Sistemi di controllo dell’espressione genica negli eucarioti

MEDICINA ONLINE GENETICA DNA LABORATORIO CROMOSOMI ALLELE MENDEL POPOLAZIONE RNA CELLULA NUCLEO ORGANELLI MITOCONDRIO RIBOSOMA.L’espressione genica negli eucarioti è di una complessità decisamente maggiore che nei procarioti. I geni non sono organizzati in operoni, perché geni con Continua a leggere

Dolori del parto: epidurale, controllo autonomo e medico

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA NATURALE CESAREO DIFFERENZE CHIRURGIA FOTO WALLPAPER PICTURE UTERO CHIRURGO OPERAZIONE RISCHI VANTAGGI VANTAGGI ALLATTAMENTO MADRE FIGLIO NEONATO MORTAìLa quantità di dolore sofferto durante il parto varia in maniera notevole da donna a donna. Per alcune il dolore è intenso e agonico, mentre altre provano poco o nessun dolore. Molti sono i fattori che influenzano la percezione del dolore: la paura (tocofobia), la quantità di parti precedenti, la presentazione del feto, alcune idee culturali sul parto, la posizione in cui si partorisce, il sostegno ricevuto durante il travaglio, i livelli di beta-endorfina e la soglia di dolore naturale peculiare della gestante. Le contrazioni uterine, sempre intense durante il parto, vengono percepite generalmente come dolorose, anche se il grado di dolore varia da donna a donna e ci sono addirittura alcune persone che trovano piacevoli queste sensazioni.

Controllo del dolore con strategie non mediche

Il corpo umano possiede dei sistemi per controllare il dolore del travaglio e del parto attraverso la secrezione di beta-endorfine. Come oppiace onaturale, prodotto dal cervello, la beta-endorfina ha proprietà simili alla petidina, alla morfina, e all’eroina, ed è stato dimostrato che agiscono sugli stessi recettori del cervello. Come l’ossitocina, la beta-endorfina è secreta dalla ghiandola pituitaria, e sono presenti alti livelli durante il sesso, la gravidanza, il parto, e l’allattamento. Questo ormone può indurre sensazioni di piacere ed euforia durante il parto.

Per alleviare le sensazioni dolorose del travaglio e del parto è possibile ricevere aiuto da una qualche preparazione psicologica, educazione, massaggio, ipnosi, terapia idrica in una vasca o doccia. Ad alcune donne piace avere qualcuno che le fornisca sostegno durante il travaglio ed il secondamento: spesso componenti di sesso femminile della famiglia come la madre, la sorella, una cara amica, il padre del bambino, un partner oppure un professionista addestrato (doula, levatrice, ostetrica). Alcune donne, avendone la possibilità, preferiscono partorire inginocchiate oppure sedute per poter spingere più efficacemente durante la seconda fase del parto, in modo che la gravità fornisca il suo aiuto favorendo la discesa del bambino attraverso il canale del parto.

Controllo medico del dolore da parto

Alcune partorienti credono che l’affidarsi ai farmaci analgesici sia innaturale, o si preoccupano che possa danneggiare il neonato in qualche modo, ma nonostante questo si preoccupano del travaglio del parto.

Il metodo adottato comunemente per il controllo medico del dolore da parto, che non presenta rischi per il nascituro, è la partoanalgesia o analgesia peridurale (chiamata anche epidurale), che agisce riducendo significativamente i dolori associati alle contrazioni e all’espulsione del feto.

La partoanalgesia si ottiene inserendo una piccola cannula pieghevole (o “cateterino”) negli spazi intervertebrali della porzione lombare della spina dorsale; questa metodica prevede l’utilizzo di aghi appositi e di una blanda anestesia locale che elimina il dolore durante la manovra. Una volta inserito, il cateterino viene lasciato in sede, consentendo al personale medico infermieristico di somministrare analgesici in base a necessità senza ripetere la manovra di inserimento.

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MKULTRA: il progetto della CIA sul controllo della mente

MEDICINA ONLINE MKULTRA PROGETTO CIA CONTROLLO MENTE LAVAGGIO CERVELLO STORIA.jpgIl progetto MKULTRA (conosciuto anche come MK-ULTRA) si riferisce ad una serie di attività svolte dalla CIA tra gli anni cinquanta e sessanta che aveva come scopo quello di influenzare e controllare il comportamento di determinate persone (cosiddetto controllo mentale).

