Le 10 fasi (più una) che accomunano tutti i fumatori: prima parte

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FUMA SIGARETTA NICOTINA TABAGISMO TOSSICODIPENDENZA OCCHIALI DA SOLE UOMOQuelle che vi sto per descrivere sono, secondo l’esperienza mia e di amici e pazienti fumatori, ex fumatori e mogli/mariti di fumatori, le fasi che attraversa (quasi) chiunque quando passa dallo stato di “non fumatore” al classico “un pacchetto al giorno” fino all’auspicabile “ho smesso di fumare”. Questo articolo è sia per i lettori fumatori che, credo, si ritroveranno facilmente in almeno una delle fasi, ma anche per i non fumatori: voglio dar loro uno “spaccato” della – assurda e in perenne contraddizione con se stessi – vita da fumatore in modo che possano comprendere meglio come funziona la trappola del fumo e magari aiutare una persona cara a smettere di fumare.

1) Fase “Io non diventerò mai un fumatore”
Al liceo andavo al mitico Giulio Cesare di Roma. All’epoca erano presenti vari giornali scolastici fatti dagli studenti, uno di questi era il “No surrender” su cui a volte scrivevo anche io. Uno degli articoli che ho scritto riguardava proprio i danni dal fumo e di quanto io fossi estremamente contrario alle sigarette. Poco più di un anno dopo, durante una gita scolastica a Venezia, mi sono ritrovato a fumare la mia prima sigaretta, spinto da una mia compagna di classe fumatrice. Questo per dirvi che non conta quanto voi siate maldisposti verso le sigarette: tutti i fumatori prima erano non fumatori, ma basta fare qualche tiro per ritrovarsi nel circolo vizioso della tossicodipendenza da nicotina, che dura potenzialmente tutta la vita.

2) Fase “Solo una sigaretta per provare”
Capita il giorno in cui tutti fumano e tu non vuoi essere da meno. Capita che la ragazza o il ragazzo che ti piace fuma e tu non vuoi essere da meno. Capita che il tuo migliore amico fuma ed è più “figo” di te e tu non vuoi essere da meno. Allora fumi la tua prima sigaretta, di solito nel fragore di una tosse esagerata. Pensi che ne vuoi provare solo una, per curiosità, tanto tu non diventerai mai un vero fumatore: a una persona sveglia come te non potrà mai succedere. Ed invece è già successo: non sempre ma molto spesso basta una sola sigaretta per innescare un circolo vizioso che può durare tutta la vita.

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3) Fase “Ne fumo poche, non diventerò mai dipendente dal fumo”
Dopo la prima sigaretta di solito capita che il soggetto non compri le sigarette visto che lui si sente convinto di essere un “non fumatore”. Quello che il soggetto fa è “scroccare” una sigaretta ogni tanto ai suoi amici, che dopo un po’ cominceranno a dirgli “basta fregarmi le sigarette, perché non te le compri?”. Il soggetto fuma poco, a volte può capitare che durante la settimana non fumi per poi farsene un paio il sabato sera. Questo alimenta in lui la convinzione di non essere un “un vero” fumatore perché lui riesce a controllarsi al contrario di tutti i suoi amici che invece fumano abitualmente. “Io fumo solo in occasioni speciali o la sera quando esco con gli amici, un pacchetto mi dura dieci giorni, io non sono un fumatore vero, e poi fumo pure le sigarette light che fanno meno male”. Frasi sentite mille volte, specie dai più giovami. Aiutato da questa convinzione decide, per non sentire i suoi amici lamentarsi, di comprarsi le sigarette. Ma non il pacchetto da 20 (“quello è da veri fumatori”) bensì quello da 10 che è “più adatto alle mie esigenze di non fumatore che fuma solo un paio di sigarette ogni tanto”.

