Ottanta studenti di sei scuole di moda (Alba, Asti, Genova, Napoli, Pavia e Torino) hanno realizzato abiti su misura per donne costrette a vivere sulla Continua a leggere
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Differenza tra kimono e yukata in Giappone
Kimono
Il kimono viene indossato indistintamente da donne e uomini di tutte le età.
Una forma a “T”, colletto, maniche lunghe e linee dritte che giungono alle caviglie.
Lo si trova in varie taglie per l’uomo e solitamente in un’unica taglia per le donne che viene adattata alle misure del corpo piegando opportunamente la stoffa che lo compone.
Una donna, per indossare il kimono tradizionale deve avvalersi dell’aiuto di un’altra persona, essendo composto almeno da 12 parti che devono essere fissate adeguatamente in base a regole precise. Esiste addirittura la professione di assistente che aiuta le donne in questo processo sia a domicilio che presso saloni di parrucchiere.
Differente è, invece, la composizione di un kimono da uomo, caratterizzato al massimo da 5 pezzi, più formale nel colore nero, meno formale nei colori più vivaci come blu o verde.
La scelta di indossare un particolare tipo di kimono varia a seconda della circostanza e dell’evento: ve ne sono, infatti, di meno formali o più formali, come quello utilizzato dalle donne sposate o in occasione del matrimonio dei propri figli che è nero dipinto al di sotto della cintura ed è chiamato “kurotomesode”.
Yukata
Un particolare tipo di indumento, caratterizzato da linee apparentemente simili ad un kimono e spesso erroneamente confuso con questo è lo yukata, risalente al periodo Heian. E’doveroso specificare che esistono differenze sostanziali tra un kimono ed uno yukata. In primo luogo, lo yukata – al contrario del kimono – è prettamente casual, mai adatto assolutamente ad occasioni formali ed indossato in occasioni quali festività nazionali o in ambienti come ryokan o terme. Il suo significato letterale è infatti “abito da bagno”. Il cotone è il tessuto maggiormente utilizzato nello yukata, a differenza delle sete pregiate caratteristiche nei kimoni. Lo stile dello yukata dice molto della persona che si appresta ad indossarlo: varietà di colori per i più piccoli, tinte floreali per le signore ed uno stile più sobrio per gli anziani. Per indossare correttamente lo yukata non è necessario (come per il kimono) l’intervento di un’altra persona, ma è altresì importante che il lato sinistro sia sovrapposto al lato destro, prestando particolare attenzione ad evitare la pratica inversa, utilizzata nei funerali.
Completano lo yukata una particolare cintura chiamata “obi”, necessaria per chiuderlo, ed i tradizionali sandali giapponesi.
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Come fare il nodo alla cravatta in modo semplice e veloce
Il nodo semplice è il grande classico dei nodi per cravatta. È ampiamente il più utilizzato, poiché si tratta del più semplice da realizzare e si accorda con la maggior parte delle cravatte e praticamente con tutti i colli di camicia. È perfetto per gli uomini di altezza media o elevata.
Conico ed allungato, il nodo semplice è stretto con delle cravatte fini e più largo con delle cravatte spesse.
Preparazione: sollevate il collo della camicia, abbottonate l’ultimo bottone e posizionate la cravatta. Gli uomini di altezza media posizioneranno la gambetta all’altezza della cintura. Gli uomini più alti la posizioneranno al di sopra della cintura. Gli uomini con un busto brevilineo sceglieranno invece preferire il nodo doppio, dalla forma simile.
Le varie tappe:
Tappa n°1: al di sotto del collo, incrociate la gamba sulla gambetta.
Tappa n°2: fate scivolare la gamba sotto la gambetta.
Tappa n°3: riportate in seguito la gamba sulla gambetta.
Tappa n°4: fate passare la gamba verso l’alto sotto la cravatta, posizionando il vostro indice nel nodo in formazione. Togliete il vostro indice e fate scivolare la gamba nell’anello.
Tappa n°5: tenete ferma la gambetta. Tirate delicatamente sulla gamba per stringere l’anello. Aggiustate il nodo e poi fatelo risalire fino all’ultimo bottone del collo.
Dopo aver annodato la cravatta, la gambetta non deve più essere visibile e l’estremità della gamba deve situarsi all’altezza della cintura.
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Camel Toe: le mutandine a “zampa di cammello” che spopolano in Giappone
In fatto di stranezze i giapponesi sono per distacco i primi in assoluto. Dalla terra del Sol Levante infatti arriva una nuova moda, decisamente bizzarra, quella del camel toe, ossia zampa di cammello. Altro non è che l’effetto che si crea quando si indossa un pantalone o un leggings così attillato da rendere visibili le forme delle parti intime. Per ottenere lo stesso risultato i giapponesi si sono inventati della biancheria intima con un’imbottitura appositamente modellata.
Quello che per noi occidentali è stato sempre un effetto antiestetico e assolutamente da evitare, in Giappone è una vera e propria moda che sta spopolando.
In realtà, nei paesi dell’est, la tendenza a mettere in mostra le forme delle parti intime si era già diffusa circa dieci anni fa, ma ora il successo è incredibile, e anche i personaggi del mondo dello spettacolo ne sono stati contagiati. Così, in Giappone, non è raro vedere un vip durante un’apparizione pubblica indossare capi che creano l’effetto camel toe.
La notizia più incredibile riguarda il fatto che il prodotto, in vendita online, è disponibile anche per uomo. Moda trash o trovata geniale?
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Cinque incredibili fatti sui selfie che succedono anche a te
Con l’avvento di smartphone sempre più performanti, ormai tutti hanno in tasca uno strumento per fare foto, non certo foto professionali, ma comunque di qualità più che decente. E tutti sono ovviamente diventati fotografi! E cosa fotografare se non noi stessi, nell’epoca della condivisione selvaggia sui social della propria immagine? Tutti abbiamo fatto un selfie, da soli o con gli amici, almeno una volta nella vita, e tutti noi siamo passati da almeno uno dei seguenti cinque punti:
1. Il luogo non importa
Fai una prova: scendi in strada, cerca un posto tra luce e ombra, mettiti in posa e scatta un selfie in cui lo sfondo si può solo intravedere. Ora, pubblicalo su Instagram, riempilo di hashtag e scrivi che hai fatto un salto a Hong Kong, New York o La Habana. Vedrai che una persona su dieci si prenderà la briga di chiederti dove sei, mentre gli altri nove scriveranno commenti del tipo “che invidia!”, “tu sì che vai bene!” o “divertiti!”. Questo piccolo esperimento ti dimostra che il “dove” non importa, perché nei selfie tutto gira attorno al “chi”. Puoi scattare una foto in palestra, nell’ultima discoteca in cui sei stato o in vacanza, ma in ogni caso al centro della foto ci sarai tu, lo sfondo non è altro che un accessorio, né più né meno.
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2. La spontaneità non esiste
Ammettilo, ogni volta che ti fai una foto in stile “eccomi qui sul mio letto, annoiato”, il selfie ha richiesto del tempo per essere eseguito a regola d’arte. Generalmente, le persone che amano i selfie sono vanitose e non pubblicano una foto qualsiasi. Un selfie, per quanto semplice, nasconde un making of o, in poche parole, una miriade di foto scartate: nella prima hai alzato troppo il mento, nella seconda hai aperto troppo gli occhi, nella terza non ti vedi abbastanza attraente o “naturale”. La cosa si spinge oltre con i selfie di gruppo, siano questi con altre persone o con il tuo animale domestico. Nel primo caso, quante volte hai detto “aspetta che ne facciamo un’altra”? Nel secondo, invece, dato che il tuo dolce animaletto sembra non essere propenso al gioco di squadra, eccoti lì a scattare foto su foto finché la tenera mascotte non decide di accontentarti e di mostrarsi in tutta la sua staticità. Se poi quel che si mostra è di più del viso (soprattutto nei selfie di fronte allo specchio), allora sicuramente tratterrai la pancia, gonfierai il petto o studierai qualche altra posa che ti farà sembrare più attraente. Dai, lo facciamo tutti!
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3. I tag sono obbligatori
Quando carichi una foto sui social network, ti aspetti delle reazioni sotto forma di commenti, “Mi piace” o retweet. Affinché il tuo selfie raggiunga più persone, è fondamentale usare ed abusare degli hashtag. Sia nelle foto sia nell’uso degli hashtag, la nostra naturalità è studiata nel minimo dettaglio e ogni buon selfie che si rispetti sa come stimolare le interazioni. Ecco qui degli hashtag indispensabili:
- #nofilter, #nomakeup: per mostrare al mondo che credi nella bellezza reale, senza ritocchi e che tutte le mattine ti alzi con un aspetto radioso.
- #cutegirl, #cuteboy e simili: perché sì, perché tu vali e perché per piacere alle altre persone prima devi piacere a te stesso. Non è così?
- #picoftheday: “la foto del giorno”, o meglio, il tuo viso fresco come una rosa che vale più di qualsiasi paesaggio o di un evento in cui hai partecipato.
- #ginger , #blonde, #brunette o qualsiasi altro riferimento al colore dei tuoi capelli o un’altra parte del tuo corpo: non si sa mai… magari l’amore della tua vita è alla ricerca di qualcuno con il tuo colore di capelli.
- #boyfriend, #girlfriend e altri derivati: proprio l’opposto del tag precedente… sei uno schianto ma la persona accanto a te è il tuo partner… che sia chiaro il tuo stato civile!
- #love: perché “all you need is love” e anche nel selfie non hai bisogno di altro.
- #igers: ovvero l’abbreviatura di “instagramer”. Ma c’è davvero bisogno? Per essere un instagramer fatto e finito, sembra proprio di sì.
L’amore è tutto per gli utenti di Instagram.
4. Un soggetto pieno di oggetti
La verità è che, prima dell’avvento dei selfie, non mi sarebbe mai venuto in mente di fotografarmi i piedi. Tuttavia, se non mostri le tue bellissime scarpe da tennis o le tue sensualissime décolleté, non puoi considerarti una vera selfie. Lo stesso vale per lamanicure, l’ascesa del nail-art (opere d’arte realizzate sulle unghie) non sarebbe stata la stessa senza gli autoscatti. Non dimentichiamoci poi delle foto di gambe che posano in spiaggia e che causano l’invidia di tutti. Pensi davvero che me ne importi? Beh, direi proprio di sì se faccio RT, FAV, metto “Mi piace” e lo salvo per scattare una foto simile nella mia prossima vacanza. Nell’era di Instagram siamo soggetti pieni di oggetti di culto in forma di abiti, accessori o parti del nostro corpo, soprattutto se siamo timidi e crediamo che mostrare il viso sia troppo… perché, naturalmente, mostrare la tua faccia è poco privato, ma non vale lo stesso per il tatuaggio che hai sotto l’ombelico o il look che indossavi nel tuo ultimo appuntamento con una nuova fiamma.
5. La celebrazione dell’IO
Cosa più importante, dietro a ogni selfie, sia questo di un soggetto o un oggetto, individuale o di gruppo, è la rivendicazione dell’individuo. Viviamo in una società che premia l’uniformità e che tende a isolare il diverso. L’idea del selfie è la rivendicazione della differenza, è un modo per dire “io sono così e il resto non mi interessa”. Ecco perché le nostre foto mettono in primo piano noi stessi o un dettaglio, ignorando invece il contesto. La cosa curiosa è che tutti i selfie si somigliano e che, credendoci i più originali, in realtà stiamo imitando moltissime altre foto che erano state pubblicate la scorsa settimana. Quindi è probabile che, con tutti gli hashtag che hai messo, la tua foto comparirà a fianco di molte altre con la stessa inquadratura e lo stesso filtro Lo-Fi di Instagram.
Tutto ciò dovrebbe fermarti? Assolutamente no! Ognuno di noi è speciale, anche se siamo uguali, e siamo perfettamente in grado di dare valore aggiunto ai nostri selfie. Non credi? Continua a leggere!
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Bonus track: i selfie più folli
Finora ho trattato la parte sociologica del fenomeno ma, prima di salutarci, non posso fare a meno di mostrare i selfie più pazzi (e assurdi) che ho visto in rete.
Gambe o wurstel?
Le gambe di una bruna sexy o un paio di gustosi wurstel? Chi se ne frega, con il filtro giusto entrambe le cose hanno lo stesso aspetto nel mondo di Instagram. Questo è stato dimostrato da una tendenza che, iniziata come uno scherzo, ora trionfa su Tumblr Hot Dog Legs.
Un selfie commestibile?
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Al funerale
È vero che ho detto che lo sfondo non è la parte più importante di un autoscatto, ma farsi le foto ai funerali mi sembra un po’ esagerato! Tuttavia, centinaia di #igers non la pensano come me e ogni giorno si vedono selfie degli outfit migliori per andare al funerale di una persona cara. Se non mi credi, dai un’occhiata all’hashtag #funeral.
Lo stile è una questione di vita o di morte.
Momenti memorabili
Un selfie cattura un momento… a volte chiave. Non ci credi? Allora guarda la foto di questo studente che vede la sua insegnante entra in travaglio e, invece di chiamare un’ambulanza, decide di cogliere l’attimo o questi criminali che decidono di condividere il loro momento di gloria su Instagram prima di commettere un reato. Forse li prenderà la polizia, ma sicuro che faranno un record di “like”.
È sempre il momento giusto per praticare la nobile arte del selfie.
Gli amanti del nastro adesivo
Ogni persona è diversa e ha il diritto di esprimerlo come preferisce. Ma cosa sono i piercing o i cappelli bizzarri in confronto al nastro adesivo?! Un accessorio che si adatta a tutti gli usi e i gusti: dai ritocchi al viso per pochi centesimi fino a diventare una mummia 2.0. Scopri questa tendenza con l’hashtag #cellotapeselfies.
Esiste un modo più veloce per ritoccarsi il viso? Fonte: Niaje
Questi quattro tipi di selfie sono solo alcuni esempi che dimostrano come la creatività, e la stupidità umana, non conoscono limiti. Hai mai fatto un selfie del quale ti vergogni?
Il selfie è una moda con un gran avvenire
Il selfie è così diffuso ed ha così tante varianti che è molto difficile che smetta di essere una tendenza nel breve periodo. Sebbene in passato questa pratica fosse riservata ai vanitosi, oggi è assolutamente consigliata se vuoi essere qualcuno in questo mondo 2.0. Che cosa diventerà tra qualche anno? Tutto dipenderà dagli sviluppi tecnologici. Probabilmente questa moda si estenderà anche ai video (anzi forse ormai già si è già estesa!) oppure si trasformerà in una tendenze sconcertanti che ora sembrano incredibili.
Adattamento di un articolo originale di Maria Baeta su Softonic ES
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Motorini beige, sellini beige, cervelli beige
Quando andavo al liceo, il Giulio Cesare di Roma (si proprio quello cantato da Venditti), tutti i ragazzi e le ragazze alla moda, avevano lo Continua a leggere
Io dico NO all’orgoglio curvy
Leggo in giro “orgoglio curvy” o “bellezza senza taglia” e rimango sempre più perplesso. Ma cosa significa essere curvy? E’ davvero una cosa di cui andare orgogliosi e da sponsorizzare o solo una mossa di marketing da parte delle case di moda che sfrutta la pigrizia di chi è obeso?
Definizione di donna curvy
Per prima cosa partiamo dal significato di donna curvy che dovrebbe essere “donna tutta curve, prosperosa” o qualcosa di simile. Fin qui tutto bene, soprattutto se il concetto di “curvy” aiuta ad allontanare le donne dal pericolo dell’anoressia, spostando i canoni di bellezza dalla magrezza estrema – tanto pubblicizzata dagli stolti stilisti e dalle modelle, super–pagate per essere malate – a degli standard più realistici di donna non “pelleossa” ma, appunto, con morbidezza e curve tutte femminili. Tutto bene a parte un “piccolo” problema:
…la mancanza di buon senso
Il problema si pone nel momento in cui, negli ultimi tempi, il concetto di curvy – da esaltazione delle belle curve – si è trasformato in una sorta di esaltazione acritica dell’obesità, con la tipica mancanza di buon senso che caratterizza noi esseri umani. Esaltare un modello di donna curvy, intesa come quelle che vedete nella foto in alto, non è troppo diverso dall’esaltare un modello di donna sottopeso o anoressica. Alcune mie pazienti, in evidente sovrappeso o addirittura obese, alla mia esortazione a perdere qualche kg, mi hanno risposto che loro non ne hanno bisogno, che si vedono belle “burrose” (?) come sono e che così piacciono ai loro mariti. Ma il problema non è la bellezza (quella è soggettiva ed a ognuno piace quello che piace): il problema è la salute, cioè la cosa più preziosa che abbiamo.
L’obesità è una malattia
L’obesità non solo è una malattia, ma è anche un fattore di rischio per la maggior parte delle malattie esistenti, dal cancro all’infarto del miocardio, dal diabete all’ictus cerebrale.
Esaltare acriticamente una bellezza come quella della foto, significa esaltare una malattia che racchiude in sé quasi tutte le altre patologie, in un mondo industrializzato che invece avrebbe bisogno di ben altri moniti, dal momento che l’obesità ed il diabete sono in fortissimo aumento, e noi italiani in questo siamo dei campioni essendo i nostri bambini al secondo posto al mondo per obesità infantile. Accettarsi per quello che si è e piacersi? Va benissimo, basta che poi una bambina vedendo certe foto, non mangi in maniera errata con la scusa che poi da obesa diventerà bella (specularmente quello che avviene con l’anoressia). Quindi se essere curvy significa NON essere sottopeso e NON vivere il proprio corpo in maniera patologicamente ossessiva, allora sono assolutamente d’accordo all’esaltazione del concetto. Al contrario io dico NO all’orgoglio curvy, se questo rappresenta la scusa per legittimare ed anzi invogliare le donne (e gli uomini) ad essere obesi, cioè malati.
Perché non una frattura?
Anoressia nervosa ed obesità non devono essere MAI sponsorizzate. Sono patologie che determinano danni anche mortali all’organismo, ed una patologia NON DEVE ESSERE MAI “di moda”! Immaginatevi se domani dovesse diventare “sexy, di moda” fratturarsi un femore: che facciamo, sponsorizziamo una malattia (la frattura del femore)? E’ ovviamente una esasperazione concettuale, ma se ci pensate una frattura non è così diversa da anoressia nervosa ed obesità: sono tutte e tre patologie e la società deve battersi per NON invogliarle, soprattutto tra i giovanissimi.
Contraddizioni e disagio da fotoritocco
Prima di concludere lasciatemi inoltre fare un riferimento all’evidente contraddizione ed ipocrisia che traspaiono dall’orgoglio curvy rappresentato, nelle riviste di moda, da foto di donne sì obese, ma allo stesso tempo così pesantemente modificate con Photoshop, tanto da non avere neppure una piccola vena varicosa, o smagliatura o cellulite. Basta guardare la foto in alto: quelle donne, nella vita reale, hanno tantissimi difetti estetici correlati all’obesità, che vengono nascosti dal fotoritocco! Ed è qui l’evidente ed ipocrita contraddizione legata ad un certo tipo di orgoglio curvy visto come stile di vita vincente: se la donna vuole urlare al mondo intero che si accetta per quello che è e si sente bella così com’è, anche obesa, perché sente il bisogno di eliminare col fotoritocco tutti gli inestetismi che l’obesità comporta? Inoltre l’uso di Photoshop determina un altro classico problema non indifferente: la giovanissima che viene spinta a seguire questo “modello vincente” si troverà comunque a disagio quando, essendo in sovrappeso, si troverà ad avere la pelle a buccia d’arancia, con lassità e smagliature, e si sentirà inadeguata vedendo le modelle curvy senza un difetto perché photoshoppate. Da medico e da semplice persona, io la vedo cosi: se davvero ci deve essere un modello estetico da sponsorizzare, deve essere quello di normopeso e con qualche normale e realistico segno inestetico, non certo il modello anoressico/curvy con fotoritocco annesso.
La bellezza, così come la salute, è armonia, equilibrio
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Il reggiseno provoca il cancro al seno? Finalmente abbiamo una risposta
In più di una occasione la comunità scientifica aveva espresso il dubbio dell’esistenza di un legame tra l’uso del reggiseno ed il tumore al seno, tuttavia gli studi scientifici specifici sull’argomento erano pochi ed incompleti. A mettere rimedio a ciò ci ha pensato una ricerca statunitense pubblicata sulla rivista dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro, Cancer Epidemiology, Biomarkers Prevention. I ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center hanno studiato i casi di 454 donne con carcinoma duttale invasivo, 590 donne con carcinoma lobulare invasivo e 469 donne sane: di tutte queste donne si sono studiate le abitudini in fatto di reggiseno indossato (con ferretto? Di che taglia? Per quante ore al giorno? Età del primo reggiseno indossato?). In base ai risultato dello studio, Lu Chen, coordinatore della ricerca, ha affermato che “non abbiamo rilevato alcuna prova che il reggiseno, di qualsiasi tipo e indipendentemente da quanto lo si porta, possa aumentare il rischio di cancro al seno”.
Consigli per un reggiseno “salutare”
Esistono comunque dei consigli da seguire, per il benessere del seno e della salute in generale: il reggiseno non deve essere particolarmente stretto e non dovrebbe essere indossato per molte ore durante il giorno, o addirittura la notte: ciò può determinare il blocco dello scorrimento della linfa contenuta nei numerosi vasi linfatici relativi alle mammelle. Il reggiseno con ferretto andrebbe evitato, perché potrebbe determinare traumi (ad esempio a nei eventualmente presenti) ed anche i push up andrebbero usati a piccole dosi. Il reggiseno va usato il meno possibile anche perché, soprattutto d’estate, può determinare la formazione di irritazioni cutanee, specie a livello del solco al di sotto della mammella, dove si accumula caldo e sudore. E’ importante infine scegliere reggiseni di qualità, con tessuti 100% cotone (senza poliestere).
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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