Timo: anatomia, funzioni e patologie della ghiandola

MEDICINA ONLINE LABORATORIO LYMPH NODE SYSTEM HUMAN CORPO UMANO SISTEMA LINFATICO LINFONODO LINFA CIRCOLAZIONE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI VALORI ERITROCCon “timo” in lingua italiana si fa riferimento sia ad una pianta tipica del Mediterraneo, sia ad un organo del corpo umano ed è di quest’ultimo che oggi parleremo.
Il timo (in inglese “thymus”) è un organo linfoepiteliale situato nella parte anteriore del mediastino e per una piccola parte nel collo. Il mediastino è un compartimento anatomico a forma di Continua a leggere

Linfedema a caviglie, gambe e braccia: cos’è e come si cura

MEDICINA ONLINE MEDICO EDEMA SEGNO FOVEA ESAME OBIETTIVO ANAMNESI PATOLOGICA FISIOLOGICA FAMIGLIARE VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO TORACE ADDOME SUONI SEMEIOTICAIl linfedema è una condizione che si manifesta con un gonfiore e che può interessare il braccio, la gamba, la caviglia in particolare o altre parti del corpo. Colpisce prevalentemente (ma non esclusivamente) in modo monolaterale, cioè ad esempio una sola gamba piuttosto che entrambe. Da un punto di vista clinico, la presenza di liquidi stagnanti nei tessuti viene resa evidente dal segno della fovea (vedi foto in alto) che è rappresentato dal segno che rimane impresso nella cute dopo una pressione effettuata con un dito. Il sospetto di linfedema viene confermato successivamente da tecniche di diagnostica per immagini. La cura può essere sia medica che chirurgica.

Perché si verifica il linfedema?

Il linfedema si può verificare in varie condizioni come in caso di patologia dei linfonodi, di ostruzione al deflusso della linfa o quando i linfonodi sono asportati con un intervento chirurgico. Ciò causa uno squilibrio della circolazione linfatica, per cui la linfa, non potendo più defluire nell’arto interessato attraverso i vasi linfatici interrotti, ristagna nei tessuti, dando appunto luogo al linfedema. I pazienti affetti da alcuni tipi di tumore (mammella, melanoma, utero, prostata…) possono sviluppare un linfedema in conseguenza dell’asportazione chirurgica dei linfonodi, della radioterapia o dell’ostruzione delle vie e/o delle ghiandole linfatiche da parte di cellule tumorali.

Chi è più a rischio di sviluppare linfedema?

L’incidenza maggiore la si ha intorno alla metà della terza decade di età, esistono le forme precoci (se dovesse manifestarsi durante l’adolescenza o addirittura alla nascita) e tardive (se dovesse mostrarsi in seguito), il sesso femminile per il linfedema inferiore è il più colpito, per il resto non si mostrano differenze nei sessi. Mancano dati precisi sulla diffusione del linfedema primario ma la sua incidenza annuale è stimata intorno a 1,5/100.000 soggetti di età inferiore ai 20 anni.

Leggi anche: Segno della fovea in medicina: cos’è e cosa indica

Tipi di linfedema

Esistono due forme principali di linfedema:

  • linfedema primario: causato da anomalie linfatiche congenite;
  • linfedema secondario: causato da ostruzione al deflusso della linfa determinato da varie patologie.

Edema linfatico primario

Le forme primarie (non derivate) sono formate da anomalie congenite del sistema linfatico, queste possono essere di varia natura (morfologiche e funzionali)

  • edema linfatico congenito, in tale forma si ritrova anche la malattia di Milroy;
  • edema linfatico precoce;
  • edema linfatico tardivo.

Il linfedema primario coinvolge prevalentemente, ma non esclusivamente, gli arti inferiori. Nonostante la causa sia una alterazione congenita delle vie linfatiche, l’edema è solo molto raramente presente sin dalla nascita. Nella maggior parte dei casi il suo esordio avviene entro i 35 anni (insorgenza precoce), con un picco di comparsa intorno ai 17 anni; non è rara tuttavia è la sua insorgenza dopo i 35 anni (insorgenza tardiva). Colpisce prevalentemente il sesso femminile (rapporto femmine:maschi, 7:1) e coinvolge nella metà dei casi un solo arto mentre un interessamento bilaterale è riscontrabile soltanto nel 25% dei casi.