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4) Fase “Da 5 a 10 a 20 sigarette al giorno”
La nicotina è una droga che crea dipendenza, assuefazione e, se negata al corpo, astinenza. Nella maggioranza dei casi ciò porta il fumatore “del sabato sera” ad aumentare sempre più la quantità di sigarette. In un arco di tempo estremamente variabile, e senza rendersene conto, si passa quindi dalle sigarette del week-end, al pacchetto da dieci sigarette ed infine a quello da venti, in alcuni casi perfino quest’ultimo diventa insufficiente a coprire il “fabbisogno giornaliero di nicotina”. Negli ultimi mesi della mia dipendenza io sono arrivato a fumare circa 25 sigarette al giorno. Di solito in questa fase di crescita del consumo, il soggetto è maldisposto ad ammettere agli altri, e soprattutto a se stesso, che non può fare a meno di fumare. Il risultato è che nell’uscita serale con gli amici dice agli altri e si autoconvince che se lui vuole può anche decidere di non fumare quella sigaretta che ha appena preso in mano. Per orgoglio non la fumerà ma nella sua testa per il resto della serata la voglia di fumare sarà altissima come anche il nervosismo. Nessuno riuscirà a convincere un fumatore ottuso che quella voglia e quel nervosismo sono nient’altro che i sintomi dell’astinenza dalla nicotina, esattamente come un eroinomane in astinenza da eroina ha voglia di farsi ed è nervoso.

5) Fase “Sono un fumatore, lo ammetto”
Per leggere questa fase e le successive, continua la lettura con: Le 10 fasi (più una) che accomunano tutti i fumatori: seconda parte

I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, pensati per il fumatore che vuole smettere di fumare o che ha smesso da poco. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Il momento migliore per smettere di fumare è ADESSO: il fumatore vive 11 anni di vita in meno

MEDICINA ONLINE SIGARETTA ELETTRONICA FUMARE NICOTINA FUMO SMETTEREA volte i miei pazienti che fumano mi chiedono quale sia il momento migliore per smettere di fumare.

La risposta politically correct è ovviamente che è meglio farla finita col fumo in un momento di grande tranquillità mentale e fisica: dire addio alle sigarette e sopportare i sintomi dell’astinenza è ovviamente più difficile quando attraversiamo momenti di stress.

La risposta giusta, quella che mi verrebbe da rispondere in un ipotetico mondo ideale, è ORA. SMETTI SUBITO DI FUMARE! SPEGNI IMMEDIATAMENTE LA SIGARETTA CHE HAI ORA IN BOCCA E BUTTA IL PACCHETTO CHE HAI IN TASCA!

Smettere di fumare è sempre la scelta migliore da fare a qualsiasi età.  Una volta venne da me un paziente anziano e mi disse: “Dottore ormai ho quasi 80 anni, perché dovrei smettere proprio ora che mi rimane poco da vivere?”. Io risposi “Se smette la sua vita si allungherà: se davvero è sicuro di avere poco da vivere anche solo questa possibilità dovrebbe bastarle per smettere subito!”.

Smettere di fumare da “grandi” è cosa importantissima ma smettere da “piccoli” è ancora meglio. Ricordate che la cosa veramente migliore da fare è smettere IL PRIMA POSSIBILE: prima si smette e maggiori saranno i vantaggi a lungo termine sulla nostra salute.

A dimostrare quanto poc’anzi affermato i ricercatori inglesi della prestigiosa Università di Oxford che, tra il 1996 ed il 2001, avrebbero reclutato quasi 1.300.000 donne inglesi, tutte nate tra il 1938 ed il 1960, delle quali avrebbero fatto parte fumatrici (il 20% del campione analizzato), ex – fumatrici (il 28% del campione analizzato) e non fumatrici (il 52% del campione analizzato).

Tutte, durante gli anni della sperimentazione scientifica oggi alla nostra attenzione, sarebbero state accuratamente esaminate e, successivamente, catalogate sulla base dell’abitudine al fumo, delle sigarette consumate quotidianamente, degli anni trascorsi dall’accensione della prima sigaretta e dal consumo dell’ultima sigaretta, delle patologie preesistenti, delle malattie ereditarie o genetiche, dello stato di salute al momento della raccolta dei dati, dell’età, dell’abitudine a consumare alimenti salutari e a fare attività fisica.

Codesti parametri sarebbero poi stati accuratamente riesaminati a tre e otto anni di distanza dalla conclusione dello studio vero e proprio.

Ebbene, come dichiarato dagli esperti della rivista scientifica The Lancet che, in questi giorni, avrebbe avuto l’opportunità di pubblicare i risultati della sperimentazione condotta ad Oxford, smettere di fumare prima dei trent’anni equivarrebbe ad eliminare qualsiasi rischio legato al fumo e a vivere quanto i propri coetanei, smettere di fumare intorno ai trent’anni equivarrebbe, in media, a perdere un mese della propria vita e smettere di fumare prima dei 40 anni equivarrebbe a morire 12 mesi prima dei propri coetanei.