Il progetto non è mai stato reso ufficialmente pubblico dalla CIA, ma vi sono varie testimonianze dirette che riferiscono di esperimenti condotti da personale dell’intelligence. Tali esperimenti prevedevano la somministrazione dell’ipnosi, sieri della verità, messaggi subliminali, LSD ed altri tipi di violenze psicologiche e sessuali su cavie umane.

Si suppone che uno degli scopi del progetto fosse quello di modificare il livello di percezione della realtà di alcune persone, costringendole a compiere atti senza rendersene conto; una delle ipotesi vuole che la CIA fosse interessata alla possibilità di creare degli assassini (Hashascin) inconsapevoli.

Nel 1977, grazie alla legge sulla libertà di informazione, furono derubricati alcuni documenti che testimoniavano la partecipazione diretta della CIA al programma MKULTRA.

Il progetto fu portato all’attenzione dell’opinione pubblica per la prima volta dal Congresso degli Stati Uniti e da una commissione chiamata Rockfeller Commission. Tale commissione pubblicò un documento che recitava:

«Il direttore della CIA ha rivelato che oltre 30 tra università e altre istituzioni sono coinvolte in un programma intensivo di test che prevede l’uso di droghe su cittadini non consenzienti appartenenti a tutti i livelli sociali, alti e bassi, nativi americani e stranieri. Molti di questi test prevedono la somministrazione di LSD. Almeno una morte, quella del Dr. Olson, è attribuibile a queste attività».

Le origini

Il progetto Mk-Ultra fu ordinato dal direttore della CIA Allen Dulles il 13 aprile 1953, al fine di contrastare gli studi russi, cinesi e coreani sul cosiddetto controllo mentale (mind control), ovvero sul controllo della psiche delle persone. Questa tecnica poteva portare numerosi vantaggi per gli USA, come ad esempio la creazione di assassini inconsapevoli o il controllo di leader stranieri scomodi (come ad esempio Fidel Castro).

Nel 1964 il progetto fu rinominato MKSEARCH in quanto si stava specializzando nella creazione del cosiddetto siero della verità, sostanza che sarebbe poi stata usata per interrogare esponenti del KGB durante la guerra fredda. Dato che quasi tutti i documenti riguardanti l’MK-ULTRA sono stati distrutti dall’allora direttore della CIA Richard Helms, è praticamente impossibile poter ricostruire tutte le attività svolte nell’ambito di questo progetto.

Gli esperimenti

Gli esperimenti sugli esseri umani erano spesso praticati all’insaputa dei soggetti scelti ed avevano lo scopo di sviluppare tecniche da utilizzare durante gli interrogatori e le torture operate dall’esercito o dai servizi segreti, e possibilmente farmaci, indebolendo l’individuo e forzando confessioni attraverso il controllo mentale. Tali esperimenti prevedevano l’uso di ipnosi, onde sonore (come il sottoprogetto 54) ed elettromagnetiche (come il sottoprogetto 119), sieri della verità, messaggi subliminali, sostanze psicotrope (soprattutto LSD) e numerosi altri metodi per manipolare gli stati mentali delle persone scelte e alterare le funzioni cerebrali, comprese pratiche di deprivazione sensoriale, isolamento, elettroshock, lobotomia, abusi verbali e sessuali, così come varie forme di torture.

La stessa agenzia ha successivamente riconosciuto che quei test avevano una debole base scientifica e che gli agenti posti all’esecuzione e controllo degli esperimenti non erano ricercatori qualificati.

Le vittime erano dipendenti della CIA, personale militare, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali e gente comune; il tutto con lo scopo di verificare che tipo di reazione avessero queste persone sotto l’influsso di droghe e altre sostanze.

Il Dottor Sidney Gottlieb, l’ideatore di tutti gli esperimenti, era solito anche torturare le vittime aggiungendo alla normale dose di droga anche rumori molesti o costringendoli ad ascoltare frasi offensive a ciclo continuo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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I dubbi su pacemaker e ICD: carica, impulsi, cellulare, banca ed aereo

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONECosa bisogna fare se si avverte una scarica del defibrillatore?
In caso di scarica dell’ICD bisogna fare controllare il paziente. Se la scarica è una sola ed il paziente sta bene, il controllo può essere eseguito in ambulatorio (negli orari in cui l’ambulatorio è aperto). Se le scariche fossero due o più di due, anche a distanza di alcune ore, è raccomandato recarsi al più presto al più vicino pronto soccorso.

