Le 20 curiosità che ancora non conosci su RoboCop

MEDICINA ONLINE RoboCop is a 1987 American cyberpunk science superhero action film directed Paul Verhoeven and written by Edward Neumeier and Michael Miner stars Peter Weller, Nancy Allen WALLPAPER HD CINEMA MOVIEQuanto conoscete il film RoboCop – Il futuro della legge? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film del 1987. Cominciamo il conto alla rovescia!

20 – L’idea di RoboCop nasce in Edward Neumeier (poi co-sceneggiatore della pellicola assieme a Michael Miner) dopo aver visto una locandina di Blade Runner. Non sapendone nulla, Neumeier chiese a un amico di cosa parlasse quel film: sentendo del poliziotto umano che dà la caccia agli androidi, immaginò la storia inversa, cioè quella di un uomo per metà robot che dà la caccia a dei criminali umani. Una volta steso il soggetto assieme a Miner, i due volevano proporlo a vari studi di Hollywood, presentandolo come un film su “un Ranger Solitario in un futuro dominato dalle corporation”: un uomo di legge creduto morto che torna in azione mascherato. Ma a creare l’occasione giusta pensò il caso, sotto forma di un ritardo aereo: bloccati in un terminal per diverse ore in attesa di un volo, Neumeier e socio ebbero modo di conoscere un produttore importante, intrigato da questa storia del robopoliziotto…

19 – La musica che venne usata per il trailer cinematografico di RoboCop era quella di Terminator: entrambi i film erano prodotti dalla Orion, e in fase di pre-produzione si pensò di far interpretare RoboCop ad Arnold Schwarzenegger. Il problema? La stazza di Schwarzy non era esattamente facile da infilare in una corazza: secondo i produttori avrebbe fatto sembrare il protagonista l’Omino Michelin. Furono presi in considerazione Michael Ironside e Rutger Hauer (richiesto espressamente dal regista, Paul Verhoeven, che aveva già lavorato con lui), ma non erano abbastanza smilzi. Alla fine si scelse Peter Weller perché dalla corporatura più esile e, secondo Verhoeven, dotato della parte inferiore del volto giusta. Tradotto: a Verhoeven piacevano le labbra di Weller.

18 – La scelta del regista fu molto più complicata. La Orion offrì il film praticamente a chiunque: a Jonathan Kaplan (che preferì occuparsi di Project X – Fuga dal futuro con Matthew Broderick), a David Cronenberg (che avrebbe poi diretto Peter Weller ne Il pasto nudo), ad Alex Cox. Alla fine dell’agendina telefonica arrivarono alla V di Verhoeven, regista già di diverse pellicole famose nella nativa Olanda (come Fiore di Carne con Rutger Hauer) e alle prime esperienze a Hollywood (L’amore e il sangue, sempre con Rutger Hauer). Il regista lesse le prime pagine dello script e lo gettò via, ma la moglie andò a ripescarlo dal cestino, lo lesse tutto e fece capire a Verhoeven che la storia non era affatto banale come poteva sembrare. RoboCop inaugurò cinque pellicole dirette da Paul Verhoeven destinate a precipitare con i rispettivi seguiti, non diretti da Verhoeven: l’insulso RoboCop 2L’uomo senza ombra 2 (direct to video del 2006), il flop supersonico Basic Instinct II e Starship Troopers II (direct to video del 2004).

17 – Per interpretare l’agente Anne Lewis, la collega di RoboCop, era stata scelta Stephanie Zimbalist, all’epoca famosa per la serie Mai dire sì. Il telefilm era terminato e la Zimbalist era contrattualmente libera di accettare altri ruoli, ma poi la NBC ci ripensò, decise di girarne altri episodi e l’attrice dovette mollare. Fu allora chiamata Nancy Allen, ma Verhoeven non era contento dei suoi capelli e chiese di farglieli tagliare per darle un look mascolino. Non gli bastava, e glieli fece tagliare ancora più corti. Per quanto riguarda i due cattivi del film, il regista volle mischiare le carte: Kurtwood Smith (il boss Clarence Boddicker) e Ronny Cox (Dick Jones, vicepresidente della OCP) vennero scelti proprio perché non abituati a ruoli del genere. Cox era stato spesso un ufficiale nei suoi film precedenti (colonnello in Taps squilli di rivolta o tenente della polizia in Beverly Hills Cop – Un piedipiatti a Beverly Hills, ad esempio). Per quanto riguarda Kurtwood Smith, Verhoeven gli fece indossare quegli occhiali con montatura a giorno perché così gli ricordava il nazista Heinrich Himmler. Bob Morton, invece, era stato pensato come il tipico dirigente insopportabile, ma lo sceneggiatore Edward Neumeier e Paul Verhoeven si resero conto che grazie all’interpretazione di Miguel Ferrer il personaggio sarebbe venuto fuori un po’ più piacevole, e perciò decisero di smussarne un pelo il carattere. Miguel Ferrer è il cugino di un noto attore hollywoodiano.

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16 – La corazza di Robocop è stata progettata da Rob Bottin (esperto di effetti speciali che aveva già lavorato in Guerre Stellari e La Cosa). Al risultato finale si è arrivati dopo aver scartato per mesi un’infinità di proposte e bozzetti ed esser tornati grossomodo a una delle prime idee, quella cioè di una corazza ispirata al protagonista del manga/anime 8 Man (uno dei primi cyborg nel mondo dell’entertainment) e a quello di Space Sheriff Gavan (il primo metal hero della Toei). Il ritardo del team divenne a un certo punto tale che la consegna del costume avvenne due settimane dopo il previsto, a riprese già iniziate, lo stesso giorno in cui si doveva girare la prima scena con RoboCop. Bottin e i suoi assistenti impiegarono UNDICI ORE per far entrare Peter Weller nel costume e solo a quel punto l’attore si accorse che tutta la mimica studiata con Moni Yakim per il personaggio era inutile: i movimenti con il costume addosso erano talmente limitati che toccava ripartire da zero. Stop alle riprese. La corazza avrebbe dovuto avere un colore più brillante, ma si pensò che una tinta più prossima al grigio le avrebbe conferito un look metallico e avrebbe limitato i riflessi. Le sette tute realizzate in totale da Bottin ed i suoi costarono alla produzione una somma prossima al milione di dollari. Verhoeven e Bottin litigarono durante la produzione del film, soprattutto per la scena in cui Alex Murphy si svita il casco: Bottin voleva un ambiente quasi buio per evitare che si vedesse il trucco sul volto di Weller, mentre il regista voleva che la scena fosse illuminata il più possibile ed era convinto che avrebbe pensato a tutto il direttore della fotografia. La spuntò ovviamente Verhoeven, e i due smisero di parlarsi… fino alla prima di RoboCop. Contenti per il risultato, tornarono amicici e Verhoeven volle Bottin con sé per Atto di forza, film con cui Bottin vinse un Oscar.

15 – Il costume di RoboCop era talmente pesante e faceva sudare a tal punto che Peter Weller perse quasi un chilo e mezzo di liquidi al giorno. Weller aveva studiato la parte indossando un costume imbottito, ma quando (in ritardo, come visto) arrivò quello vero, scoprì che era difficile muoversi dopo averlo indossato quando fuori c’erano 38° C. Prima si provò a rinfrescare l’attore tra una ripresa e l’altra (il suo assistente personale, Todd Trotter, gli stava vicino munito di ventilatori) ed a piazzarlo sotto l’aria condizionata, ma alla fine si decise di munire il costume di una ventola. All’inizio delle riprese, Peter Weller decise di restare nel personaggio tra una scena e l’altra, rispondendo alle indicazioni del regista solo se lo chiamava “Robo”. Ma dopo qualche giorno Verhoeven iniziò a ridergli in faccia e gli chiese di lasciar perdere.

14 – Ben sei tra i protagonisti di RoboCop sono apparsi in film o telefilm di Star Trek: Peter Weller in Enterprise, Ronny Cox (Dick Jones) in Star Trek: The Next Generation, Kurtwood Smith (Clarence Boddicker) in Rotta verso l’ignoto, Star Trek: Deep Space Nine e Star Trek: Voyager, Ray Wise (Leon Nash) in Star Trek: The Next GenerationStar Trek: Voyager, Miguel Ferrer (Bob Morton) in Star Trek III – Alla ricerca di Spock, Robert DoQui (sergente Warren Reed), infine, era Doggra in Star Trek: Deep Space Nine. Circa 20 anni dopo, inoltre, Peter Weller, Paul McCrane (Emil Antonowsky) e Ray Weiss sarebbero apparsi in una stessa puntata della serie 24. Oltre a fare l’attore, Peter Weller tiene oggi occasionalmente delle lezioni alla Syracuse University sulla materia in cui si è laureato e ha conseguito un master: il Rinascimento italiano.

13 – La CPU di RoboCop gira su MS-DOS, come si evince da quel command.com: siamo nel futuro e c’è ancora gente che non si fida di Windows.

12 – La scena del sindaco e dei membri della giunta tenuti in ostaggio dal pazzoide ricalcava un celebre fatto di cronaca di nove anni prima, quando un ex consigliere comunale della città di San Francisco, Dan White, licenziatosi per il salario molto basso e vistosi rifiutare in seguito la sua richiesta di essere riassunto, uccise il sindaco Moscone (cui è dedicato oggi il Moscone Center di San Francisco) ed il consigliere Harvey Milk (alla cui vita Gus Van Sant ha dedicato nel 2009 un biopic con Sean Penn, Milk). Nel film il rapitore sta mangiando dei biscottini Twinkies perché la difesa di Dan White cercò di dimostrare durante il processo come il passaggio da un’alimentazione sana al junk-food avesse influito sul comportamento dell’uomo. Da allora, ogni volta che in mancanza di meglio un avvocato americano tira fuori una teoria bislacca per difendere il proprio assistito, si parla di “Twinkie Defense“.

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11 – Il droide ED-209 (Enforcement Droid 209, in italiano “Elemento Droide 209”) venne creato da Craig Davies ispirandosi alla cabina di un Bell UH-1 Iroquois, detto Huey, l’elicottero della guerra in Vietnam. Ne vennero realizzati sia un modellino in scala, animato in stop motion da Phil Tippett (che si era occupato nella prima trilogia di Star Wars di animare gli AT-AT e i tauntaun ed aveva portato a casa un Oscar per Il ritorno dello jedi), sia un paio di versioni a dimensioni naturali. La voce del droide era quella del produttore Jon Davison, mentre per i versi si erano utilizzati quelli di alcuni animali: un giaguaro ed un maiale. Lo scienziato della OCP che presenta il droide si chiama McNamara, come il Segretario della Difesa USA durante le presidenze di Kennedy e Lyndon Johnson, Robert McNamara.