Non smettere di fumare o, ancora, smettere di fumare ben dopo i 40 anni, invece, avrebbe le più catastrofiche conseguenze giacché chiunque ricadrebbe in codesta categoria potrebbe morire con ben 11 anni di anticipo rispetto ai propri coetanei non fumatori.

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Fumi le sigarette “light” perché fanno meno male? Grande errore

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FUMA SIGARETTA NICOTINA TABAGISMO TOSSICODIPENDENZA UOMOLe sigarette “light” (che ora hanno preso i nomi più vari per evitare fuorvianti interpretazioni di minore pericolosità, ad esempio le Camel hanno preso la denominazione di “Blu” al posto di “light”) non solo non fanno meno male delle sigarette “standard”, anzi sono ancora più dannose delle normali. La conferma arriva dall’autorevole Asco (Società americana di oncologia clinica di Chicago): la pericolosità delle bionde “leggere” è nettamente superiore a quella delle sigarette normali. Le sigarette light danno l’illusione, soprattutto ai giovani, di poter farne utilizzo rischiando meno il cancro ai polmoni, un miraggio però costantemente svelato dagli studi che da anni pongono l’accento sul fatto che in realtà le light siano ancora più deleterie delle sigarette senza filtri.

Meno chimica, ma aspirata più a fondo

L’equivoco purtroppo sta nel contenuto di nicotina, catrame e vari agenti chimici realmente inferiore nelle sigarette “light” rispetto alle “normali”. Il problema risiede nel fatto che essi, pur essendo di livello inferiore delle sigarette “standard”, vengono assimilati in modo più invasivo proprio perché per ottenere gradimento dalla sigarette, è necessario aspirare più profondamente. Il “gradimento” è tanto maggiore quanto è alto il contenuto di nicotina e visto che il corpo ha memoria della quantità di nicotina assunta mediamente, i fumatori che passano dalle sigarette standard alle light sono inconsciamente necessitati a consumare più sigarette e a fare tiri più profondi per raggiungere il quantitativo medio di nicotina a cui sono abituati. Avete presente quando da sempre fumate sigarette standard e di colpo passate a quelle leggerissime? Le sigarette “non sanno di niente”. Quel “non sanno di niente” non significa che il fumo prodotto dalla combustione è meno saporito, significa invece che dentro c’è poca nicotina e il fumatore (che è né più né meno che un tossico-dipendente, cioè dipende da una sostanza tossica) ha bisogno di ottenerne di più per calmare la voglia di fumare (cioè i sintomi di astinenza) e fuma più sigarette e più profondamente.

Leggi anche: Qual è il momento migliore per smettere di fumare?

Nella profondità dei bronchi

Riporto le parole di Cesare Gridelli, direttore del Dipartimento di onco-ematologia dell’ospedale Moscati di Avellino : ”Il maggiore utilizzo di sigarette con filtro e di tipo light ha portato il fumatore ad aspirare più profondamente per ottenere un maggiore livello di soddisfazione, facendo si che il fumo e i suoi agenti cancerogeni arrivino nella parte più in profondità dell’albero bronchiale dove insorge tipicamente l’adenocarcinoma.
Secondo le ultime statistiche, la forma più comune di tumore del polmone (definita ‘non a piccole cellule non squamoso’) è in netto aumento rispetto agli altri istotipi. L’incremento degli adenocarcinomi, che sono la gran parte dei tumori non squamosi, è proprio legato a due fattori principali: l’aumento dell’incidenza della malattia in donne non fumatrici, a causa di fattori genetici e ormonali, e il cambiamento delle abitudini al fumo che vede, appunto, un utilizzo sempre maggiore di sigarette light.

I migliori prodotti per smettere di fumare

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Per quali motivi si ingrassa dopo aver smesso di fumare?

MEDICINA ONLINE DIETA UOMO PANCIA GRASSO DIMAGRANTE GRASSI CALORIE ATTIVITA FISICA SPORT DIMAGRIRE PERDERE PESODietro la difficoltà nel dire addio alle sigarette c’è spesso la paura di ingrassare. E in effetti la nicotina, la sostanza che crea la dipendenza dal tabacco, è anche tra i maggiori responsabili del temuto aumento di peso nel momento in cui cessa di essere assunta, cioè quando si smette di fumare.

