Tendine rotuleo: anatomia, funzioni e patologie in sintesi

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma Ecografia Spalla Ginocchio Traumatologia Gambe Esperto Referto THD Articolare Sesso Sessualità Uomo ARTICOLAZIONE GINOCCHIO FATTA ESAMI PATOLOGIE Medicina Estetica Radiofrequenza Cavitazione Grasso HDIl tendine rotuleo (o tendine della patella, in inglese “patellar ligament”) è un tendine che fa parte dell’articolazione del ginocchio: in essa collega la rotula con la tuberosità della tibia (parte superiore della tibia); è la porzione distale del tendine comune del quadricipite femorale. È un tendine dalla forma piatta, piuttosto resistente lungo circa 8 cm e largo 3,5/4 cm, la sua porzione centrale (terzo centrale) viene utilizzata negli interventi di ricostruzione del legamento crociato anteriore.

Patologie frequenti
Si può verificare una tendinite quando la persona, spesso atleta, non segue un allenamento nella maniera corretta. Il tendine rotuleo può anche essere coinvolto durante la sindrome dolorosa femoro-rotulea, inoltre- in caso di cadute – può essere sollecitato enormemente e non resistendo allo sforzo si può rompere.

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Differenze tra ginocchio valgo e varo: terapie, esercizi e consigli per raddrizzare le gambe

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Negli arti inferiori normali, il ginocchio si pone lungo l’asse longitudinale passante tra due ossa, il femore e la tibia. Se il ginocchio devia verso l’interno o l’esterno, si parla rispettivamente di ginocchio “valgo” e “varo”. E’ importante ricordare, però, che l’arto normale non è perfettamente “dritto”: femore e tibia normali formano tra di loro un angolo di circa 170 gradi ed in questo caso si parlerà di ginocchio valgo fisiologico (il ginocchio sarà quindi lievemente verso l’interno). Un angolo maggiore di 170° determina varismo, mentre un angolo inferiore di 170° determina valgismo patologico.

Il ginocchio valgo

Con “ginocchio valgo” o “valgismo del ginocchio” in medicina si intende una deformità del ginocchio per cui questo tende verso l’interno. Ciò accade quando il femore e la tibia non sono perfettamente allineati, ma formano un angolo ottuso aperto lateralmente. Nel ginocchio valgo le ginocchia si avvicinano tra loro rispetto al normale. Questa condizione viene definita, nel linguaggio comune, “ginocchia a X” o “gambe a X“. Molto spesso il ginocchio valgo si manifesta già in età puberale come un disturbo evolutivo senza cause evidenti e solitamente viene corretto senza bisogno di alcun intervento prima dei 9 anni di vita. Si procede intervenendo con delle terapie correttive oppure, in casi dove il difetto è grave, il trattamento vede solo la soluzione chirurgica. Il ginocchio valgo è la conseguenza della mancata calcificazione ossea e compare dal momento in cui interviene l’azione del peso corporeo, cioè quando il bambino inizia a muovere i primi passi. Nell’adolescente, invece, si manifesta nei soggetti costituzionalmente gracili e con i muscoli poso sviluppati. In questo caso, la causa potrebbe essere attribuita a disturbi di tipo ormonale che ostacolano la cartilagine di coniugazione. I principali sintomi avvertiti dall’individuo coinvolto sono in genere: difficoltà a camminare, deformazione, malformazione, zoppicamento, dolore e gonfiore della parte interessata. Anche la rotula può soffrire del malallineamento in valgo, sviluppando così una sindrome dolorosa rotulea. L’operazione chirurgica che viene praticata in questi casi è la osteotomia. Questo tipo di intervento permette di migliorare l’angolazione della rotula consentendo all’osso di assumere una posizione naturale e regolare. Quando il valgismo è rilevante, il ginocchio valgo può causare dolore e la comparsa di disturbi alle ossa o alle articolazioni, come la meniscopatia. La meniscopatia è il complesso dei sintomi più o meno dolorosi che fanno sospettare la presenza di lesioni acute o croniche ad uno o entrambi i menischi. Il menisco serve all’assorbimento delle forze di trasmissione del carico, alla trasmissione e alla distribuzione dei carichi in flesso-estensione; è fondamentale per la stabilità articolare e partecipa alla lubrificazione articolare. In caso di dubbi sul coinvolgimento di questa parte del ginocchio nel problema, una risonanza magnetica permette di valutare al meglio lo stato delle strutture articolari.

Il ginocchio varo

Il ginocchio si definisce “varo” (“varismo del ginocchio“) quando femore e tibia non sono perfettamente allineati, ma formano un angolo ottuso aperto medialmente. Quindi, mentre il ginocchio valgo tende verso l’interno, al contrario il ginocchio varo tende verso l’esterno. Nel ginocchio varo le ginocchia si allontanano tra loro rispetto al normale. Questa condizione viene comunemente definita “gambe a parentesi contrapposte” o “ginocchia a O” o “ginocchia da cowboy”, tipiche dei calciatori professionisti. Le cause sono le medesime del ginocchio valgo. Tra le altre ipotizzabili, possono esserci: eventuali lesioni legamentose inveterate, fratture malconsolidate, artrosi, disturbi neurologici, malattie ossee focali, ecc. Se le gambe sono gravemente arcuate, può essere un segno di rachitismo, causato da una carenza di vitamina D. Altre cause, più estreme, di ginocchio varo includono il morbo di Blount, displasie ossee, e intossicazione da piombo o fluoro. I sintomi più comuni del ginocchio varo sono facilmente riconoscibili: ginocchia che non si toccano stando con i piedi uniti, gambe arcuate su entrambi i lati del corpo, gambe storte oltre i 3 anni di età. In tutti i casi, la diagnosi definitiva deve avvenire tramite una radiografia.

Leggi anche: Alluce valgo: sintomi iniziali, dolore, correttore, esercizi e operazione

Come “raddrizzare” le gambe?

Le terapie per il ginocchio varo e per quello valgo comprendono vari strumenti, che variano in funzione di molti fattori soggettivi tra cui gravità di varismo o valgismo ed età del soggetto:

  • nei casi meno gravi e nei bambini, si possono usare particolari plantari correttivi e lavoro di rinforzo e riequilibrio muscolare dell’arto inferiore e del “core” (la parte centrale del corpo), eseguito con l’aiuto del fisioterapista. Sempre il fisoterapista può mobilizzare gradatamente il ginocchio ed usare una serie di tecniche fisiatriche che includono radiofrequenza, TENS, radarterapia;
  • nei casi più gravi (ad esempio con angoli molto patologici e/o con degenerazione in artrosi dell’articolazione), negli adulti e nei soggetti in cui le terapie mediante plantari e fisioterapia non hanno funzionato, la terapia è chirurgica mediante osteotomia e protesi.

Esercizi

Di seguito riportiamo alcuni esercizi utili per “raddrizzare” le gambe.

Esercizio 1

Dalla posizione in piedi vai in appoggio sul piede dal lato dove vuoi migliorare il ginocchio varo.
Noterai una caduta all’interno dell’arco plantare nel momento in cui andrai a portare il peso del corpo su una sola gamba. Da questa posizione dovrai cercare di recuperare l’arco plantare e avvicinare la testa del primo metatarso verso il calcagno, utilizzando la muscolatura che si trova alla base del piede.
Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Esercizio 2

Posizionati in appoggio su un piede solo (il piede dela gamba con il problema che dobbiamo migliorare). Piegati sulla gamba a terra e stendi la gamba. Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Esercizio 3

Dalla posizione in piedi porta indietro la gamba senza problema al ginocchio, effettuando degli affondi profondi e torna in posizione di partenza. Evita un’iperestensione nel ginocchio recurvato. Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Esercizio 4

Dalla posizione accovacciata con i piedi paralleli leggermente divaricati, distendi le ginocchia mantenendo le mani sul pavimento o sui piedi o sugli stinchi. Non andare in distensione completa del ginocchio, basta una semi estensione. Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Consigli

Consigli sempre validi per migliorare la situazione generale, sono:

  • evitare obesità e sovrappeso, mediante una dieta adeguata ed attività fisica regolare, soprattutto se il paziente è un bambino;
  • assumere un integratore specifico per le articolazioni, contenente glucosamina e condroitina, come questo: https://amzn.to/3DN2D2E;
  • assumere la giusta quantità di minerali come calcio e vitamine, anche con un integratore come questo: https://amzn.to/3dA9xxJ;
  • se possibile intraprendere il trattamento precocemente, fin dall’infanzia;
  • evitare calzature inadatte;
  • usare una ginocchiera specifica, come questa: https://amzn.to/3SpYbuL;
  • avere una buona igiene posturale;
  • evitare sport che sottopongono le ginocchia a stress eccessivi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Tendinite del rotuleo: cause, sintomi e rimedi dell’infiammazione

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma Ecografia Spalla Ginocchio Traumatologia Gambe Esperto Referto THD Articolare Sesso Sessualità Uomo ARTICOLAZIONE GINOCCHIO FATTA ESAMI PATOLOGIE Medicina Estetica Radiofrequenza Cavitazione Grasso HDLa tendinite del rotuleo è una patologia del ginocchio molto frequente che consiste nell’infiammazione del tendine rotuleo e che colpisce il tendine rotuleo maggiormente nel punto dove inizia, ovvero nella sezione inferiore della rotula. Il tendine rotuleo rientra nell’apparato estensore del ginocchio e quando il muscolo quadricipite si contrae, lo traziona insieme alla tibia e alla rotula, e il ginocchio si estende. Questa patologia è molto frequente fra gli sportivi che praticano il basket, la pallavolo, il calcio, l’atletica leggera ed il sollevamento pesi. Sono tutti sport che necessitano uno sforzo ripetitivo del muscolo quadricipite che sollecita continuamente il tendine rotuleo fino a procurargli una lesione.

Cause
La causa principale che provoca la tendinite del rotuleo, risiede della sollecitazione ripetuta del tendine rotuleo che porta a delle piccole lesioni che tendono a degenerare nel corso del tempo soprattutto continuando ad allenare la zona dei quadricipiti. Altre cause che, a lungo andare, possono far sviluppare la patologia sono:

  • – un disallineamento del femore e della rotula;
  • – la rotula alta;
  • – un eccessiva rotazione della tibia;
  • – una cattiva estensione del muscolo retto-femorale.

La tendinite del rotuleo può manifestarsi in maniera aggressiva anche a seguito di un utilizzo scorretto delle calzature.

Sintomi
Il sintomo principale della tendinite del rotuleo è un dolore localizzato nella parte anteriore del ginocchio che si presenta a seguito di uno sforzo prolungato (come un allenamento specifico del quadricipite) oppure quando si resta fermi nella medesima posizione per un lungo lasso di tempo (ad esempio quando si resta inginocchiati a lungo). Quando la tendinite del rotuleo inizia a manifestarsi, il dolore iniziale tende a scomparire a seguito di un periodo di riposo. Col passare del tempo e con il peggioramento della patologia, il dolore persiste anche durante e a seguito di un periodo di riposo. Per questo motivo è una patologia che va curata al principio, onde evitare che diventi cronica.

Rimedi
La tendinite del rotuleo, come già anticipato, va curata a partire dai primi sintomi per evitare conseguenze irreversibili come la rottura del tendine. E’ importante rivolgersi ad un medico specializzato per intraprendere una cura specifica perché è una patologia specifica per ogni paziente.
Tra i possibili rimedi vanno menzionati:

  • il riposo;
  • utilizzo del ghiaccio sulla parte dolorante;
  • stretching rotuleo;
  • farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS).

Solo in casi gravi è previsto l’intervento chirurgico che prevede la scarificazione, la pulizia del tendine e una lunga riabilitazione post-operatoria che permetta il recupero delle funzioni vitali del tendine rotuleo.

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Differenza delle lesioni dei legamenti crociato anteriore e posteriore

MEDICINA ONLINE LESIONE LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE POSTERIORE DIFFERENZE LATERALE MEDIALE GINOCCHIO TENDINI MUSCOLI ORTOPEDIA ANATOMIA FUNZIONI GAMBA COSCIA MOVIMENTO.jpgIl legamento crociato anteriore (LCA) ed il legamento crociato posteriore uniscono il femore con la tibia. I legamenti crociati controllano i movimenti di traslazione antero-posteriore tra il femore e la tibia. Il LCA impedisce lo scivolamento in avanti della tibia rispetto al femore, mentre il legamento crociato posteriore (LCP) lo scivolamento indietro. Il LCA controlla anche la rotazione del ginocchio ed impedisce la sua sublussazione nei movimenti di rotazione della gamba.

Lesione del legamento crociato anteriore

La lesione del legamento crociato anteriore avviene quando il ginocchio viene forzato in rotazione od in iperestensione. La maggior parte delle lesioni è legata all’attività sportiva.

Nell’immediato il paziente:

  • avverte uno schiocco (crac) quando il legamento si rompe;
  • avverte dolore e deve abbandonare l’attività;
  • sviluppa una tumefazione entro poche ore dovuto al sanguinamento all’interno del ginocchio (può anche non essere presente);
  • sente il ginocchio instabile.

I sintomi della fase cronica sono: dolore, gonfiore e cedimento. Il dolore e il gonfiore solitamente si risolvono dopo due-quattro settimane, ma può persistere l’instabilità.
All’inizio, i sintomi possono essere avvertiti soltanto praticando attività sportiva ma in seguito si possono manifestare anche nelle attività quotidiane.
L’instabilità cronica può portare all’insorgenza di lesioni della cartilagine articolare ed all’instaurarsi precoce di artrosi per i movimenti anormali tra femore e tibia. Il LCA è dotato di una scarsa vascolarizzazione che ne impedisce la guarigione in caso di rottura. L’unica possibilità terapeutica è rappresentata quindi, in questo caso, dalla sua ricostruzione.

Lesione del legamento crociato posteriore

Il legamento crociato posteriore (LCP) agisce specularmene rispetto al legamento crociato anteriore e limita la traslazione posteriore della tibia. Questo legamento si lesiona generalmente per traumi ad energia, più frequenti incidenti stradali o per traumi a bassa energia, più frequenti negli sport. La lesione risultante si può classificare come isolata, quando riguarda solo legamento posteriore o combinata/associata quando si lesionano anche altre strutture capsulari e/o legamentose.

Le lesioni del legamento crociato posteriore sono di solito meglio tollerate rispetto a quelle del Legamento crociato anteriore, la rottura isolata del legamento posteriore non causa infatti fenomeni di instabilità articolare ma solo un a sintomatologia dolorosa di intensità variabile ed un’alterazione della normale motilità/meccanica articolare che si può produrre nel tempo in un aumentato rischio di alterazioni/usura/lesioni a carico della cartilagine articolare e dei menischi. Le lesioni associate o combinate di altri legamenti causano una a instabilità articolare che può essere presente anche nelle attività quotidiane.

La diagnosi di lesione/rottura del legamento crociato posteriore è basata sulla valutazione clinica mirata con test specifici integrato da esami strumentali come la RMN e la radiografie sotto stress. La RMN è di particolare utilità in fase acuta quando la valutazione clinica e più difficoltosa e può consentire nei casi cronici di valutare anche l’evoluzione della cicatrice del Legamento nelle lesioni incomplete, le radiografie sotto stress consentono di valutare e di misurare quanto la tibia si sposti posteriormente.

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Lesione del legamento crociato anteriore: ricostruzione in artroscopia

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma Ecografia Spalla Ginocchio Traumatologia Gambe Esperto Referto THD Articolare Sesso Sessualità Uomo ARTICOLAZIONE GINOCCHIO FATTA ESAMI PATOLOGIE Medicina Estetica Radiofrequenza Cavitazione Grasso HDIl legamento crociato anteriore (LCA) ed il legamento crociato posteriore (LCP) uniscono il femore con la tibia. I legamenti crociati controllano i movimenti di traslazione antero-posteriore tra il femore e la tibia.
LCA impedisce lo scivolamento in avanti della tibia rispetto al femore, mentre LCP lo scivolamento indietro. LCA controlla anche la rotazione del ginocchio ed impedisce la sua sublussazione nei movimenti di rotazione della gamba.
La rottura del legamento crociato anteriore rappresenta una delle lesioni di più frequente riscontro nella pratica clinica e dopo le lesioni meniscali è la lesione piu’ comune negli atleti.
La ricostruzione artroscopica del legamento crociato anteriore è divenuta nel corso degli anni la tecnica chirurgica di elezione.

Meccanismo della lesione
La lesione del legamento crociato anteriore avviene quando il ginocchio viene forzato in rotazione od in iperestensione. La maggior parte delle lesioni è legata all’ attività sportiva.

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Come accorgersi della lesione al crociato anteriore?
Nell’immediato il paziente:

  • avverte uno schiocco (crac) quando il legamento si rompe,
  • avverte dolore e deve abbandonare l’attività,
  • sviluppa una tumefazione entro poche ore dovuto al sanguinamento all’ interno del ginocchio,
  • sente il ginocchio instabile.

Fase cronica
I sintomi della fase cronica sono: dolore, gonfiore e cedimento.
Il dolore e il gonfiore solitamente si risolvono dopo due-quattro settimane, ma può persistere l’instabilità. All’inizio, i sintomi possono essere avvertiti soltanto praticando attività sportiva ma in seguito si possono manifestare anche nelle attività quotidiane. L’instabilità cronica può portare all’insorgenza di lesioni della cartilagine articolare ed all’instaurarsi precoce di artrosi per i movimenti anormali tra femore e tibia.

Una lesione del legamento crociato anteriore può guarire?
Il LCA è dotato di una scarsa vascolarizzazione che ne impedisce la guarigione in caso di rottura. L’unica possibilità terapeutica è rappresentata quindi, in questo caso, dalla sua ricostruzione.

Perché dovrei sottopormi ad un intervento chirurgico per ricostruire il legamento crociato anteriore?
La ricostruzione del legamento crociato anteriore è necessaria se si è fisicamente attivi e soprattutto se si praticano sport di contatto e che prevedono la rotazione del ginocchio come pallacanestro, pallavolo, rugby, calcetto e calcio. Se si praticano tali sport solo il 10% dei pazienti con una lesione del legamento crociato anteriore riesce a riprendere senza sottoporsi all’ intervento.
Alcuni pazienti possono usare un tutore, modificano però la loro attività e abbandonano lo sport. La soluzione migliore per i soggetti che praticano attività sportiva è l’intervento chirurgico per prevenire episodi di cedimento dovuti alla lesione dell’LCA. Con i successivi episodi di cedimento, c’è il rischio di ulteriori lesioni sia al menisco che alla cartilagine articolare. LCA può essere ricostruito con ottimi risultati, ma la prognosi a lungo termine dipende anche dalle lesioni meniscali e cartilaginee.
L’obiettivo dell’intervento chirurgico è stabilizzare il ginocchio e prevenire altri danni al menisco e alla cartilagine.

Ho bisogno dell’intervento chirurgico se non pratico sport di contatto?
Non sempre. LCA è coinvolto solo nei movimenti di rotazione. A volte la sensazione di cedimento può essere dovuta alla lesione meniscale, che può venire trattata con un intervento chirurgico più semplice.
Chi pratica sport a livello amatoriale ed ha un età più avanzata può anche evitare l’intervento chirurgico modificando le proprie attività ed utilizzando un tutore. Ogni intervento chirurgico comporta dei rischi, quindi chi riesce ad evitare i movimenti di rotazione nella propria attività, può fare a meno della chirurgia ed avere un ginocchio ben funzionante. 

Cosa dovrei fare se ho subito una lesione del LCA e voglio continuare con gli sport da contatto?
Continuando l’attività sportiva probabilmente si verificheranno episodi di cedimento con dolore e tumefazione. Chi vuole continuare a praticare gli sport da contatto deve sottoporsi all’intervento chirurgico.

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Come si può essere sicuri che il LCA è completamente rotto?
Non importa se il LCA è completamente o solo parzialmente rotto. Se il ginocchio è lasso, e ciò può essere misurato con l’esame clinico, il LCA non è più capace di proteggere il ginocchio dai movimenti di rotazione. La RMN può determinare se il legamento è completamente rotto, ma non può differenziare il grado di lassità e non è indispensabile nella maggior parte dei casi per la diagnosi. Trova invece grande utilità nel caso in cui si sospetti la presenza di lesioni associate (di altri legamenti, cartilagine articolare, menischi)

E’ possibile che altre strutture siano interessate oltre il LCA?
Dopo il trauma iniziale, c’è un 50% di possibilità di lesione al menisco (più frequentemente il menisco laterale). Nella fase acuta il menisco può essere riparato. Nella fase cronica la percentuale di lesione meniscale sale al 75% (più frequentemente il menisco mediale), ed in genere la porzione danneggiata va rimossa.

Cosa accade all’ articolazione se il menisco viene rimosso?
A lungo termine, la rimozione totale, o di parte del menisco, è associata ad un aumento dell’incidenza di osteoartrosi. In alcuni particolari tipi di lesione (circa il 10% delle lesioni) tuttavia il menisco può essere riparato.
In altri casi in cui si sia costretti a rimuovere la maggior parte del menisco, questo può essere sostituito con una protesi meniscale biologica.

Quando posso riprendere a camminare dopo l’intervento
Il giorno dopo l’intervento con le stampelle che vanno usate per le prime 4 settimane.

Quanto è mediamente il tempo di ripresa per l’attività sportiva dopo l’intervento?
4-6 mesi. A volte può essere necessario anche un anno per la completa ripresa.

Quanto tempo è necessario per tornare al proprio lavoro?
Dipende dal tipo di lavoro svolto. Se il lavoro comporta un’attività fisica assimilabile all’attività sportiva possono essere necessari 3-4 mesi; se il lavoro è di tipo sedentario si può riprendere in 3-4 settimane.

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Quando si può riprendere a guidare l’automobile?
Tale attività può essere ripresa quando si è in grado di deambulare senza stampelle. In genere 4 settimane

La fisioterapia riabilitativa è necessaria? E’ impegnativa?
Si è sia necessaria che impegnativa. Dopo l’intervento, è infatti necessaria una corretta fisioterapia riabilitativa impostata in modo da evitare eccessive sollecitazioni al trapianto durante la fase di guarigione che possano condurre alla sua rottura od al suo allungamento. La fisioterapia è necessaria dalla prima fino a circa la dodicesima settimana dall’intervento. Lo scopo della fisioterapia è di ridurre il dolore e la tumefazione, riottenere l’escursione articolare e di aumentare il tono muscolare. La terapia può essere modificata in base ai progressi individuali durante il periodo riabilitativo.

Le fasi del Programma di Riabilitazione prevedono:

  • Fase post-operatoria immediata (0-3° settimana) Recupero escursione articolare – Controllo del quadricipite –  Deambulazione;
  • Fase post-operatoria intermedia (4°-8° settimana) Forza – Propriocezione – Normali attività della vita quotidiana;
  • Fase funzionale (9°-24° settimana) Ritorno graduale all’attività sportiva.

Naturalmente la fisioterapia deve essere adeguata perché eccessive sollecitazioni potrebbero indurre sia ad una nuova rottura sia ad un allungamento eccessivo del legamento stesso 

C’è bisogno di un altro intervento per rimuovere i mezzi di sintesi?
No, frequentemente i mezzi di sintesi utilizzati sono costruiti con un particolare materiale che viene progressivamente riassorbito ed anche quando si utilizzano mezzi di sintesi metallici non è necessario rimuoverli.

Quanto è il tempo di degenza in ospedale?
Il ricovero in ospedale è di 1-2 giorni.

Avrò necessità di una ginocchiera dopo l’intervento?
Nella maggior parte dei casi non utilizzo nessun tipo di ginocchiera dopo l’intervento chirurgico 

Il cedimento può causare dolore anche passata la fase acuta?
Si. Può anche causare un danno ancora maggiore alla cartilagine delle superfici articolari ed ai menischi, portando in seguito alla osteoartrosi.

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TECNICHE CHIRURGICHE
La ricostruzione del legamento crociato anteriore è stata sottoposta a numerose modifiche in relazione alla tecnica chirurgica, al neolegamento utilizzato ed al tipo di fissazione. Le strutture tendinee autologhe più frequentemente utilizzate per la ricostruzione del legamento crociato anteriore sono il terzo centrale del tendine rotuleo ed i tendini del semitendinoso e del gracile.

Qual è il trapianto migliore tra semitendinoso e rotuleo?
La scelta tra i due trapianti non è fondamentale per il risultato dell’intervento. Il risultato finale della ricostruzione del LCA dipende non tanto dal tipo di trapianto utilizzato, quanto piuttosto dalla tecnica chirurgica impiegata, dal tipo di fissazione e dalla riabilitazione post-operatoria.

Trapianti artificiali?
In genere, non utilizzo tale tipo di trapianti, per la più alta incidenza di fallimenti. I trapianti artificiali possono essere indicati in situazioni particolari, come le lesioni legamentose multiple o alcuni re-interventi.

E per quanto riguarda i trapianti da cadavere?
Sono trapianti appunto ottenuti da cadavere. In questo caso esiste, anche se minimo, il rischio di trasmissione di malattie infettive. Il trapianto inoltre impiega più tempo per integrarsi con l’osso e spesso può determinare un allargamento del tunnel. I risultati a lungo termine presentano una più alta incidenza di fallimenti utilizzando questi trapianti. Possono essere indicati in caso di lesioni legamentose multiple o nei re-interventi.

Che tipo di anestesia farò?
In genere per questo tipo di intervento viene utilizzata una anestesia loco-regionale (blocco del nervo sciatico, del nervo otturatorio e del nervo femorale) che inibisce soltanto l’arto da operare seguita da una sedazione. Le altre possibilità sono rappresentate dall’anestesia epidurale che inibisce entrambi gli arti inferiori o dall’anestesia di tipo generale nella quale il paziente non è cosciente.
La scelta comunque del tipo di anestesia verrà concordata insieme all’anestesista in base alle possibili diverse indicazioni.

Come si svolge l’intervento?
Le metodiche che utilizzo più di frequente sono quelle che prevedono come trapianto i tendini del semitendinoso e del gracile (70% dei casi) o il tendine rotuleo (30% dei casi)

Semitendinoso e gracile: i tendini del semitendinoso e del gracile vengono prelevati, attraverso una incisione cutanea di circa 5 cm sulla faccia antero-mediale del ginocchio, con un apposito strumento (tendon stripper) che scolla i tendini dal muscolo.

Tendine rotuleo: si utilizza una striscia di circa 1 cm prelevato dalla parte centrale del tendine rotuleo con due bratte ossee alle sue estremità attraverso una incisione cutanea di circa 5 cm sulla faccia anteriore del ginocchio. Successivamente, in entrambi i casi, la ricostruzione viene eseguita interamente in artroscopia (tecnica chirurgica che permette di osservare l’articolazione del ginocchio attraverso piccole incisioni di circa 1 cm), in modo da ottenere un recupero funzionale più rapido ed un minor dolore post-operatorio. Il tendine viene fatto passare all’interno dell’articolazione attraverso due fori, uno sulla tibia (l’osso della gamba) e l’altro sul femore (l’osso della coscia) utilizzando dei puntatori specifici e viene generalmente fissato con mezzi di sintesi riassorbibili (2 chiodini sul femore ed una vite sulla tibia; oppure un mezzo di sintesi metallico, in titanio, sul femore ed una vite riassorbibile sulla tibia).

Quanto dura l’intervento?
L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore in artroscopia dura da 40 minuti ad un’ora. Naturalmente l’intervento può durare più a lungo se vi è necessità di trattare altre lesioni (menisco, cartilagine).

Quali sono le complicazioni potenziali nella ricostruzione dell’ LCA?
Grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche le complicanze post operatorie sono piuttosto rare anche se possibili. Le complicanze generali per questo tipo di intervento, sono le stesse che per ogni altro tipo di intervento: infezioni e flebotrombosi profonda (occlusione di una vena). Le complicanze specifiche sono diminuzione dell’escursione articolare del ginocchio (artrofibrosi), dolore anteriore del ginocchio, dolore e tumefazione persistenti e lassità residua del legamento dovuta al fallimento dell’intervento. Una lesione nervosa o vascolare dopo questo tipo di intervento è estremamente rara.

Le complicanze più frequenti sono quelle elencate di seguito

  • Infezioni della ferita o intra-articolari (artrite settica) (< 1%).
  • Sanguinamemto ed ematoma, frequente ma solitamente di nessun significato.
  • Dolore anteriore di ginocchio (dal 12% al 18%)
  • Lesioni nervose o vascolari: di solito vi è una diminuzione della sensibilità (ipoestesia o anestesia) intorno alla ferita per un danno su un ramo nervoso (il ramo infrapatellare del nervo safeno), ma raramente sono danneggiati i nervi o i vasi arteriosi che controllano l’arto inferiore.
  • Condromalacia della rotula: perdita di consistenza della cartilagine articolare (in particolare con il prelievo del tendine rotuleo).
  • Fratture della rotula (in particolare con il prelievo del tendine rotuleo).
  • Tendiniti del tendine rotuleo
  • Perdita del tono del quadricipite.
  • Rottura degli strumenti chirurgici dentro l’articolazione: rara.
  • Fallimento del trapianto: 5-10% a 10 anni.
  • Rigidità articolare. Questa può essere corretta durante la riabilitazione, può però residuare con una grave diminuzione del movimento dell’articolazione e può quindi essere necessario un nuovo intervento chirurgico.
  • Trombosi venosa profonda.
  • Complicanze legate all’anestesia.

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Tendine e muscolo semitendinoso: anatomia, funzioni ed uso chirurgico

MEDICINA ONLINE MUSCOLI DI ANCA E COSCIA GAMBA VISTI POSTERIORMENTE GLUTEI tendine muscolo semitendinoso muscoli posteriori coscia muscolo bicipite femorale semimembranoso anatomia funzioni uso chirurgico.jpgIl muscolo semitendinoso è un muscolo che fa parte dei muscoli della coscia ed è in­nervato dal nervo tibiale (L4-S1).

Funzioni

Il muscolo semitendinoso agisce esten­dendo la coscia e flettendo il ginocchio insieme agli altri ischiocrurali permettendo di ruotarlo medialmente quando questo è piegato.

Anatomia

Il muscolo semitendinoso è posto superficialmente nella parte postero-mediale della coscia; è un muscolo carnoso nella porzione su­periore, tendineo in quella inferiore. Origina in alto dalla tuberosità ischiatica e discende verti­calmente fino alla parte media della coscia, do­ve continua in un lungo tendine, il tendine semitendinoso, che concorre al­la costituzione della zampa d’oca, inserendosi nella parte superiore della faccia mediale della tibia. La zampa d’oca corrisponde all’inserzione dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso sulla porzione superiore della faccia antero-mediale della tibia, che assume appunto una forma che ricorda quella della zampa di un’oca. Poste­riormente è in rapporto, in alto, con il muscolo grande gluteo e quindi con la fascia femorale; anteriormente corrisponde ai muscoli grande adduttore e semimembranoso. Insieme al tendi­ne del muscolo semimembranoso costituisce il limite supero-interno della fossa poplitea.

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Uso in chirurgia ortepedica

In caso di lesione del legamento crociato anteriore, il terzo centrale del tendine rotuleo ed i tendini del semitendinoso e del gracile, sono le strutture tendinee autologhe più frequentemente utilizzate per la sua ricostruzione.

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Articolazione del ginocchio: com’è fatta, quali sono le patologie, i sintomi e gli esami da fare

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Il ginocchio è un’articolazione che unisce la coscia e la gamba, le quali, insieme al piede, compongono l’arto inferiore. Il ginocchio è composto in realtà da due articolazioni: una tra femore e tibia, e l’altra tra femore e rotula. L’incavo posteriore è chiamato cavità poplitea. Il ginocchio consente movimenti in flessione ed estensione.

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Ossa e superfici articolari

L’articolazione del ginocchio è un ginglimo angolare, con un grado di libertà consente quindi il movimento di flessione-estensione; Prevede un secondo grado di mobilità, la rotazione su asse longitudinale della gamba, che si verifica solo a ginocchio flesso. Sul piano frontale, grazie agli assi longitudinali del femore e della tibia, è possibile notare il comune fisiologico valgismo di circa 170°. Le ossa coinvolte nell’articolazione del ginocchio sono il femore, la rotula (o patella) e la tibia. La patella è il più grande osso sesamoide del corpo umano. È un osso piatto che possiede due superfici, una anteriore ed una posteriore, tre lati ed un apice diretto inferiormente ma la sua forma è molto variabile. La superficie anteriore è molto ricca di fori nutritizi (dove penetrano rami delle arterie genicolate e della ricorrente anteriore tibiale) ed appare scabra, con rilievi longitudinali che possono essere più o meno marcati a seconda dell’individuo e che sono le aree di inserzione del tendine del muscolo quadricipite femorale. Prossimalmente presenta un’area più liscia dove si inseriscono i muscoli vasto intermedio e retto del femore. Lungo i lati mediale e laterale si inseriscono rispettivamente il retinacolo patellare mediale e il retinacolo patellare laterale. La superficie posteriore è invece più liscia di quella anteriore. La porzione superiore è divisa longitudinalmente da un rilievo, detto spigolo, in due faccette articolari, con la laterale più estesa della mediale. Tramite le due faccette la patella si articola con la superficie patellare del femore. La porzione inferiore sino all’apice è invece molto scabra, qui infatti si inserisce il tendine patellare che la collega alla tibia. La patella è costituita da una lamina di osso compatto superficiale che ricopre una più spessa porzione trabecolare, con le trabecole parallele alla superficie dell’osso nella porzione anteriore, più raggiate in quella posteriore. La superficie articolare del femore è costituita dalla sua epifisi distale espansa. L’epifisi distale del femore è costituita dai due condili, mediale e laterale, che anteriormente si fondono per poi formare la diafisi, mentre posteriormente divergono lateralmente; lo spazio che ne deriva è la fossa intercondiloidea. Superiormente e lateralmente ad esso, ciascun condilo possiede il corrispondente epicondilo. La porzione superiore dell’epicondilo mediale forma una sporgenza detta tubercolo adduttorio, poiché vi si inserisce una parte del tendine del muscolo grande adduttore. La superficie dell’epifisi distale posteriore compresa tra le due linee sopracondiloidee (mediale e laterale), detta poplitea, è scabra appena superiormente ai condili. Scabra è anche la superficie anteriore dei condili e degli epicondili, ma è liscia posteriormente sui condili e nella fossa intercondiloidea. Anteriormente all’epifisi distale vi è un’area triangolare liscia, la superficie patellare che si articola con la patella; è concava trasversalmente e convessa verticalmente. La superficie articolare del femore, costituita dalla superficie inferiore dei due condili è liscia ed ha la forma di una “U” rovesciata, essa si articola con il piatto tibiale, cioè la superficie superiore dell’epifisi prossimale della tibia, mentre non prende contatto con il perone.

Capsula articolare

Come ogni diartrosi, il ginocchio è circondato da una capsula articolare, formata da membrane fibrose, separate da depositi di grasso. La capsula è costituita da una parte esterna e da una interna, che costituisce la membrana sinoviale, che delimita una cavità dove è presente liquido sinoviale. Anteriormente la membrana sinoviale è attaccata al margine delle cartilagini del femore e della tibia. Esistono altre capsule che non sono comunicanti con questa, presenti tra la cute e la patella.

Menischi

I dischi articolari del ginocchio sono chiamati menischi. I menischi sono costituiti da tessuto connettivo con fibre di collagene contenente cellule cartilaginee, hanno una forma appiattita e sono fusi lateralmente con la membrana sinoviale. Ne troviamo due: il menisco laterale e il menisco mediale, che sono uniti tra loro dal legamento trasverso del ginocchio posto anteriormente ad essi. Il menisco laterale ha una forma quasi circolare, mentre quello mediale è più grande ed ha una forma semilunare. Entrambi prendono inserzione sull’eminenza intercondiloidea della tibia. I menischi servono a proteggere le estremità delle ossa dallo sfregamento e ad assorbire gli urti. Possono venire danneggiati o strappati quando il ginocchio è sottoposto a una rotazione o piegamento forzato.

Legamenti

Molti legamenti circondano il ginocchio, essi hanno la funzione di tenere in sito il ginocchio e dare stabilità, limitando i movimenti e proteggendo la capsula articolare.

Intracapsulari

Il ginocchio è stabilizzato attraverso i legamenti crociati (anteriore e posteriore), che prendono inserzione sull’eminenza intercondiloidea e si incrociano a livello della fossa intercondiloidea,. Il legamento crociato anteriore si estende dal condilo laterale del femore all’area intercondilare anteriore. Questo legamento impedisce che la tibia sia spinta anteriormente rispetto al femore. Il legamento crociato posteriore si estende dal condilo mediale del femore all’area intercondilare posteriore. Questo legamento impedisce lo spostamento posteriore della tibia rispetto al femore. Il legamento traverso si estende dal menisco laterale al menisco mediale. Passa davanti ai menischi e li collega anteriormente. Nel 10% della popolazione è suddiviso in più legamenti. I legamenti meniscofemorali posteriori e anteriori si estendono dal corno posteriore del menisco laterale al condilo femorale mediale. Il legamento meniscofemorale posteriore è più comune; più raramente sono presenti entrambi i legamenti. Il legamento meniscotibiale (o coronarico) si estende dai margini inferiori dei mensichi alla periferia del plateau tibiale.

Extracapsulari

Il legamento patellare unisce la patella alla tuberosità tibiale. Viene anche chiamato tendine patellare vista la mancanza di separazione tra il tendine quadricipite (che circonda la patella) e l’area che collega la patella alla tibia. Lateralmente e medialmente al legamento patellare, il retinacoli laterale e mediale connettono le fibre del muscolo vasto laterale e mediale alla tibia. Alcune fibre del tratto iliotibiale si irradiano nei retinacoli e ricevono fibre trasversali derivanti dall’epicondilo femorale mediale. I legamenti collaterali, (mediale o tibiale, e laterale o fibulare), si originano dagli epicondili femorali per poi prendere inserzione rispettivamente sulla tibia e sulla testa del perone.

Muscoli

I muscoli responsabili del movimento del ginocchio appartengono al compartimento anteriore, mediale o posteriore della coscia. In generale, i muscoli estensori appartengono al compartimento anteriore e i flessori al posteriore. Esistono due eccezioni: il gracile, un flessore, appartiene alla zona mediale e il sartorio, un flessore, all’anteriore.

Circolazione sanguigna

L’arteria femorale e l’arteria poplitea contribuiscono a formare la rete arteriosa che circonda l’articolazione del ginocchio. Esistono sei rami principali: due arterie genicolari superiori, due arterie genicolari inferiori, l’arteria genicolare discendente e il ramo ricorrente dell’arteria tibiale anteriore. Le arterie genicolari mediali penetrano nel ginocchio.

Funzione

L’articolazione del ginocchio permette movimenti di estensione e flessione della gamba rispetto alla coscia. I movimenti di rotazione sono limitati dalla presenza dei legamenti crociati e collaterali. Il ginocchio consente la flessione e l’estensione su un asse trasversale virtuale, nonché una leggera rotazione mediale e laterale attorno all’asse della gamba inferiore. Il giunto del ginocchio è mobile perché il femore e il menisco laterale si muovono sulla tibia durante la rotazione, mentre il femore ruota e scorre su entrambi i menischi durante la flessione e l’estensione. Il centro dell’asse trasversale dei movimenti di estensione e flessione si trova nell’incrocio tra i legamenti collaterali e i legamenti crociati. Il punto centrale si muove verso l’alto e all’indietro durante la flessione, mentre la distanza tra il centro e le superfici articolari del femore cambia con la diminuzione della curvatura dei condili femorali.

Le patologie

Diverse sono le patologie che coinvolgono l’articolazione del ginocchio. La più comune riguarda pazienti con età avanzata: l’artrosi è una malattia degenerativa cronica che coinvolge capsula, legamenti e cartilagine e porta ad una graduale usura dell’articolazione.

Ma le malattie del ginocchio sono diagnosticabili anche in pazienti giovani, come le lesioni meniscali o le rotture del legamento crociato anteriore, causate da traumi o da sforzi ripetuti anche di natura sportiva. Causa di dolore al ginocchio possono poi essere poi patologie da sovraccarico o post-traumatiche come borsiti o tendiniti.

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Lesioni meniscali

Le lesioni meniscali sono molto frequenti, avvengono o per trauma distorsivo del ginocchio o per usura cronica del menisco, sono più a rischio persone che “usano” molto le ginocchia: calciatori, pavimentatori, operai, pallavolisti eccetera.
Le lesioni del menisco si differenziano secondo la loro localizzazione, quindi sarà facile trovare uno di questi termini nel referto della vostra ecografia al ginocchio:

  • a “manico di secchio”: dal corpo del menisco si alza un frammento semilunare, derivante dall’aggravarsi di una lesione più piccola, e rischia di rimanere incastrato e causare un blocco.
  • longitudinale: lesione in senso longitudinale rispetto al corpo del menisco
  • trasversale: lesione in senso trasversale, quindi perpendicolare, rispetto al corpo del menisco.

Sintomi e segni

Il sintomo più tipico che allarma il paziente è il dolore (gonalgia). La sede del dolore dipende dalla struttura colpita dalla patologia e dal compartimento interessato. Nei pazienti anziani il dolore è tipicamente mediale, compartimento colpito più frequentemente dalle fasi iniziali dell’artrosi.

Le modalità di insorgenza variano a seconda della patologia che lo determinano. Il dolore a comparsa lenta con progressivo peggioramento in un paziente anziano fa sospettare l’insorgenza di una gonartrosi, il dolore acuto in un paziente giovane dopo trauma discorsivo o sforzo, fa sospettare l’insorgenza di una lesione meniscale. Il dolore causato dall’articolazione del ginocchio viene evocato dal carico (cammino) o dalla mobilizzazione passiva eseguita dall’esaminatore ai gradi massimi di articolarità.

Spesso il dolore può essere accompagnato dalla zoppia causata dal tentativo del paziente di ridurre al minimo il momento dell’appoggio dell’arto con ginocchio doloroso. Tale tentativo produce uno squilibrio nell’andatura per effetto della minore durata del passo con appoggio sull’arto “malato” rispetto al passo con appoggio sull’arto sano.

Altrettanto spesso il dolore può essere accompagnato da gonfiore. La tumefazione dell’articolazione, talvolta evidente alla semplice osservazione, è causato dall’aumento della quantità di liquido intrarticolare. Quando il liquido in eccesso è liquido sinoviale, come nel caso dell’infiammazione della parete interna della capsula (sinovite) la tumefazione viene definita idrartro. Tipica è la presenza di idrartro in caso di artrosi severa. Quando il liquido in eccesso contiene sangue, causato da una frattura o da una lesione legamentosa intrarticolare dopo un trauma, si parla di emartro.

Più rara è la comparsa di rigidità, spesso dovuta al consumo severo della superficie articolare ed a comparsa di calcificazioni che diminuiscono l’escursione articolare.

Il blocco articolare è invece una limitazione articolare che consente pochi gradi di escursione articolare, spesso accompagnati da intenso dolore. Il blocco ha sempre una causa meccanica, più frequentemente è causata da un frammento di menisco rotto che si interpone tra le due superfici articolari impedendone lo scivolamento l’una sull’altra.

L’instabilità definisce un cedimento dell’articolazione durante il carico. Può essere causata nei pazienti anziani dalla degenerazione dei legamenti collaterali e dal consumo dell’osso femorale o tibiale o nei pazienti giovani nella lesione del legamento crociato anteriore.

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Gli esami

Nella maggior parte dei casi è il medico di famiglia che prescrive l’esecuzione di una radiografia standard in proiezione antero-posteriore e laterale del ginocchio affetto che lo aiuta a formulare la diagnosi. La proiezione assiale di rotula (tangenziale a ginocchio flesso) mette in rilievo anomalie ossee dell’articolazione femoro-rotulea.

