Rinascere in un’app: chiacchiera con chi non c’è più grazie a “With me”

MEDICINA ONLINE CELLULARE COLAZIONE SMARTPHONE APP WHATSAPP APPLICAZIONE PROGRAMMA TELEFONARE TELEFONO TELEFONINO PHONE CALL MARMELLATA MANGIARE DONNA MATTINA BREKFAST WALLPAPER PIC HI RES PHOTO PICTURE.jpgArriva dalla Sud Corea e si chiama With me, cioè “con me”, l’applicazione per smartphone che ti permette di creare l’avatar in 3D di chi non c’è più. La compagnia sudcoreana Elrois che ha sviluppato l’app si era posta l’obiettivo, attraverso le nuove tecnologie 3D e all’intelligenza artificiale, di far letteralmente rivivere il proprio caro defunto potendoci ancora parlare, giocare e scattarci assieme un selfie. L’avatar creato, grazie all’inserimento di informazioni personali, sarà infatti in grado di riconoscere i movimenti e le emozioni di chi ha attorno, rispondere alla richieste e adattare gesti ed espressioni facciali al contesto per un perfetto effetto realistico.

Tuttavia, come spiegano i suoi ideatori dietro al progetto, si nascondono ulteriori fini: “L’abbiamo pensata per chi ha perso un amico o un familiare e sta avendo difficoltà nel superare il lutto, ma può essere utile anche alle persone che soffrono di depressione o di ansia, per gli anziani o i disabili. Pensiamo che gli avatar possano essere la nuova strada per risanare le ferite del cuore e per l’assistenza sanitaria”.

Limiti e accoglienza

In fase ancora di completamento, l’app ha il grande limite di dover scansionare le persone attraverso l’uso di una cabina fotografica 3D con cui più di 100 obiettivi immortaleranno il corpo, per poi trasformarlo in immagine su pc. In un prossimo futuro la Elrois però cercherà di semplificare la procedura installando una fotocamera-scanner direttamente all’interno degli smartphone amplificando la sua usabilità. 

L’applicazione è stata mostrata per la prima volta al World Mobile Congress 2017 di Barcellona ed ha subito suscitato molto clamore. I pareri sono tra loro molto discordanti, c’è chi considera questo strumento un’opportunità, altri un’app inquietante e per alcuni una minaccia per la privacy, ma solo quando “With me” sarà alla portata di tutti scopriremo il suo vero potenziale.

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Cinque incredibili fatti sui selfie che succedono anche a te

Con l’avvento di smartphone sempre più performanti, ormai tutti hanno in tasca uno strumento per fare foto, non certo foto professionali, ma comunque di qualità più che decente. E tutti sono ovviamente diventati fotografi! E cosa fotografare se non noi stessi, nell’epoca della condivisione selvaggia sui social della propria immagine? Tutti abbiamo fatto un selfie, da soli o con gli amici, almeno una volta nella vita, e tutti noi siamo passati da almeno uno dei seguenti cinque punti:

1. Il luogo non importa

Fai una prova: scendi in strada, cerca un posto tra luce e ombra, mettiti in posa e scatta un selfie in cui lo sfondo si può solo intravedere. Ora, pubblicalo su Instagram, riempilo di hashtag e scrivi che hai fatto un salto a Hong Kong, New York o La Habana. Vedrai che una persona su dieci si prenderà la briga di chiederti dove sei, mentre gli altri nove scriveranno commenti del tipo “che invidia!”, “tu sì che vai bene!” o “divertiti!”. Questo piccolo esperimento ti dimostra che il “dove” non importa, perché nei selfie tutto gira attorno al “chi”. Puoi scattare una foto in palestra, nell’ultima discoteca in cui sei stato o in vacanza, ma in ogni caso al centro della foto ci sarai tu, lo sfondo non è altro che un accessorio, né più né meno.

Selfie a Piccadilly Circus o sotto casa tua?