Molti addirittura non smettono di fumare per la paura di ingrassare! Purtroppo non si tratta di una paura del tutto infondata, visto che sono numerosi gli studi che hanno dimostrato che quando si dice addio alle sigarette si tende ad accumulare dei chili di troppo, alcuni dicono 2 kg, altri dicono 6 kg. Io quando ho smesso di fumare sono aumentato di circa 10 kg in sei mesi e sono tornato ai livelli precedenti dopo circa un anno e mezzo rispetto a quando avevo smesso, ma solo con una dieta ipocalorica ferrea ed aumentando l’attività fisica.

Leggi anche: Smettere di fumare: quanto e per quanto tempo ingrasserò? L’esperienza mia e dei miei pazienti

Vi dico subito che smettere di fumare (sia le sigarette tradizionali che le elettroniche con nicotina) è la cosa migliore che voi possiate fare nella vostra vita quindi la paura di ingrassare non vi deve bloccare dal tentare di smettere! Come dicevo io stesso sono ingrassato di 10 kg, eppure in pochi mesi – con un po’ di impegno – sono riuscito a riperderli tutti tornando al mio peso forma. Quando faccio smettere un mio paziente, gli dico di concentrarsi inizialmente solo allo smettere di fumare, anche a costo di prendere qualche kg di massa grassa in più: sono successivamente, quando i sintomi di astinenza diminuiranno, cominceremo insieme un programma per tornare al peso forma.

Perché si ingrassa dopo aver smesso di fumare?

In questo articolo cominciamo con capire quali sono i motivi che ci fanno ingrassare dopo aver smesso, in modo che successivamente sapremo come muoverci per ritrovare il nostro peso forma. I motivi per cui ingrassiamo dopo aver smesso di fumare sono molteplici:

1) VIENE A MANCARE L’AUMENTO DEL METABOLISMO: SI BRUCIANO MENO CALORIE
Molti studi condotti sull’argomento hanno dimostrato che un adulto fumatore medio (10-12 sigarette al giorno) nel momento in cui smette di fumare ha una riduzione del metabolismo di circa 200 calorie quotidiane. Smettere di fumare un pacchetto di sigarette al giorno sembra che lo diminuisca di quasi 400 calorie! Ciò si spiega facilmente: la nicotina è un alcaloide facilmente assorbito dall’organismo che, oltre ad indurre dipendenza, esercita un potente effetto di accelerazione del metabolismo. Chi fuma brucia un po’ di calorie in più, rispetto ad un NON fumatore di uguale costituzione, dieta ed esercizio fisico. Un’azione che sembrerebbe simile a quella della caffeina, un altro noto stimolante del metabolismo, ma così non è. Il caffè ha un effetto transitorio, ed è tanto più stimolante quanto più il suo consumo è sporadico, altrimenti l’organismo si assuefà diminuendone l’efficacia. Al contrario, la nicotina accelera il metabolismo finché si ha l’abitudine al fumo e quando si smette inevitabilmente il metabolismo rallenta. Facendo i dovuti distinguo, è un po’ come succede agli ipertiroidei quando vengono “normalizzati” dai farmaci o agli sportivi che si mettono a condurre una vita sedentaria: il dispendio energetico diminuisce bruscamente ma le abitudini alimentari rimangono le stesse. E, inevitabilmente, l’ago della bilancia sale.

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2) VIENE A MANCARE L’AZIONE ANORESSIZZANTE: AUMENTA L’APPETITO
La nicotina ha un’azione anoressizzante di conseguenza una volta abbandonate le sigarette l’appetito giustamente aumenta. L’appetito aumenta anche per motivi legati alla chimica delle ghiandole salivari e delle papille gustative.

3) VIENE A MANCARE IL GESTO DI INTRODURRE QUALCOSA IN BOCCA
Gli ex fumatori lo sanno bene: esiste anche un fattore psicologico che può contribuire all’aumento di peso e riguarda l’aspetto orale del fumo. Si ha la necessità di sostituire la sigaretta con qualcos’altro, col rischio di “mangiucchiare” in continuazione, aumentando così l’introito energetico.

