Circonferenza vita e fianchi: rapporto e significato clinico

Per valutare il rischio di malattia cardiovascolare di un soggetto, è utile misurare la circonferenza della vita nel suo punto più stretto (senza indossare indumenti che sfalsino la misura). La prevalente distribuzione di grasso sottocutaneo a livello addominale è infatti correlata all’aumento del grasso viscerale ed è proporzionale alla sua circonferenza esterna. L’accumulo lipidico in sede viscerale, cioè nella parte interna dell’addome, rappresenta un fattore di rischio indipendente non solo per le patologie cardiovascolari, ma anche per il diabete e per la mortalità in genere.

UOMO

DONNA

RISCHIO

CM

CM

Molto elevato > 120 > 110
Elevato 100 – 120 90 – 109
Basso 80 – 99 70 – 89
Molto basso <80 < 70

Come si misura la circonferenza addominale?
A tale proposito leggi: Circonferenza addominale: cos’è, come si misura ed a che serve

Rapporto tra circonferenza vita e fianchi
Un dato più obiettivo si ottiene calcolando il rapporto tra la circonferenza misurata a livello ombelicale (vita) e gluteo (fianchi). Tale rapporto, chiamato WHR (dall’ingelese Waist to Hip ratio), fa affidamento ai seguenti valori:

  • si parla di obesità androide quando il rapporto WHR è maggiore di 0,85
  • si parla di obesità ginoide quando il rapporto WHR è inferiore a 0,79.

Leggi anche: Distribuzione del grasso nell’uomo e nella donna: androide e ginoide

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CIRCONFERENZA VITA E FIANCHI RAPPORTO  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpg
In ogni caso il rapporto vita/fianchi dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e 0,8 per le donne. I pazienti che superano tali valori sono considerati ad alto rischio di problemi medici legati all’obesità.

Il WHR è un indicatore approssimativo
Similmente all’Indice di massa corporea, il WHR è un indicatore approssimativo, poiché non tiene conto del rapporto tra la massa muscolare presente nella regione glutea e in quella addominale. Il WHR non fornisce quindi una diagnosi, bensì viene associato dal medico ad altri valori ed indicatori per valutare il reale rischio cardiovascolare e di diabete, tra cui ad esempio:

  • % di massa grassa,
  • familiarità,
  • attività fisica svolta,
  • pressione arteriosa,
  • glicemia,
  • età,
  • fumo,
  • alcol,
  • livelli di colesterolo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Digiuno intermittente e terapeutico: fa dimagrire? Fa bene o fa male alla salute?

MEDICINA ONLINE DIGIUNO INTERMITTENTE TERAPEUTICO WARRIOR DIET GUERRIERO DIETA DIMAGRIRE NOTTE COLAZIONE PRANZO MUSCOLI CALORIE PALESTRA FA BENE FA MALE SALUTE PROTEINE DIGESTIONEDigiunare significa astenersi dal consumo di alcuni o di tutti gli alimenti, delle bevande o di entrambi, per un periodo di tempo più o meno lungo che può essere determinato o indeterminato. Il digiuno assoluto è definito come la mancata assunzione di qualunque cibo solido o liquido per un certo periodo, di solito compreso tra le 24 ore ed alcuni giorni. Fin dalla preistoria, poiché il cibo non è sempre stato disponibile, il digiuno intermittente è sempre esistito e qualsiasi organismo animale è in grado di sopportarlo grazie alle scorte di grasso ed alla straordinaria capacità del nostro sistema endocrino. Per l’uomo moderno industrializzato, la carenza di cibo non è più un problema, anzi è un problema l’eccesso di cibo! A tal proposito molti individui si auto-impongono il digiuno per dimagrire. Ma serve davvero? E soprattutto: fa bene o fa male alla salute?

Per meglio comprendere questo articolo, vi consiglio di leggere prima: Differenza tra catabolismo, anabolismo, metabolismo basale e totale

Digiuno e metabolismo
La prima cosa da dire per chiarire le cose è che, entro certi limiti, un incremento dell’assunzione di calorie con l’alimentazione possa produrre un’accelerazione del metabolismo, mentre viceversa una diminuzione dell’assunzione di calorie ha il risultato opposto, ovvero un rallentamento del metabolismo. I principi che regolano questo fenomeno costituiscono un meccanismo cardine per la sopravvivenza di ogni organismo: quando la disponibilità delle risorse fornite dall’esterno inizia a diminuire, l’organismo si autoregola diminuendo gradualmente (e proporzionalmente) il suo fabbisogno energetico; allo stesso modo, quando invece le risorse disponibili aumentano, l’organismo si adatta di conseguenza e predispone le sue attività in maniera tale da consumare più energia. Per raggiungere un sano dimagrimento è quindi sbagliato il digiuno prolungato, decisamente meglio puntare su:

  • corretta alimentazione con il giusto apporto calorico (dieta ipocalorica se il soggetto è sovrappeso) e nutrienti;
  • aumento di massa magra (ottenuto con l’attività fisica) importante per innalzare il metabolismo basale;
  • adeguata attività fisica importante per innalzare il metabolismo basale.

Detto ciò, tutti i digiuni sono sbagliati? La risposta è NO. Il digiuno prolungato è sbagliato ma altre forme di digiuno – in individui selezionati, sotto stretto controllo medico e per periodi limitati – possono essere perfino utili. Il digiuno può essere benefico o nocivo in base ad alcuni fattori; ad esempio: durata, completezza dell’astensione alimentare o supporto nutrizionale, controllo medico, presupposti patologici per la sua applicazione ecc. Non tutte le forme di digiuno sono uguali; alcune risultano estremamente debilitanti ed immotivate, altre meno estenuanti e più razionali.
Il digiuno, controllato o non controllato, terapeutico oppure no, risulta comunque parecchio stressante per il corpo e la mente. Tuttavia, la sua potenziale nocività dipende soprattutto dai parametri con i quali viene programmato.
Un esempio di digiuno eticamente discutibile (ma dal punto di vista scientifico abbastanza corretta) è la “dieta del sondino“. Questa si basa su una forma di digiuno cronico, durante il quale l’organismo viene supportato esclusivamente dalla nutrizione artificiale enterale (sondino naso gastrico). Pratiche simili possono indurre:

  • debilitazione fisica e tendenza alla malnutrizione ed alla chetosi (vedi sotto);
  • limitazione delle attività motorie;
  • diseducazione alimentare.