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2. La spontaneità non esiste

Ammettilo, ogni volta che ti fai una foto in stile “eccomi qui sul mio letto, annoiato”, il selfie ha richiesto del tempo per essere eseguito a regola d’arte. Generalmente, le persone che amano i selfie sono vanitose e non pubblicano una foto qualsiasi. Un selfie, per quanto semplice, nasconde un making of o, in poche parole, una miriade di foto scartate: nella prima hai alzato troppo il mento, nella seconda hai aperto troppo gli occhi, nella terza non ti vedi abbastanza attraente o “naturale”. La cosa si spinge oltre con i selfie di gruppo, siano questi con altre persone o con il tuo animale domestico. Nel primo caso, quante volte hai detto “aspetta che ne facciamo un’altra”? Nel secondo, invece, dato che il tuo dolce animaletto sembra non essere propenso al gioco di squadra, eccoti lì a scattare foto su foto finché la tenera mascotte non decide di accontentarti e di mostrarsi in tutta la sua staticità. Se poi quel che si mostra è di più del viso (soprattutto nei selfie di fronte allo specchio), allora sicuramente tratterrai la pancia, gonfierai il petto o studierai qualche altra posa che ti farà sembrare più attraente. Dai, lo facciamo tutti!

Chi è fissato coi selfie, non si ferma al primo scatto!

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3. I tag sono obbligatori

Quando carichi una foto sui social network, ti aspetti delle reazioni sotto forma di commenti, “Mi piace” o retweet. Affinché il tuo selfie raggiunga più persone, è fondamentale usare ed abusare degli hashtag. Sia nelle foto sia nell’uso degli hashtag, la nostra naturalità è studiata nel minimo dettaglio e ogni buon selfie che si rispetti sa come stimolare le interazioni. Ecco qui degli hashtag indispensabili:

  • #nofilter, #nomakeup: per mostrare al mondo che credi nella bellezza reale, senza ritocchi e che tutte le mattine ti alzi con un aspetto radioso.
  • #cutegirl, #cuteboy e simili: perché sì, perché tu vali e perché per piacere alle altre persone prima devi piacere a te stesso. Non è così?
  • #picoftheday: “la foto del giorno”, o meglio, il tuo viso fresco come una rosa che vale più di qualsiasi paesaggio o di un evento in cui hai partecipato.
  • #ginger , #blonde, #brunette o qualsiasi altro riferimento al colore dei tuoi capelli o un’altra parte del tuo corpo: non si sa mai… magari l’amore della tua vita è alla ricerca di qualcuno con il tuo colore di capelli.
  • #boyfriend, #girlfriend e altri derivati: proprio l’opposto del tag precedente… sei uno schianto ma la persona accanto a te è il tuo partner… che sia chiaro il tuo stato civile!
  • #love: perché “all you need is love” e anche nel selfie non hai bisogno di altro.
  • #igers: ovvero l’abbreviatura di “instagramer”. Ma c’è davvero bisogno? Per essere un instagramer fatto e finito, sembra proprio di sì.

L’amore è tutto per gli utenti di Instagram.

4. Un soggetto pieno di oggetti

La verità è che, prima dell’avvento dei selfie, non mi sarebbe mai venuto in mente di fotografarmi i piedi. Tuttavia, se non mostri le tue bellissime scarpe da tennis o le tue sensualissime décolleté, non puoi considerarti una vera selfie. Lo stesso vale per lamanicure, l’ascesa del nail-art (opere d’arte realizzate sulle unghie) non sarebbe stata la stessa senza gli autoscatti. Non dimentichiamoci poi delle foto di gambe che posano in spiaggia e che causano l’invidia di tutti. Pensi davvero che me ne importi? Beh, direi proprio di sì se faccio RT, FAV, metto “Mi piace” e lo salvo per scattare una foto simile nella mia prossima vacanza. Nell’era di Instagram siamo soggetti pieni di oggetti di culto in forma di abiti, accessori o parti del nostro corpo, soprattutto se siamo timidi e crediamo che mostrare il viso sia troppo… perché, naturalmente, mostrare la tua faccia è poco privato, ma non vale lo stesso per il tatuaggio che hai sotto l’ombelico o il look che indossavi nel tuo ultimo appuntamento con una nuova fiamma.

Il glamour di un fissato coi selfie inizia dai piedi

5. La celebrazione dell’IO

Cosa più importante, dietro a ogni selfie, sia questo di un soggetto o un oggetto, individuale o di gruppo, è la rivendicazione dell’individuo. Viviamo in una società che premia l’uniformità e che tende a isolare il diverso. L’idea del selfie è la rivendicazione della differenza, è un modo per dire “io sono così e il resto non mi interessa”. Ecco perché le nostre foto mettono in primo piano noi stessi o un dettaglio, ignorando invece il contesto. La cosa curiosa è che tutti i selfie si somigliano e che, credendoci i più originali, in realtà stiamo imitando moltissime altre foto che erano state pubblicate la scorsa settimana. Quindi è probabile che, con tutti gli hashtag che hai messo, la tua foto comparirà a fianco di molte altre con la stessa inquadratura e lo stesso filtro Lo-Fi di Instagram.

Quanti selfie di fronte allo specchio del bagno di casa o della palestra hai fatto oggi?

Tutto ciò dovrebbe fermarti? Assolutamente no! Ognuno di noi è speciale, anche se siamo uguali, e siamo perfettamente in grado di dare valore aggiunto ai nostri selfie. Non credi? Continua a leggere!

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Bonus track: i selfie più folli

Finora ho trattato la parte sociologica del fenomeno ma, prima di salutarci, non posso fare a meno di mostrare i selfie più pazzi (e assurdi) che ho visto in rete.

Gambe o wurstel?

Le gambe di una bruna sexy o un paio di gustosi wurstel? Chi se ne frega, con il filtro giusto entrambe le cose hanno lo stesso aspetto nel mondo di Instagram. Questo è stato dimostrato da una tendenza che, iniziata come uno scherzo, ora trionfa su Tumblr Hot Dog Legs.

Un selfie commestibile?

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Al funerale

È vero che ho detto che lo sfondo non è la parte più importante di un autoscatto, ma farsi le foto ai funerali mi sembra un po’ esagerato! Tuttavia, centinaia di #igers non la pensano come me e ogni giorno si vedono selfie degli outfit migliori per andare al funerale di una persona cara. Se non mi credi, dai un’occhiata all’hashtag #funeral.

Lo stile è una questione di vita o di morte.

Momenti memorabili

Un selfie cattura un momento… a volte chiave. Non ci credi? Allora guarda la foto di questo studente che vede la sua insegnante entra in travaglio e, invece di chiamare un’ambulanza, decide di cogliere l’attimo o questi criminali che decidono di condividere il loro momento di gloria su Instagram prima di commettere un reato. Forse li prenderà la polizia, ma sicuro che faranno un record di “like”.

È sempre il momento giusto per praticare la nobile arte del selfie.

Gli amanti del nastro adesivo

Ogni persona è diversa e ha il diritto di esprimerlo come preferisce. Ma cosa sono i piercing o i cappelli bizzarri in confronto al nastro adesivo?! Un accessorio che si adatta a tutti gli usi e i gusti: dai ritocchi al viso per pochi centesimi fino a diventare una mummia 2.0. Scopri questa tendenza con l’hashtag #cellotapeselfies.

Esiste un modo più veloce per ritoccarsi il viso? Fonte: Niaje

Questi quattro tipi di selfie sono solo alcuni esempi che dimostrano come la creatività, e la stupidità umana, non conoscono limiti. Hai mai fatto un selfie del quale ti vergogni?

Il selfie è una moda con un gran avvenire

Il selfie è così diffuso ed ha così tante varianti che è molto difficile che smetta di essere una tendenza nel breve periodo. Sebbene in passato questa pratica fosse riservata ai vanitosi, oggi è assolutamente consigliata se vuoi essere qualcuno in questo mondo 2.0. Che cosa diventerà tra qualche anno? Tutto dipenderà dagli sviluppi tecnologici. Probabilmente questa moda si estenderà anche ai video (anzi forse ormai già si è già estesa!) oppure si trasformerà in una tendenze sconcertanti che ora sembrano incredibili.

Adattamento di un articolo originale di Maria Baeta su Softonic ES

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Controllare il colesterolo con la fotocamera dell’iPhone

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE SOCIAL TECNOLOGIA TABLET CELLULARE TELEFONINO TELEFONO (2)Dovete tenere il colesterolo sotto controllo? In un futuro non lontano il vostro più fedele alleato potrebbe essere l’iPhone. Un nuovo dispositivo messo a punto da un team della Cornell University si collega allo smartphone e consente di scattare un selfie che per una volta non è un vuoto esercizio di vanità: serve a rilevare il livello di colesterolo presente nel sangue e per farlo impiega circa un minuto.