Quanto dura la carica di un pacemaker o un defibrillatore?
Essendo alimentati da un batteria, i dispositivi hanno una certa durata e poi la batteria si scarica. Il tempo è variabile a seconda del funzionamento: i dispositivi funzionano a demand, cioè monitorizzano costantemente l’attività cardiaca ed intervengono solo se necessario. Più intervengono e più presto si esaurisce la carica.
Indicativamente possiamo dire che i pacemaker durano dai 7 ai 10 anni (o più); i defibrillatori dai 5 ai 7 anni (o più).
È importante tenere presente che fino alla fine della carica il funzionamento rimane perfetto , cioè non va perdendo capacità man mano che si scarica.

Quando è scarica, la batteria si può ricaricare o bisogna sostituirla?
Né l’uno né l’altro. Al momento viene cambiato tutto il dispositivo perché la batteria è integrata al suo interno. I fili (elettrocateteri) però rimangono per cui non è necessario un nuovo impianto e di norma neppure rimanere in ospedale ma è sufficiente un ricovero in Day Hospital.

Gli impulsi del pacemaker vengono avvertiti dal paziente?
No. Il pacemaker eroga una corrente molto debole che non viene sentita dal paziente. Al massimo, in certe situazioni particolari, può essere avvertito una leggera contrazione muscolare nella sede di impianto o sulla fascia addominale, ma è un piccolo disturbo che si può di solito correggere riprogrammando il dispositivo.

Posso usare il telefono cellulare?
Sì, il telefono cellulare può essere usato, ma con piccole precauzioni: non tenerlo in un taschino della camicia vicino al pacemaker e usarlo preferibilmente dall’orecchio opposto alla sede di impianto.

Sono una casalinga, posso continuare ad usare gli elettrodomestici?
Tutti gli elettrodomestici possono essere adoperati in tutta tranquillità a patto che l’impianto elettrico sia a norma e dunque dotato di “messa a terra”.
In vecchi impianti elettrici senza la regolare messa a terra, si verifica una dispersione di corrente attraverso gli elettrodomestici (compreso lo scaldabagno); la dispersione normalmente non viene avvertita dalla persona ma determina delle interferenze (chiamate EMI) che possono provocare malfunzionamenti del pacemaker e addirittura scariche inappropriate del defibrillatore.

Come mi comporto per entrare in banca o passare il controllo in aeroporto?
Per entrare in Banca o passare nel metal detector dell’aeroporto è preferibile mostrare il tesserino di portatore di PM o ICD e passare per vie alternative solo solo per evitare spiacevoli imbarazzi al suono dell’allarme.

Le barriere antifurto dei negozi e dei supermercati possono danneggiare il dispositivo?
No. I dispositivi antitaccheggio non influiscono sul funzionamento dei pacemaker e dei defibrillatori. Si può dunque tranquillamente entrare nei negozi muniti di dispositivi antifurto. Per prudenza è preferibile evitare di sostare a lungo nel loro raggio di azione. In ogni caso, possibili interferenze sarebbero solo momentanee e il dispositivo non viene danneggiato.

Posso prendere il sole tranquillamente o corro qualche rischio?
Il sole non procura alcun rischio, quindi ci si può abbronzare in tutta tranquillità, tenendo conto che il dispositivo, essendo di materiale metallico, specie se si è particolarmente magri, può scaldarsi un po’, ma questo non procura alcun problema. Ricordate però che se la ferita è fresca il sole potrebbe causare una cattiva cicatrizzazione.

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Posso continuare a lavorare dopo l’impianto?
Certamente. Ma è chiaro che molto dipende dal tipo di lavoro. Consiglierei di parlarne col cardiologo di fiducia che può valutare il tipo di eventuali limitazioni a cui è necessario attenersi. Per esempio motoseghe, saldatrici ad arco, martelli pneumatici ed altri attrezzi del genere sarebbero sconsigliati perché potrebbero generare delle interferenze elettromagnetiche (EMI) con malfunzionamento dei pacemaker e shock inappropriati nei defibrillatori.
In ogni modo nessuno di questi attrezzi danneggia i dispositivi in maniera permanente ed i malfunzionamenti cesserebbero immediatamente alla sospensione dell’utilizzo dell’attrezzo.