10 – La pistola che Robocop fa roteare come Clint Eastwood nella Trilogia del dollaro di Sergio Leone, chiamata nel copione Auto-9, è una Beretta M93R modificata per dotarla di una canna notevolmente più lunga. All’inizio si pensò di usare una Desert Eagle Magnum, come quella che si vede durante il primo, non felicissimo test di ED-209, e alcune foto scattate nel backstage mostrano Peter Weller che fa pratica con quel tipo di pistola. Solo che anche quella nelle mani di RoboCop sembrava troppo piccola e si ripiegò allora sulla soluzione “Beretta allungata”. Le auto usate dalla polizia sono versioni modificate di Ford Taurus. All’epoca la principale rivale sul mercato per la Taurus era la Pontiac 6000 ed infatti l’auto che usano i membri della banda di Clarence Boodicker, mostrata anche in una delle finte pubblicità durante il film. Avete poi notato che ogni volta che un’auto della polizia sale o scende la rampa del parcheggio sotterraneo, urta per terra con il parafanghi posteriore sollevando delle scintille?

9 – Non tutti i sette costumi realizzati per il film erano uguali. Uno era infatti dotato di protezioni speciali per farlo indossare ad uno stuntman nell’esplosione della stazione di servizio, mentre altri due erano le versioni danneggiate, da impiegare quando RoboCop affronta ED-209. Il costume, si è detto, era così scomodo e ingombrante da rendere impossibile a Peter Weller indossarlo per intero nelle scene in cui RoboCop è alla guida di un auto: per quelle ci si limitò a usare solo la parte superiore del costume mentre sotto Weller era letteralmente in mutande. Questo spiega anche perché in molte sequenze lo si vede solo mentre sta per entrare o è appena uscito dall’auto. Weller ha dichiarato qualche anno fa che il momento più difficile per lui in tutto il film è stata la scena in cui doveva scendere le scale della discoteca: aveva addosso solo la parte superiore del costume, ma non poteva guardare gli scalini e tutto intorno aveva comparse, musica ad alto volume e fumo. Numero di ciak per completare la scena: tre; numero di volte in cui Weller è venuto giù per le scale: pare nessuna, fortunatamente. Poco dopo lì nella discoteca c’è un cameo del regista: è il tizio che ride quando Leon prova a rifilare un calcio sui testicoli a RoboCop e si fracassa il piede. Le mani di RoboCop erano dei guantoni di gomma, e nella scena in cui Weller deve acchiappare al volo le chiavi dell’auto lanciate dal sergente, alla prima uscita di RoboCop, queste continuavano a rimbalzare. Numero di ciak per completare la scena: 50, un intero giorno di riprese.

8 – La colonna sonora del film venne composta da Basil Poledouris (cui si deve, tra le altre cose, lo splendido soundtrack di Conan il Barbaro), che impiegò sia musica orchestrale che sintetizzatore, per rendere l’idea del tema uomo-macchina. Nella scena in discoteca si sente il brano “Show Me Your Spine” dei P.T.P., progetto di breve durata portato avanti dai membri dei Ministry e dei canadesi Skinny Puppy: il brano non è mai stato pubblicato ufficialmente su alcun supporto fino al 2004, quando è apparso nell’album Side Trax dei Ministry. Restando in tema, in uno dei telegiornali del film appare un uomo riccioluto: molti sostengono si tratti di Alex Van Halen, qualcuno dice che sia suo fratello Eddie, ma non ci sono conferme.

7 – Diverse scene presenti negli storyboard del film non sono mai state girate, ma alla fine delle riprese (20 ottobre 1986) non era stata girata nemmeno quella della morte di Murphy. Visto che erano già in ritardo e avevano sforato sul budget, Paul Verhoeven e il produttore Jon Davison volarono a Los Angeles per comunicare ai piani alti della Orion che mancava quella scena chiave: i dirigenti diedero il via libera alle riprese extra necessarie, girate in un capannone di Los Angeles qualche mese dopo (gennaio 1987).

6 – Sul copione la scena in cui RoboCop sventa uno stupro sparando al primo dei due delinquenti era descritta in modo diverso da quello che si vede nel film. RoboCop avrebbe dovuto semplicemente mirare accanto alla guancia della vittima, centrando l’assalitore dietro di lei. Mentre si provava la scena, Verhoeven notò però che la stuntman Donna Keegan era molto brava, tanto che si poteva provare un’altra soluzione, facendo passare tra le sue gambe il fuoco di RoboCop, dritto nei testicoli del criminale: la scena risultante è di particolare effetto. Quanto alla sparatoria nel laboratorio di droga, tutto avviene a una velocità sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto. Le armi automatiche utilizzate continuavano a incepparsi dopo circa tre secondi di utilizzo, il che voleva dire un massimo di tre secondi buoni di pellicola per ciascuna angolazione: al montaggio ne venne fuori una scena dal ritmo frenetico.

5 – Il cassiere della stazione di servizio porta gli occhiali e legge un libro di geometria: è un omaggio di Verhoeven a se stesso, occhialuto ex studente di matematica in Olanda. Nel drugstore si vedono molti fumetti Marvel, tra cui un numero di Iron Man (quello che il rapinatore porta alla cassa), l’adattamento di Blade Runner e, soprattutto, diversi numeri di ROM, il cavaliere dello spazio. Se il collegamento tra Iron Man e RoboCop è immediato, chi non è un lettore dei fumetti Marvel di vecchia data potrebbe non sapere che quello tra ROM e il poliziotto cyborg di Verhoeven è ancora più stretto: ROM era un eroe che aveva sacrificato la propria umanità, facendo riversare la propria mente in un corpo robotico pur di salvare il suo pianeta. ROM de il Giudice Dredd furono tra le principali fonti di ispirazione dello sceneggiatore Neumeier nello sviluppare il personaggio di RoboCop.

– Il fatto che Weller non riusciva a muoversi dentro al costume, cambiò radicalmente le movenze previste per il personaggio. All’inizio lui e il già citato Moni Yakim avevano studiato dei movimenti rapidi, degli scatti improvvisi come quelli di un serpente, poi rivelatisi impossibili da eseguire. Moni pensò allora a un RoboCop che si muoveva lentamente, come si vede nel film, ma la discussione tra lui, Weller e Verhoven fermò le riprese per tre giorni.

3 – La produzione temeva che i poliziotti non avrebbero gradito la scena in cui RoboCop afferra Clarence Boddicker e lo getta attraverso tre diverse vetrate mentre gli legge i suoi diritti. Per evitare casini e sondare il terreno in anticipo, si organizzò un’anteprima per un pubblico composto solo da agenti di polizia. I poliziotti si divertirono moltissimo con la scena, che venne approvata. Sempre a proposito di poliziotti nella vita vera, quando il film arrivò in sala, RoboCop aiutò ad arrestare un criminale reale. Nella città californiana di Sacramento, un ladro cercò di sfuggire agli agenti che lo inseguivano nascondendosi in un cinema dove proiettavano RoboCop: il ladro restò talmente affascinato dal film da non accorgersi che nel frattempo la sala era stata sfollata e attorno a lui c’erano solo poliziotti che temo non gli abbiano lasciato vedere tutti i titoli di coda. La Orion pensò in un primo momento di usare come frase di lancio per il film “He’s like Dirty Harry with Ball Bearings”, cioè “È come Harry la canaglia, ma con i cuscinetti a sfera”. Poi però decisero saggiamente di lasciar perdere, temendo una causa da parte della Warner. Su questo tema, leggete anche: Quella volta che RoboCop arrestò un vero criminale

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2 – Per RoboCop 2  si sarebbe impiegato qualche tempo dopo un Amiga 2000 con sistema di editing Video Toaster NewTek (usato in seguito anche per la serie Babylon 5), ma in RoboCop quasi tutti gli effetti erano ancora pura creatività meccanica anni 80. Tanto che due degli elementi più famosi della corazza di RoboCop… non facevano parte della corazza di RoboCop. Per la scena della fondina nella coscia in cui Murphy infila la pistola dopo averla fatta roteare venne usata in realtà una gamba a sé stante, con il meccanismo di apertura controllato da un telecomando. Stesso discorso per lo spuntone che esce dalle nocche di RoboCop, usato da Murphy sia per collegarsi al database della polizia, sia per colpire Boddicker a fine pellicola: in quelle scene c’era semplicemente un tizio che reggeva un finto braccio davanti alla telecamera. Per la scena degli ostaggi visti da RoboCop attraverso il muro con gli infrarossi, semplicemente rivestirono dei tizi nudi di vernice fluorescente e usarono la luce nera di una lampada di Wood.

1 – Nel 1988, per sfruttare la popolarità del poliziotto di Verhoeven, la Meineke (azienda di ricambi per auto) realizzò uno spot con RoboCop. Un RoboCop che, per non avere beghe legali, era completamente arancione. Parlando di testimonial, qualche anno fa saltò fuori anni fa questa foto con un tizio vestito da RoboCop assieme all’ex presidente Richard Nixon: nessuno tra quelli che erano stati coinvolti nella realizzazione del film ne sapeva nulla. Solo dopo un po’ qualcuno si è ricordato di questa iniziativa di beneficenza cui aveva partecipato anche la Orion e come portavoce della quale Nixon era intervenuto a una festa, nei giorni dell’uscita su VHS del film. Il prezzo di quella videocassetta, al lancio, era di 89,98 dollari del 1987 che – in termini di potere d’acquisto – sono quasi 200 dollari di oggi! Uno degli elementi più noti del film, gli spot con il loro umorismo cinico (poi ripresi da Verhoeven in Starship Troopers), furono aggiunti dal regista per i problemi che il film stava incontrando con la censura. RoboCop aveva infatti ricevuto una X dall’MPAA, l’organo di autocensura dei film USA, lo stesso rating che si dà ai film per adulti e che solo in rarissimi casi (Arancia Meccanica) veniva affibbiato per i contenuti violenti di un film. Per ottenere una R (minori di 17 anni accompagnati), Verhoeven fu costretto ad edulcorare molte scene, come l’uccisione di Murphy o l’impalamento finale di Boddicker (scene poi ripristinate in varie edizioni per l’home video), accantonando così il suo progetto di un film con una violenza talmente esagerata da risultare comica. Lo stesso Paul Verhoeven ha dichiarato inoltre in un’intervista che la figura di RoboCop nel film rappresenta un’allegoria cristiana: la morte e resurrezione, il buco in fronte di Murphy quando viene ucciso che ricorderebbe la corona di spine portata da Gesù, come anche la camminata sull’acqua in cui Murphy si esibisce alla fine del film. C’è poi chi alle dichiarazioni del regista ha aggiunto dell’altro, accostando anche la pozza di acqua divenuta rossa per il sangue di RoboCop e di Boddicker al miracolo della tramutazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana da parte di Gesù.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Le 20 curiosità che ancora non conosci sul film Aliens – Scontro Finale

MEDICINA ONLINE ALIEN 2 SCONTRO FINALE Aliens is a 1986 American science-fiction action horror film written and directed by James Cameron, produced by Gale Anne Hurd and starring SigournQuanto ne sapete sul film Aliens – Scontro Finale dl 1986? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film di fantascienza, seguito del primo Alien del 1979!

