Perché la pressione minima alta è pericolosa? Cause, sintomi, cure

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Pressione differenziale (differenza tra massima e minima) normale, alta e bassa

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Ipotensione arteriosa: cause, rischi e cura della pressione bassa

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IPOTENSIONE ARTERIOSA BASSA PRESSIONE CURA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgNell’uomo adulto il valore della pressione arteriosa sistolica (massima) è di norma 100-140 mmHg, mentre la pressione arteriosa diastolica (minima) è di norma 60-90 mmHg, quindi con ampie variazioni individuali.

Si parla di ipotensione se la pressione arteriosa sistolica è < 100 mmHg o se la pressione arteriosa diastolica (minima) è < 60 mmHg.

In soggetti molto allenati è possibile il reperto di ipotensione regolatoria: la circolazione a riposo è, in questi soggetti, in uno stato di risparmio da tono parasimpatico.
L’ipotensione può essere considerata una malattia solamente quando i meccanismi di regolazione del circolo non sono sufficienti a mantenere una pressione sanguigna sufficientemente alta, per irrorare ad esempio cervello e reni, in condizioni collegate allo sforzo o a riposo. L’autoregolazione della circolazione cerebrale (che normalmente mantiene dei valori pressori di circa 70-180 mmHg) avviene grazie alle variazioni del tono dei piccoli vasi cerebrali (effetto Bayliss).  In caso di arteriosclerosi dei vasi tuttavia, tale autoregolazione può perdere, almeno parzialmente, la sua efficacia e una caduta improvvisa della pressione arteriosa media sotto i 120 mmHg può determinare una temporanea diminuzione della perfusione cerebrale. La diagnosi è relativamente semplice: una misurazione della pressione sanguigna ci dà informazioni sufficienti ad individuare le cause dei sintomi lamentati dai pazienti. Più arduo può essere invece a volte scoprire la causa dell’ipotensione.

Ipotensione dovuta ad alterazioni della regolazione circolatoria ed ipotensione ortostatica
In questo caso l’ipotensione si manifesta solo sotto sforzo. I valori della pressione a riposo possono essere normali, diminuiti o anche aumentati cosicché la misurazione della PA a riposo non è diagnostica.
Qualora l’alterazione della regolazione circolatoria si manifesti in ortostatismo (discesa del sangue nelle regioni più declivi, cioè arti inferiori e regione splancnica con diminuzione del ritorno venoso e, dunque, diminuzione della gittata, allora si ha caduta della pressione arteriosa), si parla di ipotensione ortostatica, tipica di quando si passa da una posizione sdraiata ad eretta, ad esempio la mattina quando ci alziamo dal letto.

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Classificazione e cause
Le cause più comuni alla base dell’ipotensione sono la disidratazione, i cambiamenti repentini della postura (soprattutto al passaggio rapido dalla posizione sdraiata alla stazione eretta che come appena visto determina ipotensione ortostatica), un calo di zuccheri ed una forte emozione. In qualche caso, il calo pressorio è un effetto collaterale di alcuni farmaci, come i vasodilatatori, i diuretici e gli antidepressivi triciclici. Anche il consumo eccessivo di alcol può ridurre la pressione.
L’ipotensione può essere causata da ustioni, malattie endocrine, anemia, gastroenterite, acidosi metabolica, gravidanza o carenze di vitamine. Occorre sapere che esistono anche certe condizioni in grado di favorire la persistenza della pressione bassa, come caldo prolungato, allettamento duraturo (per esempio, a causa di malattie, intervento chirurgico o frattura) e perdita consistente e continuativa di liquidi (es. vomito prolungato, diarrea e sudorazione profusa). Inoltre, l’ipotensione può essere secondaria a prolungata convalescenza dopo infezioni batteriche e virali.
All’origine di tale sintomo possono esserci cause cardiogene, quali infarto del miocardio, scompenso cardiaco, tamponamento pericardico, grave valvulopatia ostruttiva e progressione di una miocardiopatia cronica. Possibili condizioni predisponenti l’ipotensione sono anche l’insufficienza venosa periferica, le tachiaritmie o le bradiaritmie e l’alterazione del tono vasomotorio (come nell’ipokaliemia).
Alla base della diminuzione della pressione sanguigna possono esserci anche emorragie improvvise, sepsi, shock anafilattico ed embolia polmonare. Altre cause dell’ipotensione comprendono le disfunzioni del sistema neurovegetativo secondarie a morbo di Parkinson, neoplasie del midollo spinale e neuropatia diabetica o nutrizionale.