Al contrario, nei soggetti affetti da patologie del metabolismo, brevi periodi di stop alimentare – come, ad esempio, l’enfatizzazione del periodo di digiuno notturno (quello durante il sonno, portandolo da 8 a 12 o 14 ore) – non provocano effetti collaterali e favoriscono la remissione di certi parametri metabolici (soprattutto iperglicemia e ipetrigliceridemia) o di altri disturbi (steatosi epatica, reflusso gastro esofageo ecc). Ovviamente, l’esempio appena riportato non rappresenta un vero e proprio digiuno e questa costituisce l’unica forma di astensione alimentare potenzialmente benefica e priva di effetti collaterali.
In molti credono che il digiuno assoluto possa incidere negativamente sui flussi ormonali, nello specifico sopprimendo l’azione della ghiandola tiroide (quella che secerne gli ormoni deputati alla regolazione del metabolismo); ciò è vero solo in parte. Infatti, il digiuno prolungato riduce senza dubbio la secrezione degli ormoni tiroidei, tuttavia, in genere, questa decurtazione non si manifesta prima delle 24 o 48 ore.
Ci sono alcune prove scientifiche che dimostrano come il digiuno possa avere un ruolo importante nelle persone che ricevono la chemioterapia, ma sono necessari ulteriori studi per definirne l’efficacia reale ed un’eventuale applicazione clinica.

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Il digiuno terapeutico è veramente terapeutico?
Alcuni centri specializzati nella cura delle patologie metaboliche utilizzano il digiuno terapeutico per la riduzione del peso e per il ripristino dei parametri metabolici.
Raramente, i sistemi di digiuno terapeutico si fondano sull’astinenza irrevocabile del cibo e nessuno di questi vieta l’utilizzo dell’acqua. Al contrario, la tendenza è quella di incentivare l’assunzione di liquidi e, talvolta, di certi alimenti vegetali a porzioni determinate (soprattutto nel caso di certe malattie particolari).
Secondo l’esperienza degli operatori che propongono il digiuno terapeutico, la difficoltà maggiore consiste nell’accettazione iniziale della terapia, non nel protocollo stesso. In pochi credono di poter resistere 2 o 3 settimane senza mangiare ma, d’altro canto, sono in molti ad aver raggiunto spontaneamente anche i 30-40 giorni.

Come Funziona?
Premessa importante: questa tecnica non può essere utilizzata in caso di compromissioni epatiche, diabete mellito tipo 1 o altre malattie metaboliche. Il digiuno terapeutico si divide in tre fasi principali:

  1. Le prime 24-48 ore della terapia prevedono il digiuno completo con la sola assunzione di acqua. In questa fase (la più dura per il paziente), il corpo consuma la maggior parte dello zucchero e dei trigliceridi presenti nel sangue; ovviamente, i livelli di glucosio vengono mantenuti progressivamente stabili dal glicogeno epatico, mentre l’azione motoria (tipicizzata dal riposo assoluto) è supportata prevalentemente dalle riserve di glicogeno muscolare.
  2. L’azione metabolica “vera” (o meglio, quella ricercata dai terapisti) avviene al termine di questa prima fase, cioè quando le riserve di glicogeno sono ridotte al minimo. A questo punto, il corpo inizia a bruciare prevalentemente il tessuto adiposo, con la produzione ed il riversamento sanguigno di molecole chiamate chetoni. Talvolta, nei soggetti compromessi o che assumono certi farmaci, il digiuno terapeutico prevede l’assunzione di succhi vegetali come spremute e centrifugati per ridurre lo stato di chetoacidosi. I supplementi nutrizionali sono di natura vitaminica, salina ed amminoacidica.
  3. Il digiuno terapeutico viene interrotto in materia progressiva, iniziando con l’assunzione di succhi e centrifugati, poi di frullati e vegetali in pezzi, giungendo fino all’assunzione di cereali e legumi.

Effetti del digiuno terapeutico:

  • Digiuno e Acidosi. I chetoni, pur essendo potenzialmente tossici (se non efficacemente smaltiti dall’organismo), possono avere degli effetti positivi sulla compliance terapeutica (sopportazione della strategia).
    Infatti, agendo in maniera soppressiva nei confronti del sistema nervoso centrale, i chetoni riducono al minimo lo stimolo della fame.
    Certi sostengono addirittura che i chetoni possano provocare una sensazione di benessere generalizzato. Tuttavia, questa condizione detta “chetoacidosi” non è esente da effetti collaterali, tra i quali: tossicità epatica e renale, tendenza alla disidratazione, ipotensione ecc.
  • Digiuno e Riposo Digerente. Chi propone il digiuno terapeutico afferma che questa sensazione di benessere non è imputabile solamente alla chetoacidosi, ma anche al riposo totale del tratto gastrointestinale. Effettivamente, la digestione dei soggetti affetti da obesità è un processo sempre abbastanza impegnativo; consumando pasti molto abbondanti, poco digeribili e responsabili di picchi glicemici elevati, queste persone sono abituate a convivere con una sensazione di debolezza psico-fisica pressoché continua.
  • Digiuno e Lavaggio Cellulare. Un ulteriore effetto benefico del digiuno terapeutico, ulteriormente enfatizzato dalla somministrazione di integratori antiossidanti, è il “lavaggio cellulare”. Non tutti sanno che l’organismo possiede vari mezzi di escrezione delle molecole inutili o tossiche; tra questi, la bile, le feci, le urine, il sudore, il muco, la ventilazione polmonare, i capelli, i peli, le unghie ecc. Il digiuno terapeutico consente di sfruttare questi meccanismi senza incamerare parallelamente altri inquinanti o altri agenti tossici, tra i quali ricordiamo: mercurio, arsenico, piombo, diossina ed additivi alimentari.
  • Digiuno e Papille Gustative. Un altro grande vantaggio del digiuno terapeutico è il ripristino della funzionalità papillare gustativa della lingua, che avviene attraverso un processo definito neuroadattamento. Questo effetto di “reset” percettivo dei gusti è molto utile per la successiva riorganizzazione della dieta (fase di mantenimento), che prevede l’utilizzo esclusivo di cibi freschi e poco conditi.

