Sciatica: caldo o freddo? Si può morire? Non passa: cosa fare?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MAL DI SCHIENA LOMBALGIA ESERCIZI DOLORE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari An PeneLa sciatica – anche chiamata sciatalgia o lombosciatalgia – è una patologia determinata da Continua a leggere

Sciatica: quanto dura, come dormire, come farla passare, consigli e prodotti consigliati

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PSICHIATRIA MEDICINA DIPENDENZE DIRETTORE MEDICINA ONLINE NERVO SCIATICO ISCHIATICO INFIAMMATO DA ERNIA DEL DISCO DISCALE COLONNA VERTEBRALE SCIATICA SCIATALGIA LOMBOSCIATALGIALa sciatica (anche chiamata “sciatalgia” o “lombosciatalgia”) è una patologia molto diffusa che consiste nell’infiammazione del nervo sciatico (anche chiamato “nervo ischiatico”) con conseguenti dolori localizzabili in varie parti del corpo: zona lombare, fianco, gluteo, gamba e piede, appunto lungo il decorso del nervo. Si verifica nella maggioranza dei casi in concomitanza con la Continua a leggere

Ernia del disco L5 S1: espulsa, cure naturali, quando operare, guarigione

MEDICINA ONLINE ERNIA DISCALE DEL DISCO VERTEBRE L5 S1 LOMBARE SACRALE DOLORE SCIATICA LOMBOSCIATALGIA OPERAZIONE CHIRURGICA QUANDO CURE RIMEDI NATURALI TEMPI DI GUARIGIONE ANTINFIAMMATORI ESERCIZI MAL DI SCHIENA.jpgTra le cause più comuni del mal di schiena e della sciatalgia, c’è senza dubbio l’ernia del disco (o “ernia discale”), per capire il meccanismo dietro questo disturbo bisogna prima farsi una domanda:

Cosa sono i dischi intervertebrali ed a che servono?

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Muscolo soleo: anatomia, infiammazione, dolore, esercizi e stretching

MEDICINA ONLINE MUSCOLI GAMBA COSCIA POLPACCIO GEMELLO GASTROCNEMIO TRICIPITE SURA SOLEO BICIPITE FEMORALE SARTORIO PLANTARE GINOCCHIO DOLORE CORSA PIEDE ARTERIE VENE FEMORE TIBIA PERONEIl muscolo soleo è posto profondamente rispetto ai due gemelli, ed assieme a questi forma il muscolo tricipite della sura.

Anatomia

Il soleo origina dalla testa e dal terzo superiore della faccia posteriore della fibula, dalla linea del muscolo soleo della tibia e dall’arco tendineo tra testa fibulare e tibia (arco tendineo del muscolo soleo) distalmente al muscolo politeo. Inserzione: il suo tendine si unisce a quello del muscolo gastrocnemio formando il tendine d’Achille (tendine calcaneare) che va ad inserirsi alla tuberosità calcaneare, nel terzo medio della faccia posteriore del calcagno. Il soleo è l’unico tra i muscoli che formano il tricipite della sura ad essere monoarticolare. E’ innervato dal nervo tibiale (L4-S1).

Funzioni del muscolo soleo ed importanza nello sport

Con la sua azione flette plantarmente la caviglia e partecipa alla flessione del ginocchio. Sviluppa la sua massima potenza quando, partendo dalla posizione caviglia flessa e ginocchio esteso si contrae per estendere il piede. Il soleo è particolarmente importante nelle discipline di resistenza (alta percentuale di fibre rosse) mentre il gastrocnemio è più un muscolo di potenza.

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Dolore al soleo

Tipicamente un esercizio intenso o traumi vari possono determinare dolore al polpaccio ed al soleo. I danni più frequenti sono le infiammazioni e gli strappi, inoltre i gemelli ed il soleo sono i muscoli tipicamente interessati da contratture muscolari. Solo una approfondita indagine medica, che spesso utilizza RX ed ecografia ad elevata frequenza, può distinguere la patologia che interessa il polpaccio.