La Smartphone Cholesterol Application for Rapid Diagnostics, o “smartCARD”, è un’applicazione per la diagnostica rapida che utilizza la fotocamera del telefono per leggere il livello di colesterolo in una goccia di sangue depositata sulla striscia del dispositivo. L’accessorio è in grado di rilevare otticamente i biomarcatori presenti in una goccia di sangue, sudore o saliva. La nuova applicazione interpreta poi i risultati utilizzando l’analisi colorimetrica.

Il dispositivo si aggancia sulla fotocamera dell’iPhone, il cui flash incorporato fornisce una luce uniforme e diffusa che illumina la striscia inserita nel lettore di smartCard. L’applicazione abbinata al dispositivo calibra la saturazione dei colori dell’immagine sulla striscia del test, su cui è stato posto il campione da esaminare e i risultati vengono visualizzati sul telefono.

Attualmente il test misura il colesterolo totale, ma il laboratorio di David Erickson, professore associato di ingegneria meccanica della Cornell e autore anziano dello studio, sta lavorando per estrapolare anche i valori del colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”), dell’HDL (colesterolo “buono”) e dei trigliceridi, ed è allo studio anche un metodo per la rilevazione dei livelli di vitamina D.

“Entro il 2016 ci saranno circa 260 milioni di smartphone in uso negli Stati Uniti. Sono ovunque”, ha dichiarato Erickson, che si dice convinto di riuscire a potenziare ulteriormente le capacità del dispositivo di sua invenzione nel giro di appena un altro anno. “Le applicazioni mobili per la salute stanno aumentando a una velocità incredibile”, ha concluso. “Sono the next big thing”, ovvero la grande promessa di domani.

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Usare troppo il cellulare ti fa prendere brutti voti e ti rende ansioso e triste

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE TELEFONO TELEFONINO TABLET CELLULARE TECNOLOGIA PSICOTECNOPATOLOGIA BAMBINI GIOVANI (6)Il telefonino, usato troppo, fa diventare ansiosi e meno felici; inoltre riduce anche le performance accademiche per gli studenti. Sono le conclusioni di uno studio su un campione di 500 giovani condotto presso la Kent State University in Ohio da Jacob Barkley, Aryn Karpinski e Andrew Lepp e pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior.

Continua la lettura su https://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2013/12/09/Usare-troppo-cellulare-fa-diventare-ansiosi-meno-felici_9750678.html

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Il tungsteno contenuto nel tuo smartphone aumenta il rischio di ictus cerebrale

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE TELEFONO TELEFONINO TABLET CELLULARE TECNOLOGIA PSICOTECNOPATOLOGIA BAMBINI GIOVANI (7)Nuovi pericoli arrivano dagli smartphone, ma anche da altri oggetti di uso comune ed apparentemente innocui come lampadine, computer e perfino gioielli: secondo i ricercatori della Exeter University il tungsteno in essi contenuto potrebbe raddoppiare il rischio di ictus. Uno scenario inquietante perché sono molti gli oggetti di uso quotidiano che lo contengono, tanto che i bambini sono ormai quotidianamente a contatto con questo tipo di metallo.  Durante lo studio, pubblicato su Plos One, sono stati analizzati i dati provenienti dal Nutrition Examination Survey, relativi a più di 8.500 partecipanti di età compresa tra i 18 e 74 anni. L’analisi è durata circa 12 anni. Il legame tra tungsteno e ictus non è da sottovalutare se si considera che quest’ultimo, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è attualmente la seconda causa di morte nel mondo occidentale, successiva solo alle malattie cardiache. Ma non solo: è anche una delle principali cause di disabilità e perdita di memoria. E il lato peggiore del problema è che il tungsteno, presente in computer, smartphone, vecchie lampadine, gioielli e alcuni tipi di prodotti militari, è un fattore di rischio anche per le persone più giovani, al di sotto dei 50 anni di età.