IMPORTANTE
Il digiuno terapeutico va contro qualunque principio di dietetica, equilibrio nutrizionale ed educazione alimentare. E’ un intervento radicale che potrebbe trovare applicazione nel rimpiazzo della chirurgia bariatrica (quella chirurgia che viene adottata sui grandi obesi).
Bisogna ricordare che le diete chetogeniche possono anche avere un effetto deleterio sull’organismo, a partire dall’affaticamento renale fino al deperimento del tessuto muscolare, specie in alcuni soggetti. E’ importante sottolineare che si tratta di una tecnica praticabile in ogni caso SOLO SOTTO CONTROLLO MEDICO. La supervisione ed il monitoraggio osservano principalmente: pressione arteriosa, volemia, glicemia, acidosi metabolica ecc.
Il consiglio globale per chi affronta il digiuno terapeutico è quello di sospendere qualsiasi cura farmacologica, ad eccezione di quelle insostituibili (ad es ormoni tiroidei, farmaci per la pressione in caso di difetti congeniti ecc). In presenza di certe patologie (organiche o psichiatriche), di condizioni fisiologiche speciali (gravidanza, allattamento), terza età ed accrescimento, il digiuno terapeutico è TOTALMENTE SCONSIGLIATO.

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Differenza tra catabolismo, anabolismo, metabolismo basale e totale

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-differenza-catabolismo-anabolismo-metabolismo-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenzIl metabolismo è l’insieme dei processi anabolici (costruttivi) e catabolici (degradativi) svolti all’interno di un organismo. Questi processi sono caratterizzati da numerose reazioni chimiche catalizzate da enzimi e consentono agli organismi di crescere e riprodursi, mantenere le proprie strutture e rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente circostante. Nel linguaggio comune per metabolismo si intende la capacità dell’organismo di bruciare calorie. Un “metabolismo veloce” permette dunque di bruciare nell’unità di tempo una quantità maggiore di calorie rispetto ad un metabolismo lento.

Quando parliamo di metabolismo dobbiamo però fare una importante distinzione:

  • metabolismo totale (MT) o TMR (total metabolic rate): indica il dispendio energetico totale di un individuo ed è la somma del metabolismo basale più il consumo da TID (termogenesi indotta dagli alimenti) e il surplus di consumo legato all’attività dell’organismo durante la giornata. La sua unità di misura è la chilocaloria (simbolo kcal).
  • metabolismo basale (MB) o BMR (basal metabolic rate): indica il dispendio energetico di un individuo a riposo e comprendente dunque l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali (respirazione, circolazione sanguigna, digestione, attività del sistema nervoso, ecc.). Rappresenta circa il 45-75% del dispendio energetico totale nella giornata (questa grande variabilità è in funzione del rapporto tra % di massa magra e grassa soggettiva) e può essere misurato con la calorimetria o con una bioimpedenziometria. La sua unità di misura è la chilocaloria (simbolo kcal). Mediamente il metabolismo basale giornaliero corrisponde a circa 25 kcal x kg di peso corporeo.

Quindi:

metabolismo basale (a riposo) + attività fisica giornaliera + termogenesi indotta dalla dieta = metabolismo totale

Per capire cos’è la termogenesi indotta dalla dieta, leggi questo articolo: Termogenesi indotta dalla dieta: scopri il segreto per dimagrire

Per approfondire, leggi anche: Metabolismo basale: cos’è, definizione, calcolo, alto, basso, totale

La velocità del metabolismo totale dipende da numerosissimi fattori concatenati tra loro, alcuni modificabili, altri non modificabili, tra cui:

  • età;
  • assunzione media giornaliera di calorie;
  • secrezione ormonale;
  • tipo di alimentazione (maggiore o minore quota di proteine);
  • integratori alimentari;
  • attività fisica;
  • patologie endocrine;
  • stile di vita;
  • ciclo mestruale;
  • condizioni di stress psicofisico;
  • farmaci;
  • idratazione;
  • percentuale di massa magra e grassa del corpo;
  • periodo dell’anno.

Curiosità: Se la tua vita è sedentaria, un piccolo trucco per aumentare il metabolismo è quello di contrarre attivamente la muscolatura durante la giornata. Appiattisci la pancia, stringi i pugni, muovi le gambe, contrai i quadricipiti. Queste contrazioni spontanee, a cui spesso non facciamo molto caso contribuiscono in maniera significativa ad accelerare il metabolismo, tanto che sono tipiche dei soggetti magri ed ipereattivi, mentre si osservano assai più di rado negli obesi. Potete farlo anche a scuola o al lavoro!

Leggi anche: Digiuno intermittente e terapeutico: fa dimagrire? Fa bene o fa male alla salute?

Anabolismo
L’anabolismo è quella parte del metabolismo che riguarda i processi di accrescimento e sintesi. Nel corpo umano ci sono alcune parti e tessuti che crescono di continuo per tutta la durata del ciclo vitale, mentre altre in condizioni normali cessano il loro accrescimento al termine del periodo di sviluppo, ovvero intorno al sedicesimo – diciottesimo anno di vita. L’accrescimento corporeo è dovuto essenzialmente alla secrezione di somatotropina, nota anche come ormone somatotropo, ormone della crescita, STH, oppure SH o GH (growth hormone), il quale abbonda durante il suddetto periodo dello sviluppo. Quando la secrezione naturale del GH si arresta, è possibile comunque indurne la produzione endogena. Sostanzialmente ciò avviene solamente quando vengono fatti scattare dei meccanismi di supercompensazione, e solamente in condizioni di ipernutrizione. In pratica l’anabolismo indotto è possibile solamente se l’organismo ha a disposizione risorse energetiche e nutrizionali molto superiori a quelle che gli sarebbero strettamente indispensabili per svolgere le normali attività fisiologiche. Nel body building questo si traduce nell’applicazione dei principi per la crescita delle masse muscolari, i quali sono infatti basati su allenamenti in grado di suscitare reazioni di adattamento molto accentuate, e su regimi alimentari iperproteici ed ipercalorici, che pongono l’organismo in una condizione ottimale per l’anabolismo cellulare.

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Catabolismo
Il catabolismo è quella parte del metabolismo che riguarda i processi di degradazione e scissione cellulare. Esso si verifica normalmente in tutti i tessuti le cui cellule sono sottoposte ad un continuo ricambio, tuttavia esso compare anche quando si verificano condizioni in cui all’organismo occorre energia e non ci sono risorse energetiche immediatamente disponibili. In tali condizioni l’organismo si procura le risorse energetiche che gli occorrono andando a intaccare porzioni di tessuto adiposo o muscolare, il quale viene dunque trasformato in energia. Sia il grasso corporeo che le proteine muscolari costituiscono una fonte energetica di ottima qualità, in quanto contenenti una energia chimica specifica (per unità di massa) superiore a quella dei carboidrati. Tuttavia, come è facilmente comprensibile, mentre l’utilizzo dei grassi è positivo perché provoca la riduzione del grasso corporeo, l’utilizzo delle proteine muscolari come fonte energetica è un processo negativo, e va assolutamente evitato soprattutto ovviamente nell’ambito del body building.

Evitare il catabolismo
Per evitare che l’organismo si procuri energia consumando massa muscolare, è indispensabile mantenere sempre positivo il bilancio azotato nel sangue. Ciò significa che nell’arco della giornata bisogna assumere con gli alimenti proteine in quantità e con frequenza tali da impedire l’abbassamento drastico dell’azotemia nel sangue. In generale, il bilancio azotato si può mantenere sufficientemente alto se si fanno dei pasti con una frequenza di massimo tre ore, ed includendo in ogni pasto almeno 20 o 30 grammi di proteine (la quantità è variabile in base al soggetto).

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Distribuzione del grasso nell’uomo e nella donna: androide, ginoide e di tipo misto

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DISTRIBUZIONE CORPO OBESITA MASCHILE FEMMINILE ANDROIDE GINOIDE MISTA VISCERALE SOTTOCUTANEA ADDOME GLUTEI SOVRAPPESO ADIPE DIFFERENZEIl prof. Jean Vague, docente all’Università di Marsiglia, nei primi anni ’50 del secolo scorso, studiando la distribuzione del tessuto adiposo, introdusse la distinzione tra obesità androide ed obesità ginoide, osservando che alla prima si associava un maggior rischio di ipercolesterolemia, iperuricemia, ipertensione e ridotta tolleranza ai carboidrati, ed era quindi più pericolosa di quella ginoide. Oltre che dal punto di vista quantitativo (eccesso di massa grassa) le obesità vanno dunque indagate anche sotto l’aspetto qualitativo. Già in condizioni fisiologiche e di peso corporeo normale, maschio e femmina nella maggioranza dei casi si distinguono per una diversa distribuzione della massa adiposa: le forme corporee sono infatti legate al rapporto tra ormoni sessuali maschili (androgeni) e femminili (estrogeni), che porta appunto l’adipe a distribuirsi in modo leggermente diverso. Tale fenomeno diventa evidente nel periodo postmenopausale, nel quale, a causa del calo dei livelli estrogenici, si assiste ad una redistribuzione del grasso corporeo. In condizioni patologiche e di forte sovrappeso od obesità, tali differenze possono acuirsi e diventare molto visibili, dando luogo a tre principali tipi di fenotipo: obesità androide, obesità ginoide e obesità mista.

Obesità androide

L’obesità androide, detta anche “obesità centrale”, “obesità viscerale”, “obesità tronculare” od “obesità a mela”, è un fenotipo di distribuzione dell’adipe tipicamente (ma non esclusivamente) maschile, che si associa ad una maggiore distribuzione di tessuto adiposo nella regione addominale, toracica, dorsale e cerviconucale. L’obesità androide viene detta anche “viscerale” perché si associa ad un’elevata deposizione di adipe in sede intraviscerale (addominale o interna).

Obesità ginoide

L’obesità ginoide, detta anche “obesità periferica“, “obesità sottocutanea” od “obesità a pera“, è un fenotipo di distribuzione adiposa tipicamente (ma non esclusivamente) femminile, che si caratterizza per una distribuzione delle masse adipose nella metà inferiore dell’addome, nelle regioni glutee ed in quelle femorali. L’obesità ginoide viene anche detta “sottocutanea” perché il grasso è presente soprattutto nel compartimento sottocutaneo, con conseguente elevato rapporto tra grasso superficiale e profondo.

Obesità mista

L’obesità mista, detta anche “obesità di tipo misto“, “obesità di tipo intermedio” od “obesità intermedia”, è un fenotipo di distribuzione adiposa, che si caratterizza per una distribuzione omogenea delle masse adipose in tutte le parti del corpo, rappresentando quindi una “unione” tra l’obesità androide e quella ginoide. E’ meno diffusa rispetto alle altre due forme di obesità.

Distribuzione del grasso e sesso

Il termine “androide” deriva dal greco ἀνδρός (andrós), che significa “uomo”, mentre “ginoide” deriva dal greco γυνή (guné), che significa “donna”. Ciò potrebbe far pensare che l’obesità androide sia possibile solo nei maschi, mentre quella ginoide si verifichi esclusivamente nelle femmine: ciò è sbagliato. L’obesità androide, pur essendo più frequente negli uomini, può essere riscontrata anche nelle donne, mentre quella ginoide, pur più frequente nelle donne, può comparire anche negli uomini.

Qual è l’obesità più pericolosa?

Il lettore più attento dovrebbe avere già la risposta, almeno se ha letto l’introduzione di questo articolo. Tra quella androide e quella ginoide, l’obesità più pericolosa, per quanto riguarda le complicanze cardiovascolari e metaboliche, è quella androide, sia che si instauri nell’uomo sia che compaia nella donna. Questo ovviamente non significa che l’obesità ginoide sia salutare: ricordo infatti che l’obesità – in qualsiasi sua forma e soprattutto se di grado elevato – non è solo un fattore di rischio per numerose malattie, come quelle cardiovascolari ed il diabete, ma è anche essa stessa considerata dall’OMS una malattia.

