assunzione si renderebbero necessarie dosi il doppio del quantitativo iniziale per raggiungere lo stesso grado di intensità.

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Danni a breve e lungo termine

L’LSD può innescare, specie ad alti dosaggi o in soggetti predisposti, attacchi di panico e senso di estrema ansia comunemente definiti “bad trip”. Queste intense esperienze emotive possono causare, al pari di esperienze traumatiche o emotivamente forti, dei sintomi psicologici anche nel lungo termine e che possono generare in alcuni soggetti dei fenomeni di “flashback” (improvviso e momentaneo rivivere delle esperienze psichedeliche) per alcuni versi in maniera simile ad un disturbo post-traumatico. In alcuni soggetti, specie se hanno fatto uso prolungato e ad alte dosi di psichedelici, questi fenomeni possono cronicizzare e possono associarsi a disordini caratteristici della percezione come disturbi della visione (spesso descritti come una scia lasciata dagli oggetti spostando lo sguardo, o una sorta di neve nel campo visivo) dando luogo ad un disordine psichiatrico specifico chiamato HPPD (Hallucinogen Persisting Perception Disorder). Per il suo scarso potenziale tossico e l’assenza di dipendenza fisica, nella classifica di pericolosità delle varie droghe stilata dalla rivista medica Lancet, l’LSD occupa il diciottesimo posto (terz’ultimo).

LSD può determinare morte?

Non esistono casi di morte documentati per azione tossica diretta a seguito dell’assunzione di LSD (si ipotizza che la dose necessaria per provocare danni fisici sia di circa 704 dosi medie) mentre sono riportati diversi casi di gravi complicazioni, coma, ipertermia a seguito dell’assunzione di dosi molto alte (anche nell’ordine delle centinaia o migliaia di dosi) del composto. Pur non essendo causa diretta di morte, sono tuttavia riportati numerosi casi di incidenti, comportamenti auto lesionistici e suicidio dovuti alle alterazioni sensoriali e nella capacità di giudizio indotti dall’uso della sostanza; tipiche sono ad esempio le cadute da balcone determinata da una errata percezione dell’altezza che porta il soggetto a valutare “basse” delle altezze che invece sono elevate.

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Allucinogeni naturali e sintetici: elenco ed effetti delle droghe allucinogene

MEDICINA ONLINE ALLUCINOGENI FUNGHI FUNGHETTI ECSTASY DROGA EFFETTI MDMA METABOLITA MDA DIPENDENZA ALLUCINAZIONI VISIONI ECCITAZIONE PILLS PILLOLA COMPRESSE PASTIGLIE PASTICCHE ILLEGALI FARMACI psychedelic mushroom hallucin.jpgLe droghe allucinogene, (naturali, sintetiche o semisintetiche) sono così definite a causa dei loro effetti; l’assunzione infatti altera sensibilmente il sistema percettivo, provocando illusioni sensoriali e inducendo una distorsione della realtà spazio temporale, fino a provocare vere e proprie allucinazioni, separate dal contesto ambientale.
Gli allucinogeni agiscono sul Sistema Nervoso Centrale, intervenendo nell’interazione fra le cellule nervose e il neurotrasmettitore serotonina, che è appunto coinvolto nel controllo del comportamento e della percezione sensoriale. Le droghe allucinogene possono essere di origine naturale oppure create in laboratorio, o ancora sintetizzate da sostanze naturali.

L’evoluzione storica degli allucinogeni

L’utilizzo delle sostanze allucinogene da parte dell’uomo risale a tempi estremamente lontani; per migliaia di anni quasi tutte le culture in ogni angolo del mondo hanno sfruttato gli effetti visionari di queste sostanze a fini mistici in rituali sociali e religiosi. Gli allucinogeni naturali venivano impiegati da sciamani, sacerdoti, guaritori e stregoni per provocare un distacco dalla realtà e “mettersi in contatto” con gli spiriti. L’assunzione, essendo legata a rituali religiosi ben precisi, era gestita da norme rigide e non era consentito l’utilizzo a scopi ricreazionali; l’infrazione delle regole veniva spesso punita severamente. Ben diversa finalità assume l’impiego degli allucinogeni, anche sintetici, in età moderna in occidente tra i giovani negli anni ’60, dove vengono utilizzati al solo scopo di “sballare” e diventano uno dei simboli di contro-cultura del movimento giovanile di quegli anni.