4) IL NERVOSISMO CI INDUCE A MANGIARE ALIMENTI GUSTOSI ED IPERCALORICI
Non appena la nicotina entra in corpo, questa viene rapidamente diffusa dalla circolazione sanguigna, tramite la quale arriva al sistema nervoso. In genere, giunge al cervello in circa sette secondi, dove agisce sui recettori dell’acetilcolina. A basse concentrazioni aumenta l’attività di questi recettori portando ad un aumento della produzione di adrenalina, un ormone stimolante. A concentrazioni elevate la nicotina blocca il recettore dell’acetilcolina e questa è la ragione della sua tossicità e della sua efficacia come insetticida. Oltre a ciò, la nicotina aumenta il livello di dopamina nei circuiti cerebrali del piacere. Questa genera una sensazione di piacere con un meccanismo analogo a quello innescato dalla cocaina e dall’eroina. La dipendenza da nicotina è quindi legata anche alla necessità biochimica di mantenere elevati livelli di dopamina. Quando si smette di fumare, calano i livelli di dopamina e ci sentiamo nervosi così cerchiamo tutti quegli alimenti che riportano in alto la concentrazione di molecole che ci fanno stare bene: i cibi ipercalorici!

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5) LE CELLULE DELLA LINGUA RINASCONO: SI SENTONO MEGLIO I SAPORI
Le papille gustative subiscono una modificazione nei fumatori e diventano meno attive, quindi i sapori si sentono meno bene. Smettendo di fumare si sentono meglio i sapori e purtroppo un bel piatto di pasta al sugo diventa in pochi giorni decisamente molto più gustoso di quando si fumava, invogliandoci a mangiarlo!

6) VIENE A MANCARE L’AZIONE ANTIDEPRESSIVA DELLA NICOTINA
La nicotina contenuta nelle sigarette agisce come antidepressivo tramite la stimolazione del rilascio di dopamina e norepinefrina; in aggiunta, la nicotina sembra esercitare un effetto antidepressivo per mezzo della desensibilizzazione dei recettori della nicotina a seguito della tolleranza. Anche la Vareniclina, un farmaco che agisce sui recettori della nicotina utilizzato per eliminare la dipendenza da nicotina (come il farmaco Champix) ha mostrato proprietà antidepressive. Quando si smette di fumare, il venire a mancare l’effetto antidepressivo della nicotina può determinare uno stato depressivo nel paziente. Dal momento che l’atto di mangiare, specie cibi grassi e ipercalorici, induce il rilascio di molecole che inducono sensazioni piacevoli come la dopamina, l’ex fumatore tende a mangiare di più per ripristinare le scorte di dopamina a cui era abituato quando fumava ed evitare lo stato depressivo. Per lo stesso motivo quando si smette di fumare aumenta il rischio di sviluppare comportamenti compulsivi, come masturbazione compulsiva, gioco d’azzardo e shopping compulsivo, tipici comportamenti che determinano un forte rilascio di dopamina.

Vi sono altri motivi per cui si ingrassa dopo aver smesso di fumare ed esiste una correlazione tra il numero di sigarette fumate ed i chili presi; per approfondire leggi la seconda parte dell’articolo: Per quali motivi si ingrassa dopo aver smesso di fumare? (seconda parte)

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Trovati metalli pesanti cancerogeni ed arsenico nei liquidi delle sigarette elettroniche

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SIGARETTA ELETTRONICA FUMARE NICOTINA FUMO SMETTERELe sigarette elettroniche continuano a farci porre tanti interrogativi sui possibili danni derivati dal loro utilizzo e, soprattutto, dalla legalità delle sostanze contenute nel liquido che le compone. Come chi mi segue da qualche tempo ha già intuito, il sottoscritto è contrario alle sigarette elettroniche anche se ammette candidamente che, se proprio non volete smettere, è meglio svapare che fumare una sigaretta tradizionale (esattamente come è meglio tagliarsi un dito piuttosto che un braccio!).