La radiografia del ginocchio visualizza le parti ossee (chiare, cioè radiopache), permette quindi di valutare la forma del femore, della tibia e della rotula, l’assenza di fenomeni patologici come le calcificazioni o le lesioni litiche (consumo dell’osso). Permette inoltre di valutare l’ampiezza dello spazio articolare cioè lo spessore delle cartilagini femorale e tibiale che essendo radiotrasparenti (scure) sono identificabili nello “spazio vuoto” tra i condili femorali ed il piatto tibiale.

La TC (o TAC) è utile nel caso si vogliano approfondire le indagini per quanto riguarda il versante osseo, meniscale o legamentoso

La risonanza magnetica serve a valutare la presenza di sofferenza ossea (es. sofferenza dell’osso del piatto tibiale o dei condili femorali in fase iniziale, non visibili alla radiografia), di lesioni del menisco laterale o mediale, di lesioni dei legamenti crociati o collaterali o di problemi dei tessuti molli circostanti (es. borsiti, cisti,..).

L’ecografia muscolo tendinea è una metodica non invasiva e assolutamente non dannosa per l’organismo (relativamente economica in relazione al suo impatto sui costi sociali) che utilizza ultrasuoni ovvero onde sonore ad alta frequenza per studiare i fasci muscolari, i tendini e le neoformazioni dei tessuti molli come le cisti e i lipomi. È un esame che spesso riesce ad offrire informazioni preliminari sulle cause possibili del dolore articolare. I vantaggi dell’ecografia sono che è un esame indolore, rapido (l’esame dura 10-15 minuti), economico, permette una visione in tempo reale anche con l’articolazione in movimento (impossibile con altre metodiche), può essere eseguito anche se il paziente è portatore di pacemaker e non espone il soggetto a radiazioni. Per quel che riguarda il ginocchio, l’ecografia è utile per:

  • lo studio dei tendini e delle loro lesioni;
  • lo studio delle lesioni muscolari;
  • lo studio delle cisti tendinee e articolari;
  • lo studio preliminare delle neoformazioni del sotto cute;
  • lo studio delle fasce muscolari e delle borse sierose.

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Artrosi: il latte fa bene alle ginocchia delle donne

MEDICINA ONLINE MILK LATTE PASTORIZZATO STERILIZZATO UHT ALTA QUALITA FRESCO LUNGA CONSERVAZIONE MICROFILTRATO INTERO PARZIALMENTE SCREMATO LIPIDI GRASSI COLESTEROLO BAMBINI NEONATI LATTANTI DIETA CALORIE GIRASOLEL’artrosi (anche detta osteoartrosi, oppure osteoartrite) è una patologia degenerativa che interessa le articolazioni ed è una delle più frequenti cause di disturbi dolorosi, dal momento che colpisce ben il 10% della popolazione adulta generale (circa 5 milioni di persone in Italia), e il 50% delle persone che hanno superato i 60 anni di età. Durante il manifestarsi di tale patologia nascono nuovo tessuto connettivo e nuovo osso attorno alla zona interessata. Generalmente sono più colpite le articolazioni più sottoposte ad usura, soprattutto al carico del peso corporeo, come le vertebre lombari o le ginocchia. I fattori di rischio, oltre alla predisposizione familiare, sono l’età, i traumi e l’obesità.

Latte ed artrosi

Uno studio del Brigham Women’s Hospital di Boston, pubblicato di recente sulla rivista Arthritis Care Research, rivela che bere latte scremato, del tutto o parzialmente, potrebbe rallentare la progressione dell’artrosi del ginocchio nelle donne. Lo sesso effetto però non si registrerebbe negli uomini, che pure mediamente assumono più calcio nella propria dieta. Su 2.148 partecipanti, di cui 1260 donne e 888 uomini, sono state fatte radiografie a entrambe le ginocchia per verificare l’ampiezza dello spazio articolare, ovvero lo spessore dello strato di cartilagine tra femore e tibia. Questo spazio tende ad assottigliarsi con il progredire della malattia.

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Una forte relazione tra consumo di latte e progressione della malattia

Ulteriori misurazioni sono state svolte a 12, 24, 36 e 48 mesi dalla prima, per monitorare l’andamento del disturbo. Contemporaneamente sono stati somministrati questionari per verificare il consumo di latte dei partecipanti. Aggiustando i risultati per fattori come la gravità di partenza della malattia, l’indice di massa corporea e altri elementi potenzialmente confondenti, è emersa una significativa relazione dose-risposta tra il consumo di latte e la riduzione dell’assottigliamento dello spazio articolare. Gli autori hanno infatti osservato che man mano che aumentava il livello di assunzione di latte (da niente, ad almeno 3 bicchieri a settimana, tra i 4 e i 6, fino a oltre 7 bicchieri, ovvero più di uno al giorno), le diminuzioni medie dello spazio articolare erano di 0,38 millimetri, 0,29, fino a 0,26 millimetri.

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Vitamine e minerali

L’ipotesi dalla quale sono partiti gli scienziati americani nel condurre la propria indagine è che il latte, essendo un’ottima fonte di vitamine e minerali, calcio e proteine, potesse in qualche modo aiutare a contrastare la degenerazione della cartilagine articolare. E in effetti studi precedenti hanno mostrato come il ridotto apporto di vitamina D e di vitamine antiossidanti A, C ed E si associ a un aumentato rischio di progressione dell’artrosi. “Quello da noi condotto è il più ampio studio ad aver analizzato l’impatto dell’assunzione di alimenti nella progressione dell’artrosi del ginocchio – fa notare Bing Lu (coordinatore dello studio) – i nostri risultati indicano che le donne che bevono spesso latte possono contrastare il danno articolare. Prima di trarre considerazioni conclusive, sarebbe tuttavia utile condurre ulteriori studi per avere prove certe”. Bere un bicchiere di latte al giorno potrebbe dunque rivelarsi un toccasana per la salute articolare, a patto però di prediligere quello scremato o parzialmente scremato in modo tale da non eccedere con i grassi, come fanno notare anche gli autori di un editoriale di accompagnamento allo studio.

Donne più sensibili

Nonostante le donne arruolate per lo studio assumessero molto meno calcio degli uomini, in questi ultimi non si è osservata alcuna associazione significativa tra consumo di latte e la maggiore o minore diminuzione dello spazio articolare, segno che “le donne potrebbero essere più sensibili all’effetto dell’assunzione di calcio attraverso il latte rispetto agli uomini”, ipotizzano gli autori.

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