Posso fare attività sportiva?
Se si è portatori di pacemaker, di norma si possono eseguire quasi tutte le attività sportive. Naturalmente bisogna evitare i traumi nella zona di impianto e quegli sport che richiedono un eccessiva estensione delle braccia con sforzi notevoli (come il sollevamento pesi, ad esempio).
È chiaro che questa è una indicazione di massima e va valutata attentamente la patologia che ha determinato la necessità dell’impianto. La stessa cosa vale per i portatori di defibrillatore per cui in entrambi i casi è preferibile rivolgersi al cardiologo curante per maggiori indicazioni.

Quando posso ricominciare a guidare l’automobile?
Subito dopo l’impianto è bene tralasciare la guida per evitare di sforzare il braccio con movimenti che potrebbero procurare uno spostamento degli elettrocateteri. Superato il primo controllo (circa sei – otto settimane dopo l’impianto) si avranno maggiori indicazioni anche in relazione alla patologia che ha determinato la necessità dell’impianto.
Per i portatori di defibrillatore il discorso è un po’ diverso perché va tenuto conto della patologia cardiaca, perché una eventuale aritmia, anche se trattata con lo shock potrebbe causare uno svenimento o una perdita di controllo dell’automobile. Dunque meglio parlarne col cardiologo di fiducia.

Posso usare radiocomandi, telecomandi e consolle per video giochi?
Secondo le indicazioni dei produttori di pacemaker, l’uso di telecomandi provvisti di antenna, come quelli per modellismo, è consentito a patto di mantenerlo ad una distanza di sicurezza di almeno 30 centimetri dal dispositivo. Telecomandi e consolle per video giochi possono essere usati tranquillamente.

In quale sedi si può eseguire l’impianto?
Di norma, pacemaker e defibrillatori vengono impiantati al di sotto della clavicola sinistra. Potrebbe essere scelta la parte destra senza alcun problema (anzi alcuni Centri Cardiologici, soprattutto all’Estero, per un certo periodo, lo impiantavano a destra). Per motivi di estetica o di eccessiva magrezza può essere scelta come zona di impianto la sede sottomammaria: l’intervento è un po’ più complicato, tuttavia si fa. Nei bambini piccoli il pacemaker viene impiantato entro l’addome con gli elettrocateteri posizionati nella parte esterna del cuore. Altre sedi, come sotto l’ascella sono di norma sconsigliate per l’ingombro che arreca il dispositivo.

Pacemaker e Risonanza Magnetica (RMN)
La Risonanza Magnetica con i pacemaker e i defibrillatori tradizionali non può essere eseguita. Esistono, da qualche tempo, dispositivi compatibili con la risonanza magnetica,  ed in questo caso l’esame può essere eseguito.
Per i vecchi impianti, va tenuto presente che tutto il sistema, elettrocateteri compresi, deve essere adatto alla esposizione ai campi magnetici per cui non basta sostituire il device per potere eseguire una RMN.
Al momento di eseguire la risonanza magnetica, il dispositivo va riprogrammato in una modalità di sicurezza, per cui è consigliabile rivolgersi ai grandi Centri, dove sarà possibile avere l’assistenza del cardiologo per riprogrammare il dispositivo.
Tac e Radiografie possono essere eseguiti tranquillamente.

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Ipotalamo e controllo della temperatura corporea

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IPOTALAMO CONTROLLO TEMPERATURA CORPOREA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneL’essere umano è un animale omeotermo, cioè contraddistinto dall’omeotermia, una parola che deriva dal greco omòs = uguale; termos = calore: è la condizione caratteristica di quegli animali in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea a prescindere dalle temperature esterne. Questo significa che la nostra temperatura corporea rimane il più possibile costante nel tempo, aggirandosi intorno ai 37°C con delle minime variazioni nel corso della giornata (c’è un picco minimo di temperatura intorno alle 4 del. ed un picco massimo intorno alle ore 16).