Esercizi per il soleo

Gli esercizi da fare sono davvero numerosi. Il miglior allenamento per il muscolo monoarticolare, il soleo, è quello effettuato da seduto sulla macchina di Calf. Qui, infatti, il ginocchio è flesso e i gemelli sono detesi, favorendo lo sforzo e l’allenamento del solo soleo perché non possono contrarsi con tutta la loro potenza. L’esercizio risulterà più semplice nelle palestre dotate di una apposita macchina per il Calf seduto, basterà posizionare le ginocchia sotto il pad e il piede con i talloni fuori dalla pedana, dopo essersi seduti, e alzare ginocchia e peso caricato facendo perno con la pianta del piede. In caso contrario basterà adattare una panca e una pedana bassa per accrescere l’estensione angolare dell’esercizio. Seduti sulla panca con il bilanciere sulle cosce e i piedi stabili sul pavimento è possibile sollevare i talloni e il peso scelto per l’esercizio.

Lista di esercizi che coinvolgono il Soleo:

  • Push press davanti
  • Push press dietroSquat al multipower
  • Squat con bilanciere
  • Stacchi da terra con bilanciere
  • Stacchi da terra con bilanciere in posizione sumo
  • Affondi frontali con manubri
  • Affondi laterali con manubri
  • Calf machine in piedi
  • Calf rise con manubrio
  • Front squatLeg press a 45 gradi
  • Leg press orizzontale
  • Pistol squat al multipower
  • Pistol squat con manubri.

Stretching per polpaccio e soleo

Il soleo e il polpaccio sono i muscoli più importanti per l’allenamento dei runners, oltre che degli sportivi, come i calciatori, che corrono a lungo durante l’attività sportiva. Un buon allenamento non può prescindere da una fase di riscaldamento e da una di defaticamento che preveda esercizi di stretching finalizzati proprio ad allungare e poi rilassare questi muscoli. L’obiettivo è quelli di favorirne il riscaldamento tutelandoli dai traumi che potrebbero derivare da uno sforzo fisico improvviso. Nel caso del soleo, che rappresenta uno dei pochi muscoli monoarticolari del corpo umano, gli esercizi da effettuare non sono così banali. Lo stretching tradizionale, infatti, non interessa adeguatamente questo muscolo che, protetto dal polpaccio, non effettua il giusto allenamento. Come risolvere questa situazione? Scegliendo gli esercizi giusti. Il tradizionale allungamento del polpaccio, con ginocchio esteso, deve tenere conto della necessità di allenare e “stirare” anche il soleo. Per questo motivo durante la flessione il ginocchio, invece che esteso, va flesso al fine di consentire una detensione del gastrocnemio a favore dello stretching per il soleo. Questi muscoli sono particolarmente stressati nei runner, soprattutto in condizioni climatiche particolarmente rigide o su percorsi complessi, caratterizzati da salite, montagne, oltre che in atletica leggera. Ecco perché vanno curati con esercizi ad hoc, capaci di tutelarli e prepararli allo sforzo o, al contrario, al riposo dopo l’attività fisica.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra stretching statico, dinamico, attivo e passivo

MEDICINA ONLINE STRETCHING ATTIVO PASSIVO BALISTICO STATICO DINAMICO DIFFEREZE CORSA PALESTRA PESI ALLENAMENTO SPORT MUSCOLI TENDINI ALLUNGAMENTO DOLORE IPERTROFIA RUNNER MARATONA CORPO WALLPAPER HI RES PICTURELo stretching è una disciplina estremamente complessa e in continua evoluzione e sarebbe riduttivo ridurla a poche linee principali. È però importante farsi un’idea di massima di quelle che sono le varie tipologie di stretching per ricercare i massimi benefici a seconda delle proprie finalità (prestazione, riabilitazione, prevenzione infortuni ecc.). È curioso notare, studiando i vari testi sullo stretching (e sono moltissimi), che spesso gli esercizi proposti sono un miscuglio delle varie tipologie, a seconda delle preferenze dell’autore e delle finalità che si prefigge. Di seguito, senza la pretesa di essere totalmente esaustivi analizzeremo brevemente le tipologie di stretching più note.

È importante notare che la nostra “lista” potrebbe non essere esattamente sovrapponibile a quella proposta da altre fonti, questo perché non tutti gli autori usano i medesimi criteri di suddivisione.

