La prima protesi totale di spalla

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DIRETTORE MEDICINA ONLINE PRIMA PROTESI TOTALE DI SPALLA OMERO SCAPOLA CLAVICOLA ANATOMIA ORTOPEDIA STORIA 1893Quella che vedete nella foto in alto è quella che si ritiene essere la prima protesi totale di spalla, attribuita ad un chirurgo francese chiamato Continua a leggere

La protesi che ha permesso ad una pianista senza un braccio di suonare ancora

Nelle foto pubblicate in questo articolo potete vedere una protesi del braccio e della mano realizzata per una pianista, Elizabeth Burton. Ha la caratteristica di avere dita Continua a leggere

Il museo del pene esiste ed è in Islanda

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCHE UOMO NON HA OSSO DEL PENE BACULUM Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari An PeneIl museo del pene esiste, si chiama”Museo Fallologico Islandese” (Hið Íslenzka Reðasafn in lingua islandese) ed è situato a Reykjavík. Fondato nel 1974 da Sigurdur Hjartarson, professore di storia in pensione, il museo è privato e raccoglie apparati genitali maschili, disseccati o conservati in formaldeide. La collezione è composta da 276 peni, appartenenti a 92 specie animali diverse, nella fattispecie ai mammiferi d’Islanda, alcuni dei quali ormai estinti. Dal 2011 fa parte della collezione un pene umano, donato da un cittadino islandese alla sua morte. Il più grande fallo esposto è il del pene di una balenottera azzurra.

Storia del museo

Il fondatore del museo Sigurður Hjartarson ha lavorato come professore e preside per 37 anni, insegnando storia e spagnolo al Hamrahlid College Reykjavík prima di pensionarsi. Curioso notare che già da bambino possedeva il pene di un toro, che utilizzava come frusta per il bestiame. Inaugurò la sua collezione quando un conoscente, sentita la storia del pene del toro, gliene regalò altri quattro nel 1974; di questi, Sigurður ne regalerà tre ai suoi amici. Anche i lavoratori alle baleniere, giunti a conoscenza dell’insolita passione del ragazzo, cominciarono a donargli peni di balene; è in questo momento che la sua raccolta si espanse, grazie alle varie donazioni provenienti dalle regioni più disparate dell’Islanda.

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280 peni

Secondo il sito web del museo, la collezione comprende 280 peni di 93 specie animali. Si spazia dagli esemplari più grandi a ai più piccoli peni del mondo animale. Il fallo più grande fra quelli esposti, lungo 170 cm e pesante 70 kg, appartiene a una balena: è così possente da esser stato definito «un vero Moby Dick» dall’Iceland Review. In realtà, questo campione non rappresenta nient’altro che la punta dell’intero organo, che se sezionato in toto avrebbe avuto una lunghezza di 5 m ed un peso di 350–450 kg. Al contrario, vi è il membro genitale di un criceto che è lungo solo 2 mm; si pensi che, per essere visto dall’occhio umano, questo deve essere visionato attraverso una lente d’ingrandimento. Sigurður in merito ha descritto la sua collezione come il risultato di «37 anni di raccolta di peni; qualcuno doveva pur farlo». Il museo accoglie anche una “sezione folklore”, che ripercorre la storia del pene nelle narrazioni mitologiche: vengono infatti mostrate ricostruzioni immaginarie dei falli di elfi, troll, Kelpie ed altri personaggi della fantasia popolare. Sigurður, citando il fallo dell’elfo («insolitamente grande e vecchio») come il suo preferito, ricorda tuttavia che questo non può essere visto poiché secondo la tradizione islandese elfi e troll sono invisibili. Nella collezione “folcloristica” sono compresi anche un tritone ed altre creature marine.

Tecniche di conservazione dei peni

Per la salvaguardia della collezione, varie sono le tecniche usate: si va dalla conservazione in formaldeide, al decapaggio, fino a giungere all’essiccamento, all’imbottitura ed alla salatura. Addirittura, per preservare un pene di toro, Sigurður decise di convertirlo in un bastone da passeggio; sorte quasi analoga è toccata a numerosi testicoli di montone, trasformati in lampade che tuttora illuminano le sale.

