Con l’espressione “lavaggio del cervello” (anche detto “controllo mentale” o “menticidio“, “persuasione coercitiva“, “controllo del pensiero“, “riforma del pensiero” e “rieducazione forzata“; in inglese “brainwashing” o “mind control“, “menticide“, “coercive persuasion“, “thought control“, “thought reform” e “forced re-education“) si identifica il concetto secondo cui la mente umana e le sue percezioni e pensieri, possono essere alterati o controllati da determinate tecniche, che possono essere più sottili, subdole e psicologiche (come il gaslighting) oppure più aggressive, manifeste e fisiche (come la tortura). Il lavaggio del cervello può essere applicato su di un singolo soggetto, oppure su larga scala e su moltissime persone (come avviene ad esempio con la propaganda). Il lavaggio del cervello è una forma estrema di manipolazione ed ha in genere tanto più successo quanto più la vittima sia in partenza psicologicamente fragile. Nell’uso comune, lavare il cervello di qualcuno indica l’azione di convincerlo di qualcosa attraverso opere di indottrinamento e di manipolazione più o meno lecite. Nel linguaggio comune, il “lavaggio del cervello” assume una sfumatura in genere meno forte e coercitiva; ad esempio si può dire che “una pubblicità ti ha convinto a comprare un dato prodotto facendoti il lavaggio del cervello”. Il lavaggio del cervello è diventato un concetto comune nella cultura popolare, specialmente nell’ambito dei racconti e dei film di fantascienza. L’espressione comunemente è usata anche in senso figurato per descrivere l’uso della propaganda politica per persuadere o influenzare l’opinione pubblica.
Brainwashing o brainstorming?
Il termine “brainwashing” non deve essere confuso con “brainstorming“: quest’ultimo termine (in italiano “assalto mentale” o “tempesta di idee” o “tempesta di cervelli”) indica una tecnica creativa in cui un gruppo di persone si riunisce e si confronta per risolvere un problema, ognuno “mettendo sul piatto” liberamente le proprie idee, anche quelle considerabili più creative o addirittura “assurde”. Da tale confronto di idee più diverse, spesso, si trae una soluzione al problema molto efficace e spesso innovativa.
Obiettivi del brainwasher
L’obiettivo iniziale del “brainwasher” (colui che effettua il lavaggio del cervello) è quello di ridurre la capacità del soggetto di pensare in modo critico, autonomo ed indipendente, per consentire successivamente l’introduzione nella mente della vittima di percezioni, idee e pensieri nuovi ed indesiderati, nonché per cambiare i suoi atteggiamenti, valori e convinzioni. Una volta che la vittima è stata condizionata e manipolata fino a questo livello, diventa in pratica una marionetta nelle mani del brainwasher e quest’ultimo può facilmente convincerla a pensare e fare azioni che mai avrebbe pensato o fatto in assenza del lavaggio del cervello.
Esempi
Un esempio classico di “lavaggio del cervello” avvenne prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Attraverso la propaganda, attuata con un controllo praticamente totale di tutti i mezzi di informazione, si può dire che il nazismo sia riuscito nel secolo scorso in un vero e proprio atto di lavaggio del cervello su scala nazionale, convincendo il popolo tedesco che fosse giusto uccidere milioni di ebrei in nome del benessere della Germania e dei suoi cittadini.
E’ opinione comune che un altro esempio di “lavaggio del cervello” su scala nazionale sia quello che avviene giornalmente in Corea del Nord: pur essendo ufficialmente una “repubblica democratica”, presenta molti tratti di una vera e propria dittatura in cui il “caro leader” è un capo indiscusso elevato a vera e propria divinità religiosa. In questo caso ad operare il lavaggio del cervello sarebbero i vertici politici nei confronti dei cittadini nordcoreani, che controllano a tal scopo tutti i mezzi di informazione e social network del Paese.
Un più o meno aggressivo lavaggio del cervello su larga scala viene spesso usato come arma da politici, da leader religiosi, da capi di sette o altro tipo di individuo od istituzione che ha l’obiettivo di controllare grandi gruppi di persone e/o l’opinione pubblica.
Perché si dice “lavare il cervello”
L’espressione “lavaggio del cervello” è dovuta all’atto di “ripulire” (“lavare”) il cervello della vittima delle sue convinzioni, per poterne più comodamente inculcarne altre, utili per raggiungere l’obiettivo finale desiderato dal brainwasher.
Storia del termine
Il termine cinese xănăo (洗腦, “lavaggio del cervello”) negli anni ‘4o del secolo scorso, era usato per descrivere la persuasione coercitiva usata sotto il governo maoista in Cina, che mirava a trasformare le persone “reazionarie” in membri “benpensanti” della nuova comunità cinese. Il termine si riferisce all’usanza taoista di “purificare/lavare il cuore/la mente” (xɐxīn, 洗心) prima di condurre cerimonie o entrare in luoghi santi.
L’Oxford English Dictionary registra il primo utilizzo conosciuto in lingua inglese della parola “brainwashing” in un articolo del giornalista e probabilmente agente dell’intelligence statunitense Edward Hunter, sul Miami News, pubblicato il 24 settembre 1950. Hunter era un schietto anticomunista e si presume fosse un agente della CIA lavorando sotto copertura come giornalista. Hunter e altri usarono il termine cinese per spiegare perché, durante la guerra di Corea (1950-1953), alcuni prigionieri di guerra americani cooperarono con i loro rapitori cinesi, e in alcuni casi addirittura disertarono al loro fianco, grazie proprio al lavaggio del cervello effettuato su di loro. Anche l’operatore radiofonico britannico Robert W. Ford ed il colonnello dell’esercito britannico James Carne hanno affermato che i cinesi li hanno sottoposti a tecniche di lavaggio del cervello durante la loro prigionia.
A partire dal 1953, lo spchiatra statunitense Robert Jay Lifton intervistò militari americani che erano stati prigionieri di guerra durante la guerra di Corea, nonché preti, studenti e insegnanti che erano stati tenuti in prigione in Cina dopo il 1951. Oltre alle interviste con 25 americani ed europei, Lifton intervistò 15 cittadini cinesi fuggiti dopo essere stati sottoposti a indottrinamento nelle università cinesi. Il libro di Lifton del 1961 Thought Reform and the Psychology of Totalism: A Study of “Brainwashing” in China, era basato su questa ricerca. Nel 1956, dopo aver riesaminato il concetto di lavaggio del cervello dopo la guerra di Corea, l’esercito americano pubblicò un rapporto intitolato Interrogazione comunista, indottrinamento e sfruttamento dei prigionieri di guerra, in cui definiva il lavaggio del cervello un “malinteso popolare”. Il rapporto conclude che “la ricerca approfondita di diverse agenzie governative non è riuscita a rivelare nemmeno un caso documentato in modo definitivo di ‘lavaggio del cervello’ di un prigioniero di guerra americano in Corea.”
La ricerca sul concetto di lavaggio del cervello, negli anni ha esaminato anche la Germania nazista, alcuni casi penali negli Stati Uniti, le azioni dei trafficanti di esseri umani ed altre situazioni in cui le vittime venivano manipolate in modo estremo.
Alla fine degli anni ’60 e ’70, gli esperimenti MKUltra della CIA, che avevano come obiettivo proprio il lavaggio del cervello, fallirono senza alcun utilizzo operativo dei soggetti, gettando ombre sulla presunta efficacia di alcune forme estreme di lavaggio del cervello.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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