Le più note tipologie di stretching

Le tipologie di stretching che prenderemo in considerazione sono le seguenti: stretching statico, stretching balistico, stretching dinamico, stretching passivo, stretching attivo, stretching globale attivo, stretching propriocettivo, C.R.A.C., C.R.S.

Stretching statico

Codificato da Bob Anderson, lo stretching statico è la tipologia di stretching più semplice e probabilmente quella che gode di maggiore notorietà. Consiste nell’allungare un muscolo (oppure un gruppo muscolare) per poi mantenere lo stiramento massimo; come dice la terminologia non c’è alcun movimento e si deve arrivare alla posizione il più lentamente possibile. I vantaggi dello stretching statico sono ovvi: è facile, non è faticoso, apporta benefici a livello di elasticità. Gli unici svantaggi sono che non è specifico, che non migliora la coordinazione e che non attiva le terminazioni primarie dei fusi che sono sensibili alla velocità del movimento.

Alcuni usano la locuzione “stretching statico” come sinonimo di “stretching passivo”utilizzo che non è condiviso da tutti gli autori che con stretching passivo fanno riferimento a una tipologia di stretching con differenti caratteristiche.

Stretching balistico

Come è facilmente intuibile dalla terminologia, questo tipo di stretching implica dei movimenti rapidi e ritmici, salti e rimbalzi poiché utilizza la velocità come forza motrice per lo stiramento. È un tipo di stretching teoricamente molto interessante, ma ormai in disuso (anche se in alcune palestre viene ancora proposto) perché è considerato più dannoso che utile (alto è il rischio di incorrere in strappi o stiramenti muscolari), non consente ai muscoli di adeguarsi e rilassarsi alla e nella posizione allungata. Viene ancora utilizzato, ma molto raramente, da atleti particolarmente preparati.

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Stretching dinamico

È una variazione del precedente, a metà strada fra il balistico e lo statico: il movimento è comunque controllato, senza salti, slanci o scatti. Di fatto consiste in oscillamenti controllati di braccia e gambe effettuati in modo da portare dolcemente il soggetto al limite della propria gamma di movimento (al contrario dello stretching balistico che tende a forzare una parte del corpo oltre la sua gamma di movimento). Il tipico esempio di stretching dinamico è rappresentato da oscillamenti piuttosto lenti e controllati di braccia e gambe o anche da torsioni del tronco. Secondo il noto autore Thomas Kurz gli esercizi di stretching dinamico dovrebbero essere effettuati eseguendo una serie di 8-12 ripetizioni. Viene spesso consigliato in quei programmi sportivi che prevedono movimenti a velocità elevata perché agisce sull’elasticità di tendini e muscoli. Il muscolo agonista, contraendosi piuttosto rapidamente, tende ad allungare il muscolo antagonista. Il limite maggiore è proprio nella difficoltà di controllo del movimento dal quale dipendono strettamente i benefici dello stretching.

Stretching passivo

Noto anche come stretching rilassato o come stretching statico passivo, è una tecnica che si utilizza quando il muscolo agonista è troppo debole o è poco elastico; in genere è tipico di una riabilitazione dopo un intervento e si attua con l’aiuto di un fisioterapista (o di qualche attrezzo) che tende la struttura oltre l’ampiezza del movimento attivo per rieducarla. Inutile sottolineare che in uno sportivo sano questa tipologia di stretching è poco indicata perché il rischio di infortunio è elevato, anche se alcuni atleti la utilizzano come tecnica di “raffreddamento” dopo un allenamento particolarmente intenso.

Stretching attivo

È lo stretching che sollecita i muscoli senza l’uso di una forza esterna. Consideriamo un soggetto in piedi. Un operatore può sollevargli la gamba verso l’alto di un angolo di, supponiamo, 150° (capacità passiva); il soggetto, senza l’aiuto dell’operatore, può sollevarla fino a 90° dal suolo (capacità attiva). Se mantiene la tensione esegue uno stretching attivo (libero). Lo stretching attivo è poi resistente se vengono usate resistenze, nel nostro esempio un peso alla caviglia. Lo stretching attivo è sicuramente quello più moderno; esistono molte scuole, fra cui quella più conosciuta è quella di Wharton.