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A Brighton apre il nuovo “Museo della vagina”

MEDICINA ONLINE VAGINA MUSEUM MUSEO.jpgAprire un museo della vagina ci renderà tutti meno sessisti, meno fallocrati, più aperti? No, aprire un museo vagina-centrico molto probabilmente non sortirà l’effetto filo femminista desiderato dalla sua ideatrice, la youtuber, comica e divulgatrice scientifica (sì, a quanto pare tutto può coesistere in questa donna) Florence Schechter. Aprire un museo per la/con la/sulla vagina è “solo” una provocazione, una reazione alla galleria islandese dedicata al pene in tutte le sue forme, che ci renderà – al massimo – tutti meno chiusi, più informati, più istruiti rispetto a ciò che c’è sotto la linea della cintura.

Con sede a Brighton, il Vagina Museum nei sogni di Florence Schechter e della caterva di volontari che ne stanno finanziando il progetto, tra donazioni e acquisto di merchandising sul sito, nulla avrebbe a che fare con la pornografia o il divertissement tout court. Qui, l’apparato genitale femminile viene come dis-erotizzato, ogni accezione ludica è rimasticata ed esposta in una declinazione scientifica, culturale, storica. Un carme alla sessualità, al “non vergognarsi del proprio corpo e di chi si è”, come liquidava la svedese Carolina Falkholt, quando il Guardian le chiese il motivo del suo murale abnorme in piena Manhattan raffigurante un pene in erezione, suggerisce Mariacristina Ferraioli su Artribune.

Quello che vedremo al museo della vagina, che potrebbe aprire i portoni già l’anno prossimo, saranno mostre permanenti su mestruazioni, menopausa, identità di genere e contraccezione. Showcase con focus cinematografici (a partire dalla serie Netflix The Handmaid’s Tale) e artistici (a partire dall’epico muro di vagine dello scultore Jamie McCartney). E ancora, l’epopea dei metodi di contraccezione nei secoli, l’evoluzione di tamponi e assorbenti, l’analisi del posto occupato veramente dai genitali nella società. Gli eventi correlati, poi, saranno tutto un pot-pourri di commedie femministe, concerti, quizzoni, lezioni di disegno dal nudo (ça va sans dire) e lezioni di educazione sessuale (grande mancanza opstabù scolastico anche nel 2018). Questo e molto molto altro vedremo al museo della vagina dove, tra una galleria e l’altra, potremo mandar giù cupcake a forma di vagina, biscotti a forma di vagina, panini a forma di vagina, mentre compreremo gadgets a forma di vagina: ciondoli a forma di vagina, cartoline a forma di vagina e shopper con vagine a fumetti, souvenir da (s)mostrare per strada e con gli amici, per ricordarci di quella volta in cui visitammo il museo contro l’oggettificazione della vagina.

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Differenza tra inumazione, tumulazione, cremazione, imbalsamazione e mummificazione

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Calcificazione di un neonato ad opera di Giuseppe Albini, su incarico del Ministero dell’Interno, che lo invitava nel 1880 a trovare un metodo alternativo al seppellimento ed alla cremazione dei cadaveri. Esposto al MUSA – Museo Universitario delle Scienze e delle Arti

Dopo il decesso di una persona, esistono diverse tecniche di sepoltura, tra cui le più famose sono: inumazione, tumulazione, cremazione, imbalsamazione e mummificazione. Quali sono le differenze tra esse?

Cos’è l’inumazione?

Con il termine “inumazione” si intende il seppellimento di un cadavere in una fossa scavata dentro terra, finalizzata a rendere più rapida possibile la trasformazione delle materie organiche in sali minerali. Il cadavere viene collocato dentro la terra oppure in una bara di legno leggero posto nella terra, bara che è facilmente decomponibile. Il periodo di mineralizzazione completa del cadavere avviene normalmente nell’arco di una decina d’anni.

Cos’è la tumulazione?

La tumulazione del cadavere in loculo, tomba o cappella è – al contrario dell’inumazione – finalizzata a conservare intatte più a lungo possibile le spoglie mortali del sepolto. A tale scopo la salma deve essere racchiusa in una duplice cassa: il corpo viene posto in una contro cassa in zinco dello spessore minimo 0,66 mm alloggiata in una bara di legno ermeticamente chiusa. Ciò consente un lungo periodo di conservazione della salma, per decenni.

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Cos’è la cremazione?