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Quanto tempo al giorno passiamo davanti allo smartphone?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE SOCIAL TECNOLOGIA TABLET CELLULARE TELEFONINO TELEFONO (4)Partiamo da un dato. Quante volte al giorno noi italiani controlliamo il nostro cellulare? 150 volte al giorno, una volta ogni 6 minuti più o meno (i dati sono dello studio di Kleiner Perkins Caufield & Byers). Non c’è da quindi stupirsi che la nuova malattia di questi anni sia la Nomofobia, ovvero la paura di rimanere senza collegamento mobile, fuori dalla cerchia dei social network, fuori dalla rete. Secondo un recente studio sono nomofobiche 4 donne su cinque (pare che questa fobia colpisca di più il mondo femminile). Ma una volta stabilito che lo smartphone è diventato parte integrante nelle nostre vite bisogna chiedersi cosa ci facciamo? Quanto tempo in realtà dedichiamo al cellulare?
Experian svela uno studio che afferma che in media le persone dedicano un’ora di tempo al giorno al proprio prezioso telefono portatile.
Il 26% del tempo che passiamo usando il cellulare è dedicate alle telefonato, il 20% ai messaggi, il 15% ai social network, il 14% alla navigazione web, il 9% alle email.
Utenti iOS e Android hanno comportamenti leggermente diversi: innanzitutto gli utenti Apple usano di più il proprio terminale: 16 minuti in più rispetto agli utenti Android. Gli utilizzatori di Android telefonano e navigano di più, quelli Apple “messaggiano” di più e fanno più foto, come potete vedere dai due successivi grafici.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Videogiochi e applicazioni per smartphone possono causare ritardo mentale

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE TELEFONO TELEFONINO TABLET CELLULARE TECNOLOGIA PSICOTECNOPATOLOGIA BAMBINI GIOVANI (5)Da una recente ricerca svoltasi a Sidney, all’Istituto per la prima infanzia dell’Università di Macquarie e portata avanti dalla dottoressa Kate Highfield, sono emersi dei dati allarmanti per quel che riguarda i bambini e il loro rapporto con i videogiochi. Sembra infatti che ben l’85% dei videogiochi e delle applicazioni per cellulare a cui giocano i bambini siano dannosi sul loro sviluppo neuronale; questi giochi, che spesso chiedono semplicemente dei gesti ripetitivi e sempre più veloci, rallentano alcune funzioni del cervello, e tale rallentamento è destinato a dare ripercussioni serie anche quando il bambino sarà cresciuto; solo che da adulto a questo tipo di danno non si potrà rimediare.

Disturbi psicologici

Lo psichiatra Philip Tam, sempre dell’Università di Sidney, ha avuto modo di lavorare con moltissimi bambini e ragazzi, e dagli studi effettuati risulta che molti di loro, in un’età compresa tra gli 8 e i 14 anni, presentano dei seri disturbi psicologici. Infatti c’è la possibilità di un vero e proprio ritardo mentale del bambino che ha usato troppo questi videogiochi, e non solo; spesso molti di loro possono diventare violenti e manifestare comportamenti aggressivi con la famiglia e con gli altri, proprio grazie a videogiochi violenti; alcuni ragazzi tendono a chiudersi in se stessi e dopo ore e giorni passati davanti allo schermo, non riescono a provare più empatia e interesse per la socialità, con il risultato di avere seri problemi relazionali. Questi studi hanno sottolineato il bisogno di prestare più attenzione a questo problema, che ad oggi risulta essere ancora sottovalutato.

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L’sms che ti salva dall’infarto, ma solo se vivi in Svezia

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE SOCIAL TECNOLOGIA TABLET CELLULARE TELEFONINO TELEFONO (2)In Svezia, paese tecnologicamente avanzatissimo che l’Italia – a parer mio – dovrebbe prendere a modello in moltissimi campi, esiste un programma semplice e geniale allo stesso tempo chiamato SMSlivräddare (che in italiano credo si possa tradurre con “SMSsalvavita” ma se c’è qualche svedese in ascolto liberissimo di correggermi!) che davvero può salvarti la vita. Tale programma fa una cosa semplice, una volta che il numero d’emergenza riceve una chiamata per un caso d’arresto cardiocircolatorio, il sistema invia automaticamente un SMS a tutte le persone abilitate al soccorso per questo particolare tipo di crisi che si trovano nel raggio di 500 metri dalla vittima. La tempestività dei soccorsi in questo caso è fondamentale, si calcola infatti che ogni minuto di ritardo comporti un calo del 10% delle possibilità di sopravvivenza nei casi d’arresto cardiaco.

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