Da dove provengono gli allucinogeni?

Gli allucinogeni possono avere due tipi differenti di origine: naturale e sintetica:

  • allucinogeni naturali: sono sostanze tossiche prodotte da piante o animali a scopo difensivo; gli effetti provocati dovrebbero dissuadere i predatori da eventuali futuri attacchi. Nell’antichità, come anche in tempi più moderni, le sostanze stupefacenti venivano ricercate nei funghi allucinogeni, che contengono psilocina e psilocibina, nel peyote, un piccolo cactus originario del Messico che ha come principio attivo la mescalina, nella cannabis, nella salvia divinorum, nell’amanita muscaria, il fungo rosso con caratteristici punti bianchi, nel bufo alvarius, un rospo originario della California le cui ghiandole sulla schiena secernono bufotenina, e in alcune piante appartenenti alle solanacee, che contengono atropina e scopolamina.
  • allucinogeni sintetici: sono sostanze con effetti allucinogeni prodotte dall’uomo. Inizialmente sviluppate in ambito medico, ed utilizzate in psichiatria come supporto farmacologico per lo studio delle psicosi, sono diventate sostanze illegali poiché abusate al di fuori del contesto sanitario. In particolare l’LSD-25, sintetizzato nel 1938, è il frutto di una ricerca di composti che avessero valore terapeutico. La produzione è divenuta illegale dopo che si è concluso come non avesse alcun impiego medico accettato, mentre l’utilizzo come droga ebbe incrementi drammatici specialmente negli anni ’60. Un’origine simile è condivisa dall’MDMA, un’anfetamina sviluppata con funzioni psico-terapeutiche ma entrata nel mondo illegale, e la si trova fra i componenti principali dell’ecstasy.

Lista di allucinogeni

Esempi tipici di sostanze allucinogene, sono:

  • LSD;
  • Fenciclidina (PCP);
  • Ketamina;
  • Destrometorfano;
  • Peyote e mescalina;
  • DMT;
  • Psilocibina e psilocina.

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Meccanismo di funzionamento degli allucinogeni

Gli allucinogeni hanno la caratteristica comune di intervenire sul Sistema Nervoso Centrale attraverso l’interazione con il sistema del neurotrasmettitore serotonina. Questa rappresenta uno dei “ponti chimici” attraverso i quali una cellula nervosa comunica con i recettori di un’altra per innescare l’impulso nervoso. Distribuito dal cervello attraverso il midollo spinale, il sistema della serotonina è coinvolto nel controllo del comportamento, della percezione e dei sistemi regolatori, incluso umore, fame, temperatura corporea, comportamento sessuale, controllo muscolare e percezione sensoriale, oltre a essere coinvolta nella coagulazione del sangue, avendo influenza anche sulle piastrine. La differenza rispetto ad altre sostanze è nella risposta dei segnali cellulari dei neuroni corticali che LSD, mescalina, psilocibina e simili attivano dei recettori cerebrali, denominati 2AR (5-HT2AR), che abitualmente sono reattivi alla serotonina, fornendo però segnali di risposta diversi da quelli naturali; si ritiene che siano queste diverse risposte a causare i particolari effetti delle sostanze allucinogene.

Quali sono gli effetti degli allucinogeni?