A tal proposito è di questi giorni il primo rapporto sulla tossicità delle sigarette elettroniche. Si tratta di uno studio congiunto fra ricercatori italiani e studiosi greci, pubblicato sulla rivista internazionale “Inhalation toxicology“. Dopo aver analizzato il vapore delle sigarette elettroniche provenienti da ventuno liquidi disponibili in commercio e averlo applicato a cellule umane, prime fra tutte quelle polmonari, sono stati confrontati i dati con il fumo di tabacco delle sigarette tradizionali e ben venti campioni hanno dato esiti di non tossicità. Questo studio sembrerebbe indicare che 20 volte su 21 il vapore delle sigarette elettroniche è meno citotossico rispetto al tabacco delle sigarette normali.

Sul fatto che l’elettronica sia meno dannosa rispetto alla tradizionale potrei anche concordare (anche se i dati a disposizione sono ancora esigui). Quello su cui io invece non sono assolutamente d’accordo è invece il fatto che la e-cig possa essere realmente un vero strumento per smettere del tutto di fumare. Per una persona che dice di aver smesso con l’elettronica ne sento almeno dieci che mi dicono che non solo non hanno smesso, ma addirittura in alcuni casi provare a smettere svapando sia stata controproducente.

Riguardo a tale fatto vi propongo di leggere questo mio articolo.

Torniamo a noi ed all’allarmante titolo di questo articolo. Dopo aver capito che non è scontato che il loro consumo possa effettivamente aiutare i dipendenti da nicotina a dire “basta” alla “bionda”, e dopo che il Governo si è trovato a dover regolarizzare anche il loro utilizzo nei luoghi pubblici, nasce ora un nuovo allarme lanciato dalla rivista Salvagente che ha autonomamente deciso di far analizzare le sei diverse tipologie di liquido in commercio dal laboratorio dell’Università Federico II di Napoli.

I risultati degli esami si sono rivelati sconcertanti: all’interno dei campioni sono state trovate consistenti tracce di metalli pesanti tossici o peggio, cancerogeni come piombo, cadmio, cromo e arsenico.

“I valori – ha spiegato il procuratore di Torino Raffaele Guariniello – sembrerebbero molto elevati, in special modo in un campione, nel quale la concentrazione di arsenico sarebbe più elevata di quella ammessa per l’acqua potabile. Valuteremo attentamente, ma il vero problema è che in assenza di una normativa di riferimento, che stabilisca le sostanze ammesse e i relativi limiti, nelle ricariche può finire di tutto“. Una situazione definita dal giornale “fuori controllo perchè, oltre a una completa assenza di regolamentazione di settore, mancano anche i controlli”.

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Fumi durante la gravidanza? Ecco cosa rischia tuo figlio

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO GRAVIDANZA PANCIA MATERNITA MAMMA GINECOLOGIA CONCEPIMENTO PARTO PANCIONE FIGLIO MADRESto per dire una cosa ovvia: se fumare fa male, fumare durante la gravidanza fa doppiamente male perché tutto quello che di negativo noi respiriamo giunge al feto con una potenza esagerata essendo quest’ultimo un organismo in via di formazione e perciò sensibilissimo agli agenti lesivi. Gli effetti negativi dell’esposizione al fumo di tabacco durante la vita fetale sono dovuti essenzialmente a due motivi:

  1.  l’ipossia (diminuzione di Ossigeno disponibile nel sangue e nei tessuti) indotta dall’Ossido di Carbonio (CO) derivante dalla combustione, e che passa attraverso la placenta nell’organismo del feto, nonché dall’azione vasocostrittrice della nicotina;
  2. la presenza nel fumo di circa 4.000 sostanze, di cui molte cancerogene e potenzialmente responsabili di allergie.

Il nascituro subisce danni non soltanto se la madre fuma, ma anche dall’esposizione al fumo passivo ed al fumo terziario. I bambini nati da fumatrici presentano un più alto rischio di soffrire di respiro affannoso e di asma. Lo dice uno studio condotto da Andrew Lux, della Bath Unit for Research in Paediatrics presso il Royal United Children’s Hospital di Bath, in Inghilterra. Nell’ambito dell’ALSPAC (Avon Longitudinal Study of Parents and Children), più di 8500 donne gravide sono state tenute sotto osservazione anche per quanto riguarda l’abitudine al fumo.