Leggi anche: Sistema linfatico e linfonodi: anatomia e funzioni in sintesi

Edema linfatico secondario

L’ostruzione, causa del linfedema, viene causata da un’altra malattia, sovente si tratta di forme tumorali ma possono essere dovute a adenopatie, sindrome, postflebitica,  linfangite. Il linfedema si manifesta soprattutto dopo il trattamento chirurgico di asportazione di linfonodi e/o la radioterapia effettuate per una malattia neoplastica. Nonostante il miglioramento delle tecniche chirurgiche, sempre meno invasive, e radioterapiche l’incidenza del linfedema rimane significativa: nelle persone operate per tumore al seno circa il 25% di coloro che hanno subito una asportazione dei linfonodi ascellari e anche il 5% di coloro che hanno subito l’asportazione del linfonodo sentinella, possono presentare un linfedema clinicamente rilevante negli anni successivi. Tale incidenza è addirittura superiore, intorno al 40%, delle persone sottoposte ad interventi di asportazione dei linfonodi inguinali, pelvici ed addominali come effettuato in caso di tumori in campo ginecologico e urinario. Queste percentuali aumentano significativamente se, oltre all’asportazione dei linfonodi, si rende necessario anche un trattamento radioterapico. La comparsa del linfedema è molto precoce solo in pochi casi mentre, solitamente, insorge nel corso dei primi 2-3 anni dalle cure chirurgiche; in diversi casi può comparire anche dopo molti anni dall’intervento. Il linfedema dell’arto superiore compare infatti nel 60% dei casi entro 2 anni dall’intervento e l’80% entro 5 anni, mentre il linfedema dell’arto inferiore compare nell’80% dei casi entro 1 anno dall’intervento. Il linfedema secondario, una volta instaurato, purtroppo non guarisce mai completamente, ma grazie ai trattamenti riabilitativi e/o farmacologici è possibile controllarne le dimensioni e i sintomi correlati (pesantezza, indolenzimento, fastidio).

Leggi anche: Linfodrenaggio manuale con metodo Vodder e Leduc: controindicazioni e tecniche

Sintomi e segni di linfedema

Fra i sintomi e i segni clinici si riscontrano dolore (da un leggero dolore quando la parte viene pizzicata ad un dolore più persistente), facile affaticamento degli arti interessati, diminuzione della normale mobilità di questi, vi possono essere anche disturbi psicologici per via del disagio subito. Viene impedito il segno di Stemmer, fra le complicanze si ritrova l’ipercheratosi. Esteticamente, a seconda della gravità fisica e congenita del soggetto colpito dalla patologia, si riscontrerà una maggiore o minore sproporzione tra la parte interessata ed il resto del corpo, mostrando le parti infiammate come tendenzialmente informi, facendole assomigliare ad un blocco unico con la progressiva scomparsa della loro naturale definizione. Quindi questa condizione medica coinvolge anche soggetti normopeso e non necessariamente obesi come si potrebbe supporre. A lungo andare, nel caso di mancate cure mediche e trattamenti adeguati, i tessuti tenderanno a fibrotizzarsi. Oltre all’edema cronico, il paziente affetto da linfedema può lamentare altri sintomi, come:

  • ispessimento della pelle;
  • pelle fragile, suscettibile alle infezioni;
  • alterazione della cromia della pelle. Lungo l’arto colpito dal linfedema, non è raro osservare una variazione della cromia della cute: la pelle tende a scolorire e diviene lucida;
  • difficoltà nel muovere o piegare l’arto colpito da linfedema;
  • percezione costante di appesantimento e costrizione dell’arto affetto da linfedema (gambe pesanti e doloranti);
  • prurito e tensione della pelle dell’arto coinvolto.

Diagnosi di linfedema

La diagnosi di linfedema si avvale di vari strumenti da associare all’esame obiettivo:

  • linfografia: è una radiografia che si avvale di un mezzo di contrasto che viene iniettato nell’organismo per fornire indicazioni più precise, ma vi sono alcune limitazione dell’evento che favoriscono l’uso di altri esami;
  • linfoscintigrafia: è probabilmente la migliore tecnica diagnostica per lo studio del linfedema. La rilevazione viene effettuata da gammacamera di albumina marcata con Tecnezio 99 e iniettata negli arti interessati a confronto.
  • linfangioscopia: nella quale si controlla lo stato di diffusione di un determinato colorante precedentemente iniettato, dato che in caso di linfedema il colorante non segue il normale percorso di propagazione.
  • Biopsia.