Anche se con qualche differenza fra le diverse sostanze, sotto l’influenza degli allucinogeni le persone vedono immagini, sentono suoni e avvertono sensazioni riconosciute come reali, ma che nella realtà non esistono, fino al fenomeno della “sinestesia” in cui ad una persona sembra di ascoltare i colori e di vedere i suoni.
Gli effetti delle sostanze allucinogene sono difficilmente prevedibili perché fortemente influenzate dallo stato psico-fisico della persona al momento dell’assunzione. Altro motivo di imprevedibilità degli effetti è dovuto al fatto che le sostanze vengono prodotte in laboratori clandestini illegali, al di fuori di qualsiasi controllo. Il prodotto finale può essere “tagliato” di volta in volta con elementi diversi, anche dallo stesso produttore, causando quindi effetti inattesi nell’assuntore, che variano da piacevoli (good trip) a insopportabili e terrificanti (bad trip).
Gli effetti degli allucinogeni si presentano da 30 a 90 minuti dopo l’assunzione, e possono avere una durata anche superiore alle 12 ore, senza contare la presenza dei così detti “flashback”, ossia l’improvvisa ricomparsa degli effetti anche a distanza di mesi dall’assunzione.

Alterazioni fisiologiche
In seguito all’assunzione di sostanze allucinogene si verificano:

  • aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco;
  • secchezza delle fauci;
  • perdita dell’appetito;
  • nausea;
  • aumento della sudorazione;
  • tremori.

Alterazioni visive
Uno dei primi effetti prodotti dagli allucinogeni sono le alterazioni del campo visivo, con la comparsa di macchie colorate, figure dai contorni indefiniti, oggetti in movimento che lasciano una scia colorata.
I mutamenti visivi possono aggravarsi con l’apparizione di persone o animali, fino ad arrivare a vere e proprie allucinazioni, isolando la persona dalla realtà con la comparsa di paesaggi assurdi e di figure inesistenti.

Alterazioni percettive
L’alterazione del sistema della percezione comporta la mutazione delle sensazioni della pelle (che può diventare ipersensibile o totalmente anestetizzata) e della propriocezione muscolare, non riuscendo quindi a percepire gli arti e il resto del corpo, e arrivando all’impossibilità di stabilire in quale posizione ci si trovi. Ne consegue inevitabilmente un disturbo dell’equilibrio e del movimento.
È possibile inoltre che si verifichi una distorta percezione temporale, ossia che il tempo passi molto lentamente.

Alterazioni dell’umore
Anche se in modo indiretto, gli allucinogeni comportano dei mutamenti nell’umore, dovuti al tipo di visioni causate dalle sostanze ingerite. Si possono verificare attacchi di panico e psicosi, anche durature (come paura della pazzia e della morte), stati di trance e di delirio, perdita dell’autocontrollo e scarsa concentrazione. L’alterazione della sensibilità, inoltre, comporta un elevato stato confusionale.

Danni collaterali e dipendenza
Gli allucinogeni possono determinare la morte in modo diretto, a causa di intossicazione acuta, di insufficienza renale o cardiocircolatoria, e più spesso in modo indiretto, a causa degli incidenti relativi alle allucinazioni vissute, come la sensazione di volare o, se ci si mette alla guida, l’improvvisa comparsa sulla strada di ostacoli inesistenti.
L’assunzione di queste sostanze può procurare delle “psicosi persistenti”, come manie, depressione, incapacità di pensare in modo razionale, e generare il “disturbo persistente della percezione da allucinogeno- Hallucinogen Persisting Perception Disorder” (HPPD), comunemente chiamato “flashback” o “ritorno dell’acido”: distorsioni sensoriali, come bagliori, movimenti illusori e altri disturbi visivi, si possono ripresentare periodicamente in modo spontaneo ed inatteso, anche a distanza di mesi dall’assunzione, o addirittura di anni se l’uso della droga è stato prolungato. Le cause che provocano questi flashback non sono ancora note, ma sembra ci siano correlazioni con situazioni di stress fisico e psicologico.

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Gli allucinogeni determinano dipendenza?

L’utilizzo di queste sostanze non genera dipendenza fisica (come fanno altre sostanze come eroina e nicotina), però frequentemente determinano una dipendenza psicologica: il soggetto, piacevolmente colpito dalle sensazioni procurate dalla droga, desidera ardentemente di riprovare la sostanza.