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Percentuale di grasso corporeo normale per uomo e donna

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCENTUALE DI GRASSO CORPOREO UOMO DONNA  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgIl range di normalità per la percentuale di grasso corporeo considerata adeguata per una vita in salute è mediamente il seguente:

Uomini: tra il 10% ed il 18%

Donne: tra il 18% ed il 26-28%

Rispetto alla popolazione generale, le percentuali di grasso corporeo desiderabili per i soggetti fisicamente attivi, e ancor più per gli atleti professionisti, sono ovviamente inferiori, come vedremo in seguito. Una domanda che ci si può porre è: perché uomo e donna hanno percentuali di grasso corporeo normale così diverse? La ragione di questa profonda differenza tra uomo e donna è determinata dalla maggior quantità di grasso primario o essenziale della donna (12% contro il 3-5% dell’uomo) e dal diverso corredo ormonale (che favorisce un maggior accumulo di massa magra nell’uomo piuttosto che nella donna). Ciò riflette – non me ne vogliano le femministe – i compiti che la natura ha inizialmente ritagliato per i due sessi fin dalla preistoria: l’uomo cacciatore doveva portare “a casa” il cibo, la donna aveva invece il compito di gestire la gravidanza. Masse magre e grasse diverse adeguate per svolgere compiti diversi.

Cos’è il grasso primario o essenziale?

Il grasso primario o essenziale rappresenta la quota di adipe contenuta nel sistema nervoso centrale, nel midollo osseo, nelle ghiandole mammarie, nei reni, nella milza ed in altri tessuti. Considerata la particolare localizzazione anatomica, il grasso essenziale possiede un ruolo fisiologico di primaria importanza, al punto da essere considerato la minima percentuale di massa grassa compatibile con uno stato di buona salute. Il grasso di deposito – che sommato a quello primario ci dà l’entità del grasso corporeo totale – è concentrato a livello sottocutaneo, toracico – addominale (viscerale), intramuscolare ed intermuscolare, con profonde differenze di localizzazione tra uomo e donna che sono assenti nell’infanzia ma che iniziano a manifestarsi dopo la pubertà:

  • Disposizione androide dell’adipe: (anche detta centrale, viscerale, tronculare o “a mela”): tipicamente maschile, si associa ad una maggiore distribuzione di tessuto adiposo nella regione addominale, toracica, dorsale e cerviconucale.
  • Disposizione ginoide dell’adipe (detta anche periferica, sottocutanea o “a pera”): tipicamente femminile, si caratterizza per una distribuzione delle masse adipose nella metà inferiore dell’addome, nelle regioni glutee ed in quelle femorali.

E’ interessante notare infine che in età adulta il tessuto adiposo viscerale risulta maggiore nell’uomo rispetto alla donna, mentre il tessuto adiposo sottocutaneo è maggiore nella donna piuttosto che nell’uomo.

Leggi anche: Il ciclo influenza le prestazioni in palestra: il periodo migliore per allenarsi e gli esercizi da fare durante le mestruazioni

Quando il grasso è troppo poco

Quando la percentuale di grasso corporeo scende fino a ridursi alla sola quota di grasso essenziale o poco più, l’organismo ne risente; si registra, ad esempio, una maggiore suscettibilità alle infezioni nell’uomo ed amenorrea, spesso accompagnata ad osteopenia, nella donna. A tale proposito leggi anche: Mancanza di ciclo mestruale da eccessivo allenamento: cause e cure

Percentuale di grasso corporeo totale per le diverse categorie di soggetti

Ovviamente la quantità di grasso considerata “normale” per un giovane atleta professionista, non è la medesima per un individuo “comune” o avanti con gli anni.

Maschi Femmine
Atleti 5.0 – 13.0 12.0 – 22.0
Persone attive 12.0 – 18.0 16.0 – 25.0
Leggero soprappeso 19.0 – 24.0 26.0 – 31.0
Obesi > 24.0 > 31.0

Per misurare la percentuale di grasso corporeo sono state sviluppate diverse metodiche, come la plicometria e la bioimpedenziometria. A tale proposito leggi anche: La dieta ti sta facendo perdere massa magra o massa grassa? Scoprilo con la bioimpedenziometria

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Quante calorie ha il pane? Bianco o integrale: per dimagrire quale scegliere?

Quante calorie hanno il pane bianco e quello integrale? Quale dei due è meno calorico?

Il pane integrale è meno calorico di quello bianco: conta infatti 225 kcal all’etto mentre una uguale quantità di pane prodotto con la farina 0 ne fornisce 275 e 100 g di pane prodotto con farina 00 ne contengono 289.

Leggi anche: Cosa succede al tuo corpo quando smetti di mangiare pasta e pane

Meglio il pane bianco o quello integrale?

Il pane è un alimento costituito da carboidrati complessi, proteine e fibre e i carboidrati presenti nel pane sono ad alto contenuto glicemico per cui sarebbe meglio consumare pane integrale e comunque in quantità limitata per non rischiare di alzare il livello della glicemia, specie se siete diabetici. Il pane “raffinato” è impoverito di minerali, di fibra e di benefiche molecole bioattive ad essa legate, come i lignani.

Diversa quantità di fibre

Il pane integrale fornisce 6,5 g di fibre ogni 100 g di pane, quello di tipo 0 ne contiene 3,8 g per 100 g e quello di tipo 00 ne apporta 3,2 g per 100 grammi.

Leggi anche: Celiachia: cos’è il glutine, in quali alimenti è contenuto ed in quali no?

Quanto pane assumere al giorno?

Sulla quantità giornaliera di pane da assumere non è possibile stabilire una quantità che valga per tutti in quanto questo dato dipende dal fabbisogno energetico giornaliero che è soggettivo. Può comunque venirvi in aiuto questa classificazione generale che comprende tre fasce:

  • Prima fascia: 1.700 calorie al giorno per i bambini oltre i sei anni, donne anziane, di piccola statura e sedentarie; tre porzioni di pane da 50 grammi l’una.
  • Seconda fascia: 2.100 calorie al giorno per adolescenti femmine, donne e uomini adulti con lavoro sedentario; quattro o cinque porzioni da 50 grammi.
  • Terza fascia: 2.600 calorie al giorno per adolescenti maschi e uomini adulti con lavoro non sedentario o che praticano una moderata attività fisica; fino a sette porzioni di pane da 50 grammi l’una.

Ovviamente, il rapporto cambia, ovvero diminuisce, se durante la giornata vengono consumate anche pizza, pasta e patate.

I consigli per scegliere il pane

Quando si acquista del pane, è bene tenere a mente questi consigli:

  • preferite sempre il pane bianco a quello integrale, per via del minore indice glicemico ed il maggior contenuto di fibre, utile per combattere problemi di stitichezza;
  • preferite forni e supermercati di comprovata fama e qualità;
  • per essere sicuri della bontà del pane che acquistate, chiedete sempre la composizione al panettiere: ci sono infatti pani ottenuti con farine provenienti dalla macinazione di tutto il chicco o altri ottenuti con farine raffinate e aggiunta di crusca, sempre ricchi di fibre;
  • fate molta attenzione alla crosta: contendo meno acqua, a parità di peso contiene più calorie della mollica.