20 – Sigourney Weaver NON voleva girare un secondo film nei panni di Ripley. La storia presentata da James Cameron le piacque però tanto da farle cambiare idea: restava quindi da appianare solo un piccolissimo problema in merito al suo cachet. Le discussioni tra il suo agente e la Fox andarono avanti così a lungo che, a un certo punto, la compagnia cercò di convincere Cameron a sviluppare un sequel SENZA Ripley. Alla fine il regista contattò l’agente di Schwarzenegger, fingendo di volerlo tirare dentro come protagonista. L’agente, come previsto da Cameron, chiamò il collega che si occupava della Weaver per avvisarlo, visto che i due lavoravano per la stessa agenzia, e in breve tempo si trovò l’accordo. Tutta contenta, l’attrice si portò dietro pure la mamma (Elizabeth Inglis interpreta la figlia di Ripley, invecchiata e morta mentre la madre era in giro in ipersonno). Sigourney Weaver pose inizialmente tre condizioni a Cameron: in questo seguito Ripley non doveva impugnare alcuna arma, doveva essere ingravidata da un alieno ed alla fine doveva morire. Cameron non ne ha rispettata nessuna.

19 – L’APC (M577 Armoured Personnel Carrier), il veicolo impiegato per il trasporto truppe dai Marine, nei piani di Cameron avrebbe dovuto avere un design diverso. Ma la società incaricata di crearlo da zero pretendeva troppi soldi e perciò si è ripiegato su un rimorchio della British Airways, uno di quei così piatti con le ruotone giganti usati negli aeroporti per tirarsi dietro gli aerei. Per renderlo più veloce, però, si è stati costretti ad eliminare buona parte della struttura originale, riducendone così il peso di oltre 45 tonnellate.

18 – Il nome della nave del primo Alien, la Nostromo, era un omaggio al romanzo omonimo di Joseph Conrad. Quello della nave di Aliens – Scontro Finale, la USS Sulaco pure. Sulaco era la città mineraria sudamericana in cui lo scrittore polacco-britannico ha ambientato Nostromo. Le altre citazioni letterarie di Aliens spaziano da Starship Troopers di Heinlein (la “caccia all’insetto” di cui parla Hudson all’inizio) ad Asimov: Bishop cita a un certo punto in versione bignami la prima delle tre leggi della robotica, quella secondo cui “Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno”.

17 – Nella prima versione dello script, “Alien II” (settembre 1983), il personaggio di Carter Burke non c’era, il nome del pianeta era solo Acheron senza la sigla alfanumerica LV-426, la figlia di Ripley era ancora viva, Ripley, Newt e Hicks finivano imbozzolati e, soprattutto, gli alieni erano divisi in varie razze. Quelli addetti all’imbozzolamento, in particolare, erano albini e più piccoli dei guerrieri.

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16 – Il set della colonia Hadley’s Hope, cioè la vecchia centrale elettrica dismessa di Acton, Londra, è stato riutilizzato nel Batman di Tim Burton per gli interni della Axis Chemicals. La troupe di Aliensha lasciato tutto così, ciao, chiudete voi, e i tizi della Warner si sono trovati i muri con la finta bava e tutto il resto da ripulire. Felicissimi, guarda. Non ti dico. Stando a quanto dichiarato da Lance Henriksen, visto che le scene in interni ai Pinewood Studios sono state girate mentre Kubrick era alle prese con il suo Full Metal Jacket, cast e troupe delle due pellicole hanno organizzato in quelle settimane lì feste, partite a scaricabarile e pinella, gare di rutti. In uno studio lì accanto c’era anche Al Pacino (sul set di Revolution), che è passato un paio di volte a distribuire cinque alti a tutti.

15 – Tutti gli attori che interpretano dei marine nel film, tranne il ritardatario Michael Biehn hanno dovuto seguire due settimane di addestramento da parte di uomini del SAS britannico. Cameron ha esentato Sigourney Weaver, Paul Reiser e William Hope, perché Ripley e Burke sono due civili e Gorman doveva fare la figura dell’incapace.

14 – Le capsule dell’ipersonno sulla Sulaco che si vedono all’inizio del film sembrano dodici, ma sono in realtà solo sei. Il problema era ovviamente di natura pecuniaria, perché ciascuno di quei cosi costava la bellezza di quattromila e trecento dollari

13 – All’inizio delle riprese, Hicks era James Remar. Solo che a un certo punto lui e James Cameron hanno litigato perciò Remar è stato allontanato ed al suo posto è stato chiamato in fretta Michael Biehn, con cui Cameron aveva già lavorato in Terminator. Narra la leggenda che il venerdì sera il regista gli abbia fatto un colpo di telefono e che il lunedì mattina lui fosse già a Londra sul set. Ma che fare delle scene già girate? Quelle in cui i Marine entrano nella colonia? C’erano i soldi per rigirarle da capo? No, no che non c’erano. Morale della favola, anche se voi non lo sapete, in alcune inquadrature in cui lo si vede di spalle, Hicks è ANCORA James Remar.

12 – Gli attori che interpretano i Marine della Sulaco hanno avuto carta bianca da Cameron per personalizzare armature ed elmetti. Giusto per quel tocco di realismo da warmovie in Vietnam in più che buttalo via. Cynthia Dale Scott, che nel film è Dietrich, si è fatta scrivere “BLUE ANGEL” sull’elmetto, come omaggio all’angelo azzurro di Marlene Dietrich. Bill Paxton (Hudson), invece, “Louise” sulla corazza, come dedica alla moglie, Louise Newbury. Ricco Ross (Frost) il diminutivo “Heath” in un cuore, per la fidanzata dell’epoca, Heather.

11 – Per le navette da sbarco (UD-4L Cheyenne Dropship), James Cameron ha ingaggiato diversi designer ed esaminato molte proposte. Ma siccome nessuna lo convinceva, ha fatto da sé: il suo prototipo l’ha ottenuto incollando sul cockpit di un elicottero Apache giocattolo dei pezzi di altri modellini.

10 – Lance Henriksen voleva indossare delle lenti a contatto con la doppia pupilla per far assumere a Bishop un look più inquietante nella scena in cui sta osservando dei campioni al microscopio in laboratorio.

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9 – Il fucile a impulsi dei Marine (M41A Pulse Rifle) nasceva dall’accoppiamento di una mitragliatrice Thompson M1A1, di uno shotgun Remington 870 e di alcuni pezzi di un altro fucile, il bimodale semi-automatico/a pompa Franchi SPAS 12. Le smart gun M56 derivavano invece da vecchie mitragliatrici tedesche MG 42 fissate a un’imbracatura da steadicam modificata. Pesavano davvero un casino. Sempre a proposito delle armi, nella scena in cui Vasquez si trova nel condotto dell’aria e spara agli alieni con la pistola, l’attrice Jenette Goldstein non riusciva a tener ferma l’arma dopo aver fatto fuoco. In quelle scene, perciò, è stata sostituita da una stuntman d’eccezione: la produttrice Gale Anne Hurd, da poco moglie di Cameron, che aveva già maneggiato armi vere al poligono e sapeva che diavolo fare. Oggi la Hurd è tra i produttori di The Walking Dead. Ha divorziato da James Cameron nel 1989: due anni dopo ha sposato Brian De Palma, ma anche lì è durata poco. Il suo terzo marito è lo sceneggiatore e regista Jonathan Hensleigh (The Punisher).

8 – La produzione voleva coinvolgere H.R. Giger per fargli sviluppare un altro po’ di design per il film, ma Cameron si disse contrario. C’era da creare in pratica solo la Regina Aliena, e per quella aveva già dei bozzetti pronti. Appena finiva di ramazzare il set, preparare il pranzo per tutti e spicciare casa ci si metteva lui.

7 – In una scena eliminata del film, un impiegato della colonia, prima di diventare amico intimo di un facehugger come tutti i suoi colleghi, incontra un supervisore e i due si lamentano della compagnia, la Weyland Yutani: “…e otteniamo sempre la stessa risposta: Lascia stare”. Cameron riutilizzò in seguito tutta la scena, frase inclusa, in Terminator 2 – Il giorno del giudizio. Metti la CyberDyne Systems al posto della Weyland Yutani ed ecco fatto.

6 – Altri collegamenti con la saga di Terminator? Quanti ne volete. In una delle scene presenti solo nella special edition, Bill Paxton (Hudson) parla del “phased plasma pulse rifle”. I fucili usati dai marine coloniali esplodono proiettili e granate, non plasma: si tratta infatti di una citazione dal primo Terminator, la scena in cui il giovane Schwarzenegger chiede al tipo nell’armeria, perlappuntamente, un “phased plasma rifle”. Nel primo Terminator appaiono inoltre vari membri del cast di Aliens: Michael Biehn, Lance Henriksen e Bill Paxton. In Terminator 2 si aggiunge alla cumpa anche Jenette Goldstein/Vasquez.

5 – Tutta quella parte del film in cui Ripley tiene con una mano il fucile e con l’altro braccio regge Newt? Per evitare alla Weaver un eccessivo sforzo, venne realizzato un fantoccio più leggero della giovane Carrie Henn da impiegare in alcune inquadrature. Le scarpe di Ripley, quelle sneaker alte con lo strap, erano un paio di Reebok. L’azienda britannica ne ha rimesso in commercio una replica nel 2010. Il conto alla rovescia di quindici minuti, a fine pellicola? Dura davvero quindici minuti.