Per accertare un sospetto di linfedema, è possibile avvalersi anche di risonanza magnetica, TAC ed ecografia con colordoppler.

Leggi anche: Differenza tra pressoterapia e cavitazione: quale preferire?

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale si pone con malattie che presentano simili sintomi e segni, come un flebedema, in cui vi è una consistenza molle, al contrario del linfedema che può presentarsi anche come molto compatto. Vi possono essere problemi di identificazione della patologia relativa soprattutto all’inizio dell’insorgenza dove le varie differenze sono molto lievi, ma generalmente nelle donne si tratta di linfedema, accompagnato da cellulite dovuta a questo ristagno. La diagnosi differenziale dev’essere posta con edemi dipendenti da:

  • insufficienza cardiaca congestizia;
  • insufficienza renale;
  • insufficienza epatica.

Anche nelle patologie appena elencate l’edema costituisce un sintomo assai ricorrente; in simili circostanze, il ristagno di liquidi coinvolge entrambi gli arti, quando invece nel linfedema il gonfiore tende a colpire in prevalenza un singolo arto.

Terapia del linfedema

La terapia è basata sulla cura della patologia che ha determinato il linfedema: ad esempio, nel caso venga diagnosticata una linfangite batterica sottostante, occorre intraprendere una terapia antibiotica specifica, in altri casi si opterà per l’approccio chirurgico.

Il trattamento non chirurgico prevede:

ATTENZIONE: la terapia decongestiva non dev’essere eseguita nei pazienti ipertesi, diabetici, affetti da paralisi, insufficienza cardiaca, infezioni acute della pelle, cancro o trombosi.

Come farmaci si usano:

  • bioflavonoidi (che aumentano l’attività dei macrofagi);
  • benzopironi (esempio la cumarina);
  • corticosteroidi (che riescono a ridurre la proliferazione fibroplastica);
  • antibiotici (utili soprattutto nella profilassi).

Come trattamento chirurgico si usa:

  • microchirurgia derivativa o ricostruttiva;
  • liposuzione.

Va tenuto a mente che curare il linfedema non significa guarirlo. Attualmente non esistono cure definitive; questo comporta il fatto che in casi non eccessivamente avanzati, in cui si ha un miglioramento complessivo della parte interessata, il soggetto necessiterà di una terapia di controllo per tutta la durata della sua vita, impedendo così al sintomo di ripresentarsi degenerando pericolosamente.

Terapia linfodrenante casalinga

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Differenza tra massaggio linfodrenante e pressoterapia

MEDICINA ONLINE DRENAGGIO LINFA LINFODRENAGGIO MASSAGGIO LINFODRENANTE MANUALE MECCANICO PRESSOTERAPIA GAMBALE MACCHINARIO ESTETICA VASI GAMBE CELLULITE GRASSO PEDANA VIBRANTE.jpgLinfodrenaggio è un termine che indica un drenaggio (uno spostamento, per intenderci) della linfa dalla periferia al centro del corpo, con il principale scopo di rimetterla in circolo ed evitare che si accumuli, ciò per ridurre gli edemi periferici, migliorare la circolazione sanguigna/linfatica e migliorare l’ossigenazione dei tessuti. Il linfodrenaggio viene effettuato naturalmente dal nostro corpo tramite il sistema linfatico. Purtroppo tende a diventare meno efficace andando avanti negli anni, specie se il soggetto conduce una vita sedentaria, per questo può essere utile “aiutarlo” dall’esterno, tramite linfodrenaggio manuale o meccanico.

Linfodrenaggio manuale (drenaggio linfatico manuale o massaggio linfodrenante): il drenaggio viene effettuato con particolari tipi di massaggi svolti appunti con le mani da personale qualificato, ad esempio il massaggio Vodder.

Linfodrenaggio meccanico: il drenaggio viene effettuato/facilitato da particolari macchinari, come ad esempio il macchinario usato nella pressoterapia, oppure una pedana vibrante. La pressoterapia, in particolare, è un trattamento che ha il fine di drenare la linfa in cui, alle mani che massaggiano, vengono sostituiti una serie di gambali (o bracciali, se viene usata sulle braccia) che si gonfiano e si sgonfiano in modo coordinato e ritmico in modo da spingere la linfa in una data direzione.

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E’ meglio il massaggio linfodrenante manuale o la pressoterapia?