  •  Ipotensione essenziale (forma più frequente): frequente nelle giovani donne di tipo leptosomico, spesso familiarità positiva. L’inattività fisica e lo stress sono fattori favorenti.
  • Ipotensione secondaria, in questo caso l’ipotensione è sintomo di altra patologia:
    – ipotensione condizionata da disturbi endocrini
    – insufficienza surrenalica
    – insufficienza del lobo anteriore dell’ipofisi
    – ipotensione cardiovascolare ad esempio stenosi aortica, insufficienza cardiaca, disturbi del ritmo, manovra di Valsalva (ostacolato ritorno venoso in atrio destro da aumento della pressione intratoracica), embolia polmonare
    – ipotensione tossiinfettiva a seguito di affezioni infettive
    – immobilizzazione, lunga degenza con venir meno della regolazione ortostatica
    – ipovolemia e emorragia, iponatriemia
    – farmacoindotta (ad es. psicofarmaci, antiaritmici, antiipertensivi, diuretici, antianginosi).

Sintomi
I sintomi classici dell’ipotensione sono:

  • diminuzione del rendimento fisico, affaticamento, lento “avviamento mattutino”;
  • disturbi della capacita’ di concentrazione;
  • cefalea, acufeni;
  • disturbi cardiaci: palpitazioni, dolori precordiali, sensazione di oppressione;
  • tendenza alla depressione del tono dell’umore, ansietà, disturbi del sonno
  • mani e piedi freddi;
  • vertigini nel passaggio da clino a ortostatismo oppure nel piegarsi;
  • “visione nera” o tremolante, eventuale collasso ortostatico.

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Terapia
La terapia è legata alla situazione di base, ma se si eccettuano i casi di ipotensione secondaria a gravi patologie che richiedono il ricovero ospedaliero, in genere è sufficiente una buona idratazione per ripristinare una massa ematica adeguata. Nelle ipotensioni legate a farmaci antipertensivi, è spesso sufficiente modificare la dose del farmaco per evitare l’ipotensione. Negli altri casi l’ipotensione può essere risolta andando a causare la patologia a monte che la causa. La Diidroergotamina che causa aumento del tono venoso è il farmaco di prima scelta nella forma con prevalenza del tono simpatico e nella forma dinamicolabile dell’alterazione della regolazione circolatoria.

Consigli generali per minimizzare il rischio di ipotensione

  • maggiore apporto di sodio (ad es. al mattino panino con burro salato) e di liquidi; controindicazione: insufficienza cardiaca;
  • esercizi per la circolazione (attività sportiva);
  • massaggi, idroterapia (Kneipp);
  • la posizione a letto con busto più alto di 20o diminuisce la diuresi notturna e la reazione ortostatica al mattino;
  • alzarsi lentamente dalla posizione sdraiata;
  • calze elastiche.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Stenosi carotidea, placche, ictus cerebrale ed attacco ischemico transitorio (TIA)

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STENOSI CAROTIDEA PLACCHE ICTUS TIA ATTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPrima di iniziare la lettura, ti consiglio di leggere prima questo articolo: Carotide comune, interna, esterna: dove si trova ed a che serve

Le arterie carotidi sono flessibili e dotate di pareti interne lisce, tuttavia – a seguito di un processo chiamato aterosclerosi – le loro pareti possono tuttavia andare incontro ad un progressivo irrigidimento accompagnato dalla riduzione del lume interno; tale fenomeno è causato dal graduale accumulo di depositi (placche ateromatose) costituiti da grassi, proteine, tessuto fibroso ed altri detriti cellulari. Nel tempo, queste placche possono formare una grande massa che riduce il diametro interno dell’arteria, limitando il flusso sanguigno (si parla di stenosi carotidea). I depositi ateromasici si formano soprattutto nel seno carotideo, cioè a livello della biforcazione che divide l’arteria carotide comune in carotide interna ed esterna.
La malattia ostruttiva dell’arteria carotidea si sviluppa lentamente e spesso passa inosservata: il primo indizio della presenza dell’ateroma può essere già molto grave, come la comparsa di un ictus cerebrale o di un attacco ischemico transitorio (TIA).
Il trattamento della stenosi carotidea mira a ridurre il rischio che venga ridotto significativamente l’apporto di sangue al cervello, rimuovendo la placca ateromatosa e controllando la coagulazione del sangue (per prevenire l’ictus tromboembolico).

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus o emorragia cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

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Sintomi e segni

Nelle fasi iniziali, la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea spesso non produce alcun segno o sintomo. La stenosi potrebbe rendersi evidente solo quando diviene abbastanza grave da privare il cervello di sangue, causando un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA), entrambi segno di allarme precoce per un futuro attacco apoplettico. Segni e sintomi di un attacco ischemico transitorio o di un ictus possono includere:

  • improvviso intorpidimento del volto o debolezza degli arti, spesso su un solo lato del corpo;
  • incapacità di spostare uno o più arti;
  • difficoltà a parlare e a comprendere;
  • improvvisa difficoltà nella visione, in uno o entrambi gli occhi;
  • vertigini e perdita di equilibrio;
  • un improvviso, forte mal di testa, senza causa nota.

Anche se i segni e sintomi durano solo poco tempo (talvolta, meno di un’ora) è possibile che il paziente abbia sperimentato un TIA. Se si verifica una qualsiasi di queste manifestazioni è importante cercare cure d’emergenza, per aumentare le possibilità che la malattia dell’arteria carotidea venga individuata e trattata tempestivamente, prima che si verifichi un ictus invalidante. Non è escluso che un TIA possa essere dovuto alla mancanza di flusso di sangue anche in altri vasi: il medico è in grado di stabilire quali test sono necessari per accertare la condizione.

Complicanze della stenosi carotidea

La complicanza più grave della malattia ostruttiva dell’arteria carotidea è l’ictus, in quanto può provocare danni permanenti al cervello e, nei casi più gravi, può essere fatale.
Ci sono tre diversi modi in cui la presenza di una placca ateromatosa aumenta il rischio che questo possa verificarsi:

  • Riduzione del flusso di sangue. A seguito dell’aterosclerosi, il lume della carotide può andare incontro ad una tale riduzione, che l’apporto di sangue non è sufficiente per raggiungere alcune parti dell’encefalo. L’ateroma può eventualmente occludere completamente l’arteria.
  • Rottura della placca. Un pezzo di placca ateromatosa può rompersi e staccarsi, viaggiando fino alle più piccole arterie nel cervello. Il frammento può rimanere bloccato in una di queste arterie cerebrali, creando un’ostruzione che blocca l’afflusso di sangue alla zona del cervello che il vaso sanguineo irrora.
  • Ostruzione da coagulo di sangue. Alcune placche sono inclini alla fessurazione e a deformare la parete dell’arteria. Quando questo accade, il corpo reagisce come ad una lesione, inviando localmente piastrine, per agevolare il processo di coagulazione. In questo processo, può svilupparsi un grande coagulo di sangue e bloccare o rallentare il flusso di sangue attraverso un’arteria carotidea o cerebrale, fino a provocare un ictus.

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Fattori di rischio

La combinazione di diversi fattori può aumentare il rischio di lesioni, la formazione di placche e l’insorgenza della stenosi carotidea sono:

  • Pressione alta. L’ipertensione arteriosa è un importante fattore di rischio per la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea. Un eccesso di pressione sulle pareti delle arterie può indebolirle e renderle più vulnerabili ai danni.
  • Fumo. La nicotina può irritare il rivestimento interno delle arterie. Inoltre, aumenta la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
  • Età. Le persone anziane hanno più probabilità di essere colpite da stenosi carotidea, in quanto con l’età, le arterie tendono a essere meno elastiche.
  • Livelli anormale di grassi nel sangue. Alti livelli di lipoproteine €‹a bassa densità (LDL, il colesterolo “cattivo”) e di trigliceridi nel sangue, favoriscono l’accumulo di placche ateromatose.
  • Diabete. La patologia non solo influenza la capacità di gestire il glucosio in modo appropriato, ma anche la capacità di elaborare in modo efficiente i grassi, disponendo il paziente a maggior rischio di ipertensione e aterosclerosi.
  • Obesità. I chili in eccesso contribuiscono ad altri fattori di rischio, come l’ipertensione, le malattie cardiovascolari e il diabete.
  • Eredità. Se il paziente presenta una storia familiare di aterosclerosi o di malattia coronarica, presenta un rischio aumentato di sviluppare queste patologie.
  • Inattività fisica. La mancanza di regolare esercizio fisico predispone ad una serie di condizioni, tra cui l’ipertensione, il diabete e l’obesità.

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Diagnosi

Oltre a considerare l’anamnesi completa, la presenza di fattori di rischio ed eventuali segni o sintomi, il medico può effettuare diversi test per valutare la salute delle arterie carotidi:

  • Esame obiettivo. Il medico può auscultare la carotide posizionando uno stetoscopio a livello del collo, per rilevare suono simile ad un “risucchio”, caratteristico del flusso sanguigno turbolento causato dall’aterosclerosi. Il medico può eseguire una valutazione neurologica per verificare lo stato fisico e mentale del paziente, come la capacità di resistenza, memoria e parola.

Uno o più test diagnostici possono essere eseguiti per valutare il restringimento di una carotide:

  • Ecografia Doppler: test non invasivo che si avvale di onde sonore riflesse per valutare il flusso di sangue attraverso il vaso sanguineo e verificare la presenza di una eventuale stenosi. La sonda ad ultrasuoni è collocata sul collo, a livello delle arterie carotidee. L’ecografia Doppler rivela come fluisce il sangue attraverso l’arteria e in che misura l’apporto è ridotto (stenosi carotidea minore 0-49%, moderata 50-69% e grave 70-99%, fino alla completa ostruzione).
  • Angio-CT (CTA): fornisce immagini dettagliate delle strutture anatomiche del collo e del cervello. L’indagine comporta l’iniezione di un agente di contrasto nel flusso sanguigno, in modo da evidenziare le anomalie di vasi sanguigni (tramite angiografia) e tessuti molli (mediante tomografia computerizzata). La CTA consente ai medici di visualizzare la carotide ristretta e determinare il grado patologico della stenosi.
  • Angiografia tramite risonanza magnetica (MRA): come la CTA, questo test di imaging utilizza un mezzo di contrasto, per evidenziare le arterie che irrorano il collo e l’encefalo. Il campo magnetico e le onde radio vengono utilizzate per creare immagini tridimensionali.
  • Risonanza magnetica (MRI): consente di visualizzare il tessuto cerebrale per evidenziare precocemente un ictus o altre anomalie.
  • Angiografia cerebrale: è un test minimamente invasivo che utilizza i raggi X e un agente di contrasto iniettato nelle arterie, attraverso un catetere infilato direttamente nelle carotidi. L’angiografia cerebrale consente ai medici di visualizzare in dettaglio tutte le arterie che irrorano l’encefalo.

L’imaging può anche rivelare le prove di molteplici attacchi ischemici transitori. I medici possono definire la diagnosi di stenosi carotidea, se le prove dimostrano che il flusso sanguigno è diminuito in una o entrambe le arterie carotidi.

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Trattamenti e farmaci

L’obiettivo dalla terapia è di ridurre il rischio di ictus. Le opzioni di trattamento per la stenosi carotidea variano a seconda della gravità del restringimento arterioso e se si verificano sintomi o meno (asintomatica).

Stenosi carotidea da lieve a moderata

  • Cambiare stile di vita. Cambiamenti nel comportamento possono aiutare a ridurre la pressione sulla carotide e rallentare la progressione dell’aterosclerosi. Tali cambiamenti includono smettere di fumare, perdere peso, bere alcol con moderazione, mangiare cibi sani, ridurre la quantità di sale e praticare regolare esercizio fisico.
  • Gestire le condizioni croniche. Con il medico è possibile stabilire un piano terapeutico per affrontare correttamente specifiche condizioni croniche, come la pressione alta, l’eccesso di peso o il diabete, che possono produrre effetti patologici anche sulle arterie carotidi.
  • Farmaci. I pazienti asintomatici o che presentano una stenosi carotidea di basso grado sono trattati con farmaci. Il medico può prescrivere un antiaggregante piastrinico (come aspirina, ticlopidina, clopidogrel), da assumere quotidianamente per fluidificare il sangue e prevenire la formazione di pericolosi coaguli di sangue. Possono essere raccomandati anche farmaci antipertensivi per controllare e regolare la pressione sanguigna (ACE-inibitori, bloccanti dell’angiotensina, beta-bloccanti, calcio-antagonisti ecc.) e delle statine per abbassare il colesterolo e contribuire a ridurre la formazione della placca nell’aterosclerosi. Le statine possono ridurre il colesterolo LDL “cattivo” in media del 25-30%, quando combinate con una dieta ipocalorica e a basso contenuto di colesterolo.

Grave ostruzione della carotide

Quando si dispone di una grave stenosi, soprattutto se il paziente ha già subito un TIA o un ictus correlato all’occlusione, è meglio procedere chirurgicamente ripulendo l’arteria dalla placca ateromatosa.

  • Endoarteriectomia carotidea. Questa procedura chirurgica è il trattamento più comune per rimuovere l’ateroma in presenza di un grave quadro clinico. L’intervento viene eseguito in anestesia generale. Dopo aver effettuato un’incisione lungo la parte anteriore del collo, il chirurgo apre l’arteria carotide colpita e rimuove la placca ateromatosa. L’arteria viene riparata con punti di sutura o, preferibilmente, con un innesto. L’endoarteriectomia carotidea è generalmente indicata per i pazienti sintomatici (ictus o TIA) e con un’ostruzione superiore al 50%. Si raccomanda anche per i pazienti che non hanno sintomi (asintomatici), con blocco superiore al 60%. Gli studi hanno dimostrato che, in caso di ostruzione moderata, la chirurgia apporta benefici duraturi ed aiuta a prevenire un eventuale ictus su un periodo di circa cinque anni. Un’endoarteriectomia carotidea non è raccomandata quando la posizione dell’ostruzione o del restringimento è di difficile accesso per il chirurgo o quando si dispone di altre condizioni di salute che rendono l’intervento chirurgico troppo rischioso. In questi casi, il medico può raccomandare una procedura chiamata angioplastica carotidea associata ad uno stenting.
  • Angioplastica carotidea e stenting. Il posizionamento di uno stent carotideo è una procedura meno invasiva rispetto all’endoarteriectomia carotidea, in quanto non comporta un’incisione nel collo. L’angioplastica carotidea con inserimento di uno stent permette di ottenere buoni risultati nel breve termine, ed è tipicamente indicata per pazienti che: 1) presentano un grado di stenosi carotidea moderato-grave; 2) soffrono di altre condizioni mediche che aumentano il rischio di complicanze chirurgiche; 3) manifestano una recidiva. Nell’angioplastica carotidea, un catetere viene infilato fino all’area carotidea ostruita nel collo. Un filtro appositamente progettato su un filo guida (chiamato dispositivo di protezione embolica) viene inserito per raccogliere eventuali detriti che possono staccarsi dalla placca durante la procedura. Una volta in posizione, viene gonfiato un piccolo palloncino all’estremità del catetere per alcuni secondi, allo scopo di aprire o allargare l’arteria. Uno stent viene inserito in modo permanente per costituire una impalcatura, che aiuti a sostenere le pareti delle arterie e a mantenere pervio il lume della carotide. Il palloncino viene poi sgonfiato ed il catetere e il filtro vengono rimossi. Dopo diverse settimane, l’arteria guarisce attorno allo stent. Come per l’endoarteriectomia carotidea, esistono alcuni rischi connessi alla procedura (ictus o decesso). Lo stenting sarà pertanto consigliato solo in caso di una grave stenosi.

Angioplastica carotidea Stent

Il recupero dalle procedure chirurgiche generalmente richiede una breve degenza in ospedale. I pazienti spesso ritornano alle normali attività entro una o due settiman. Dopo un’endoarteriectomia carotidea, la stenosi può recidivare ed è spesso correlata alla progressione della malattia aterosclerotica. Queste nuove placche possono essere trattate con la ripetizione dell’intervento chirurgico.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Differenza tra pressione arteriosa, venosa e venosa centrale

MEDICINA ONLINE PRESSIONE ARTERIOSA VENOSA SANGUIGNA CENTRALE PERIFERICA CUORE SANGUE BRACCIO VENE ARTERIE VASI PETTO DESTRO SINISTRO COME QUANDO SFIGMOMANOMETRO.jpgLa pressione sanguigna corrisponde all’intensità della forza esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi sanguigni arteriosi e venosi. Tale forza viene acquisita dal sangue, grazie alla funzione di pompa che ha il cuore. Viene espressa in millimetri di colonna di mercurio (mmHg).

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La pressione del sangue non è uguale in tutti i vasi, bensì varia lungo tutto l’apparato vascolare. La pressione sanguigna è il risultato dei seguenti fattori:

  • forza di contrazione del cuore;
  • gittata sistolica, ovvero quantità di sangue espulsa per ogni contrazione (sistole) ventricolare;
  • frequenza cardiaca (numero di battiti cardiaci al minuto);
  • resistenze periferiche, ovvero la resistenza opposta alla progressione del sangue dallo stato di costrizione delle piccole arterie;
  • elasticità dell’aorta e delle grandi arterie.

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La pressione arteriosa è la forza che esercita il sangue sulle pareti delle arterie. La pressione arteriosa sistemica (pressione massima), è la pressione del sangue arterioso sistemico misurata a livello dall’uscita dal ventricolo sinistro del cuore in direzione dell’aorta. La pressione arteriosa diminuisce progressivamente allontanandosi dal ventricolo sinistro, arrivando fino alle arteriole. La pressione arteriosa si distingue in:

  • pressione sistolica (o “massima”), durante la contrazione o sistole ventricolare;
  • pressione diastolica (o “minima”), durante il rilassamento o diastole ventricolare.

La pressione venosa è invece la forza che esercita il sangue sulle pareti delle vene.

Più specificatamente con “pressione venosa centrale” (PVC) il valore pressorio sanguigno rilevato nel tratto terminale della vena cava superiore e corrispondente alla pressione nell’atrio destro del cuore. La rilevazione della PVC avviene grazie alla posa di un catetere venoso centrale attraverso una vena profonda di grosso calibro (vena succlavia, o giugulare, o basilica o più raramente safena).

Il valore di PVC permette di valutare il volume ematico circolante, la funzionalità cardiaca ed il ritorno venoso. Risulta ancora da chiarire il range di normalità della PVC. È piuttosto chiaro che:

  • valori negativi della PVC sono al di sotto del range;
  • valori di PVC superiori a 12 ne sono al di sopra.

Il range di normalità è però ancora oggetto di discussioni. Il limite inferiore, secondo le diverse fonti, ha un valore da 0 a 5, mentre il limite superiore va da 7 a 12.

Vari fattori influiscono sui valori di PVC: 

  • ipovolemia o ipervolemia (diminuzione o aumento del volume ematico circolante),
  • insufficienza cardiaca,
  • ostacoli meccanici alla circolazione cardiaca,
  • alterazioni della pressione intratoracica (ad esempio pneumotorace),
  • farmaci,
  • ventilazione meccanica.

Valori superiori alla norma indicano:

  • sovraccarico di volume,
  • insufficienza cardiaca destra,
  • aumento della pressione intratoracica,
  • turbe vasomotorie.

Valori inferiori alla norma indicano:

  • perdite di volume (ipovolemia in corso di emorragie, vomito, diarrea, shock),
  • turbe vasomotorie.

La PVC è un parametro che viene rilevato frequentemente nell’ambito dei monitoraggi post-operatori.

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Differenza tra pressione massima (sistolica), minima (diastolica) e differenziale

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA PRESSIONE MASSIMA MINIMA DIFFERENZIALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgLa pressione sanguigna rappresenta appunto la pressione, cioè la forza, esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi sanguigni arteriosi e venosi. La “spinta” iniziale è Continua a leggere

Perché la pressione arteriosa alta (ipertensione) è pericolosa?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCHE IPERTENSIONE PRESSIONE E PERICOLOSA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgQuando un individuo soffre di ipertensione arteriosa (comunemente “pressione alta”) le pareti dei suoi vasi sanguigni sono costrette a sopportare forti sollecitazioni che, quando diventano particolarmente elevate, possono provocarne la rottura, con conseguente emorragia, come ad esempio avviene in alcuni tipi di ictus cerebrale. Durante una crisi ipertensiva (un picco di pressione alta), la pressione esercitata dal sangue, unita ad un flusso alterato, può inoltre determinare la rottura di una placca aterosclerotica con conseguente embolo e trombosi, capaci di determinare patologie gravi come ad esempio l’infarto del miocardio. Infine il cuore si trova costretto a contrarsi cronicamente contro una resistenza troppo elevata, e ciò causa alterazioni anatomiche che possono portare all’insufficienza cardiaca.

I pericoli di una ipertensione arteriosa cronica sono quindi principalmente tre:

  • danno alle pareti dei vasi sanguigni con possibile emorragia;
  • sovraccarico cardiaco;
  • aumentato rischio di embolia e trombosi.

L’ipertensione arteriosa è tra i più importanti fattori di rischio vascolare ed aumenta il rischio di patologie cardiovascolari potenzialmente mortali. Per questo motivo è importante misurare la pressione periodicamente, specialmente superati i 40 anni ed anche prima se:

  • siete in sovrappeso o obesi;
  • siete fumatori;
  • avete livelli di colesterolo e trigliceridi elevati;
  • soffrite di diabete;
  • avete casi in famiglia di ipertensione arteriosa e/o di ictus e/o di infarto.

Molte persone tuttavia, non hanno a casa uno sfigmomanometro ed uno stetoscopio, cioè gli strumenti necessari per misurare la pressione arteriosa, e sono costrette ad andare dal medico per controllarsi periodicamente la pressione, il che si traduce nel fatto che spesso passa troppo tempo tra una misurazione e l’altra ed aumentano i rischi per la salute del paziente.

Sfigmomanometri manuali

La scelta dello strumento adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di strumenti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori sfigmomanometri manuali professionali, elencati in ordine di prezzo decrescente:

A tali strumenti dovrete aggiungere anche uno stetoscopio, i nostri preferiti sono:

Se invece preferite comprare in un’unica soluzione sia sfigmomanometro che stetoscopio, ecco i migliori prodotti selezionati per voi dallo Staff sanitario:

Sono quattro strumenti ben costruiti, venduti in tutto il mondo e, pur avendo un prezzo contenuto, sono estremamente precisi e professionali, inoltre includono nella confezione anche uno stetoscopio il che vi eviterà di doverlo comprare a parte.

Sfigmomanometri automatici digitali

Se non sapete come utilizzare uno sfigmomanometro manuale potete leggere la nostra guida, oppure acquistare uno strumento digitale che misura in modo automatico la pressione: è necessario solo indossare l’apposito bracciale e dare avvio alla procedura senza neanche avere lo stetoscopio, che è invece necessario con gli strumenti manuali. La scelta dell’apparecchio adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di prodotti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori  sfigmomanometri automatici sul mercato:

Sono cinque apparecchi ottimamente costruiti, facili da usare ed estremamente precisi e professionali: con essi misurare la vostra pressione arteriosa sarà facile come premere un tasto!

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Pressione arteriosa: valori normali e patologici

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRESSIONE ARTERIOSA VALORI NORMALI PATOLOGICI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano.JPGLa pressione arteriosa corrisponde a quanto “viene spinto” il sangue all’interno delle arterie ed è riassunta da due misure, la pressione sistolica (anche detta “pressione massima” o semplicemente “massima”) e quella diastolica (anche detta “pressione minima” o “minima”), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco periodicamente prima si contrae (fase di sistole) e poi si rilassa (fase di diastole), quindi durante la contrazione cardiaca la pressione sarà più elevata (massima) e quando il cuore si rilassa sarà più bassa (minima). La pressione si misura in mmHg (millimetri di mercurio).

La pressione sanguigna normale a riposo è compresa tra i 100 e i 130 mmHg di sistolica e tra i 60 e gli 85 mmHg di diastolica.

La diagnosi di ipertensione arteriosa viene considerata quando vi è una pressione frequentemente pari o superiore ai 140 mmHg di pressione sistolica e 90 mmHg di pressione diastolica.

L’ipertensione arteriosa è un pericoloso fattore di rischio cardiovascolare e dovrebbe essere sempre evitata. 

Valori di pressione arteriosa Sistolica/diastolica
PRESSIONE ECCESSIVAMENTE BASSA (GRAVE IPOTENSIONE ARTERIOSA) < 50/33 mmHg
PRESSIONE TROPPO BASSA < 60/40 mmHg
PRESSIONE BASSA < 90/60 mmHg
PRESSIONE ARTERIOSA OTTIMALE <115/75 mmHg
PRESSIONE ARTERIOSA ACCETTABILE < 130/85
PRE-IPERTENSIONE 130-139 / 85-89 mmHg
IPERTENSIONE DI STADIO 1 140-159 / 90-99 mmHg
IPERTENSIONE DI STADIO 2 >160 / >100 mmHg
IPERTENSIONE DI STADIO 3                                                         >180/110 mmHg

Range di normalità dei valori pressori nelle varie fasce di età

I valori indicativi della pressione arteriosa variano di poco con l’aumento dell’età del soggetto.

  • Per i soggetti con età compresa tra i 15 e i 19 anni l’intervallo ideale è compreso tra i 105/73 e i 120/81 mmHg.
  • La fascia delle persone tra 20 e 24 anni dovrebbe indicativamente avere dei valori compresi tra 108/75 e 132/83 mmHg.
  • I riferimenti per chi ha tra i 25 e i 29 anni sono 110/77 mmHg come minimo e 133/84 mmHg come massimo.
  • Superiamo la soglia dei 30 anni e consideriamo coloro che arrivano fino a 34 anni. Qui l’intervallo corretto entro cui rientrare è tra 111/78 e 134/85 mmHg.
  • Per chi ha un’età compresa tra i 35 e i 39 anni i livelli di pressione dovrebbero essere tra i 112/79 e i 135/86 mmHg.
  • Arriviamo ai soggetti che vanno dai 40 ai 44 anni. Per non avere problemi di salute i loro valori dovrebbero essere compresi tra i 113/80 e i 136/87 mmHg.
  • Per coloro che hanno tra i 45 e i 49 anni l’intervallo ideale è tra 115/80 e 139 /88 mmHg.
  • Superiamo i 50 anni e arriviamo fino ai 54 anni. Per chi si trova in questa fascia la pressione arteriosa non dovrebbe scendere al di sotto di 116/81 mmHg e non superare i 142/89.
  • Per chi ha un’età compresa tra i 55 e i 59 i livelli sono 118/82 e 144/90 mmHg.
  • La fascia di chi ha tra i 60 e i 64 anni ha valori di riferimento che vanno da un minimo di 120/83 ad un massimo di 147/91 mmHg.

Dai 30 anni in poi è sempre bene monitorare periodicamente la pressione arteriosa e aggiornare il proprio medico curante su improvvisi aumenti: ciò è particolarmente valido per quelle persone che hanno famigliarità con l’ipertensione arteriosa, cioè hanno in famiglia dei casi di ipertensione (ad esempio genitori con pressione alta).

Strumenti necessari per misurare la pressione

Per misurare la pressione arteriosa, sono necessari uno sfigmomanometro ed uno stetoscopio.

Sfigmomanometri manuali

La scelta dello strumento adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di strumenti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori sfigmomanometri manuali professionali, elencati in ordine di prezzo decrescente:

A tali strumenti dovrete aggiungere anche uno stetoscopio, i nostri preferiti sono:

Se invece preferite comprare in un’unica soluzione sia sfigmomanometro che stetoscopio, ecco i migliori prodotti selezionati per voi dallo Staff sanitario:

Sono strumenti ben costruiti, venduti in tutto il mondo e, pur avendo un prezzo contenuto, sono estremamente precisi e professionali, inoltre includono nella confezione anche uno stetoscopio il che vi eviterà di doverlo comprare a parte.

Sfigmomanometri automatici digitali

Se non sapete come utilizzare uno sfigmomanometro manuale potete leggere la nostra guida, oppure acquistare uno strumento digitale che misura in modo automatico la pressione: è necessario solo indossare l’apposito bracciale e dare avvio alla procedura senza neanche avere lo stetoscopio, che è invece necessario con gli strumenti manuali.

Sono apparecchi ottimamente costruiti, facili da usare ed estremamente precisi e professionali: con essi misurare la vostra pressione arteriosa sarà facile come premere un tasto!

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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