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La radiofrequenza monopolare: effetto lifting su viso, collo, mani, addome, glutei e gambe

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA NUDA BELLA CORPO ESTETICA BELLEZZA FISICO MAGRATra le moderne tecnologie della medicina estetica, una delle più efficaci è senza dubbio la radiofrequenza (RF) monopolare. Se ne parla tantissimo ultimamente, ma in cosa consiste di preciso il trattamento con radiofrequenza monopolare? La radiofrequenza è un innovativo trattamento di medicina estetica che si basa sul principio della cessione di calore. È una procedura di rimodellamento semplice e veloce, non invasivo e indolore.

Come si svolge una seduta di radiofrequenza?

Il paziente viene fatto stendere sul lettino e viene messo in contatto con una piccola placca metallica. Successivamente sulla zona da trattare viene spalmato un apposito gel (alcuni medici usano il normale gel per ultrasuoni, io invece uso uno speciale gel con acido ialuronico che permette di ottenere risultati migliori). A quel punto, grazie all’impiego di un sofisticato macchinario (nel mio studio io uso il potentissimo DermaCode RF monopolare della XPRO engineering), con una manopola particolare vengono trasmesse particolari onde sul tessuto da trattare, facendolo scivolare – con movimenti circolari e longilinei particolari – sulla cute resa “scivolosa” dal gel all’acido ialuronico. Le onde attraversano i vari strati dell’epidermide, fino a raggiungere la fascia muscolare.

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Come agiscono queste onde?

Durante questo percorso, le onde prodotte dal macchinario incontrano delle resistenze ad attraversare i tessuti, convertite poi in energia termica, che si sviluppa in maniera tanto elevata quanto maggiore sono le onde che giungono in profondità. La radiofrequenza sfrutta infatti il principio della diatermia, cioè il riscaldamento profondo del tessuto in seguito al passaggio delle onde ad alta frequenza il cui flusso cambia verso molto rapidamente.
Il passaggio di onde determina uno spostamento di cariche elettriche (ioni) presenti nei tessuti in stato di quiete, generando vere e proprie correnti di spostamento: i tessuti offrono una naturale resistenza (impedenza) al flusso delle correnti di spostamento provocate dalla RF e quando una corrente incontra una resistenza, genera calore: maggiore è la resistenza che il tessuto oppone al passaggio di tale corrente (bioimpedenza), maggiore è il calore endogeno generato.
È proprio tale calore endogeno che porta al ringiovanimento cutaneo. La temperatura raggiunta, infatti, provoca nel derma la denaturazione del collagene, questa molecola diventa più corta e spessa, ottenendo l’effetto lifting. Il risultato, già ben visibile fin dalla prima seduta, consente il ringiovanimento cutaneo, contrastando la lassità della pelle non più giovane, in maniera non ablativa: la radiofrequenza monopolare è in definitiva uno dei migliori alleati per favorire la distensione delle rughe.

Radiofrequenza a casa

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Uno strumento per la radiofrequenza bipolare, maggiormente indicata per il viso: https://amzn.to/3I4npJv

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Effetti

I quattro effetti principali della radiofrequenza che determinano il “biolifting”, sono:

  1. Iperemia: capillarizzazione e stimolazione del microcircolo con maggior apporto di ossigeno e sostanze nutritive e conseguente aumento del metabolismo cellulare e tissutale.
  2. Idratazione: mantenimento dei livelli ottimali di acqua nei tessuti interessati. Elevata rimozione dei cataboliti e tossine dalle zone interessate.
  3. Effetto tensorio immediato: una cronica “usura” del collagene determina le prime rughe e una progressiva perdita di tonicità cutanea. L’alta temperatura che si raggiunge nel derma causa la denaturazione delle molecole di collagene provocandone un’immediata contrazione e ispessimento.  La molecola denaturata è più corta e più spessa e questo fenomeno determina un aumento della consistenza del derma e un marcato effetto tensorio immediato e percepibile sia ispettivamente (a vista) che palpatoriamente (al tatto). Se si utilizzano apparecchiature e pratiche poco serie, questo turgore viene in realtà prodotto attraverso un edema, un risultato all’apparenza apprezzabile ma decisamente scorretto da un punto di vista medico, soprattutto se ripetuto nel lungo periodo (sovrapproduzione di collagene fibrotico di tipo 3).
  4. Formazione di nuovo collagene: l’aumento della temperatura incrementa l’attività cellulare dei fibroblasti del derma, con conseguente stimolazione della sintesi proteica (Acido Ialuronico, Collagene, Elastina). A distanza di tempo si assisterà ad un ulteriore aumento della compattezza cutanea, grazie al contributo del nuovo collagene e ad una maggiore elasticità dei tessuti dovute a nuova elastina.

Radiofrequenza per i dolori cronici

Anche se la radiofrequenza monopolare viene usata principalmente in medicina estetica, uno dei suoi possibili usi è la riabilitazione in caso di dolori articolari e di radicolopatie. Alcune sedute di radiofrequenza possono infatti diminuire il dolore cronico alle articolazioni ed alla schiena, soprattutto se al gel di conduzione viene mescolata una sostanza ad azione antinfiammatoria, come una crema gel all’arnica.

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Il trattamento è doloroso?

Assolutamente no: con un bravo operatore si avverte solo una sensazione di calore sulla cute che, unita al massaggio del manipolo, per alcuni pazienti è addirittura piacevole e rilassante! Finito il trattamento potrete tornare subito alle vostre attività quotidiane. Potete fare un trattamento nella pausa pranzo e tornare in ufficio subito dopo come se nulla fosse ma con una pelle compatta, tonica e vitale.

Il risultato è immediato? Quanto dura?

In parte. Come dicevo prima il risultato è fin da subito visibile grazie alla denaturazione del collagene, ma il risultato diventerà ancora più evidente a distanza di alcuni giorni dal trattamento. La radiofrequenza spinge infatti i fibroblasti a produrre nuovo collagene e ciò determina un effetto progressivamente migliore. A livello visivo si ottiene in definitiva il rimodellamento della zona trattata, a livello palpatorio un ispessimento ed un aumento di consistenza ed elasticità della pelle, che appare notevolmente più compatta e vitale. Le smagliature di recente formazione tendono a scomparire, mentre le rughe più “anziane” appaiono meno intense. Le rughe sono immediatamente distese e molto meno visibili. Il “doppio mento” e le “braccia a tendina” diminuiscono di intensità e le mammelle sono più toniche al tatto ed alla vista. La radiofrequenza esplica un’azione a lungo termine che si mantiene per almeno sei mesi dall’inizio del trattamento.

Quali parti del corpo possono essere trattate?

La radiofrequenza dà ottimi risultati nel trattamento delle rughe che si formano intorno agli occhi, sulla fronte, tra le sopracciglia, attorno alla bocca, sul collo (collare di Venere) e sul décolleté. È possibile anche intervenire sul sottomento, migliorando la sua tonicità ed elasticità, e sulle occhiaie. Ho trattato pazienti con cute del viso estremamente rilassata ed il risultato è stato un bellissimo lifting globale ed un compattamento della pelle. Altre parti trattate spesso sono il dorso delle mani, i gomiti e le mammelle.

Ha effetto su pancia e gambe?

Effetti importanti si ottengono nei confronti delle smagliature e del rilassamento cutaneo di tutto il corpo: rassodamento delle braccia, interno cosce, glutei e addome. Utilissimo, se usato da mani esperte, anche per contrastare borse ed occhiaie. È efficace inoltre come terapia di mantenimento dei risultati raggiunti dopo un lifting chirurgico o una blefaroplastica.

Si può usare per combattere l’acne?

Sicuramente è un buon deterrente. La motivazione è nell’effetto regolarizzante del sebo sulle ghiandole che favorisce il trattamento di radiofrequenza sull’acne in fase attiva, con un conseguente miglioramento dell´inestetismo e delle eventuali cicatrici.

Si possono trattare pazienti con la couperose?

Si, prestando particolare attenzione. La couperose è caratterizzata da una sensibilità accentuata della cute e da un particolare stato del microcircolo. L’utilizzo della radiofrequenza con la combinazione di un mio specifico prodotto lenitivo ed utilizzando una potenza ridotta (max 15%) permettono di ottenere un effetto assolutamente positivo fin dal primo trattamento. Con il susseguirsi delle sedute si osserva un miglioramento che diventa sempre più stabile.

Si possono trattare pazienti che si sono sottoposte ad un filler?

Assolutamente si, anzi l’utilizzo combinato di radiofrequenza e filler risulta particolarmente efficace per un risultato finale complessivamente ottimale: recupero di tonicità, compattezza e luminosità della pelle e “spianamento” delle rughe.
La cosa fondamentale è la sequenza: prima si devono effettuare 4 o 5 trattamenti di Radiofrequenza e successivamente procedere all’infiltrazione con il filler;  la pelle in questo modo risulterà più idratata, più luminosa e “preparata” alla metabolizzaione del riempitivo del filler.
Nel caso il/la paziente si siano già sottoposti ad un trattamento con filler, è opportuno attendere almeno due mesi prima di procedere con un trattamento di Radiofrequenza: l’acido ialuronico ad esempio, è uno zucchero che trattiene acqua e si scioglierebbe con il calore endogeno indotto dalla radiofrequenza.

La radiofrequenza può ridurre il dolore muscolare ed articolare?

Come già detto precedentemente, la risposta è si! La radiofrequenza è davvero un sistema formidabile per combattere alcuni tipi di dolore. Io la uso in associazione ad alcuni prodotti antiinfiammatori applicati direttamente sulla parte dolorante. Il calore prodotto dalla radiofrequenza ha potenti effetti antalgici, potenziati dal maggior assorbimento di antiinfiammatorio dovuto alla vasodilatazione da calore: i risultati sono eccezionali su dolori come il torcicollo, su quello articolare e su quello muscolare. Zone che beneficiano moltissimo di questo trattamento sono la schiena (soprattutto la zona lombare), la spalla e gli arti inferiori. La radiofrequenza monopolare, in associazione ad alcuni prodotti antiinfiammatori applicati direttamente sulla parte dolorante, è ottima anche per diminuire l’indolenzimento muscolare che interviene tipicamente dopo un allenamento (DOMS). Per approfondire: Dolore muscolare il giorno dopo l’allenamento: cause, cure e prevenzione

Radiofrequenza sul pene

La radiofrequenza monopolare viene usata – con opportuna potenza – sui genitali maschili con vari scopi. Per prima cosa tende la pelle del pene, quindi attenua le rughe e gli dona un aspetto più giovane e vitale. Non solo: dal momento che la radiofrequenza induce di un riscaldamento endogeno dei corpi cavernosi, ossigena l’organo e previene la fibrosi, quindi può essere utile nella malattia di Peyronie. La radiofrequenza, inducendo vasodilatazione locale, può essere inoltre un’alleato contro la disfuzione erettile (quella che una volta veniva chiamata impotenza). Ha anche un potere antalgico, quindi è capace di ridurre i dolori cronici a livello penieno e viene usata per contrastare la sindrome da dolore pelvico cronico. Dal momento che la spermatogenesi (la creazione di nuovi spermatozoi) che avviene a livello dei testicoli, viene influenzata negativamente dal calore, la radiofrequenza dovrebbe essere evitata sullo scroto, soprattutto se in presenza di varicocele.

Radiofrequenza dal medico o dall’estetista?

La radiofrequenza è uno strumento innocuo, ma solo se usato da mani capaci! Nel caso opposto si possono verificare dei danni ai tessuti. Proprio per questo motivo il Ministero della Salute ha vietato per legge alle estetiste di effettuare trattamenti di radiofrequenza ad alta potenza (oltre i 50 W e frequenza di uscita a 0,3 MHz), permettendo loro solo l’uso di strumenti a bassa potenza (massimo 50 W e 0,4 MHz). Tali strumenti a bassa potenza, usati dalle estetiste, non procurano danni ai tessuti ma di contro hanno un effetto veramente lieve: i risultati saranno minimi o addirittura assenti! Lo strumento più potente, che per legge può usare solo il medico, può potenzialmente procurare più danno – se usato male – ma è anche quello che permette risultati estetici realmente visibili e duraturi. Ora voi che leggete siete liberissimi di fare un trattamento di radiofrequenza monopolare dall’estetista pagandolo magari venti o trenta euro in meno rispetto a quello fatto dal medico, però poi non aspettatevi gli stessi risultati. Inoltre, se vedete una estetista che usa illegalmente su di voi uno strumento che solo un medico può usare, sappiate che non sta “solamente” compiendo un reato grave (esercizio abusivo della professione medica), ma anche che con quello strumento rischia di procurare dei danni alla vostra salute! A voi la scelta.