Si è poi visto che nei bambini tra i 18 e i 30 mesi, uno su cinque soffriva di respiro affannoso, e il rischio era più alto nei figli di quante avevano fumato in gravidanza (il periodo considerato è importante, perché successivamente questo problema respiratorio può essere causato da infezioni). Forse inaspettatamente, nella stessa ricerca si è visto che anche l’esposizione al fumo passivo provoca effetti analoghi. Le sigarette sono colpevoli di problemi di affanno nei piccoli, ci sono poi ovviamente altri fattori di rischio, come una storia familiare di asma, l’essere maschi, le condizioni abitative, eccetera. Di questi fattori, comunque, il fumo sarebbe il più facile da eliminare. Secondo un altro studio olandese (condotto dalla Sijmen Reijneveld Institution, a Leida) i figli di forti fumatrici (15-50 sigarette al giorno) soffrono di coliche il doppio dei figli di non fumatrici. Lo si è appurato intervistando un campione rappresentativo di genitori di più di 3000 bambini di età superiore ai sei mesi. Le coliche venivano identificate da specifici comportamenti di pianto che duravano più di tre ore al giorno per più di tre giorni alla settimana.

Le complicanze più comuni dei poveri bambini esposti al fumo di sigaretta:

1) Sistema nervoso: la nicotina agisce anche sulle terminazioni nervose del feto ed è in grado di modificare in modo duraturo il sistema nervoso e i collegamenti tra i neuroni. A questo proposito è documentato che i figli di donne fumatrici possono manifestare disturbi neuro-comportamentali di lunga durata: sono più eccitabili, iperattivi e hanno delle performance intellettive inferiori.

2) SIDS (sindrome da morte improvvisa): il rischio della morte in culla del lattante sembra essere in correlazione con l’abitudine materna al fumo. Per morte improvvisa si intende il decesso inspiegabile e inatteso del lattante. Le cause rimangono oscure, ma è certo che vi sono alcuni fattori che aumentano il rischio che questo accada e tra questi c’è l’esposizione al fumo. Diversi studi condotti in Inghilterra negli anni ’90 hanno evidenziato che il fumo passivo prima e dopo la nascita può determinare il manifestarsi di questo evento, poiché l’attività cardiaca e nervosa di un neonato che è stato vittima di questa pratica durante la gestazione è diversa da quella di un bambino che non è mai stato esposto al fumo.

3) Diminuzione del peso alla nascita, da 200 a 500 grammi in relazione al numero di sigarette. Gli effetti sono, almeno in parte, definitivi, in quanto a sviluppo completato il ragazzo sarà mediamente 1 cm meno alto rispetto agli altri.

4) Aumento della frequenza dei parti prematuri, il che incide ancora una volta sul peso alla nascita.

5) Aumento delle infezioni neonatali, con persistente aumentata suscettibilità a infezioni respiratorie e cutanee in età adolescenziale e adulta.

6) Alterazioni dello sviluppo psicofisico nei figli di madri fumatrici, con significativo aumento di problemi comportamentali e di socializzazione. – Aumentata incidenza di tumori infantili (il 15% di questi sono legati al fumo in famiglia).

7) Disturbi respiratori: l’esposizione al fumo materno durante la vita fetale comporta una ridotta funzione respiratoria, in particolare per l’interessamento delle piccole vie aeree. Il fumo dei familiari è invece responsabile del 15% dell’asma nei bambini e dell’11% del respiro sibilante negli adolescenti.

La sigaretta rende anche più difficile rimanere incinta

Il fumo influisce non solo sulla fertilità dell’uomo (leggi l’articolo apposito) ma anche della donna. Nelle fumatrici la gravidanza si instaura dopo più tentativi rispetto alle non fumatrici, in quanto le possibilità di fecondazione dell’uovo sono ridotte del 40%. La nicotina riduce la contrattilità delle tube, ostacolando l’incontro degli ovociti con gli spermatozoi. II fumo, inoltre, fa diminuire i livelli di progesterone e rende difficile l’annidamento dell’uovo fecondato nella mucosa uterina, danneggiandone la maturazione. Uomini e donne hanno risultati inferiori in caso di trattamenti per fecondazione assistita, questo perché il fumo nell’uomo può ridurre la fertilità mediante riduzione della densità dello sperma, del numero e della mobilità degli spermatozoi ed è un importante fattore di disfunzione erettile. Nella donna invece provoca menopause più precoci di circa 2 anni rispetto alle non fumatrici in quanto il fumo altera la normale produzione di ormoni sessuali femminili. Il fumo può quindi arrivare ad impedire di avere una famiglia, le persone che programmano una gravidanza dovrebbero smettere di fumare.