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4 – Dei Marine Coloniali della Sulaco non viene citato il nome di battesimo, ma solo il cognome. Per praticità, nei documenti ufficiali del film ciascuno conservava il nome dell’attore che lo impersonava: Colette Ferro (Colette Hiller), Daniel Spunkmeyer (Daniel Kash), Mark Drake (Mark Rolston), Ricco Frost (Ricco Ross), Trevor Wierzbowski (Trevor Speedman), Al Apone (Al Matthews), Jenette Vasquez (Jenette Goldstein), William Hudson (Bill Paxton), William Gorman (William Hope), Cynthia Dietrich (Cynthia Dale Scott). L’unica eccezione è rappresentata dal caporale Hicks, che di nome fa Dwayne e non Michael o James (come Biehn e Remar).

3 – Al Matthews, che nel film interpreta il sergente Apone, era stato davvero un sergente dei Marine. Matthews ha combattuto in Vietnam, dove ha rimediato varie medaglie ed è stato il primo soldato di colore della prima divisione Marine ad esser promosso sul campo sergente.

2 – Hudson (Bill Paxton) pronuncia nel film 35 volte la parola “Man”. La celebre scena in cui, precipitata la dropship, dice “Game over, man! Game over!” non era così sul copione e fu frutto perlopiù di una sua improvvisazione. La parola “fuck”, invece, è ripetuta 25 volte. 18 delle quali per bocca di Hudson.

1 – Avete presente tutta quella tonnellata di xenomorfi fatti a brandelli nel film? La produzione poteva contare su SEI costumi da alieno, alcuni dei quali incompleti (tutine nere con giusto delle parti in lattice appiccicate sopra). Il risultato finale è frutto solo di un lavoro di pianificazione, scelta delle inquadrature, abuso di trucchi di illuminazione e montaggio così certosini da avere il beneplacito ufficiale della Grande Chartreuse.

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Le 20 curiosità che ancora non conosci su Blade Runner

MEDICINA ONLINE Blade Runner film fantascienza 1982 Ridley Scott Harrison Ford Rutger Hauer Sean Young WALLPAPER SFONDO HD PICTURE SET PHOTO HI RES CINEMA MOVIEQuanto ne sapete sul film Blade Runner? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film di fantascienza!

1 – Partiamo dal titolo: le unità Blade Runner sono squadre speciali della polizia che si occupano di “ritirare” i replicanti, lo sappiamo, ma perché hanno quel nome? Di che tipo di lama si sta parlando? Di un bisturi. Il titolo del film deriva infatti da uno script realizzato dallo scrittore beat William S. Burroughs – “Blade Runner (a movie)” – tratto a sua volta da un romanzo di Alan E. Nourse, The Bladerunner (tutto attaccato). La versione molto breve è che Scott e la produzione comprarono solo i diritti di quel titolo, fregandosene del resto, e che si arrivò a utilizzarlo dopo aver scartato una serie pressoché infinita di altre proposte, tra cui AndroidMechanismoGotham City e soprattutto Dangerous Days. Nel romanzo di Nourse, a ogni modo, i bladerunner erano per l’appunto trafficanti di attrezzi chirurgici.

2 – Tra le tante fonti d’ispirazione usate da Scott per dar corpo alla sua visione del mondo di Blade Runner, c’erano anche alcuni lavori di Moebius, in particolare la storia breve “The Long Tomorrow”. Scott tentò quindi di coinvolgere l’autore francese nella produzione della pellicola, ma Moebius rifiutò, perché impegnato con il film d’animazione Les maîtres du temps. L’industrial designer Syd Mead, invece, avrebbe dovuto occuparsi solo dei veicoli, ma i suoi bozzetti includevano sfondi e scenari che colpirono molto Scott, che gli chiese così di occuparsi anche del design degli ambienti.

3 – La geisha che ingoia una pillola sul cartellone pubblicitario gigante? Secondo il supervisore degli effetti speciali del film, David Dryer, si trattava di una pillola anticoncezionale. In sottofondo, si sente una frase di uno spettacolo del teatro Nō: “Iri Hi Katamuku,” il sole tramonta.

4 – Il primo script del film fu realizzato dall’attore Hampton Fancher: tra i fautori del progetto, fu lui a convincere personalmente Dick a opzionare il suo romanzo per una trasposizione cinematografica. Una volta ingaggiato dalla produzione, Scott non gradì però il lavoro di Fancher, gli fece rimetter mano allo script almeno dieci volte, tra i due non nacque esattamente l’ammmore, e alla fine il regista tirò dentro al suo posto David Webb Peoples (poi premio Oscar nel ’93 per Gli Spietati, sceneggiatore anche de L’esercito delle 12 scimmie e LadyHawke, e regista di Giochi di Morte, sempre con Rutger Hauer). Il povero Fancher rischiò seriamente a quel punto di darsi fuoco. Subtrivia: il termine “replicante”, non presente nel romanzo di Dick, è stato suggerito a Peoples dalla figlia, che stava studiando in biologia la teoria della replicazione delle cellule. O qualcosa del genere. Alcuni spunti bocciati per Blade Runner, come una scena iniziale che Peoples aveva previsto in una colonia extramondo, sono stati riciclati dallo sceneggiatore per Soldier (1998), film che Peoples considera ambientato nello stesso universo di Blade Runner.

5 – Scott litigò ferocemente in pratica con tutte le persone impegnate nella realizzazione del film. Le condizioni estreme delle riprese – come 33 giorni consecutivi di riprese notturne trascorsi a ingoiare il fumo sparato sul set – e gli atteggiamenti del regista gli alienarono praticamente da subito le simpatie della crew. Un’intervista rilasciata alla stampa inglese, in cui Scott dichiarava di preferire le maestranze inglesi, perché abituate ad eseguire gli ordini senza far storie, rispondendo solo un “Yes, gov’nor”, fece il resto. Gli uomini della troupe, capeggiati dal responsabile del trucco Marvin G. Westmore, che aveva letto l’intervista, si fecero stampare delle magliette con la scritta “Yes, gov’nor, my ass” sul davanti e altre robe goliardiche sul retro, e le indossarono sul lavoro. Scott reagì facendosene realizzare una con su scritto “Xenophobia sucks”. La tensione si tagliava ogni giorno sul set e molti membri della crew presero a chiamare il film Blood Runner.

6 – Quella scena in cui Deckard spinge Rachael contro il muro, per impedirle di lasciare il suo appartamento? Non era prevista dal copione. Scott la suggerì ad Harrison Ford per ottenere una reazione di sorpresa da Sean Young, ma l’attore ci mise un po’ troppo zelo e la Young si fece male sul serio e subito dopo si mise a piangere.

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7 – Lo splendido monologo finale di Roy Batty è molto diverso da come l’aveva pensato David Webb Peoples. Hauer lo trovò poco drammatico perché troppo lungo, perciò decise di usarne solo un pezzo e di aggiungere le ultime due frasi, scritte da lui: E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire. Anche la colomba era un’idea di Hauer, solo che il pennuto era talmente zuppo di pioggia che anziché volare come previsto, nel momento in cui Batty lo lascia andare si limitò a zompettare via varie volte prima di spiccare il volo che si vede nel film.

8 – Quella specie di esperanto parlato nella Los Angeles del 2019, il Cityspeak, è invece un’idea di Edward James Olmos, all’epoca molto colpito dal melting pot culturale in cui si stava trasformando la sua Los Angeles. Per interpretare al meglio Gaff, il futuro comandante Adama ha seguito dei corsi alla Berlitz Language School. Quanto alla città, Scott aveva in mente di ambientare il film in una San Angeles, mega agglomerato urbano esteso tra le attuali San Francisco e Los Angeles. L’idea sarebbe stata riciclata dieci anni più tardi dai film Demolition Man e Double Dragon.

9 – Nell’interpretare la replicante Zhora, Joanna Cassidy si portò il pitone da casa. Il serpente con cui la vediamo nel film era infatti suo, e si chiamava Darling. Nei piani originali di Scott, Zhora si sarebbe dovuta esibire in una danza nel fango con il suo pitone, con tanto di trasformazione alla Manimal. Ma costava troppo, e ciao. La Cassidy è tornata a indossare il costumino di Zhora 25 anni più tardi per girare delle nuove riprese per la Final Cut di Blade Runner: nella pellicola originale, infatti, quando Zhora sfonda le vetrate si vede chiaramente che si tratta di una stunt double. Le nuove riprese realizzate con blue screen hanno permesso di sostituire i due volti, e voilà, George Lucas non sei nessuno.

10 –  L’idea per Il cacciatore di androidi/Ma gli androidi sognano pecore elettriche? venne a Dick nel 1962, mentre cercava del materiale per La svastica sul sole/L’uomo nell’alto castello. Scavando tra dei documenti della Gestapo conservati all’università di Berkley, Dick lesse i racconti disumani delle SS di stanza in alcuni campi di concentramento. Lo scrittore si chiese come potessero degli uomini all’apparenza come gli altri essere talmente spietati, sembrare esseri umani solo esteriormente. Prima dell’uscita del film, fu proposto a Dick un contratto da 400mila dollari per realizzarne la novelization. L’autore rifiutò, le case editrici che detenevano i diritti del suo romanzo si fregarono le mani, e presero a ripubblicarlo come Blade Runner e con la locandina del film in copertina. E tante grazie.

11 – Nel 1969, Philip K. Dick venne contattato da Martin Scorsese e dallo sceneggiatore Jay Cocks per discutere una trasposizione cinematografica del romanzo. Non se ne fece niente. In seguito, neanche Dick gradiva lo script originale di Hampton Fancher. In un’intervista pubblicata su una guida TV nel febbraio del 1981, lo definì un incrocio tra Phillip Marlowe e La fabbrica delle mogli, e già che c’era se la prese con Ridley Scott e il suo Alien. In seguito la Warner cercò di coinvolgere lo scrittore, ignorato fino a quel momento dalla compagnia che stava sviluppando il progetto, Filmways Inc, tenendolo aggiornato sui suoi sviluppi. Dick, che ebbe modo di incontrare Scott solo al termine delle riprese, riuscì a vedere soltanto i primi 20 minuti della pellicola prima della sua scomparsa (marzo 1982), e ne fu entusiasta. “Hanno catturato perfettamente il mio mondo interiore”, dichiarò. La cosa incredibile è che né Ridley Scott né lo sceneggiatore David Webb Peoples avevano letto il romanzo di Dick, limitandosi all’adattamento di Fancher.