Perché la nostra temperatura corporea è proprio 37°?
Le ragioni, dal punto di vista filogenetico, per cui si è selezionata questa temperatura sono spiegate dal fatto che a questa temperatura avvengono correttamente tutti i processi metabolici, mentre ad altre temperature questi processi sono difficoltosi o addirittura impossibili.
Quando si parla di valore della temperatura del corpo è però importante ricordare che si ci riferisce al valore del nucleo del “core”, ossia degli organi interni alla testa, al collo e al tronco. La cute, che è la porzione più superficiale del corpo, non ha una temperatura costante ed è l’organo che risente di più delle influenze della temperatura esterna. La temperatura per essere misurata in modo corretto, andrebbe misurata a livello rettale, ossia nel punto più prossimo al core.

Produzione del calore e dispersione del calore
Per mantenere la temperatura e del corpo costante l’organismo deve usare elementi di produzione del calore ed elementi di dispersione del calore. Alla produzione di calore contribuisce per il 60% circa al metabolismo degli organi interni, in minor misura contribuiscono la cute ed i muscoli, per un 20% , ed il resto è dato dagli altri organi.
Queste diverse quote si modificano nel momento in cui l’individuo svolge esercizio fisico. Nel momento in cui si compie attività fisica la quota di calore che viene prodotta è legata in prevalenza all’attività muscolare. L’organismo produce calore attraverso processi metabolici o attività fisica. Uno dei meccanismi con i quali si ci difende rispetto al freddo è infatti il brivido, ossia “attività muscolare in assenza di movimento”, o per meglio dire contrazioni muscolari di muscoli agonisti ed antagonisti che determinano sviluppo di calore in assenza di movimento. Ai meccanismi di termogenesi corrispondono anche meccanismi di scambio di calore con l’esterno, che solitamente ha una temperatura inferiore a quella del corpo. L’organismo si avvale del meccanismo di “irradiazione”, ossia scambiare calore attraverso radiazioni nell’ambito dell’infrarosso, la “conduzione”, ossia il passaggio di calore da un corpo più caldo ad uno più freddo e questa conduzione, che avviene con l’aria, è maggiore se c’è un flusso di aria, questa conduzione viene definita allora “convezione”. Se la temperatura del corpo aumenta molto l’unico mezzo che l’organismo ha per scambiare calore col mondo esterno è l’evaporazione, ossia la perdita di acqua che evaporando raffredda il corpo. Ma l’evaporazione è possibile solo fino ad una certa umidità dell’ambiente esterno, infatti la sudorazione è inibita da una forte percentuale di umidità nell’aria.

Ipotalamo e temperatura corporea
Attraverso il bilancio dei fattori termogenetici e dei fattori di termodispersione il nostro corpo mantiene una temperatura intorno ai 37°C, e questo set-point è stabilito dall’ipotalamo. Nel fare questo l’ipotalamo viene costantemente informato da tutta una serie di recettori periferici che sono disposti a livello cutaneo, da recettori che sono disposti a livello del midollo spinale e da recettori centrali che sono disposti a livello dell’ipotalamo anteriore. Tutte le volte che questi recettori segnalano valori del core non uniformi a quello del set-point vengono innescati tutta una serie di processi compensatori atti a ristabilire la temperatura settata.