Allucinogeni e legge

La legge di riferimento è quella del 21 febbraio 2006, n.49 (GU n. 48 del 27/02/2006 Suppl. Ordinario n. 45)

  • Sulla base di questa legge e delle tabelle di recente pubblicazione, la quantità massima considerata come uso personale equivale a 0,150 milligrammi di LSD, punibile con sanzioni amministrative (ritiro della patente, del passaporto, del porto d’armi o del permesso di soggiorno per gli stranieri).
  • Il possesso di quantità di sostanze stupefacenti superiori ai limiti massimi previsti dalla legge è un reato punito con la reclusione da 1 a 6 anni, e una multa da 3.000 a 26.000 euro.
  • La legge prevede la reclusione da 6 a 20 anni, e una multa da 26.000 a 260.000 euro, per chi “coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa, consegna” sostanze stupefacenti illegali.

Guidare autoveicoli dopo aver assunto allucinogeni: cosa si rischia?

Oltre agli evidenti pericoli di incidenti, chiunque guidi in stato di alterazione psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope rischia una ammenda da 1.000 a 4.000 € e l’arresto fino a 3 mesi. La pena, su richiesta dell’imputato, può essere sostituita con lo svolgimento di un’attività sociale gratuita e continuativa presso strutture sanitarie traumatologiche pubbliche per un periodo da 3 a 6 mesi. All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sospensione della patente di guida da 6 mesi a un anno.

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Addio sigarette: un test per scegliere le terapie su misura per smettere di fumare

MEDICINA ONLINE SMETTERE DI FUMARE CHAMPIX VARENICLINA FUMO SIGARETTA TOP TABACCO NICOTINA TABAGISMO DIPENDENZA TOSSICODIPENDENZA DANNI FARMACO AIUTO PACCHETTO SIGARETTE SAPORE CANCRO POLMONI ICTUS INFARTOUn test genetico consentirà presto di pianificare percorsi terapeutici personalizzati per aumentare le possibilità di riuscire a smettere di fumare: è ciò che emerge da una ricerca dei ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, pubblicata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.

La ricerca

Lavorando su un semplice prelievo di sangue, i ricercatori hanno individuato le caratteristiche genetiche individuali che influenzano il rischio di diventare dipendente dal fumo di sigaretta o anche la difficoltà a smettere di fumare pur con l’aiuto di una terapia farmacologica. Alcune variazioni nel DNA, specifiche per ciascun individuo, localizzate nei geni che determinano i recettori della nicotina – spiegano i ricercatori – sono risultate associate con il rischio di diventare dipendenti proprio dalla nicotina. In particolare, alcune di queste variazioni determinano anche un’ aumentata difficoltà a smettere di fumare in pazienti che hanno assunto degli specifici trattamenti farmacologici antifumo e hanno ricevuto un apposito supporto psicologico.

Smettere di fumare non è così facile

I risultati dello studio hanno anche purtroppo confermato quello che tanti fumatori sanno bene: smettere di fumare e soprattutto non riprendere a fumare dopo che si è smesso, non è affatto facile: benché poco dopo l’inizio della terapia antifumo oltre il 70% dei soggetti è riuscito a smettere di fumare, a un anno dall’ inizio del trattamento, molti sono ricaduti nella dipendenza dal fumo e solo il 47% dei soggetti ha smesso definitivamente. “Questi risultati – afferma Francesca Colombo, ricercatrice dell’Unità di Epidemiologia Genetica e Farmacogenomica dell’INT, oltre che coordinatrice dello studio – rappresentano il primo passo verso l’individuazione di un profilo genetico individuale, sulla base del quale si potrà definire un percorso terapeutico di disassuefazione dal fumo il più personalizzato ed efficace possibile”.

I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, pensati per il fumatore che vuole smettere di fumare o che ha smesso da poco. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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L’alcol è una droga?