La legge a cui faccio riferimento è il D.M. 12 maggio 2011, n. 110, Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2011.

Leggi il PDF: DECRETO 12 maggio 2011 , n. 110

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Quanti trattamenti devo fare per un protocollo antiage?

Premesso che trattandosi di un’apparecchiatura medicale  la valutazione del numero di trattamenti necessari e di altri parametri di utilizzo vanno valutati dal medico in funzione dello stato di salute del paziente e della sua reazione al trattamento, di solito suggerisco un protocollo medio di 10-12 sedute che statisticamente portano al risultato desiderato su pazienti che rientrano in un range di età tra i 25 e i 75 anni.

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Quanto tempo deve trascorrere tra un trattamento e l’altro?

Nel periodo iniziale consiglio una o due sedute a settimana, successivamente il tempo tra una seduta e l’altra arriva fino a 2 settimane o un mese nelle fasi finali del trattamento: questo perché in base a numerosi studi come ad esempio quello di Zelickson et al. del 2004, la produzione di nuovo collagene di tipo 1 aumenta progressivamente subito dopo il trattamento e il tempo tra una seduta e la successiva permette di mantenere costante ed elevata la produzione di questa molecola.
In particolari situazioni, su pelli affaticate e segnate, si può anche procedere con una strategia di “attacco” che comprende fino a 3 sedute settimanali, per poi passare ad un intervallo di due settimane per i trattamenti successivi. Ad ogni modo tutto deve essere valutato in base al paziente e alla situazione di partenza, quindi i dati che vi ho appena fornito sono del tutto indicativi.

Quanto costa un trattamento?

Il prezzo varia in funzione della zona da trattare, della situazione iniziale, della durata del trattamento e molti altri fattori. Mediamente un trattamento viso costa circa dagli 80 ai 120 euro a seduta, ma sono previsti degli sconti se si associano altri trattamenti.

Quali sono i vantaggi – in sintesi – della radiofrequenza?

1) Effetto lifting naturale e duraturo: il risultato finale é una ridefinizione dei lineamenti e un recupero del tono dei tessuti assolutamente naturale, senza stravolgimenti “artificiali” dei connotati del volto;
2) Trattamento non invasivo: piacevole, con una sensazione di calore simile a tepore;
3) Sicuro: senza reazioni indesiderate di tipo allergologico, senza incompatibilità di tipo farmacologico, senza possibili complicazioni come infezioni, cicatrici, ematomi;
4) Tempi di trattamento assolutamente brevi;
5) Indipendente dal fototipo e applicabile tutto l’arco dell’anno;
6) Non comporta tempi di recupero post trattamento: potete fare il trattamento perfino nella pausa pranzo per poi tornare a lavoro senza alcun problema;
7) Trattamento assolutamente indolore.

Quali sono le controindicazioni della Radiofrequenza?

La Radiofrequenza è fondamentalmente priva di controindicazioni per soggeti sani; va evitata nei seguenti casi:
1) Portatori di pacemaker
2) Aritmie cardiache gravi
3) Gravidanza/allattamento
4) Neoplasie in atto
5) Patologie autoimmuni sistemiche gravi
6) Placca metallica in situ

Quali sono gli effetti collaterali della Radiofrequenza?

Utilizzando correttamente la terapia, gli effetti indesiderati sono pochi e lievi: leggero rossore e sensazione di calore temporanei sono effetti assolutamente normali. In rari casi, possono verificarsi affezioni cutanee o leggeri gonfiori che, manifestandosi con eritema, scompaiono comunque nel giro di 2-3 ore successive la terapia.

Consigli dopo il trattamento di Radiofrequenza?

Suggerisco di non esporsi a fonti solari, artificiali o naturali: è preferibile aspettare qualche giorno.

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Fa più ingrassare la pasta o il riso? Quale scegliere per dimagrire?

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Le frecce indicano il valore che risulta più elevato nel confronto

Tra pasta e riso, qual è quello con le migliori caratteristiche nutrizionali e con meno calorie? Quale scegliere per la nostra dieta, per dimagrire senza rinunciare al gusto?

La pasta ha più calorie del riso

La prima considerazione che va fatta è che la pasta ha un contenuto calorico leggermente superiore rispetto al riso, è più ricca di lipidi, proteine e fibre mentre è più povera di acqua e carboidrati, come possiamo notare osservando la tabella comparativa qui in basso. Il riso, pur avendo un contenuto proteico inferiore alla pasta, ha un indice chimico superiore che lo rende sotto questo punto di vista equivalente, se non addirittura superiore alla pasta. L’indice chimico è un valore che si ricava dal rapporto tra la quantità di un dato aminoacido in un grammo della proteina in esame e la quantità dello stesso aminoacido in un grammo della proteina di riferimento biologica (dell’uovo). Più è alto questo indice e maggiore sarà la percentuale di aminoacidi essenziali.

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Il riso è più digeribile della pasta

Il riso è anche più digeribile poiché l’amido di riso è composto da granuli di dimensioni inferiori ed è povero di amilosio (necessita solamente di 1 o 2 ore di attività gastrica contro le 3 o 4 ore della pasta). Il suo peso aumenta notevolmente durante la cottura, basti pensare che da 1 etto di riso crudo si ottengono circa 320 grammi di riso cotto. Per questo motivo ha un indice di sazietà superiore alla pasta.

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Usato dai celiaci

Il riso parboiled così come quello integrale, conserva intatte gran parte delle vitamine contenute nel chicco. Infine può essere utilizzato anche dai celiaci, poiché contiene poca prolammina, una sostanza che partecipa alla formazione del glutine.
Insomma, sebbene i due alimenti siano simili dal punto di vista nutrizionale, il riso vanta alcune caratteristiche che lo rendono, anche se di poco, migliore e più leggero della pasta. A me piacciono tantissimo entrambi, e voi quale preferite?

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