
Le vertigini sono uno dei possibili sintomi del disturbo di conversione
Con “disturbo di conversione” o “isteria di conversione” o “disturbo da sintomi neurologici funzionali” o “nevrosi isterica, tipo di conversione“, precedentemente noto con “isteria” (in inglese “conversion disorder” da cui l’acronimo “CD”, o “functional neurologic symptom disorder”) in medicina e psicologia si indica un tipo specifico di disturbo somatoforme che consiste nella presenza di sintomi fisici causati da un conflitto psichico o emozionale che sono inconsciamente convertiti dal paziente in sintomi con caratteristiche simili a quelle di una patologia neurologica, come ad esempio cecità, paralisi o convulsioni. In parole semplici: il paziente ha un disagio psichico che “somatizza”, cioè trasforma in sintomi apparentemente di natura organica relativi al sistema nervoso, col risultato della perdita di funzioni motorie e/o sensitive. Il disturbo di conversione è stato oggetto di studi da diversi ricercatori, tra cui Pierre Janet, Jean-Martin Charcot e Sigmund Freud. Il disturbo di conversione può essere molto difficile da diagnosticare poiché, simulando una malattia neurologica, si viene a creare la situazione in cui alcuni disturbi di conversione vengono erroneamente diagnosticati come malattia neurologica ed alcune malattie neurologiche sono erroneamente interpretate come disturbo da conversione. Il medico non deve inoltre mai dimenticare che i sintomi possono essere realmente provati del paziente, ma in alcuni casi quest’ultimo può fingere di provarli.
ICD-10, DSM-IV e DSM-5
L’ICD-10 classifica il disturbo di conversione come un disturbo dissociativo mentre il DSM-IV lo classificava come un disturbo somatoforme. Il disturbo di conversione è stato mantenuto nel DSM-5 come disturbo dei sintomi neurologici funzionali.
Epidemiologia
Il disturbo di conversione colpisce prevalentemente le donne ed è molto raro negli uomini. Il disturbo di conversione può presentarsi a qualsiasi età, ma è raro nei bambini di età inferiore ai 10 anni o negli anziani. Gli studi suggeriscono un picco di insorgenza tra la metà e la fine della terza decade. Generalmente il disturbo di conversione interessa quindi donne in giovane età, al di sotto dei 35 anni. Il disturbo di conversione colpisce tra lo 0,011% e lo 0,5% della popolazione generale. Molti Autori hanno riscontrato che il verificarsi di conversioni è più frequente nelle zone rurali, gruppi socio-economici inferiori, dove l’indagine tecnologica sui pazienti è limitata e gli individui possono essere meno informati sui concetti medici e psicologici.
Cause e fattori di rischio
Le cause del disturbo di conversione non sono state ancora del tutto chiarite. In genere l’esordio è acuto o sub-acuto ed è collegato ad uno stress mentale intenso o ad un evento a forte intensità emotiva, ad esempio un trauma psicologico. Eventi precipitanti possono essere:
- stress intenso e prolungato;
- licenziamento;
- fine di una relazione;
- disoccupazione;
- problemi economici (ad esempio debiti);
- mancato raggiungimento di traguardi (ad esempio obiettivi professionali o nello studio);
- burnout;
- litigi dei genitori;
- conflitti con i genitori;
- figlio o genitore con disabilità;
- sindrome da abbandono;
- episodi di bullismo;
- sindrome del cuore infranto;
- episodi di mobbing;
- minority stress;
- solitudine;
- morte di un animale di compagnia.
- diagnosi di una malattia terminale (ad esempio cancro metastizzato) o fortemente debilitante (ad esempio sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, diplegia, tetraplegia);
- morte di una persona cara.
Possibili fattori di rischio (predisponenti), possono essere:
- sesso femminile;
- giovane età (< 35 anni);
- maltrattamenti ed abusi, specie se subiti da bambini;
- famigliari con disturbo di conversione (in genere la madre);
- precarietà sul lavoro;
- precarietà nella vita affettiva;
- basse condizioni socio-economiche.