Meccanismi di compensazione ipotalamici a caldo e freddo
L’ipotalamo anteriore mette in atto tutta una serie di risposte al caldo, ossia di termolisi, mentre invece l’ipotalamo posteriore mette in atto una serie di risposte che fanno si che l’organismo si adatti al freddo, ossia di termogenesi. L’ipotalamo anteriore è essenzialmente responsabile di due risposte: una vascolare e una di sudorazione. La risposta vascolare si esplica con la vasodilatazione, soprattutto a livello cutaneo, e così facendo si ottiene un secondo meccanismo in cui lo scambio di calore “in controcorrente” è meno accentuato. Se la temperatura è troppo bassa, viceversa, il circolo cutaneo va incontro a modificazioni opposte. La sudorazione invece viene controllata dall’ipotalamo con una azione sulle ghiandole sudoripare ed in particolare tramite la componente simpatica, l’unica componente in cui la componente simpatica ha come mediatore l’acetilcolina. L’ipotalamo attiva quindi il sistema simpatico, che attiva le ghiandole sudoripare che aumentano la produzione di sudore che evaporando facilita la dispersione di calore. Quando l’ipotalamo deve mettere in atto delle risposte al freddo si osserva una vasocostrizione che di per se impedisce lo scambio di calore con l’esterno, e c’è un aumento dello scambio in controcorrente di calore di modo che le vene riportino verso il core sangue che è stato riscaldato dal arterie. L’altro meccanismo che viene messo in atto è operato attraverso il sistema nervoso somatico: c’è un aumento della contrazione muscolare attraverso il brivido. Nei neonati è possibile avere una termogenesi in assenza di brivido legata all’attività del tessuto adiposo bruno, che è un tessuto adiposo contenente dei recettori β3, quindi predisposto ad essere stimolato dal sistema nervoso simpatico. Questa produzione di calore senza brivido è legata al fatto che il sistema simpatico è in grado di attivare quelle uncoaping proteins che hanno la facoltà di dissociare la produzione di ATP dal passaggio degli elettroni attraverso la catena respiratoria. Di fatto non si ha produzione di ATP e quindi l’energia prodotta viene dispersa come calore. Negli animali cosiddetti a pelo lungo per quanto concerne i meccanismi di termolisi può essere utile la perdita di calore attraverso l’aumento della ventilazione, così come negli animali funziona con efficienza il meccanismo di termogenesi chiamato “orripilazione” che consiste nell’erezione del pelo che fa si che di fatto si crei intorno all’animale il sequestro di aria calda che facilita il mantenimento di valori ideali di temperatura, ma nell’uomo è molto poco efficiente.

Quando la temperatura non rimane costante
Ci sono alcune situazioni patologiche in cui si perde la capacità di mantenere la temperatura a valori ideali e, a parte l’ipotermia, soprattutto esistono due situazioni abbastanza comuni in cui l’organismo non riesce a mantenere sui valori del set-point i valori di temperatura: il colpo di calore e la febbre.

  • Nel colpo di calore c’è un deficit delle attività termolitiche perché la temperatura esterna è molto alta e se l’aria esterna è particolarmente umida la mancata possibilità di sudare fa abbassare la temperatura a cui si può andare incontro a questo fenomeno.
  • Nella febbre quello che si modifica è il valore del set-point: nella febbre si distinguono due momenti uno di termogenesi e uno di termolisi; in genere la febbre determinata da alcuni fattori, detti “pirogeni”, in grado di modificare il set-point ipotalamico che di norma dovrebbe stare a 37° C portandolo a valori più elevati, inducendo di fatto una termogenesi che porta la temperatura al nuovo valore stabilito centralmente. Per cui la prima fase della febbre si associa brivido, fin tanto che la temperatura del corpo non abbia raggiunto il nuovo set-point. In un secondo momento si ha un processo di termodispersione, quindi sudore, vasodilatazione, etc.

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Quanto tempo al giorno passiamo davanti allo smartphone?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SMARTPHONE SOCIAL TECNOLOGIA TABLET CELLULARE TELEFONINO TELEFONO (4)Partiamo da un dato. Quante volte al giorno noi italiani controlliamo il nostro cellulare? 150 volte al giorno, una volta ogni 6 minuti più o meno (i dati sono dello studio di Kleiner Perkins Caufield & Byers). Non c’è da quindi stupirsi che la nuova malattia di questi anni sia la Nomofobia, ovvero la paura di rimanere senza collegamento mobile, fuori dalla cerchia dei social network, fuori dalla rete. Secondo un recente studio sono nomofobiche 4 donne su cinque (pare che questa fobia colpisca di più il mondo femminile). Ma una volta stabilito che lo smartphone è diventato parte integrante nelle nostre vite bisogna chiedersi cosa ci facciamo? Quanto tempo in realtà dedichiamo al cellulare?
Experian svela uno studio che afferma che in media le persone dedicano un’ora di tempo al giorno al proprio prezioso telefono portatile.
Il 26% del tempo che passiamo usando il cellulare è dedicate alle telefonato, il 20% ai messaggi, il 15% ai social network, il 14% alla navigazione web, il 9% alle email.
Utenti iOS e Android hanno comportamenti leggermente diversi: innanzitutto gli utenti Apple usano di più il proprio terminale: 16 minuti in più rispetto agli utenti Android. Gli utilizzatori di Android telefonano e navigano di più, quelli Apple “messaggiano” di più e fanno più foto, come potete vedere dai due successivi grafici.

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