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12 – Anche il coinvolgimento dello stesso Ridley Scott è stato piuttosto travagliato. Quando gli venne offerto per la prima volta il progetto, rifiutò, perché aveva iniziato a occuparsi di Dune. Poi la scomparsa improvvisa di suo fratello Frank lo spinse ad abbandonare quella regia (in seguito affidata a Lynch). Alla fine delle riprese di Blade Runner, Scott e il produttore Michael Deeley vennero inoltre LICENZIATI dalla produzione, perché si era sforato sul budget e i piani alti si erano incazzati. In seguito i powers-that-be Warner tornarono sui propri passi, Scott e Deeley furono richiamati, ma i nuovi produttori esecutivi Jerry Perenchio e Bud Yorkin rimasero al loro posto, imponendo le proprie scelte. Furono proprio loro a pretendere il voiceover di Harrison Ford e il finale bucolico, dopo che due screening della pellicola erano andati malissimo e molti spettatori avevano dichiarato di non aver capito il film. Scott non era contrario di per sé alla voce narrante di Deckard, come molti credono, solo che non voleva una roba spiegona di quel tipo. È stato Ford a odiare il voiceover sin dall’inizio, anche se l’attore ha negato di aver interpretato quella parte così dimmerda di proposito.

13 – Per molto tempo nessuno seppe che una copia con il montaggio originale del film era ancora in circolazione. Solo nel 1989 un dipendente della Warner trovò una copia su 70mm della pellicola mentre cercava dell’altro in archivio. L’autore della scoperta, Michael Arick, e la stessa Warner pensavano si trattasse semplicemente della versione internazionale del film, nessuno controllò il contenuto della pizza e la stessa fu spedita a un festival dedicato al 70mm qualche mese dopo. Immaginate la faccia degli spettatori, quando si trovarono di fronte un Blade Runner differente. Scott si fece avanti a quel punto per apportare alcune modifiche al film e farlo uscire in una nuova versione, ma non c’era voglia di aspettare i suoi tempi perché c’era il decennale da sfruttare per farci il soldo, e perciò Warner buttò fuori quella cut originale così com’era, ribattezzandola Director’s Cut. Non soddisfatto, Scott restò lì a rimuginare fino al 2007, quando, dopo una lunga battaglia legale sui diritti del film, è arrivata sul mercato home video la SUA versione definitiva, la Final Cut. L’elenco delle differenze rispetto alla Director’s Cut, chi volesse, lo trova qui.

14 – La prima scelta di Scott per la parte di Deckard era, tenetevi,Dustin Hoffman. L’attore si disse interessato, ma non era molto convinto di risultare adatto a un ruolo del genere, propose dei cambi, gli risposero Guarda, già qui è un casino che non ti dico, grazie lo stesso. Per il ruolo di Rachel, invece, Philip K. Dick avrebbe voluto Victoria Principal: sì, la Pamela di Dallas.

15 – Rutger Hauer fu scelto invece da Scott direttamente, senza alcun provino, dopo averlo visto in film come Fiore di carne e Soldato d’Orange. Quando si incontrarono per la prima volta, però, Hauer ci fece lo scherzone: si presentò con una tuta di nylon con la zip, una felpa bianca con una volpe e un paio di enormi occhiali da sole alla Elton John. A detta della produttrice esecutiva Katherine Haber, al regista per poco non prese un coccolone.

16 – La piramide della Tyrell che si vede nel film era un modellino in scala 1:750. Alla fine delle riprese andò a fuoco e si sciolse.

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17 – A dirci che Deckard è un replicante non è solo la faccenda dell’origami, ma anche alcuni particolari. Tutti i replicanti durante il film presentano dei bagliori rossi negli occhi in qualche scena: a Deckard succede qui, mentre parla con Rachael. Harrison Ford era assolutamente contrario all’idea che Deckard non fosse umano e si fece assicurare da Scott che non l’avrebbe fatto diventare un replicante. Credici. Anche a Rutger Hauer la cosa non è mai andata giù: in una sua autobiografia scrisse che la natura da replicante di Deckard sminuiva tutto il concetto di lotta, anche e soprattutto filosofica, uomo-macchina alla base del film.

18 – La replicante Pris, si legge su un monitor, è stata attivata il 14 febbraio del 2016. Viste le funzioni del suo modello, doveva essere tipo il regalo di San Valentino per qualcuno. Fu Daryl Hannah a convincere Ridley Scott a imbottire il suo combattimento con Deckard di numeri acrobatici. Ma la ginnasta assunta come sua stuntwoman si ritrovò priva di forze dopo la millemillesima volta che il PdF Scott (sarà il nome) le aveva fatto ripetere daccapo la scena. Si dovette così trovare in fretta e furia una sostituta, solo che l’unica persona disponibile era un ginnasta UOMO. Ora sapete perché quello scontro sembra montato da uno schizofrenico ed è illuminato così male.

19 – Sullo spinner, l’auto volante della polizia usata da Deckard e Gaff, si vede lo schermo di un computer. È lo stesso schermo apparso in Alien quando Ripley fugge dalla Nostromo: è un altro chiaro segno del fatto che i due film siano ambientati nello stesso universo, messo lì trent’anni prima.

20 – Vuole la leggenda che una terribile sfortuna si sia abbattuta su tutte le aziende i cui marchi sono stati piazzati nel film per bieco product placement. Beh, è vero. L’Atari venne venduta a tranci dalla Warner nel 1984: l’Atari Inc smise di esistere e al suo posto nacquero la branca Atari Games Inc. (divisione giochi arcade, chiusa nel 2003) e la Atari Corporation (defunta nel 1996). Il gigante dell’elettronica RCA chiuse i battenti nel 1986. La Cuisinart è fallita nel 1989, la Pan Am nel 1991, la Bell System nel 1984 ed è stata ristrutturata per ordine del dipartimento di giustizia americano.

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Le 38 curiosità che ancora non conosci su Ritorno al Futuro

MEDICINA ONLINE RITORNO AL FUTURO 1 Back to the Future 1985 American science-fiction Robert Zemeckis Bob Gale Michael J. Fox Marty McFly  Christopher Lloyd Dr. Emmett Doc Brown FILM CINEMA WALLPAPER SFONDO HD HI RES PHOTO.jpgQuante curiosità ancora non conosci sul primo film della trilogia “Ritorno al futuro”? Eccone alcune!

38 – Il nome del personaggio di Doc (Emmett) viene dalla parola “time” (tempo), con spelling inverso e pronunciata per sillabe (em-it).

37 – Quando Jennifer e Marty escono dalla scuola e discuno sull’insuccesso del provino, si vede di sfondo una macchina con scritto sulla targa “FOR MARY”, dedicato a Mary Radford. Assistente personale del direttore Frank Marshall.

36 – La giornalista che appare in TV durante la sequenza di apertura è Deborah Harmon, apparsa nel film del 1980 diretto da Robert Zemeckis “la fantastica sfida”.

35 – Nella scena della fattoria quando Marty arriva per la prima volta nel 1955, il nome del figlio del vecchio Peabody è Sherman. Sherman era il nome del bambino viaggiatore del tempo in uno spezzone dello show di cartoni di Jay Ward, “Lo show di Bullwinkle” (1961). Il cane che possedeva la sua macchina del tempo inoltre, si chiamava Signor Peabody.

34 – La data in cui Marty arriva nel 1955, il 5 novembre, è la stessa data del viaggio in ” Time After Time”, diretto da Nicolas Meyer nel 1979

33 – Il liceo di Hill Valley è la Whittier High School a Whittier, in California appena fuori da Los Angeles. E’ la scuola frequentata da Richard Nixon.

32 – Marty, tornato dal passato saluta un barbone chiamandolo Red. Il motivo per cui lo conosce è perché trattasi dell’uomo che nel 1955 faceva il sindaco: Red Thomas.

31 – Quando Marty torna nel 1985 e va a tentare di salvare Doc si può notare che il parcheggio non si chiama più “Twin Pines Mall” ma “Lone Pine Mall”, visto che nel passato uno dei due pini nella fattoria l’ha buttato giù passando con la macchina.

30 – Il generatore di fusione “Mr. Fusion” visibile alla fine del film, è in realtà un macina caffè prodotto dalla Krups.

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29 – Alla fine del film, quando stanno per partire per il 2015 Marty dice la famosa frase “Non c’è abbastanza strada per arrivare a 88”. Curioso che la sera prima Doc sulla stessa strada e nella stessa direzione ci abbia messo pochi secondi per partire. Inoltre si vede benissimo nell’inquadratura prima che la strada è lunga, dritta e senza ostacoli. Chiaramente la battuta serve per giustificare il decollo dell’auto.

28 – Quando la DeLorean fa retromarcia per prepararsi a portare Marty e Jennifer nel futuro alla fine del film, si vede la videocamera dello staff riflessa nella targa.

27 – “Chuck, Chuck! È Marvin! Tuo cugino, Marvin Berry! Sai quel nuovo sound che stai cercando? Bene, senti questo!” Da questa scena si intuisce come l’ispirazione per comporre Johnny B. Goode, Chuck Berry l’ha avuta proprio grazie a Marty che però la suona in virtù del fatto che Berry l’aveva già composta… un bel paradosso!

26 – All’inizio del film si vedono inquadrati gli orologi del laboratorio di Doc. Tra questi ce n’è uno con un omino appeso alla lancetta dei minuti. SI tratta di una citazione di quello che succederà alla fine del film.

25 – Per buona parte del film, Doc Brown cammina incurvato: non sono gli anni. Per compensare la differenza d’altezza tra lui e Marty (più di venti centimetri), Zemeckis impiegò tutta una serie di rialzi e di altri escamotage, ma quando Christopher Lloyd e Michael J. Fox dovevano apparire nella stessa inquadratura, il primo era costretto a piegarsi.

24 – Quando Marty si finge un alieno per spaventare il padre nel sonno (“Silenzio terrestre! Il mio nome è Darth Vader. Sono un extra-terrestre e vengo dal pianeta Vulcano!”), lo sveglia con una cassetta con su scritto “Van Halen”. Si tratta di un brano senza titolo scritto da Edward Van Halen per il film The Wild Life, in cui appariva anche Lea Thompson.

23 – Il capo della Universal, Sid Sheinberg, impose a Zemeckis, il regista, una quantità di modifiche spaventosa. Chiese ad esempio al regista di cambiare il titolo in Spaceman from Pluto e di rimpiazzare con “I am a spaceman from Pluto”, la gag dell’alieno con la tuta antiradiazioni. Sheinberg era convinto che nessuno sarebbe mai andato a vedere nel 1985 un film con la parola “futuro” nel titolo, ma non aveva fatto i conti con Spielberg: il produttore rispose alla richiesta di Sheinberg ringraziandolo per la deliziosa battuta. Tutti ci si fecero sopra una bella risata, Sheinberg non ebbe il coraggio di dire che la sua era una richiesta seria e ingoiò il rospo. Non andò così per le ALTRE sue richieste: il professor Brown divenne Doc Brown, la madre di Marty (nei primi script indicata come Meg e poi Eileen) divenne Lorraine come la moglie di Sheinberg, ed Einstein un cane. Nelle intenzioni di Zemeckis e Gale, Einstein doveva essere uno scimpanzé: Sheinberg disse che nessun film con una scimmia aveva mai fatto del grano e pretese il cane.

22 – Quando Doc spedisce Einstein per un minuto nel futuro, il cane e la DeLorean tornano indietro dopo un minuto e 21 secondi. Il numero 121 doveva piacere a qualcuno, perché i due riappaiono all’1,21 di notte e il flusso canalizzatore richiedeva come noto 1.21 gigowatt di elettricità per funzionare.

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21 – Doc sostiene che ci vogliano 1.21 gigowatt di elettricità per far viaggiare nel tempo ma l’unità di misura corretta è il “gigawatt” non il “gigowatt”.

20 – Da anni circola su internet una voce secondo cui, prima di tirar dentro Robert Zemeckis, Spielberg e la Universal abbiano offerto la regia del film a Leonard Nimoy; questi, raccontano le leggende, avrebbe declinato perché già alle prese con Star Trek IV/Rotta verso la Terra. Bene, qualche anno fa, rispondendo alle domande degli appassionati sul sito bttf.com, Bob Gale (produttore e sceneggiatore del film) ha bollato tale voce come priva di fondamento.

19 – La parte di Marty McFly è stata pensata sin dal primo momento per Michael J. Fox. Come tutti i fan di Ritorno al Futuro sanno, però, la produzione iniziò a girare il film senza di lui, affidando il ruolo a Eric Stoltz. Era successo che Meredith Baxter, collega di Michael J. Fox nel telefilm Casa Keaton, era rimasta incinta: per colmare il vuoto lasciato dalla sua assenza, gli autori del serial avevano affidato molte più scene del solito a Fox, che non poteva quindi lasciare il set. Bob Gale e Robert Zemeckis ingaggiarono perciò Stoltz e iniziarono le riprese. Dopo quattro settimane, però, si resero conto che non andava e ricontattarono Fox, che riuscì a portare avanti entrambi gli impegni lavorando come un pazzo: di giorno girava Casa Keaton, la sera dopo le 18 il grosso del film (ora sapete perché ci sono così tante scene in notturna), nel week-end gli esterni di giorno. Universal spese circa 3 milioni di dollari extra per rigirare tutte le scene già realizzate con Stoltz. Fox – che per l’impegno con Casa Keaton non ebbe modo di partecipare in seguito ai tour promozionali del film – dormì in quel periodo solo cinque ore per notte.

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18 – Nella scena in cui c’è l’audizione per i gruppi a scuola, Marty e la sua band (i Pinheads) vengono interrotti dal giudice, che dice loro: “Mi dispiace, ragazzi, ma siete troppo rumorosi!”. Il brano era una versione più rockeggiante della theme song “The Power of Love” ed il giudice è proprio Huey Lewis, cioè l’autore per la colonna sonora del film proprio di quel pezzo e di “Back in Time”. In quella scena è interessante notare come le azioni del batterista non corrispondono per nulla con la canzone suonata; quando la musica si interrompe si sente uno stacco di batteria, mentre lui non sta facendo nulla.

17 – Anche Christopher Lloyd era stato la prima scelta per Doc Brown (su pressione del produttore Neil Canton, che aveva lavorato con lui ne Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione) ma in un primo momento aveva rifiutato la parte. Fu la moglie a convincerlo. Lea Thompson fu scelta come Lorraine perché aveva recitato già con Eric Stoltz in The Wild Life, e sempre Stoltz fu indirettamente l’artefice del casting di Biff. L’attore scelto inizialmente, J.J. Cohen, venne considerato non abbastanza alto per fare il bullo con Stoltz e perciò è finito a interpretare uno dei membri della gang di Biff. Sempre parlando di casting, pare che tra i sostituti di Fox, prima di arrivare a Stoltz, sia stato preso in considerazione Ralph Macchio. Il ragazzo del karate rifiutò, considerando il film “solo una storia su un ragazzino, un’auto e delle pillole di plutonio”. Bell’errore di valutazione!

16 – Michael J. Fox è nato solo dieci giorni dopo Lea Thompson (nel film sua madre, con parecchio trucco in faccia) e tre anni PRIMA di Crispin Glover (nel film, suo padre). Non è finita. Wendie Jo Sperber, che interpreta Linda McFly, la sorella di Marty, passa tre anni alla Thompson e sei a Glover.

15 – All’inizio del film c’è un omaggio a Stanley Kubrick voluto da Spielberg. Presente la scena in cui Marty va a casa di Doc e collega la chitarra al superampli? Quando gira la manopola, si vede un’etichetta fatta col dymo: “CRM 114”. È il nome di un accrocchio radio ne Il Dottor Stranamore, sigla poi riutilizzata da Kubrick in altri suoi film (il sedativo durante il trattamento curativo in Arancia Meccanica, un taxi in Eyes Wide Shut). Sempre a proposito di citazioni, il George McFly del 1955 è un patito del telefilm fantascienzo Science Fiction Theatre: in quella serie apparve anche Michael Fox, attore americano classe 1921 per distinguersi dal quale – la Screen Actors Guild non permetteva di registrare due tizi con lo stesso nome – il giovane Michael Fox aveva adottato la J puntata. Relativamente a quando Marty sta per suonare la chitarra, c’è da dire un fatto che non sarà certo sfuggito ai chitarristi: MAI accendere un amplificatore, specie al massimo di volume e gain, senza aver prima attaccato il jack del cavo alla chitarra! Ciò produrrebbe un rumore fortissimo nel momento del tentativo di inserimento del jack, ancor prima di suonare una nota (cosa che invece nel film non accade).

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14 – Nelle innumerevoli versioni dello script (40, si narra) continuamente rigettate dalla produzione, la macchina del tempo ha assunto forme diverse. All’inizio doveva essere un accrocchio laser montato in una stanza apposita, poi un frigorifero finito in un’area di test per ordigni nucleari nel Nevada, e Zemeckis raccontò in seguito che l’idea era stata scartata perché Spielberg aveva paura che i ragazzini finissero per rinchiudersi nel frigo di casa per emulazione. A un certo punto saltò fuori la DeLorean:, ci avete fatto caso che quando l’auto torna da un viaggio temporale, ha la carrozzeria ghiacciata? E’ una citazione proprio del fatto che nella sceneggiatura iniziale la macchina del tempo era costruita con un frigo.
I produttori cambiarono il frigo con l’auto e l’esplosione atomica con i fulmini: questi ultimi erano molto più economici da fare come effetto speciale.
Spielberg, 23 anni dopo avrebbe cambiato idea su quella storia dei frigoriferi e delle esplosioni nucleari: utilizzò l’idea del frigorifero e del sito per i test nucleari del Nevada nel suo film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo del 2008.

13 – Quando venne girato il film, non erano in cantiere dei seguiti. Zemeckis spiegò che altrimenti non avrebbe lasciato salire Jennifer sulla DeLorean con Marty e Doc alla fine. Non a caso, all’inizio del secondo film Jennifer – Claudia Wells non era disponibile perché sua madre si era ammalata, ed era stata sostituita da Elizabeth Shue – viene tolta di mezzo con un escamotage. La scritta “To Be Continued” che molti ricordano prima dei titoli di coda venne inserita nell’edizione in VHS, uscita quando il seguito era già in lavorazione. A proposito sei seguiti: i due sequel, pur avendo molto successo, non hanno sbancato i botteghini come il primo film. Ritorno al Futuro ha incassato negli USA nel primo anno 197 milioni di dollari, Parte II (costato più del doppio) si è fermato a 118, Parte III a 87. Il quarto film, quello che Cristopher Lloyd sognava venisse ambientato nell’Antica Roma, non si è mai concretizzato.

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12 – L’idea di un film del genere balenò nella mente di Bob Gale quando si ritrovò tra le mani l’annuario scolastico del padre. Il futuro autore di Batman e Daredevil si ritrovò a fantasticare su come sarebbe stato frequentare il papà quando era un giovincello e magari diventare suo amico.

11 – Il cognome di Biff, Tannen, è una presa in giro di Gale e Zemeckis all’ex boss della Universal Ned Tanen (una N), che aveva apprezzato talmente tanto lo script del loro 1964: allarme a New York arrivano i Beatles da buttarlo via, accusandoli di essere due antisemiti, nonostante Gale sia ebreo. L’attore che interpreta Biff, Thomas F. Wilson, raccontò di averci quasi rimesso una clavicola nella scena in cui litiga con Marty nel bar. Eric Stoltz lo colpì infatti con troppa foga, in TUTTI i ciak della scena e nonostante Wilson gli avesse raccomandato di andarci piano. L’attore meditava di vendicarsi nella scena del parcheggio durante il ballo, ma quando si arrivò a girarla Stoltz era stato già mandato via.

10 – Il cognome della famiglia di Marty era in un primo momento McDermott: solo che aveva troppe sillabe, e così Zemeckis se n’è uscito con McFly. Peccato. “Non ci cascare tutte le volte, McDermott” suonava troppo tanto benissimo.

9 – Nella prima versione dello script, la schitarrata di Marty (eseguita con una Gibson ES-335, entrata in commercio solo tre anni dopo, nel ’58, e in cui Fox cita, oltre ovviamente a Hendrix, la mimica di Angus Young degli AC/DC, la scalciata alle casse da concerto degli Who e i saltelli su una gamba di Chuck Berry) provocava una rivolta degli studenti, con tanto di ingresso in scena della polizia. Questo, e la scoperta di un “ingrediente segreto” per far funzionare la macchina del tempo, cambiavano il corso della storia, trasformando il presente di Marty, il 1985, in un mondo in cui il rock non era mai stato inventato e tutto era carburato a… Coca Cola. La Coca Cola e la polizia sono poi spariti dalla versione finale della storia, per lasciare posto… alla Pepsi. I film degli anni 80 sono stati sempre ricolmi di pubblicità e pur non arrivando al grande tripudio di loghi del suo primo seguito, anche: il primo Ritorno al Futuro venne imbottito di product placement da un apposito ufficio appena creato dalla Universal. Tra le tante offerte ricevute c’era anche l’interessamento della Coca Cola e della Shell, ma si preferirono Pepsi e Texaco perché i loro loghi nel 1955 erano molto diversi rispetto ai rispettivi loghi degli anni 80 e ciò avrebbe generato confusione. In totale i riferimenti alla Pepsi nel corso del film sono 9: il fatto che Fox fosse allora uno dei testimonial della bibita ha sicuramente influito nella scelta di tale marchio.

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8 – Nel 1955 Marty chiede a un barista una Pepsi Free, cioè una versione senza caffeina lanciata nel 1982, quello capisce che vuole da bere gratis (“free in inglese significa “senza” ma anche “gratis”) e gli risponde che non si fa credito nel suo locale. Nella versione italiana lo stesso gioco di parole non esiste e viene cambiato: McFly chiede una “Pepsi Senza”, e il barista Lou risponde “…senza che? Se vuoi dire senza pagare hai sbagliato porta”. La traduzione è abbastanza fedele, a differenza di un paio di altri scambi di battute resi oggetto di un adattamento piuttosto disinvolto. Sempre nel bar del ’55, pochi secondi prima, Marty chiede una Tab (altra bibita senza zucchero, ma della Coca Cola), il barista capisce che vuole il “conto” e gli chiede di ordinare prima qualcosa; nella versione italiana ovviamente il gioco di parole non si può fare uguale e il dialogo diventa: “Dammi una Fanta” e il barista risponde “Fanta che? Vuoi della fantascienza da bere?”.
L’altro famigerato cambio di marca italico riguarda gli slip. Lorraine chiama Marty Calvin Klein, perché legge il logo sulle mutande, ma in Italia Calvin Klein ancora nonlo conosceva nessuno, perciò si optò per un Levi Strauss, marca già famosissima in Italia.

7 – Tra le aziende che avevano pagato la produzione per inserire pubblicità del suo prodotto nel film, c’era anche una specie di “consorzio delle prugne” della California, il California Raisin Board. 50mila cucuzze per promuovere le prugne nel film. Ma l’idea di piazzare da qualche parte durante il ballo Incanto sotto il mare una tazza piena di prugne faceva lo stesso effetto delle prugne, perciò la produzione non trovò di meglio che piazzare il logo della California Raisin Board su una panchina. La panchina su cui dorme Red il barbone quando Marty torna dal 1955. Quelli delle prugne si sono leggermente arrabbiati ed hanno voluto i soldi indietro. Con John DeLorean invece tutto andò bene: era ovviamente felicissimo di vedere la sua auto co-protagonista del film e scrisse una lettera di ringraziamento a Gale e Zemeckis.

6 – Lo scambio di battute tra Marty e Doc su Reagan (“Ronald Reagan! L’attore! Eh. E il vice-presidente chi è? Jerry Lewis?”) doveva essere approvato dalla Casa Bianca, pare. Sembra che alla fine al presidente degli Stati Uniti Reagan la battuta e il film siano piaciuti parecchio, tanto che nel suo discorso annuale al congresso del 1986 citò la pellicola di Zemeckis: “Never has there been a more exciting time to be alive, a time of rousing wonder and heroic achievement. As they said in the film Back to the Future, Where we’re going, we don’t need roads”. In un making of del film, sull’edizione in DVD, si raccontava come durante una proiezione privata, arrivati a quella scena Reagan abbia chiesto di riavvolgere la pellicola per rivederla.

5 – Prima di approdare alla Universal, l’idea di Gale e Zemeckis venne rifiutata da numerose compagnie. Ma per ragioni diverse. Disney considerò troppo oscena per i suoi standard l’idea di un tizio che viene corteggiato dalla madre. Molte altre compagnie, invece, considerarono il film troppo poco osceno: ricordatevi che quelli erano gli anni de La Rivincita dei Nerds, Scuola di Polizia e Fuori di Testa.

4 – Durante le riprese del film sono state usate tre diverse DeLorean: una per le scene di guida (una DeLorean DMC-12 del 1982 taroccata con un motore Porsche per renderla più scattante), una con gli interni modificati per le riprese in cui gli attori scendevano o salivano dal veicolo, e una tutta smontata per le riprese all’interno dell’abitacolo. Nell’edizione speciale in DVD della trilogia uscita nel 2002 si parlava di un motore 4 cilindri, ma le DeLorean avevano tutte un motore V6 da 130 cavalli. Quella usata su strada era un veicolo regolarmente registrato all’equivalente americano del PRA, con targa 3CZV657 e vanity plate (la targa personalizzata ottenibile pagando un extra alla motorizzazione) “OUTATIME”. La DeLorean venne scelta perché aveva un look sufficientemente fantascientifico, specie per quelle porte ad ali di gabbiano. Quella cosa che Marty ci sbatte ripetutamente la testa contro non era prevista dal copione: uno degli sportelli era difettoso.

3 – Doc non dice mai “Grande Giove!”: il suo“Great Scott!” fu tradotto così solo nei due seguiti, mentre nel primo film è diventato “Bontà Divina!”. “Great Scott” era una espressione di sorpresa diffusa nel 19° ed in parte del 20° secolo, riferendosi a allo scrittore scozzese sir Walter Scott e successivamente al generale statunitense Winfield Scott.

2 – La scena in cui Lorraine segue Marty di nascosto a casa di Doc e il dottor Brown la saluta timidamente è l’unica volta in cui Cristopher Lloyd e Lea Thompson hanno interagito davanti ad una cinepresa, pur essendo apparsi insieme in cinque film e un film per la TV: i tre Ritorno al FuturoDennis la Minaccia (1993), il corto Haunded Lighthouse (2003) e The Right to Remain Silent (1996).

1 – Ritorno al Futuro è stato il film di debutto per Billy Zane: è Match, uno degli sgherri di Biff. Un anno prima di Critters gli extraroditori e dodici prima di fare la parte del cattivo nel film Titanic di James Cameron con Leonardo DiCaprio.

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Il motore di ricerca Microsoft ha un pene nello sfondo

MEDICINA ONLINE bing-pene-sfondo-microsoft PENIS.jpgNella giornata di ieri il motore di ricerca Bing.com, di proprietà di Microsoft, è diventato oggetto di numerosi post divertenti all’interno dei social network per via dello sfondo che mostrava nella homepage. Una delle caratteristiche di questo motore di ricerca è proprio quella di mostrare ogni giorno uno sfondo differente. Per la giornata di ieri, giovedì 17 agosto, il team del colosso di Redmond ha scelto di mostrare la spiaggia dell’isola di Brac, in Croazia.

Tuttavia gli utenti sono stati colpiti da un particolare che ha reso l’immagine virale. Nel dettaglio, analizzando l’immagine, un gruppo di utenti ha notato un pene disegnato sulla sabbia. La notizia è stata subito diffusa attraverso i social network come Twitter e Facebook e in poche ore il motore di ricerca ha subito un’impennata negli accessi proprio per via di questo strano dettaglio che i responsabili di Microsoft non avevano notato.

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Numerose le pagine Facebook che hanno riproposto lo screenshot della homepage di Bing.com con la forma fallica disegnata sulla sabbia. Una volta ricevuta la segnalazione il team di Microsoft ha provveduto a modificare l’immagine e ad eliminare il pene spiaggiato dallo sfondo del noto motore di ricerca.

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Differenza tra abbazia e monastero con esempi

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA MONASTERO ABBAZIA ESEMPI.jpgUn monastero è un edificio comune dove vive una comunità di monaci o monache, sotto l’autorità di un abate o di una badessa. I monasteri non costituiscono un ordine religioso: ognuno di essi può essere una comunità a parte, oppure fare parte di confederazioni, con alcune funzioni di coordinamento e di mutuo aiuto. Il monastero è stato per molti secoli una piccola città, con la tendenza ad essere autosufficiente dal punto di vista economico. I monaci vivono una vita di preghiera e di lavoro, spesso manuale. Un esempio di monastero è quello dei Benedettini di San Nicolò l’Arena (il cui interno vedete nella foto in alto), è un complesso ecclesiastico del XVI secolo situato in piazza Dante nel centro storico di Catania, costituito da un importante edificio monastico benedettino e da una monumentale chiesa settecentesca.

L’abbazia è un particolare tipo di monastero; l’abbazia per il diritto canonico è un ente autonomo: il complesso abbaziale, gli edifici in cui essa vive ed i territori circostanti che rientrano sotto il suo controllo, possono essere considerati come una comunità religiosa. Le abbazie possono trovarsi o no all’interno di una diocesi: nel caso in cui non lo siano vengono denominate nullius dioecesis e di fatto assumono loro stesse il ruolo di diocesi. Quindi la differenza principale sta proprio nel fatto che l’Abbazia e il territorio circostante sono sotto il diretto controllo dell’Abate o della Badessa. Un esempio famoso è l’abbazia di Melk, una abbazia benedettina che si trova appunto nella città di Melk in Austria, uno dei più famosi siti monastici del mondo.

I monasteri possono anche diventare abbazia, ad esempio il monastero reale di Santa María de El Paular (Real Monasterio de Santa María de El Paular in spagnolo) a Rascafría (Madrid) fu per 450 anni un monastero certosino, a partire dalla fondazione nel 1390. Dal 1954 è un’abbazia benedettina e lo è anche oggi.

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Il cervello umano: alcune sorprendenti capacità e curiosità

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma CERVELLO 75% DI ACQUA Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Pancia Sessuologia Sessualità Sex Filler BotulinoIl cervello, organo principale del sistema nervoso centrale, è un tema che interessa gli studiosi da molto tempo. Nell’uomo l’attività del cervello, studiata dalle neuroscienze, dà vita alla mente e più in generale alla psiche. Si tratta di un organo straordinario che non è stato ancora compreso del tutto, essendo il più complesso e misterioso che abbiamo. Questo organo delicato interviene in modo diretto o indiretto in tutti i processi dell’organismo: regola le funzioni omeostatiche come i battiti del cuore, il bilanciamento dei fluidi, la pressione sanguigna, l’equilibrio ormonale e la temperatura corporea, ed è responsabile del movimento, la cognizione, l’apprendimento, la memoria e le emozioni umane.

Alcune sorprendenti curiosità sul nostro cervello:

  1. Il cervello è più attivo quando dormiamo rispetto a quando siamo svegli. Anche se sembra strano, il cervello si fa più dinamico proprio quando il corpo riduce la sua attività. Il cervello, infatti, lavora di più durante il sonno. Quello che accade è che le funzioni usate durante il periodo in cui si è svegli e quelle usate quando si dorme si trovano in due zone diverse di quest’organo.
  2. Le informazioni, nel cervello, possono viaggiare ad una velocità di 430 km all’ora.
  3. Il cervello usa circa il 20% dell’ossigeno che ci serve per vivere e riceve il 20% del sangue che circola nel nostro corpo. Per il 75% è composto di acqua (da qui uno dei motivi per mantenersi sempre idratati – evitare di rallentare la mente) e il 12% da grasso. Quello di un neonato cresce in volume di tre volte nel primo anno di vita. E smette di crescere intorno ai 18 anni.
  4. Il cervello “produce” circa 70 mila pensieri al giorno.
  5. È l’organo principale della sessualità. Soltanto i delfini e gli esseri umani fanno sesso per piacere. Durante i rapporti sessuali, il cervello libera delle sostanze che stimolano il piacere. L’attrazione e l’intensità del piacere dipendono principalmente dalla chimica mentale.
  6. Spegnimento automatico. Il cervello umano ha la capacità di spegnere automaticamente la percezione in caso di odori forti. (L’odore è il ricordo che si fissa meglio in questo organo)
  7. Ridere di una barzelletta o di uno scherzo non è un compito semplice. Ridere quando si sente una battuta umoristica attiva cinque aree diverse del cervello.
  8. Il cervello degli uomini è più grande di quello delle donne. Gli studi rivelano che quello maschile pesa 1.35 Kg, mentre quello femminile pesa 1.21 Kg. Questo non incide in nessun modo sull’intelligenza – la prova è che il cervello dell’Uomo di Neanderthal era molto più grande di quello degli uomini di oggi.
  9. Non sente dolore. Il cervello permette all’organismo di percepire il dolore, ma lui non lo sente.
  10. Il cervello è l’organo del corpo che ha più bisogno di ossigeno. Circa il 20% dell’ossigeno e delle calorie che entrano nel corpo vengono utilizzati da questo organo. Può vivere da 4 a 6 minuti senza ossigeno, e poi comincia a morire. Niente ossigeno per 5 o 10 minuti si traduce in danni cerebrali permanenti.
  11. Le lezioni di musica aumentano notevolmente l’organizzazione del cervello e la capacità di bambini e adulti.
  12. L’Università americana Harvard contiene un magazzino con 7 mila cervelli conservati lì per ricerche scientifiche.

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Arancia meccanica (1971): Stanley Kubrick ed il suo lavoro maniacale

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-morte-per-mancanza-di-sonno-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecografia-pulsatNel 1963 lo sceneggiatore Terry Sothern, durante la realizzazione de “Il Dottor Stranamore”, diede a Stanley Kubrick una copia del libro “Arancia Meccanica”, scritto da Anthony Burgess.

“Dovresti leggerlo Stanley, è straordinario” gli disse Sothern. Kubrick lo lesse ma non ci capì nulla…Il problema era la lingua, il Nadsat, la lingua che Burgess aveva inventato per il romanzo. Kubrick pensò: “Nessuno lo leggerà. Nessuno lo guarderà, nessuno lo capirà”. E così inizialmente rifiutò l’idea del progetto.

Ma Stanley era un innovatore, un “camaleonte” del cinema; ogni film affrontava un genere diverso, un periodo diverso, una storia diversa, un rischio diverso. Nel 1970, Stanley voleva superare se stesso; a Stanley non interessava la normalità, lo annoiava a morte.

Voleva realizzare “il più grande film sui giovani”. Fece scrivere a Burgess, l’autore del libro, la sceneggiatura per il film, ma la gettò poco dopo. Pensò che avrebbe potuto fare di meglio da solo.
Disse: “Ho il libro, non devo far altro che seguirlo”. Quindi invece di portarsi dietro una sceneggiatura, portava con se il libro.

“Arrivava sul set, apriva il libro e diceva: “Bene, pagina 27. Oggi facciamo questa. Come la facciamo?”
E poi si sedeva li con gli attori e i tecnici per trovare il modo in cui farla.” (John Baxter – autore della biografia del regista)

Quando Kubrick iniziò le riprese, decise di rimanere estremamente fedele al romanzo; decise di mantenere il Nadsat, quella strana lingua che secondo Stanley, almeno inizialmente, nessuno avrebbe nè accettato nè capito.

Stanley notò Malcolm McDowell nel film drammatico “Se”.
Aveva quell’aspetto fanciullesco e amabile nonostante una “natura cattiva” che per Kubrick era la chiave di tutto. Malcom riusciva ad essere uno squilibrato mentale in maniera stupefacente. L’altra e unica persona che fu presa in considerazione, anche se successe prima dell’arrivo di Kubrick, fu Mick Jagger.

Jagger avrebbe dovuto interpretare Alex e gli altri membri dei Rolling Stones sarebbero dovuti essere i restanti drughi. Ma Kubrick non ci stava; disse che se Malcolm McDowell non fosse stato disponibile, non avrebbe fatto il film.

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“Conobbi Stanley, perche aveva visto “Se”
Mi disse di averlo visto 5 volte e non so se fosse vero. Andai ad incontrarlo, insomma, facemmo una bella chiacchierata. Parlammo per 45 minuti o un’ora, del più e del meno.

Alla fine dissi: “Mi volevi per qualcosa in particolare?” e lui ripose: “beh, c’è un libro che sto pensando di adattare per il cinema.” ed io dissi: “oh, che libro?” e lui: “Beh, sai preferisco non dirlo.” io dissi: “oh capisco. beh, lo devo leggere o no?” e lui: “Hai mai letto “arancia meccanica?” Ed io: “no. Lui disse: “beh leggilo e chiamami”. Comunque, alla fine del nostro colloquio potei constatare quanto fosse paranoico. Voleva propormi una sceneggiatura dandomene solo la copertina! Dopo avergli giurato di mantenere il massimo riserbo sul progetto me la diede. Lessi Arancia Meccanica una volta. Non capii nulla. La lessi una seconda volta: era geniale e il personaggio di Alex un’occasione incredibile. Capii che se io avessi fatto la mia parte, lui avrebbe reso il film eccezionale. Così fu. (Malcolm Mcdowell).

Stanley dedicava molto tempo alle prove; spesso la troupe veniva convocata alle 6 del mattino e veniva congedata a mezzanotte.

“Non ho visto i miei figli per un sacco di tempo. Erano a letto quando uscivo e anche quando rientravo. Non c’era tregua. Non ci diceva mai: “stasera non si lavora”. Oppure: “Facciamoci una birra e parliamo del film”. (Bill Butler – Montatore)

Stanley voleva rendere il suo film il più realistico possibile; nella scena in cui Alex è sottoposto alla terapia dell’avversione, per mantenere gli occhi aperti dell’attore, decise di procurarsi le famose graffette di metallo.

Malcolm se ne stava seduto con la camicia di forza, con queste graffette che gli tenevano gli occhi spalancati. Dopo 30 Ciak, con gli occhi ancora bloccati dalle graffette, Malcolm fu preso dal panico; urlò e si arrabbiò e diede uno strattone con le braccia per cercar di liberarsi dalla camicia di forza, ma così facendo urtò contro una delle graffette. Si graffiò una cornea e si procurò un dolore infernale.

Nella scena in cui viene preso e brutalizzato dai suoi vecchi amici, la testa di Malcolm fu immersa in un abbeveratoio per maiali. Kubrick fece colorare l’acqua usando degli estratti di carne. Dopo 27 ciak in cui veniva inzuppato in questo schifoso brodo freddo, Malcolm esausto disse che il solo odore di quella roba, l’avrebbe disgustato per sempre.

La scena dell’aggressione nella villa dello scrittore Frank Alexander e di sua moglie, fu girata per 5/6 giorni di fila. Kubrick non era soddisfatto, credeva che la scena fosse piatta, statica e non funzionasse. Durante una conversazione con Malcolm Mc Dowell, chiese all’attore: “Conosci qualche canzone?” Malcolm rispose: “si,. Singin’ in the rain”. e Kubrick disse: “Ok aspetta un minuto”.

“Provammo questa sequenza per giorni ma non funzionava. Poi ad un tratto vidi Malcolm ballare e cantare “Singin’ in the rain” e allora dissi: Ma che facciamo? Che cos’è ? Un musical?.
In quel momento Stanley cominciò a filmare, io gli dissi: “Stanley dobbiamo chiedere il permesso, è una canzone famosa. E lui: “sali in macchina”.

Tornammo ad Abbot’s Mead e comprò i diritti di “Singin’ in the rain” per una cifra intorno ai 10.000 dollari per 30 secondi di scena. Comunque, comprò i diritti, tornammo sul set ed iniziammo le prove…fu la svolta.” (Bernard Williams produttore)

La musica di Beethoven e Rossini, non è una semplice colonna sonora a corredo di una storia, per sottolinearne magari alcuni toni e momenti. E’ uno strumento portante per definire e completare i contenuti, quanto mai legata e funzionale alle immagini, in totale simbiosi con esse.

Arancia Meccanica, come quasi tutti i film di Stanley Kubrick, ha segnato in maniera indelebile l’immaginario cinematografico. Sono molte le leggende intorno all’uscita di Arancia Meccanica. Quando uscì, fu largamente screditato e ritenuto estremamente sgradevole.

In Gran Bretagna nel 1974, Kubrick fu costretto a ritirare la pellicola per le continue minacce ricevute da chi lo accusava di aver creato una macchina che avrebbe solo alimentato la violenza. Chi acclama l’opera come un capolavoro si esalta di fronte al tentativo di Kubrick di difendere la libertà di scelta dell’uomo, anche di sbagliare.

Luis Buñuel ha detto di Arancia Meccanica che è “l’unico film in grado di spiegare davvero cosa sia il mondo moderno”. E a riguardarlo oggi, dopo quarantacinque anni, Arancia Meccanica sembra davvero il ritratto del nostro mondo.

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