MEDICINA ONLINE DRENAGGIO LINFA LINFODRENAGGIO MASSAGGIO MANUALE MECCANICO PRESSOTERAPIA GAMBALE MACCHINARIO ESTETICA VASI GAMBE CELLULITE GRASSO PEDANA VIBRANTEMassaggio linfodrenante manuale o pressoterapia

Non esiste una risposta univoca alla domanda se sia meglio un massaggio linfodrenante o la pressoterapia. Entrambe le tecniche sono equamente efficaci nell’ottenere il drenaggio della linfa, a patto che:

  • il massaggio drenante sia effettuato da un operatore esperto ed in modo corretto, con il giusto movimento e la giusta pressione;
  • il macchinario usato per la pressoterapia sia di buona qualità (abbia ad esempio un numero di gambali non inferiore a 6);
  • il macchinario usato sia programmato in modo adeguato dall’operatore (troppi mmHg di pressione possono danneggiare i vasi sanguigni);
  • i gambali e/o i bracciali della pressoterapia siano posizionati sul corpo in modo adeguato;
  • entrambe le tecniche siano effettuale solo dopo parere medico che escluda patologie particolari, ad esempio tumore maligno, infezioni, vene varicose ed insufficienza venosa grave, che controindichino il trattamento;
  • entrambe le tecniche siano affiancate da un corretto stile di vita (alimentazione corretta, eliminazione del fumo di sigaretta ed adeguata attività fisica).

Da quanto detto appare dunque chiaro che, più che la scelta della metodica, è importante la scelta del professionista che la pratica e quindi la sua tecnica o la sua strumentazione. Entrambe le tecniche possono dare risultati buoni o scadenti in base a questo fattore. Infine nessuna delle due tecniche darà, da sola, risultati soddisfacenti se non vengono affiancate, come già detto prima, un corretto stile di vita.

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Differenza tra pressoterapia e linfodrenaggio

MEDICINA ONLINE DRENAGGIO LINFA LINFODRENAGGIO MASSAGGIO MANUALE MECCANICO PRESSOTERAPIA GAMBALE MACCHINARIO ESTETICA VASI GAMBE CELLULITE GRASSO PEDANA VIBRANTE.jpgLinfodrenaggio è un termine che indica un drenaggio (uno spostamento, per intenderci) della linfa dalla periferia al centro del corpo, con il principale scopo di rimetterla in circolo ed evitare suoi accumuli, ciò per ridurre gli edemi periferici, migliorare la circolazione sanguigna/linfatica e migliorare l’ossigenazione dei tessuti.

Il linfodrenaggio può essere di tre tipi:

  • fisiologico: è il naturale drenaggio che viene effettuato dal nostro corpo tramite il sistema linfatico. Purtroppo tende a diventare meno efficace andando avanti negli anni, specie se il soggetto conduce una vita sedentaria;
  • tipo manuale (drenaggio linfatico manuale o massaggio linfodrenante): il drenaggio viene effettuato con particolari tipi di massaggi svolti appunti con le mani da personale qualificato, ad esempio il massaggio Vodder;
  • tipo meccanico: il drenaggio viene effettuato/facilitato da particolari macchinari, come ad esempio il macchinario usato nella pressoterapia, oppure una pedana vibrante.

La pressoterapia è un trattamento che ha il fine di drenare la linfa in cui, alle mani che massaggiano, vengono sostituiti una serie di gambali (o bracciali, se viene usata sulle braccia) che si gonfiano e si sgonfiano in modo coordinato e ritmico in modo da spingere la linfa in una data direzione.

In definitiva la differenza tra “linfodrenaggio” e “pressoterapia” consiste nel fatto che la pressoterapia è uno dei vari sistemi disponibili per praticare il linfodrenaggio.

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Differenza tra massaggio drenante e massaggio linfodrenante

MEDICINA ONLINE DRENAGGIO LINFA LINFODRENAGGIO MASSAGGIO LINFODRENANTE MANUALE MECCANICO PRESSOTERAPIA GAMBALE MACCHINARIO ESTETICA VASI GAMBE CELLULITE GRASSO PEDANA VIBRANTEEsistono differenze tra massaggio drenante e massaggio linfodrenante? Salvo non specificato altrimenti dal medico, fisioterapista o estetista che esegue il trattamento, le due denominazioni indicano la stessa identica tecnica, cioè il drenaggio linfatico di una o più zone del corpo tramite un massaggio manuale di vario tipo.