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Stretching globale attivo

Noto anche come stretching globale decompensato, è una forma di stretching basata sul principio che soltanto gli stiramenti globali hanno reale efficacia. Tali stiramenti devono essere effettuati tramite posizioni in grado di allungare tutta una catena muscolare portando a una rieducazione della postura. Lo stretching globale attivo si rifà ai principi della cosiddetta Rieducazione Posturale Globale, un metodo riabilitativo ideato da Philippe E. Souchard. Lo stretching globale attivo utilizza nove posture; ognuna di esse agisce su una determinata serie di catene muscolari. Viene consigliato sia come alternativa allo stretching tradizionale sia come metodo di prevenzione contro le patologie da sovraccarico muscolo-tendinee.

Stretching propriocettivo

Denominato PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), si basa sui complessi meccanismi delle unità coinvolte nello stiramento (muscoli, tendini, recettori, coppia agonista/antagonista ecc.). Questo metodo nacque negli Stati Uniti, ideato a Washington da Karbat, Knot e Voss. Era un metodo riabilitativo per curare i postumi della poliomielite. Una variante è nota in osteopatia con il nome di tecnica d’energia muscolare. Esistono molte scuole e ciò rende difficile una valutazione globale del metodo, anche se le difficoltà concrete superano di gran lunga i benefici. Grazie a un operatore si esegue una serie di movimenti che aumentano l’elasticità del soggetto, stimolando in sequenza opportuna e nel modo corretto tutti i concetti coinvolti nella gestione dell’elasticità (dalle unità ai riflessi). Si comprende che l’esecuzione è fondamentale e che l’operatore deve avere una grande professionalità. Un’esecuzione non corretta non solo è inefficace, ma potrebbe tradursi in un inutile stress. È noto anche come stretching isometrico eccentrico.

C.R.A.C.

C.R.A.C. sta per Contract Relax Antagonist Contract, ovvero “contrazione, rilassamento e contrazione dei muscoli antagonisti. Si tratta di una forma di stretching molto simile a quella precedente, dalla quale si differenzia nella fase finale dell’allungamento. Prevede la contrazione dei muscoli antagonisti a quelli che si stanno allungando. Per eseguirlo è necessaria la presenza di un’altra persona che aiuti il soggetto nella contrazione isometrica iniziale dei muscoli oggetto di allungamento e che collabori, nella fase finale dell’allungamento, alla contrazione dei muscoli antagonisti.

C.R.S.

C.R.S. sta per Contract Relax Stretching ovvero “contrazione, rilassamento e stretching”. È una modalità di stretching che consiste nella contrazione isometrica di un muscolo per 10-15 secondi circa, seguita da un rilassamento di 5-6 secondi dopodiché si esegue l’allungamento.

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Stretching e corsa: qual è il migliore per il runner?

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI CORRERE CORSA MUSCOLI DOPO ALLENAMENTO MASSA PROTEINE AMMINOACIDI BCAA RAMIFICATI ESSENZIALI WHEY LATTE SIERO CASEINE CREATINA WORKOUT BICIPITI SPALLE GAMBE ESERCIZI DONNA GLUTEI STEROIDI SQUATIl primo tipo di stretching comparso sulla scena dei runner, il cosiddetto stretching balistico, è stato abbandonato diversi decenni fa. Gli atleti che lo provarono scoprirono che il passaggio rapido da una posizione a un’altra provocava dolori muscolari e a volte anche stiramenti. Dopo questa prima versione ne apparve una seconda, lo stretching statico, che raggiunse ben presto un’enorme diffusione grazie a libri, articoli e poster nelle palestre. Nello stretching statico il runner raggiunge la posizione e la mantiene per 30-60 secondi. Poiché non ci sono movimenti rapidi, affermano i sostenitori di questa attività, lo stretching statico non può provocare dolori muscolari. Al contrario, dovrebbe favorire la flessibilità mediante un adattamento graduale all’allungamento.