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Sintomi e segni
Il disturbo di conversione è caratterizzato da vari sintomi, soprattutto neurologici e relativi al comparto motorio e/o sensitivo. I sintomi del disturbo di conversione di solito si verificano all’improvviso, ma possono anche avere una andamento progressivo o altalenante. Il disturbo di conversione si presenta in forme cliniche numerose e polimorfe, potendo “imitare” tutte le malattie. I sintomi si distinguono in:
- sintomi somatici: esprimono l’alterata funzionalità del sistema nervoso, quali ad esempio gastriti, coliti, paralisi e dispepsia;
- sintomi psichici: si differenziano in:
- sintomi psichici transitori:
- fenomeni amnestici;
- stati di eccitamento psicomotorio;
- stati acinetici;
- stati di depressione;
- sintomi psichici permanenti se non curati con psicoterapia:
- suggestionabilità;
- compromissione della vita sessuale;
- infantilismo;
- immaturità emotivo-affettiva.
- sintomi psichici transitori:
I sintomi e segni motori del disturbo di conversione, includono:
- alterazioni della coordinazione e dell’equilibrio;
- paralisi localizzate (ad esempio solo agli arti inferiori) o dell’intero corpo;
- perdita della voce (afonia isterica);
- disfagia (difficoltà nel deglutire);
- sensazione di “nodo alla gola”;
- convulsioni;
- tremori;
- difficoltà nella coordinazione dei movimenti (ad esempio camminare);
- difficoltà nel mantenere la posizione eretta;
- ritenzione o incontinenza urinaria;
- crisi psicogene non epilettiche;
- distonia persistente;
- perdita di coscienza (svenimento).
I sintomi e segni sensitivi del disturbo di conversione, includono:
- perdita della sensibilità tattile
- perdita della sensibilità dolorifica;
- dolori di varia natura (all’addome, al torace, ai muscoli, alle articolazioni…);
- vertigini;
- intorpidimento;
- allucinazioni visive e/o uditive;
- visione doppia (diplopia isterica);
- perdita della vista (cecità isterica);
- perdita dell’udito (sordità isterica).
Nel disturbo di conversione si può verificare la cosiddetta “gravidanza isterica” (pseudociesi o falsa gravidanza) ed anche l’amnesia isterica. E’ interessante notare come – secondo alcuni ricercatori – i sintomi di presentazione tendono a riflettere la comprensione dell’anatomia/fisiologia del paziente quindi meno conoscenze mediche ha una persona, più implausibili sono i sintomi di presentazione, arrivando a situazioni paradossali in cui – ad esempio – una donna può riferire di avere “dolore alla prostata”. Tuttavia, non sono stati ancora effettuati studi sistematici per confermare questa correlazione tra conoscenze mediche del paziente ed implausibilità dei sintomi riportati.
Diagnosi
Il disturbo di conversione è difficile da diagnosticare, poiché può compromettere il funzionamento di un organo, come nella cecità isterica, o portare alla paralisi, senza che possa essere accertata alcuna patologia con le metodiche di indagine strumentale come radiografie, TC o risonanze magnetiche. In alcuni casi il disturbo di conversione viene diagnosticato per errore, ad esempio perché il medico neurologo non si è accorto dell’esistenza di una certa patologia nervosa che giustificasse i sintomi: è interessante notare che in una certa percentuale di casi, quello che inizialmente viene interpretato come disturbo di conversione si rileva poi – con analisi più approfondite – una malattia neurologica organica: nel 50% dei casi in un follow-up di 7-11 anni (Slater e Glithero, 1965); 21% (Gatfield e Guze, 1962); 15% (Mace e Trimble, 1996).
Criteri diagnostici
I criteri diagnostici per il disturbo da sintomi neurologici funzionali, come stabilito nel DSM-5, sono:
- Il paziente ha almeno un sintomo di funzione motoria o sensoriale volontaria alterata.
- I risultati clinici forniscono prove di incompatibilità tra il sintomo e condizioni neurologiche o mediche riconosciute.
- Il sintomo o il deficit non è altrimenti spiegato da un altro disturbo medico (organico) o mentale.
- Il sintomo o il deficit causa disagio clinicamente significativo o compromissione nel funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti o richiede una valutazione medica.
Il medico deve specificare il tipo di sintomo o deficit:
- Con debolezza o paralisi.
- Con movimenti anormali (ad esempio tremore, movimento distonico, mioclono, disturbi dell’andatura…).
- Con sintomi di deglutizione.
- Con sintomi del linguaggio (ad esempio disfonia o linguaggio confuso).
- Con attacchi o convulsioni.
- Con amnesia o perdita di memoria.
- Con particolari sintomi di perdita sensoriale (ad esempio cecità visiva, perdita olfattiva o disturbi dell’udito).
- Con sintomi misti.
Il medico deve specificare se:
- l’episodio è acuto (i sintomi presenti da meno di sei mesi);
- il disturbo è cronico (i sintomi sono presenti da sei mesi o più).
Il medico deve specificare se:
- il paziente presenta un fattore di stress psicologico (disturbo di conversione);
- il paziente non presenta fattore di stress psicologico (disturbo dei sintomi neurologici funzionali).
Esclusione di malattie neurologiche
Il disturbo di conversione si presenta con sintomi che tipicamente somigliano a quelli tipici di un disturbo neurologico come ad esempio ictus cerebrale, sclerosi multipla, epilessia o paralisi periodica ipokaliemica. Il neurologo deve quindi escludere accuratamente la malattia neurologica, attraverso esami e indagini appropriate, tenendo presente che:
- alcuni disturbi di conversione vengono erroneamente diagnosticati come malattia neurologica, ad esempio per scarsa esperienza del medico;
- alcune malattie neurologiche sono erroneamente interpretate come disturbo di conversione, ad esempio per errata interpretazione delle indagini diagnostiche;
- i sintomi possono essere realmente provati dal paziente, ma in alcuni casi quest’ultimo può non averli realmente e semplicemente fingere di provarli;
- non è raro che i pazienti con malattia neurologica abbiano contemporaneamente anche un disturbo di conversione;
- il trauma psichico che ha scatenano il disturbo di conversione viene spesso “dimenticato” dal paziente durante l’anamnesi.
Tutto ciò rende la diagnosi di un disturbo di conversione spesso molto laboriosa. Nell’escludere la malattia neurologica, si è tradizionalmente fatto affidamento in parte sulla presenza di segni positivi di disturbo di conversione, ovvero alcuni aspetti della presentazione che si pensava fossero rari nelle malattie neurologiche ma comuni nella conversione. La validità di molti di questi segni è stata tuttavia messa in dubbio da uno studio che ha dimostrato che tali presunti “rari” sintomi, non sono in realtà così rari e si verificano anche nelle malattie neurologiche. Uno di questi sintomi, per esempio, è “la belle indifférence“, descritta nel DSM-IV come “una relativa mancanza di preoccupazione per la natura o le implicazioni dei sintomi”. In uno studio successivo, non è stata trovata alcuna prova che i pazienti con sintomi funzionali abbiano maggiori probabilità di manifestare questo rispetto ai pazienti con una malattia organica confermata. Nel DSM-5 la belle indifferenze è stata quindi rimossa come criterio diagnostico. Un’altra caratteristica ritenuta importante era che i sintomi tendevano ad essere più gravi sul lato non dominante (di solito sinistro) del corpo. Ci sono state numerose teorie a riguardo, come il coinvolgimento relativo degli emisferi cerebrali nell’elaborazione emotiva, o più semplicemente, che era “più facile” convivere con un deficit funzionale sul lato non dominante, tuttavia, una revisione della letteratura di 121 studi ha stabilito che questo non era vero. Sebbene inoltre l’agitazione sia spesso considerata un segno positivo del disturbo di conversione, il rilascio di adrenalina è una causa ben dimostrata di paralisi da paralisi periodica ipokaliemica. A volte si verificano diagnosi errate. In uno studio molto influente degli anni ’60, Eliot Slater ha dimostrato che si erano verificate diagnosi errate in un terzo dei suoi 112 pazienti con disturbo di conversione, tuttavia, autori successivi hanno sostenuto che il documento fosse difettoso e una meta-analisi ha dimostrato che i tassi di diagnosi errate da quando è stato pubblicato il documento sono circa il quattro per cento, lo stesso di altre malattie neurologiche.
Esclusione della finzione
Il disturbo di conversione è l’unico nell’ICD-10 a richiedere esplicitamente l’esclusione della finzione del paziente: va infatti ricordato ancora una volta che quest’ultimo può deliberatamente fingere una serie virtualmente illimitato di sintomi, come ad esempio avviene nella sindrome di Münchhausen. Uno studio di neuroimaging ha suggerito che la finzione può essere distinta dalla conversione dal modello di attivazione del lobo frontale, tuttavia questo non può essere intesa come una tecnica diagnostica, quindi – sfortunatamente – la finzione è dimostrabile solo quando il paziente confessa o viene “colto in flagrante” in un inganno più ampio, come una falsa identità. I veri tassi di finzione in medicina rimangono sconosciuti, tuttavia si ritiene che il fingere specificatamente un disturbo di conversione sia statisticamente poco probabile.
Terapia
Avendo il disturbo di conversione cause psicologiche, l’uso di farmaci che intervengono a livello fisico (ad esempio antinfiammatori per il dolore) in genere o non risolvono il problema o lo risolvono solo temporaneamente agendo come placebo. Il trattamento quindi consigliato non è quello farmacologico, bensì quello psicoterapico che ha l’obiettivo di risolvere a monte il disagio psicologico: curato quest’ultimo, i sintomi fisici tendono a diminuire ed a sparire del tutto, anche se sono frequenti le ricadute. Sono disponibili numerosi trattamenti diversi per trattare e gestire la sindrome di conversione. I trattamenti per la sindrome di conversione includono principalmente ipnosi, psicoterapia, narcoanalisi, terapia fisica/occupazionale, gestione dello stress e stimolazione magnetica transcranica.
Psicoterapia
La terapia cognitivo-comportamentale ha un approccio molto utile in quanto non lavora solamente sulla psicologia della persona isterica, ma insegna a mettersi alla prova nelle situazioni che causano ansia, fobia e conflitto emotivo. L’obiettivo della terapia cognitivo-comportamentale consiste nell’indebolire i legami tra gli stimoli e la percezione dei disturbi isterici. Ciò consente di prendere consapevolezza con i propri conflitti interiori e di imparare a gestire il problema.
Ipnosi e narcoanalisi
L’ipnosi è una tecnica che agisce sulla dimensione fisica e psicologica del paziente; durante una seduta, il professionista della salute può aiutare il soggetto a sperimentare dei cambiamenti nelle sensazioni, nelle percezioni o nel comportamento, che lo aiutino a controllare l’influenza dello stress e dello stato mentale sulle proprie funzioni corporee. L’ipnosi diventa un mezzo per risolvere una situazione psichica che causa una difficoltà non risolvibile con la sola forza di volontà.
La narcoanalisi è una procedura che differisce dall’ipnosi per la somministrazione di un sedativo, in grado di indurre nel paziente uno stato di dormiveglia.
Farmaci
I piani di trattamento prenderanno in considerazione la durata e la presentazione dei sintomi e possono includere uno o più dei trattamenti di cui sopra, oltre al trattamento della depressione o dell’ansia in comorbidità, se presenti, grazie alla terapia farmacologica con ansiolitici, antidepressivi e/o neurolettici.
Prognosi
Studi empirici hanno scoperto che la prognosi per il disturbo di conversione varia ampiamente, con alcuni casi che si risolvono in settimane e altri che perdurano per anni, decenni o per tutta la vita. Ci sono anche prove che non esiste una cura definitiva per il disturbo di conversione e che sebbene i pazienti possano andare in remissione, possono ricadere in qualsiasi momento soprattutto se nuovamente sottoposti ad eventi stressanti.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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