Con “linfodrenaggio” si indica appunto un drenaggio (uno spostamento, per intenderci) della linfa dalla periferia al centro del corpo, con il principale scopo di rimetterla in circolo ed evitare che si accumuli, ciò per ridurre gli edemi periferici, migliorare la circolazione sanguigna/linfatica e migliorare l’ossigenazione dei tessuti.

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Linfodrenaggio manuale con metodo Vodder e Leduc: controindicazioni e tecniche

MEDICINA ONLINE DRENAGGIO LINFA LINFODRENAGGIO MASSAGGIO LINFODRENANTE MANUALE MECCANICO PRESSOTERAPIA GAMBALE MACCHINARIO ESTETICA VASI GAMBE CELLULITE GRASSO PEDANA VIBRANTEDurante gli anni Trenta, Emil Vodder, un fisioterapista danese, diede vita al metodo di linfodrenaggio che porta il suo nome e che si basa sullo studio del sistema linfatico. Il metodo Vodder ebbe un enorme successo nell’ambito estetico tanto da essere considerato un metodo rivoluzionario per il trattamento della pelle. Inoltre ebbe anche il riconoscimento ufficiale da parte di importanti Società Scientifiche di Flebolinfologia. Il dottor Vodder ebbe numerosi collaboratori, tra cui i coniugi Wittlinger, i quali fondarono la Dr. Vodder Schule a Walcshsee (Austria) e dove si impegnarono a diffondere i contenuti originali del metodo Vodder. Il massaggio drenante linfatico manuale con metodo Vodder è una tecnica di massaggio che si distingue per la sua specifica manualità. Se il massaggio viene eseguito correttamente dimostra i suoi risultati a livello dei tessuti superficiali senza andare a toccare i muscoli.

Per quale motivo si pratica la tecnica Vodder?

La tecnica manuale di Vodder ha come obiettivo la stimolazione dello scorrimento meccanico della linfa nella direzione del flusso dei vasi ematici allontanando i liquidi in eccesso, con il principale scopo di ridurre gli edemi periferici, migliorare la circolazione sanguigna/linfatica e migliorare l’ossigenzaione dei tessuti.

Come viene eseguito?

Il metodo Vodder viene eseguito facendo una manipolazione dei tessuti con delle leggere pressioni circolari e ovali. Deve esserci una delicatezza nei movimenti per non provocare danni ai capillari sanguigni e linfatici. La manipolazione della pelle deve essere indolore e non deve cagionare arrossamenti.

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Le controindicazioni del metodo Vodder

Il metodo Vodder presenta delle controindicazioni che potrebbero peggiorare o complicare eventuali patologie in atto, quali ad esempio :

  • infiammazioni acute;
  • tumori maligni (cancro);
  • infezioni;
  • allergie;
  • insufficienza venosa grave;
  • trombosi venosa profonda, tromboflebiti;
  • edemi degli arti provocato da un’insufficienza cardiaca;
  • insufficienza cardiaca;
  • bronchiti acute;
  • malfunzionamenti renali o epatici.

In alcuni casi il metodo può essere utilizzato con dovuti accorgimenti e precauzioni. Come ad esempio :

  • tumori maligni trattati;
  • gravidanza;
  • asma;
  • distonie neurovegetative;
  • disturbi funzionali della ghiandola tiroide, ipertiroidismo;
  • ipotensione;
  • infiammazioni croniche.

Le origini del linfodrenaggio o drenaggio linfatico: cosa va a stimolare?

Il linfodrenaggio ( chiamato anche drenaggio linfatico) è un insieme di tecniche manuali che aiuta il drenaggio della linfa all’interno dei vasi linfatici. Il linfodrenaggio viene utilizzato sopratutto nel trattamento degli edemi, che sono provocati dall’accumulo eccessivo di liquido interstiziale. Le cause di questo accumulo possono essere le più svariate e non sempre il linfodrenaggio viene utilizzato come soluzione. Il massaggio linfodrenanate va a stimolare la parte superficiale della cute senza andare a toccare le fasce muscolari. Le origini del linfodrenaggio sono antichissime, ma in occidente questa tecnica è stata ripresa da Alexander Winiwarter, chirurgo austriaco vissuto a cavallo tra i secoli XIX e XX. Le sue teorie si distinguono per queste particolari caratteristiche:

  • massaggio leggero con direzione da prossimale a distale;
  • compressione;
  • elevazione delle estremità al fine di favorire il deflusso linfatico.