Molti runner hanno ricevuto notevoli benefici dallo stretching statico, ma altri hanno comunque sofferto di dolori ai muscoli e non hanno risolto i loro problemi a livello di infortuni. Peraltro, un articolo pubblicato sulla rivista Research Quarterly qualche anno fa sollevò alcuni dubbi circa i benefici di questa pratica specifica. I ricercatori utilizzarono due gruppi di persone di sesso maschile in età compresa fra i 18 e i 22 anni e li sottoposero rispettivamente a una serie di 17 esercizi di stretching balistico e statico.

I risultati mostrarono che il secondo gruppo andò incontro a un maggior livello di dolore ai muscoli e a una maggiore produzione di CPK (un enzima che, come noto, è correlabile agli infortuni a livello del tessuto muscolare) rispetto al primo gruppo. Perché? Una possibile spiegazione può essere ricavata osservando la fisiologia muscolare. Tutti i muscoli hanno un riflesso d’estensione che viene attivato dopo un movimento rapido e intenso oppure dopo due secondi di allungamento. Questo riflesso fa sì che il muscolo cominci una lenta contrazione. Se si continua l’allungamento mentre il muscolo cerca di contrarsi possono sorgere problemi.

Oggi si preferiscono sostanzialmente due strade:

a) lo stretching statico non massimale; non essendo massimale si minimizzano le probabilità di infortunio. Essendo la corsa prolungata non particolarmente critica in termini di elasticità (come i salti o la velocità), si ottengono buoni risultati pratici.

b) Lo stretching attivo (metodo Wharton); poiché la posizione viene mantenuta per 1-2 secondi solamente, si evitano i problemi eventualmente presenti con gli altri tipi di stretching. Per ottenere il massimo beneficio la difficoltà è quindi totalmente esecutiva.

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Stretching di Wharton: caratteristiche ed esercizi spiegati

MEDICINA ONLINE STRETCHING WHARTON PROPRIOCETTIVO ATTIVO PASSIVO BALISTICO STATICO DINAMICO DIFFERENZE CORSA PALESTRA PESI ALLENAMENTO SPORT MUSCOLI TENDINI ALLUNGAMENTO DOLORE IPERTROFIA WALLPAPER HI RES PICTURE.jpgCon stretching di Wharton si fa riferimento a una tipologia di stretching proposta, alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, da Jim e Phil Wharton (si parla appunto di Metodo Wharton); i due fisioterapisti statunitensi idearono una forma di stretching attivo molto interessante (Active Isolate Stretching o AI stretching ovvero stretching attivo isolato).

Molti atleti che hanno provato lo stretching di Wharton giurano che molti loro problemi sono scomparsi. Fra questi, due grandi atleti del passato, Shelly Steely, campionessa olimpica dei 3000 m alle olimpiadi del 1992 o Steve Spence, campione mondiale di maratona nel 1993.

Purtroppo, dopo la fortuna dei primi anni ’90, il metodo Wharton non ha riscosso pareri altrettanto entusiasti. In parte i successi ottenuti potevano forse essere dovuti al caso (cioè a una corrispondenza temporale fortuita metodo-assenza di infortuni) o forse, nell’euforia della novità, le informazioni non sono circolate nel modo corretto. Riportando lo stretching di Wharton in una dimensione più reale occorre sottolineare che:

  • è un metodo scientifico;
  • teoricamente ha meno controindicazioni di altre forme di stretching;
  • praticamente non è così facile da eseguire come il tradizionale stretching statico.

Quest’ultimo punto è forse quello che ne limita i benefici nel momento in cui si passa dalla teoria alla pratica. È però importante conoscerlo per decidere se inserirlo o no nel proprio allenamento.

Stretching di Wharton: la teoria

Molti infortuni legati allo stretching sono dovuti al riflesso che viene attivato dopo un movimento rapido e intenso o dopo due secondi di allungamento. Questo riflesso fa sì che il muscolo cominci una lenta contrazione. Se si continua l’allungamento mentre il muscolo cerca di contrarsi possono sorgere problemi.

Nel metodo Wharton le posizioni vengono mantenute solo per 1,5-2 secondi, quindi si torna alla posizione di partenza. Dopo una pausa di 2 secondi, si ripete l’allungamento.

Quindi, in teoria, non dovrebbero esserci problemi, ma in pratica è veramente difficile temporizzarsi su intervalli così brevi e inoltre tali intervalli potrebbero variare da soggetto a soggetto (per esempio essere di uno o di tre secondi).

Oltre a questo limite temporale, lo stretching attivo isolato ha un’altra differenza fondamentale rispetto a quello statico: gli allungamenti vengono assistiti in due modi. Innanzitutto si contrae il gruppo muscolare opposto per favorire l’allungamento, in secondo luogo, mentre si continua la contrazione, si aiuta l’allungamento con una corda o con le mani. In ogni caso non si deve mai forzare. Questa regola fondamentale rimane un punto fermo anche in questa versione di stretching; non ci si deve mai spingere oltre il punto del dolore. Lo stretching non è una soluzione istantanea ai problemi di infortunio, per cui bisogna procedere con calma e costanza. I risultati migliori si hanno con un’applicazione costante e graduale.

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Stretching di Wharton: gli esercizi

Seguite questi passaggi per ciascun esercizio:

  • contrarre il muscolo opposto all’area di stretching.
  • Allungare solo finché si percepisce una lieve irritazione.
  • Mantenere la posizione per 2 secondi. Tornare alla posizione di partenza e fare una pausa di 2 secondi. Ripetere l’allungamento.
  1. Tendini del ginocchio (coscia posteriore) – Sdraiatevi supini con la gamba destra piegata; avvolgete con una corda l’arco del piede sinistro, tenete fermo il ginocchio e sollevate la gamba diritta verso l’alto, contraendo i quadricipiti (il gruppo muscolare opposto a quello interessato allo stretching), aiutandovi con la corda senza forzare. Riportate la gamba a terra e ripetete. Eseguite lo stesso esercizio sul lato opposto.
  2. Adduttori (coscia interna/inguine) – Sdraiatevi supini con le gambe estese e avvolgete la corda attorno all’arco del piede sinistro, quindi riunite le due parti della corda e avvolgete l’interno e il retro della caviglia. Puntate il piede sinistro all’interno e sollevate la gamba lateralmente, contraendo la coscia esterna e i glutei. Aiutatevi con la corda, tirando verso le spalle. Tornate alla posizione di partenza e ripetete. Eseguite lo stesso esercizio sul lato opposto.
  3. Adduttore (coscia esterna/anca) – Sdraiatevi supini con le gambe estese. Avvolgete la corda attorno all’arco del piede destro, quindi riunite le due parti della corda attorno alla parte esterna e posteriore della caviglia. Puntate entrambi i piedi verso destra. Portate la gamba sinistra a incrociarsi con la destra contraendo i muscoli interni della coscia. Aiutate questo movimento con la corda. Tornate alla posizione di partenza e ripetete il movimento. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.
  4. Quadricipiti (parte anteriore della coscia) – Stendetevi sul lato sinistro e portate entrambe le ginocchia al petto; afferrate la parte esterna del piede sinistro con la mano sinistra. Con la mano destra afferrate la caviglia destra ed estendete la coscia destra all’indietro lavorando con i muscoli del gluteo e i tendini del ginocchio e aiutandovi con la mano; il tallone dovrebbe premere contro il gluteo. Riportate la coscia al petto e ripetete. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.
  5. Anca e gluteo – Stendetevi supini con la gamba destra estesa e ruotata verso l’interno; piegate il ginocchio sinistro e contraete i muscoli addominali per sollevare il ginocchio portandolo verso la spalla opposta. Aiutatevi con le mani sullo stinco e sulla coscia esterna. Tornate alla posizione originale e ripetete. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.
  6. Gluteo – Sdraiatevi supini con la gamba sinistra completamente estesa e il piede sinistro puntato verso destra. Avvolgete la corda attorno all’arco del piede destro, quindi riunite i due capi della corda attorno alla parte esterna e posteriore della caviglia. Tenendo fermo il ginocchio, contraete il quadricipite, la parte superiore del fianco e gli addominali per sollevare la gamba sinistra verso il petto (1), quindi portate la gamba sinistra a incrociarsi sui glutei (2). Ripetete entrambi i passaggi. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.
  7. Fascia lombare – Sedete con le ginocchia flesse, le gambe divaricate e i piedi aderenti al terreno e rivolti in avanti. Appoggiate il mento al petto e contraete gli addominali per piegare il corpo verso il terreno. Aiutatevi posizionando le mani sugli stinchi o sulle caviglie e tirando in avanti. Tornate alla posizione originale e ripetete.
  8. Schiena – Sedete con le ginocchia divaricate e piegate a 90 gradi e le mani dietro la testa. Appoggiate il mento al petto, contraete gli addominali per ruotare il tronco quanto più possibile a sinistra e abbassate la spalla destra fra le gambe. Tornate in posizione e ripetete. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.
  9. Polpaccio (soleo) – Sedete con la gamba destra completamente estesa e il ginocchio sinistro piegato a 90 gradi. Avvolgete le mani sotto la parte anteriore del piede, tra l’arco e le dita. Sollevate la punta del piede verso il petto contraendo i muscoli dello stinco e aiutandovi tirando con le mani. Ripetete. Effettuate lo stesso esercizio dal lato opposto.
  10. Tendine d’Achille – Si tratta di una variazione dell’esercizio precedente. Sedete con la gamba destra estesa. Piegate la gamba sinistra portando il calcagno verso i glutei e avvolgete le mani sotto la parte anteriore del piede, tra l’arco e le dita. Contraete i muscoli dello stinco per sollevare la punta del piede; aiutatevi tirando con le mani. Ripetete. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.
  11. Polpaccio (gastrocnemio) –  Sedete con le gambe completamente estese e divaricate di circa 15 cm. Raddoppiate la corda e avvolgetela sotto la parte anteriore del piede, tra l’arco e le dita. Bloccate il ginocchio sinistro e tirate la punta del piede verso di voi contraendo i muscoli dello stinco. Aiutatevi con la corda. Per un movimento più profondo, piegatevi in avanti e staccate leggermente il piede dal terreno quando tirate. Ripetete. Effettuate lo stesso esercizio sul lato opposto.

Per ottenere risultati ottimali dovete arrivare a eseguire due serie di 8-12 ripetizioni per esercizio, nell’ordine proposto. Espirate durante la fase di stretch e inspirate nella fase di rilassamento. Effettuate lo stretching isolato attivo solo dopo riscaldamento. Se avete poco tempo, eseguite una serie di esercizi dopo la corsa, con meno ripetizioni.

 

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Stretching propriocettivo: vantaggi, svantaggi, per chi è adatto?

MEDICINA ONLINE STRETCHING WHARTON PROPRIOCETTIVO ATTIVO PASSIVO BALISTICO STATICO DINAMICO DIFFERENZE CORSA PALESTRA PESI ALLENAMENTO SPORT MUSCOLI TENDINI ALLUNGAMENTO DOLORE IPERTROFILa PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), detta anche stretching propriocettivo, è una metodica di allungamento muscolare nata in ambito riabilitativo, ma che attualmente si sta diffondendo anche in ambito sportivo. Questa pratica trova impiego in tutte le situazioni in cui viene compromessa (per infortunio, allenamenti errati o blocchi della motilità) l’estensibilità muscolare.

Pratica della PNF

La pratica di questo protocollo è la stessa per ogni muscolo:

  1. Assumere lentamente, grazie a una forza esterna (che può essere il peso corporeo, l’aiuto di un’altra persona o un vincolo come il muro) la posizione di allungamento muscolare massima e mantenerla per qualche secondo.
  2. Contrazione isometrica (cioè senza movimento dei capi articolari) contro la forza esterna (che può essere il peso corporeo, l’aiuto di un’altra persona o un vincolo come il muro) per la durata di 6-20″; alcuni autori riportano come l’intensità della contrazione debba essere massimale [4], altri submassimale [2], mentre altri non specificano [7]; è comunque preferibile un’intensità submassimale poiché produce gli stessi effetti e comporta probabilmente un minor rischio di infortunio [3].
  3. Breve rilasciamento per 2″.
  4. Allungare successivamente lo stesso muscolo per 15-30″.
  5. Ripetere i punti 1-4 un’altra volta.

N.B.: è fondamentale non esagerare con gli allungamenti e le contrazioni; in altre parole, mai forzare oltre la soglia del medio fastidio muscolare.

È facile intuire come le parti cruciali di questo protocollo siano i punti 2 e 4. Infatti, la contrazione muscolare isometrica a muscolo allungato (punto 2) induce uno stimolo molto intenso, mentre il successivo allungamento (punto 4) provoca un rilasciamento che, in teoria, permette un’ulteriore distensibilità del muscolo.

Gli stimoli indotti dai punti 2 e 4 inducono, con il passar delle sedute, adattamenti (cioè modificazioni permanenti) che portano al miglioramento dell’estensibilità muscolare.

La PNF è da considerare una metodica di allenamento della forza alla massima escursione articolare. Ciò significa che deve seguire alcune indicazioni fondamentali:

  • non eseguire più di 4 ripetizioni per gruppo muscolare; è opportuno (come indicato sopra nel punto 5) iniziare da 2 ripetizioni per gruppo muscolare.
  • Il recupero tra ogni seduta dovrebbe essere tra le 30-48 ore; in altre parole non utilizzare questa metodica più di 2-3 volte la settimana.
  • È necessario far precedere la seduta di PNF da un adeguato riscaldamento, come se si preparasse un allenamento con i pesi.

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Vantaggi e svantaggi della PNF

La PNF è considerata la tecnica più efficace (e che porta risultati più velocemente) per il miglioramento dell’estensibilità muscolare [5,7]. È necessario però fare alcune considerazioni:

  1. nei testi in cui viene riportata questa metodica, non esiste molto accordo sui tempi di esecuzione delle varie fasi e sull’intensità della contrazione isometrica del punto 2.
  2. Secondo personale esperto [2], è necessario far precedere l’utilizzo di questa tecnica da un periodo (che va da 1 a 3 mesi) di esercizi di potenziamento dinamici con movimenti a range articolari ampi, con un elevato numero di ripetizioni e a basso carico. Questa è un prerequisito indispensabile al fine di applicare la PNF senza incorrere in infortuni. Ciò però limita notevolmente il campo di applicazione di questa metodica.
  3. È necessario essere seguiti, almeno le prime volte, da personale qualificato per il rischio di infortuni nel caso si effettuassero tensioni muscolari in maniera scorretta.
  4. Dal punto di vista pratico non è facile l’applicazione del protocollo per tutti i muscoli interessati; esiste una certa  difficoltà nel creare resistenze esterne adeguate per ogni gruppo muscolare.

A chi è adatta la PNF?

Come detto prima, questa metodica è applicabile in ambiti abbastanza ristretti:

  1. Soggetti che, per motivi gravi (interventi chirurgici, immobilizzazione per periodi medio-lunghi ecc.), hanno compromesso l’estensibilità di alcuni gruppi muscolari. In questo caso l’utilizzo della PNF deve essere seguito da personale qualificato.
  2. Atleti in cui è richiesta un’estensibilità superiore alla norma, come praticanti di sport di combattimento, nell’aerobica (intesa come aerobica agonistica) ecc. Dopo un periodo preparatorio di potenziamento con esercizi dinamici (vedi sopra) e dopo aver appreso correttamente le regole di questo protocollo, è possibile effettuare gli esercizi anche da soli, a esclusione di quelli per cui è necessario l’aiuto di un compagno.
  3. Nel body building e in altri sport in cui la preparazione specifica può compromettere (con un eccessivo accorciamento del ventre muscolare) l’estensibilità muscolare. In questi casi è consigliabile l’utilizzo della PNF nella fase di preparazione generale, cioè lontano dalle competizioni.

N.B.: nella ginnastica (artistica e ritmica), in cui viene richiesta un’elevata estensibilità muscolare, non è necessario l’utilizzo della PNF; questo perché la specializzazione, già in età giovanile (fase particolarmente sensibile all’incremento dell’estensibilità), permette un’adeguata sollecitazione già con gli esercizi dinamici e statici. Inoltre è altamente sconsigliabile l’utilizzo della PNF prima dei 16 anni.

Conclusioni

I metodi ideali per il mantenimento dell’estensibilità muscolare sono lo stretching statico submassimale o lo stretching attivo (metodo Wharton). L’utilizzo delle metodiche di stretching richiede una particolare conoscenza delle varie tecniche, anche delle più semplici!

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