La cremazione di un cadavere prevede l’incenerimento dello stesso per mezzo di combustione e la raccolta delle ceneri in un’apposita urna. La combustione, al contrario di quanto si possa pensare, non riduce il cadavere in cenere, bensì lo trasforma in gas e frammenti ossei. Tali frammenti ossei sono friabili e, dopo la combustione, vengono sminuzzati fino a formare una cenere che poi, a seconda degli usi, delle consuetudini o delle ultime volontà della persona defunta, vengono custodite in un’urna, sepolte, sparse in luoghi appositi, o altro. La legge N. 130 del 30/03/2001 (Disposizioni in materia di Cremazione e Disposizione sulle Ceneri), prevede anche la dispersione delle ceneri in luoghi privati, lontani dai centri abitati, nei tratti di mare, di laghi o di fiumi liberi da natanti e manufatti o comunque la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari

Cos’è l’imbalsamazione?

L’imbalsamazione è un insieme di tecniche volte a preservare un cadavere dalla decomposizione per lunghi periodi. Se effettuata su animali, questa tecnica prende il nome di tassidermia. Usata fin dagli antichi egizi, oggi l’imbalsamazione è destinata soprattutto alla preservazione di animali morti, non mancano comunque ancor oggi applicazioni per la conservazione di cadaveri umani. Un esempio famoso è quello che riguarda Lenin: nella Unione Sovietica la salma del politico è stata infatti imbalsamata.
Dopo l’immersione in liquidi battericidi, alcune sostanze derivate dalla originaria formaldeide vengono immesse nel cadavere con appositi macchinari, che ne riempiono l’intero sistema vascolare e parte di quello linfatico. Per prevenire il rigor mortis, i tendini degli arti vengono recisi, inoltre le palpebre vengono cucite in modo che l’occhio resti chiuso (in talune tecniche l’occhio viene asportato e sostituito da globi metallici). Anche la bocca viene cucita per le labbra, ma solo al termine dell’otturazione di tutte le aperture del corpo con ovatta medicata. Tutte le chiusure sono poi sigillate, oggi con derivati siliconici, per prevenire la fuoriuscita di liquidi. L’imbalsamazione, umana o animale, è vietata da talune legislazioni anche occidentali, come nel caso dei Paesi Bassi.

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Cos’è la mummificazione?

La mummificazione è un processo, naturale o artificiale, in cui un cadavere subisce una disidratazione massiccia così veloce che i tessuti rimangono “fissati” ed i tratti somatici si conservano relativamente bene anche a distanza di centinaia d’anni. Nella mummificazione naturale, servono particolari condizioni esterne e interne per ottenere questo processo.

  • clima freddo, secco e ventilato, che ostacola la putrefazione;
  • inumazione in terreni asciutti capaci di assorbire i liquidi in grande quantità;
  • presenza di certi tipi di muffe che disidratano il corpo.

Mummificazioni parziali si hanno in persone decedute in ambienti chiusi, riscaldati e ben ventilati, quando il corpo giace su materiali che assorbono acqua: in questi casi – che di tanto in tanto diventano tragici fatti di cronaca – spesso il cadavere mummificato è quello di una persona sola, spesso anziana e senza parenti, che muore nel proprio appartamento senza che nessuno si accorga del fatto per decenni.
I fattori che favoriscono i processi di mummificazione sono la denutrizione, l’età avanzata, grosse emorragie. In media, un processo di mummificazione dura 6/12 mesi, ma ci sono prove e casi di mummificazioni avvenute in 2/3 mesi, eccezionalmente in meno di un mese.
La mummificazione veniva usata dagli antichi egizi con queste modalità:

  1. rimozione dal corpo degli organi interni, la cui presenza avrebbe potuto accelerare il processo di putrefazione;
  2. conservazione degli organi interni ti all’interno di speciali vasi, detti vasi canopi
  3. disidratazione del corpo tramite immersione per un periodo di circa 40 giorni in natron, un sale di sodio esistente in natura che si depositava nelle pozze di esondazione del Nilo dopo il loro prosciugamento;
  4. lavaggio con vino di palma che grazie al suo elevato tasso di alcool impediva lo sviluppo dei batteri decompositori;
  5. introduzione nell’addome di bende impregnate di natron, pezzi di lino e segatura.
  6. unzione con appositi oli balsamici (resine di conifere ed altre piante, cere d’api, oli aromatizzati ecc.).

Al termine di queste operazioni il corpo veniva strettamente avvolto con strisce di lino impregnate di resina.

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