Alcune donne, che non hanno problemi cardiaci, possono sviluppare una malattia cardiovascolare durante la gravidanza e tale malattia può costituire a volte un rischio anche importante per la sopravvivenza del feto e/o della madre.
Ipertensione arteriosa nella donna in gravidanza
L’ipertensione arteriosa nella donna non ipertesa prima della gravidanza, non è un problema insolito durante la gestazione ed è definita come un aumento della pressione arteriosa di 30/15 mmHg rispetto alla pressione arteriosa media della donna pre-gravidanza, oppure come pressione arteriosa assoluta superiore a 140/90 mmHg. Le due forme principali di ipertensione che possono svilupparsi durante la gravidanza comprendono l’ipertensione gravidica e la tossiemia gravidica (preeclampsia o gestosi).
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Ipertensione gravidica
L’ipertensione gravidica è un aumento della pressione arteriosa che si verifica tardivamente in gravidanza, durante il parto o nei primi giorni dopo il parto. Questa malattia non è associata a proteinuria o a edema e si risolve entro 2 settimane dal parto. Si presume che sia presente ipertensione cronica se viene individuato un aumento della pressione arteriosa prima della 20ª settimana di gestazione. Indipendentemente dalla causa, la mortalità fetale è correlata alla gravità dell’ipertensione e inizia ad aumentare quando la pressione diastolica supera 75 mmHg durante il secondo trimestre e 85 mmHg durante il terzo trimestre. I trattamenti iniziali comprendono la riduzione dell’attività fisica e la restrizione salina. Se la pressione arteriosa rimane superiore a 150/90 mmHg, si deve iniziare una terapia con farmaci anti-ipertensivi. Farmaci che sono sicuri in gravidanza comprendono l’idralazina, l’alfa-metildopa, la clonidina, i beta-bloccanti e il labetalolo. I diuretici devono essere usati con cautela a causa di aumento del rischio di ipoperfusione della placenta.
Tossiemia gravidica (preeclampsia o gestosi)
La tossiemia gravidica (più nota come “preeclampsia” o “gestosi“) è una forma di ipertensione che si sviluppa durante la seconda metà della gravidanza ed è associata a proteinuria, a edema e, nelle forme gravi, ad attacchi epilettici, descrivendo il quadro di una sindrome. La tossiemia nelle donne incinte è una complicazione in alcuni casi piuttosto seria, che interessa il 5/10% delle gravidanze. Si presenta in genere dopo la ventesima settimana di gestazione e può avere effetti più o meno gravi a seconda della sua gravità. Le cause non sono ancora del tutto note anche se alcune ricerche hanno dimostrato che un elemento fondamentale nel determinismo della preeclampsia è rappresentato da alterazioni a carico della placenta. Non esistono cure efficaci: l’espletamento del parto sembra essere l’unica terapia realmente efficace nel ridurre l’ipertensione materna e questo sembra confermare il ruolo della placenta nella patogenesi della preeclampsia.
La complicanza più grave della preeclampsia è l’eclampsia, che può essere perfino letale. Le donne colpite da eclampsia grave possono manifestare insufficienza renale, disfunzioni epatiche, disfunzioni della vista (fino alla cecità completa), edema cerebrale, alterazioni della coagulazione (come: riduzione del fibrinogeno, aumento del tempo di protrombina e presenza in circolo di prodotti di degradazione della fibrina) e maggior rischio di emorragie interne, ad esempio da rottura di aneurisma. In alcuni casi può svilupparsi una sindrome emolitico-uremica, caratterizzata dall’associazione di anemia emolitica, microangiopatia, trombocitopenia e insufficienza renale con, nei casi più gravi, sonnolenza, confusione, torpore, sopore, ottundimento del sensorio, strabismo, convulsioni e coma. Una rara complicanza è la rottura della capsula epatica, associata a significativa mortalità materna e fetale, che richiede un trattamento chirurgico in emergenza. La più comune causa di morte in donne che manifestano eclampsia è l’emorragia cerebrale. I rischi per il feto sono legati al ritardo di crescita intrauterina ed alla nascita pretermine con le complicanze ad essa connesse, in particolare difficoltà respiratorie. Per approfondire, leggi: Parto prematuro: cause, fattori di rischio, prevenzione e psicologia dei genitori
Cardiomiopatia peripartum
La cardiomiopatia peripartum (Peripartum CardioMyopathy, PCM) è una forma di cardiomiopatia dilatativa che può avere inizio nell’ultimo trimestre di gestazione o entro i primi 6 mesi dopo il parto in una donna senza cardiopatia pregressa o altre cause definibili di disfunzione cardiaca. La reale incidenza della malattia è sconosciuta, ma le stime indicano che viene colpita una donna ogni 3000-4000 gravidanze. Sebbene l’eziologia della PCM sia sconosciuta, si ritiene che la lesione miocardica sia mediata immunologicamente. Le donne di solito evidenziano sintomi e segni di scompenso cardiaco congestizio. L’ecocardiografia è utile per valutare le dimensioni delle camere cardiache e il grado di disfunzione ventricolare. L’esito con la PCM è variabile, e il decesso o lo scompenso cardiaco progressivo si verifica in circa un terzo delle donne colpite. La prognosi è particolarmente infausta se i sintomi si sviluppano prima del parto. Malgrado il rischio, molte pazienti avranno un recupero completo della funzione ventri colare, sebbene sia possibile la recidiva, specialmente con le gravidanze successive. Il trattamento è simile a quello per lo scompenso cardiaco congestizio e di solito comprende vasodilatatori quali l’idralazina, la digossina e i diuretici. Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina sono stati associati a un aumento degli aborti negli animali e devono essere quindi evitati. Prima di ulteriori gravidanze deve essere eseguita una valutazione completa della funzionalità cardiaca. Se una donna decide di avere un altro figlio, deve essere regolarmente monitorata per ricercare eventuali segni di scompenso cardiaco.
Dissecazione aortica
Il 50% circa delle dissecazioni aortiche (anche chiamate “dissezioni aortiche”) che si verificano nelle donne di età inferiore ai 40 anni è associato alla gravidanza. Sebbene la causa della dissecazione aortica durante la gravidanza non sia conosciuta, è stato postulato che le modificazioni ormonali ed emodinamiche associate alla gestazione possono indebolire la parete aortica. L’incidenza massima di dissecazione si ha nel terzo trimestre, sebbene possa verificarsi in qualsiasi momento durante la gestazione e durante il primo periodo dopo il parto. I sintomi di presentazione e le procedure diagnostiche sono simili a quelli della paziente non in gravidanza. L’ecocardiografia transesofagea è altamente sensibile e specifica per l’individuazione della dissecazione aortica e offre il vantaggio di non esporre il feto a radiazioni ionizzanti. La gestione comprende il controllo aggressivo della pressione arteriosa e la terapia con beta-bloccanti per ridurre lo sforzo di taglio del sangue eiettato. Per approfondire, leggi: Dissezione aortica: intervento, aspettativa di vita, mortalità, riabilitazione
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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