MEDICINA ONLINE ALCOL ALCOOL ALCOLICI BIRRA VINO VODKA ETILICO ETANOLO DROGA DIPENDENZA ALCOLISTA BERE TOSSICODIPENDENZA AIUTO ALCOLISTI ANONIMI SUPERALCOLICI RUM COCKTAIL COME USCIRNE CONSIGLI MARITO.jpgL’alcol etilico, anche chiamato “etanolo”, è una sostanza liquida che si forma per fermentazione di alcuni zuccheri semplici o per distillazione del mosto fermentato. L’alcol è una sostanza estranea all’organismo, non essenziale, è tossica per le cellule ed è un potente agente tumorale. L’alcol etilico, oltre all’acqua, è il principale componente delle bevande alcoliche; queste ultime contengono altri principi nutritivi (vitamine, sali minerali, proteine, zuccheri) ma sono presenti solo in minime tracce, per questa ragione le bevande alcoliche non possono essere considerate un alimento.
Non è una sostanza nutriente o utile, ma provoca danni diretti alle cellule di molti organi, tra cui il fegato e il Sistema Nervoso Centrale. Pur possedendo un elevato valore calorico (7 Kcal per grammo, inferiore solo ai grassi), non è utilizzabile dall’organismo per il lavoro muscolare, ma solo per il metabolismo di base, risparmiando sull’uso di altri principi nutritivi quali grassi e zuccheri (per questo gli alcolici fanno ingrassare). Spesso sottovalutato, ricordiamo che l’alcol è pericoloso per la salute dell’organismo e non a caso è stato inserito al quarto posto nella classifica Lancet della pericolosità delle droghe, prima di anfetamine, LSD ed ecstasy. I rischi maggiori per un alcolista sono il coma etilico (anche mortale), la malnutrizione per difetto, gli incidenti mortali ed i reati commessi sotto l’influsso dell’alcol. La speranza di vita media di un alcolista è di 12 anni minore rispetto alla media della popolazione generale.

L’alcol è una droga?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’alcol fra le droghe; pur essendo una droga giuridicamente legale, è comunque una sostanza molto tossica per la cellula epatica, più di molte droghe illegali, ed è causa di una tossicodipendenza il cui grado è superiore rispetto alle droghe più conosciute. Non determina danni solo alla salute di chi la assume, bensì – indirettamente – si rende protagonista di numerosi decessi causati dagli incidenti stradali commessi sotto il suo effetto.

Come tutte le droghe, anche l’alcol:

  • ha un potere psicoattivo (è in grado cioè di modificare il funzionamento del cervello);
  • se assunto in modo continuo nel tempo induce assuefazione (per ottenere lo stesso effetto bisogna aumentare la dose);
  • quando non viene assunto può determinare i sintomi di “craving“, cioè dell’astinenza;
  • può nel tempo instaurarsi un legame specifico che condiziona negativamente lo stile di vita della persona che ne fa uso, mettendone a rischio la salute fisica, psichica, familiare e sociale.

Secondo l’OMS l’Europa è la Regione dove si beve più alcol al mondo. Il consumo d’alcol per abitante è il doppio rispetto alla media mondiale. L’alcol è il terzo fattore di rischio per i decessi e per le invalidità in Europa, e il principale fattore di rischio per i giovani. Una famosa ricerca che indicava come positivo per la salute il consumo di un bicchiere di vino al giorno, si è rivelata poi essere falsa. Il vino, la birra e gli alcolici ed i superalcolici in genere, non fanno mai bene al nostro organismo e sarebbe preferibile escluderli completamente dalla nostra alimentazione.

Diverse ricerche scientifiche hanno determinato che esistono persone particolarmente predisposte a sviluppare abuso alcolico e dipendenza. Il nuovo impiego di tecniche di neuroimmagine applicate al campo delle dipendenze ha reso possibile capire quali siano le disfunzioni a livello neurale delle persone affette da dipendenza. La predisposizione può quindi essere prodotta da fattori fisici e genetici, ma, assieme ai condizionamenti famigliari (ad esempio genitori alcolisti) e sociali, rappresenta un fattore di rischio, e non una necessaria predeterminazione all’alcolismo. E’ importante ricordare però, che tutte le persone possono correre il rischio di diventare dipendenti se sufficientemente esposti ad alcol e sostanze, poiché queste coinvolgono i circuiti neuronali della sopravvivenza, ossia quelli che regolano fame, sesso, emozioni, memoria, gratificazione. In altre parole: non tutti i soggetti predisposti diventano necessariamente alcolisti e non tutti i soggetti non predisposti sono necessariamente al riparo dal diventare alcolisti.

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