Il metodo di Winiwarter diversi anni più tardi venne approfondito da Emil Vodder, il quale ebbe un grande ruolo per la diffusione e la notorietà del linfodrenaggio.

Il linfodrenaggio viene eseguito facendo dei “sfioramenti” in modo da non recare danno alle strutture dei capillari sanguigni e linfatici. È fondamentale una conoscenza dell’anatomia dell’apparato linfatico per poter effettuare correttamente le manovre nelle varie strutture all’interno del corpo. I movimenti non devono mai partire dalla periferia e arrivare verso il centro perché questo potrebbe danneggiare la zona trattata. Le manovre, che generalmente sono tre ( appoggio, spinta, rilassamento), devono essere effettuate spingendo la linfa verso gli sbocchi naturali. Questi movimenti richiedono molta lentezza.

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Ecco le tecniche del linfodrenaggio manuale: metodo Vodder e metodo Leduc

Esistono diverse scuole di linfodrenaggio. Le più conosciute sono la “scuola Vodder” e la “scuola Leduc”. La scuola Vodder nasce grazie alle teorie di Emil Vodder. Venne presentata per la prima volta a Parigi nel 1936. Emil Vodder era un dottore in filosofia, nato a Copenaghen nel 1896 e poi si era trasferito in Francia a Cannes dove svolgeva l’attività di fisioterapista. Insieme alla collaborazione della moglie Estrid creò il suo metodo, il quale venne accolto con grande entusiasmo nel campo estetico. Emil Vodder non era un medico e per questa ragione la classe medica non gli diede mai il supporto e l’approvazione necessaria.

La scuola Leduc nasce sucessivamente a quella di Vodder. Entrambe si basano sugli stessi principi ma si distinguono per la tipologia dei movimenti.

Il metodo Vodder prevede:

  • movimenti a cerchi fermi
  • movimenti a pompaggio
  • movimenti erogatori
  • movimenti rotatori

La prima fase inizia premendo con le dita sulla cute della persona e disegnando cerchi a spirale sempre più grandi. La direzione del movimento circolatorio dipende dal deflusso linfatico. Nei movimenti a pompaggio la direzione è rivolta verso il basso e le dita della mano che devono essere ben tese disegnano curve in senso ovale, mentre non si utilizzano i polpastrelli. Nei movimenti erogatori si disegnano forme a spirale ruotando il polso. Invece nei movimenti rotatori il polso viene alzato ed abbassato; allo stesso tempo appoggiando la mano sulla cute si esegue un movimento rotatorio a forma di spirale; questa tecnica viene eseguita durante la fase pressoria.

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Linfodrenaggio Leduc: su quali manovre si basa questo metodo

Il linfodrenaggio Leduc si basa su un più ristretto numero di manovre mentre le tecniche di applicazione cambiano in dipendenza del disturbo oggetto del trattamento. È necessario procedere ad un bendaggio di tipo non compressivo degli arti edematosi, partendo dalla periferia verso il centro. Due sono le manovre principali della tecnica Leduc: la manovra di richiamo e quella di riassorbimento.

La prima prevede lo svuotamento dei collettori di evacuazione ubicati a valle della zona che deve essere drenata mentre lo scopo della seconda manovra è consentire l’eliminazione delle proteine: ciò si ottiene lavorando sulle zone infiltrate con lo scopo di far penetrare i liquidi nei vasi linfatici superficiali; in questo modo la linfa viene condotta in direzione dei collettori.

Nella tecnica del linfodrenaggio è importante seguire tre principi fondamentali:

  • iniziare il trattamento dalla zona prossimale in modo da svuotare questa prima di quella distale ed affinché i liquidi di quest’ultima trovino lo spazio necessario nel momento della loro fuoriuscita.
  • Alla fine del trattamento non ci devono essere arrossamenti a livello della cute trattata
  • il linfodrenaggio non deve causare dolore.

Per eseguire in maniera corretta la tecnica del linfodrenaggio sono necessarie manualità ed esperienza. Infatti tutti i movimenti devono essere condotti nella stessa direzione dei flussi linfatici e la pressione dei movimenti esercitati sulla cute deve essere tale da non causare al paziente dolori; in questo modo alla fine della seduta terapeutica non dovrebbero presentarsi episodi di arrossamento della pelle. Inoltre è utile che il terapista adotti alcune precauzioni quali, ad esempio, mantenere una idonea temperatura confortevole dell’ambiente e delle proprie mani.

È importante che la muscolatura del soggetto sia rilassata e che tutte le zone oggetto del linfodrenaggio siano accuratamente protette. Ogni seduta inizia con movimenti pressori effettuati dall’operatore via via crescenti e si conclude con una pausa di riposo di almeno quindici minuti. Bisogna evitare di usare creme ed oli ed anzi è necessario mantenere il contatto diretto con la pelle del soggetto senza intermediazioni. In questo modo si agevola la spinta dei liquidi ristagnanti attraverso l’attrito esercitato con le mani, cosa che risulterebbe non possibile in presenza di oli che renderebbero i movimenti eccessivamente scivolosi. Tramite un movimento pressorio delle mani idoneo alle condizioni del paziente si previene il passaggio dei liquidi linfatici dalla zona tessutale ai vasi ematici ed altresì si favorisce il corretto drenaggio degli stessi.

Applicazione del linfodrenaggio in estetica

Diversi sono i campi di applicazione del linfodrenaggio nell’ambito dell’estetica; a seguito di interventi di liposuzione o di liposcultura e soprattutto nella soluzione di uno dei problemi di inestetismo che assillano maggiormente le donne e cioè la cellulite. In realtà quest’ultimo problema ha una eziologia di natura tale che pensare di poterlo risolvere con un semplice massaggio drenante è sicuramente illusorio.

Il linfodrenaggio nel caso del trattamento della cellulite è più che altro un palliativo a cui si ricorre prescindendo dal proprio stile di vita; e questo è un errore in cui cadono molte donne che il più delle volte godono di benefici di poca durata e comunque molto onerosi. Sarebbe invece auspicabile affiancare queste tecniche estetiche ad una strategia di miglioramento del proprio stile di vita.

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Sistema linfatico e linfonodi: anatomia e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE LABORATORIO LYMPH NODE SYSTEM HUMAN CORPO UMANO SISTEMA LINFATICO LINFONODO LINFA CIRCOLAZIONE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO.jpgIl sistema linfatico è un complesso sistema di drenaggio a una via che trasporta i fluidi dallo spazio interstiziale dei tessuti al torrente circolatorio presente in tutti i mammiferi. La sua principale funzione è il trasporto di proteine, liquidi e lipidi (specialmente per i vasi drenanti l’intestino) dall’interstizio al sistema circolatorio sanguigno, ma presenta anche ruoli di filtraggio e nella risposta immunitaria favorendo l’arrivo di antigeni agli organi linfoidi periferici per innescare i meccanismi immunitari. Non tutti gli organi sono drenati dal sistema linfatico. Il sistema nervoso centrale, ossa, midollo osseo, parte materna della placenta ed endomisio dei muscoli mancano di vasi linfatici, anche se sono provvisti di condotti prelinfatici in grado di drenare il liquido interstiziale ai linfonodi zonali. Cristallino, cornea, epidermide, cartilagine e tonaca intima delle arterie di grosso calibro mancano oltre che della vascolarizzazione linfatica anche di quella sanguigna.

Struttura del sistema linfatico

Il sistema linfatico è formato da una fitta rete di piccoli canali periferici, i capillari linfatici che, dopo aver raccolto la linfa dagli spazi intercellulari, la drenano in vasi di diametro maggiore, i collettori linfatici. I collettori, analogamente a quanto accade per le vene, confluiscono in vasi di calibro crescente per terminare in due grossi tronchi: il dotto linfatico destro, che raccoglie la linfa della porzione sopra-diaframmatica destra del corpo ed è tributario della vena succlavia destra, e il dotto toracico, cui giunge tutta la linfa delle regioni sotto-diaframmatiche più quella della parte sopra-diaframmatica sinistra, tributario della vena succlavia sinistra. Per il tramite delle succlavie, afferenti alla vena cava superiore, la circolazione linfatica termina immettendosi in quella ematica.

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Linfonodi

Il percorso dei collettori linfatici è interrotto dai linfonodi, strutture specifiche formate da tessuto linfoide aggregato in noduli, che possono essere unici o più spesso raggruppati in vere e proprie stazioni linfonodali o linfocentri. La sequenza di collettori e linfonodi costituisce le catene linfatiche che decorrono affiancate ai vasi sanguigni, cosa che peraltro ne agevola l’identificazione nel corso degli interventi chirurgici, da cui prendono il nome: catena linfatica dell’arteria gastrica, catena linfatica para-aortica, catena linfatica dell’arteria mammaria interna, catena linfatica dell’arteria mesenterica inferiore. I linfonodi, in quanto centri nodali della rete linfatica, rappresentano il punto d’arrivo dei collettori pre-nodali, provenienti anche da zone diverse, e di partenza dei collettori post-nodali, in numero minore rispetto a quelli afferenti, rivolti in varie direzioni. Ciò determina la caratteristica del sistema linfatico per cui un distretto anatomico o un determinato organo, avvolto in una fitta ragnatela di capillari, può drenare verso una o più catene linfatiche e ogni stazione linfonodale, a sua volta, può ricevere linfa anche da più organi o distretti anatomici.

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Funzioni dei linfonodi

La funzione primarie dei linfonodi è quella di filtrare la linfa proveniente dai tessuti per permettere la ricircolazione delle cellule dendritiche che hanno catturato l’antigene e degli antigeni stessi al loro interno. Linfociti, cellule dendritiche e antigeni una volta all’interno del linfonodo vengono indirizzati in specifici luoghi dove danno vita alla risposta immunitaria.

  • Ricircolazione dei linfociti. I linfociti si concentrano nei linfonodi perché attratti da una particolare specie di molecole, le chemochine. Le chemochine sono un particolare tipo di citochine atte ad attirare le cellule responsabili della risposta immunitaria nei giusti settori degli organi linfoidi per il loro sviluppo e attivazione. In particolare i linfociti T esprimono un recettore, il CCR7, capace di legare le chemochine CCL19 e CCL21 che vengono prodotte solo nelle aree T dei linfonodi consentendo solo a quel tipo di linfociti di arrivare in tali zone. Allo stesso modo il recettore CXCR5 dei linfociti B lega CXCL13, una chemochina prodotta solo dalle cellule dendritiche follicolari. La produzione di CXCL13 è attivata da un’altra citochina, che però non è una chemochina, la linfotossina.
  • Trasporto dell’antigene. Come descritto nel paragrafo precedente, la struttura del seno sottocapsulare, entro cui si riversa la linfa proveniente dai vasi afferenti, non consente il libero passaggio di molecole solubili, ma permette alle cellule di entrare in contatto o migrare nella regione sottostante. I virus e gli antigeni ad alto peso molecolare vengono fagocitati dai macrofagi presenti nel seno e presentati ai linfociti B della regione corticale. Gli antigeni a basso peso molecolare, invece, si impegnano nei condotti FRC per essere poi catturati dalle cellule dendritiche presenti nei condotti stessi. Gli antigeni fagocitati dalle cellule dendritiche direttamente nei tessuti raggiungono i linfonodi grazie all’espressione di un recettore per le chemochine, CCR7, che è specifico per le chemochine CCL19 e CCL21 prodotte nelle aree T dei linfonodi stessi.

Drenaggio linfatico della mammella

Un organo che si presta bene alla esemplificazione di questo concetto è la mammella che può drenare, oltre che verso il diaframma e la parete toracica, in particolare nei:

  • linfonodi posti medialmente alla ghiandola e che formano la catena dell’arteria mammaria interna, tributaria del linfocentro sopraclavicolare;
  • linfonodi della mammella contro-laterale;
  • linfonodi della catena linfatica ascellare che partendo dalla ghiandola si porta in alto verso il cavo omonimo. I linfonodi di questo linfocentro sono in media una trentina e sono distribuiti in sottogruppi variamente classificati. Un criterio è quello di identificarli in base alla loro posizione rispetto al muscolo piccolo pettorale (M.P.P.):
    • linfonodi dell’ascella inferiore o di I livello, posti lateralmente al bordo esterno del M.P.P;
    • linfonodi dell’ascella media o di II livello, posti tra il bordo mediale e quello laterale del M.P.P;
    • linfonodi dell’apice dell’ascella o di III livello, posti medialmente al margine interno del muscolo.

Numerose ricerche riguardanti la dinamica del drenaggio linfatico della mammella hanno dimostrato che la quasi totalità della linfa proveniente dalla ghiandola segue la via ascellare, mentre una parte minima intorno all’1-3% segue la via mammaria interna.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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