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Perché il cibo spazzatura crea dipendenza e come fare ad evitarlo?

HTTP://WWW.BEEFITSWHATSFORDINNER.COM/ NATIONAL CHEESEBURGER DAYIl cibo spazzatura (l’espressione è un calco dall’inglese junk food) è una tipologia di cibo considerato malsano a causa del suo bassissimo valore nutrizionale e la ricchezza di grassi o zuccheri. Riconducibili a questa tipologia di alimenti troviamo, hamburger, hot dog, patatine fritte e soft drink. Le malattie più comuni verso cui conduce l’uso dei cibi spazzatura sono l’obesità, il diabete, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro, depressione.

Perché ci piace tanto?

Che cosa spinge a ordinare un hamburger e a chiedere una porzione doppia di patatine fritte, possibilmente con salse dai colori improbabili? Perché questi alimenti creano dipendenza (junk food addiction la chiamano negli Usa, con lo stesso termine che si usa per le droghe)? E, soprattutto, come fare per evitare il consumo compulsivo di cibo non solo poco ricco di principi nutritivi ma addirittura dannoso per la nostra salute e responsabile di gran parte delle patologie legate all’obesità? La ricerca più interessante sull’argomento è stata fatta in America nel 2010 presso l’Istituto Scripps di Jupiter (“Dopamine D2 receptors in addiction-like reward dysfunction and compulsive eating in obese rats” ). Tale studio ha dimostrato che il junk food agisce come una vera e propria droga sull’organismo, inducendo in chi ne consuma abitualmente una dipendenza paragonabile a quella di una sostanza stupefacente. Studi come quello americano hanno scoperto che questo tipo di alimenti, arricchiti in laboratorio con sali, zuccheri e grassi per renderli più appetibili al nostro palato, agiscono sui recettori della dopamina in maniera del tutto simile a come fanno le droghe. In altre parole, innescano quel meccanismo che porta poi alla dipendenza fisica.

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Come accade?

La dopamina è un ormone endogeno, cioè prodotto direttamente dal nostro corpo: questo tipo di cibo stimola i recettori che secernono l’ormone ma non appena questi recettori non sono più stimolati il corpo sente ‘la mancanza’ dell’ormone. Ecco spiegato perché questo tipo di cibo, se consumato abitualmente, crea una dipendenza non solo psicologica ma anche fisica. In medicina si usa un termine, “craving”, per indicare la ricerca spasmodica di questo tipo di cibo junk, spazzatura.

Come è consumato il junk food

Questo è un altro aspetto importante del problema, da non sottovalutare. Il junk food ha indotto nei consumatori una nuova esperienza di masticazione: se i cibi sono facili da masticare e deglutire, perché molto morbidi, si avrà voglia di buttar giù velocemente un secondo boccone, e poi ancora un altro e così via. Non solo: il junk food ha introdotto la brutta abitudine di non consumare i pasti con calma seduti a tavola, ma di masticare continuamente snack dalla mattina alla sera, in maniera compulsiva, quasi fossimo dei ruminanti, magari davanti alla televisione o, per i ragazzi, con un videogioco in mano. Non dimentichiamo poi che un cosiddetto pranzo completo al fast food è ricchissimo di grassi e può arrivare a contenere 2000 calorie, cioè il fabbisogno giornaliero calorico di una persona media. Una cifra spropositata, ma assolutamente priva di principi nutritivi come le vitamine e i sali minerali.

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Come evitare la dipendenza da junk food?

R: Bisogna cominciare da piccoli: è stato dimostrato che l’educazione al gusto dei bambini comincia già nel ventre materno. Fondamentale poi è il periodo di svezzamento, quando il bambino si accosta ai sapori. Una madre incinta che abusa di junk food trasmette al futuro bambino la propensione per questo gusto. Vorrei ricordare che non stiamo parlando di un problema meramente estetico: l’obesità infantile è in aumento di tutto il mondo occidentale e comporta patologie legate a una eccessiva assunzione di cibi ricchi di conservanti, coloranti e zuccheri, come i succhi di frutta. Penso ad esempio al deficit di attenzione, all’iperattività e a tutte le malattie metaboliche o dell’apparato cardio-vascolare.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine