Chiasma ottico: anatomia, funzioni e patologie in sintesi

MEDICINA ONLINE VISTA OCCHIO CHIASMA OTTICO CERVELLO CONI BASTONCELLI MACULA RETINA FOVEA CAMPO CORTECCIA CEREBRALE VISIVO IMPULSO COLORI LUCECon chiasma ottico, o “chiasmo“, in anatomia si intende la zona del cervello dove si assiste a un parziale incrocio (decussazione) tra le fibre nervose costituenti i  Continua a leggere

Scopri se sei daltonico con il test delle Tavole di Ishihara

MEDICINA ONLINE Tavole di Ishihara Test Daltonismo Tavole 1-2Il daltonismo è una patologia della vista caratterizzata da una cecità ai colori, ovvero nell’inabilità a percepire i colori, del tutto o in parte. Esistono vari tipi di daltonismo:

Tomografia ottica computerizzata (OCT): cos’è, come si legge il risultato, perché farla

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO Tomografia ottica computerizzata (OCT)La Tomografia ottica computerizzata (o Tomografia ottica a radiazione coerente o ancora “OCT” acronimo dall’inglese “optical coherence tomography”), è un esame diagnostico non invasivo che permette di ottenere delle scansioni della cornea e della retina per la diagnosi ed il follow-up di numerose patologie corneali e retiniche e nella diagnosi preoperatoria e nel follow-up postoperatorio della gran parte delle patologie oculari che necessitano di un intervento chirurgico. L’OCT sfrutta un raggio di luce a bassa coerenza, generalmente emesso da un diodo superluminescente. Analogamente a quello che fa un sonar con i fondali (a livello acustico), grazie all’analisi computerizzata della luce riflessa dai tessuti in esame è possibile ricostruirne la struttura in due o tre dimensioni. L’OCT può restituire immagini a colori o in bianco e nero, cioè con la scala dei grigi, entrambe dotate di elevati dettagli (specie quelle in bianco e nero).

A cosa serve la OCT?

L’OCT permette di ottenere delle scansioni corneali e retiniche molto precise che consentono di analizzare nel dettaglio gli strati della cornea, la regione centrale della retina (denominata macula) ed il nervo ottico. Trattandosi di un esame digitalizzato consente di mettere a confronto gli esami eseguiti nel tempo dal paziente, fornendo delle mappe differenziali. La tomografia a coerenza ottica è anche utilizzata per studiare la geometria del segmento anteriore, esiste uno strumento specificamente concepito per questo scopo che ha nome di Visante OCT.
Ecco una lista di tutte le patologie studiabili tramite OCT:

  • fori e pseudori maculari;
  • lesioni dell’interfaccia vitreoretinica;
  • trazioni vitreoretiniche;
  • retinoschisi foveale;
  • membrane epiretiniche;
  • glaucoma;
  • degenerazioni maculari senili e giovanili con o senza neovascolarizzazioni sottoretiniche;
  • retinopatia diabetica;
  • corioretinopatie acute e croniche;
  • edemi maculari di varie origini;
  • distacchi sierosi ed emorragici della retina e dell’epitelio pigmentato;
  • neovascolarizzazioni intraretiniche e preretiniche;
  • atrofia retinica.

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Per quali patologie viene usata l’OCT?

L’OCT permette la diagnosi ed il follow-up di numerose patologie corneali e retiniche come ad esempio la degenerazione maculare senile , la retinopatia diabetica ed il glaucoma. E’ inoltre particolarmente utile nei casi di edema maculare di varia origine. L’OCT è un esame indispensabile nella diagnosi preoperatoria e nel follow-up postoperatorio della gran parte delle patologie oculari che necessitano di un intervento chirurgico. Inoltre è un esame fondamentale nella diagnosi precoce di alcune patologie: nei pazienti affetti da glaucoma l’OCT è ad esempio in grado di misurare lo spessore delle fibre nervose che circondano il nervo ottico evidenziando, in alcuni casi, una alterazione precoce delle stesse in presenza di un campo visivo normale e questo permette di iniziare tempestivamente una terapia per rallentare la progressione della patologia.

Chi dovrebbe effettuare la tomografia ottica computerizzata (OCT)?

Dovrebbero effettuare la OCT tutti i pazienti in cui si sospetta una patologia corneale, retinica e del nervo ottico eccetto quelli che presentano notevoli opacità dei mezzi diottrici oculari, importanti alterazioni del film lacrimale ed assenza di fissazione.

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Come si svolge una tomografia ottica computerizzata?

L’esecuzione è semplice e veloce dura circa 10-15 minuti. Il paziente è seduto di fronte allo strumento e viene invitato dall’operatore a fissare una mira luminosa: la scansione parte nel momento in cui viene messa a fuoco la struttura oculare da analizzare.
Con l’avvento degli OCT di ultima generazione l’esame può essere effettuato anche senza la dilatazione della pupilla, previa valutazione da parte dell’operatore medico sanitario, delle caratteristiche oculari e del tipo di patologia che si vuole indagare.

Tomografia ottica computerizzata: quali sono i vantaggi?

I principali vantaggi dell’OCT in oculistica sono:

  • pochi artefatti da movimento;
  • visualizzazione diretta della morfologia dei tessuti;
  • nessuna necessità di traumatismi;
  • nessuna necessità di preparazione delle strutture da analizzare;
  • immagini ad elevata risoluzione;
  • immagini di sezioni con visualizzazione della struttura interna;
  • possibilità di ottenere misurazioni oggettive e ripetibili;
  • nessuna radiazione ionizzante.

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Tomografia ottica computerizzata: interpretazione dei risultati

La scansione di una fovea normale presenta una serie di aspetti che è importante saper riconoscere per poter interpretare correttamente i quadri patologici. Regioni ad alta/media reflettività ottica appaiono rosse/gialle-verdi sulla rappresentazione in scala di falsi colori delle tomografie mentre regioni a bassa reflettività appaiono blu-nere. Le regioni iper-riflettenti sono, dall’interno all’esterno:

  • l’interfaccia vitreoretinica;
  • lo strato delle fibre nervose;
  • gli strati plessiforme interno ed esterno;
  • l’epitelio pigmentato retinico, che presenta la massima reflettività (spesso sempre preceduto da una sottile banda iper-riflettente che si ritiene sia generata dalla giunzione tra segmento interno ed esterno dei fotorecettori).

Regioni ipo-riflettenti sono invece gli strati nucleari interno e lo strato dei fotorecettori, quest’ultimo corrispondente alla ampia banda iporiflettente esterna. A livello foveolare, il profilo retinico interno presenta la massima depressione e in questa sede è riconoscibile solo la banda iporiflettente esterna corrispondente ai fotorecettori foveali (coni). Anche in caso di ispessimento retinico patologico, in cui scompare o si inverte la depressione foveale, la foveola è ancora riconoscibile per questa caratteristica iporeflettività a tutto spessore. La corretta valutazione di un esame tomografico prevede sostanzialmente 3 momenti:

  1. identificazione del problema: il riscontro dell’eventuale anomalia morfologica e la sua correlazione con il quadro oftalmoscopico e angiografico;
  2. misura del problema: la quantificazione (ad esempio ispessimento o assottigliamento) dell’anomalia riscontrata;
  3. formulazione di conclusioni diagnostiche.

Il primo momento, e cioè l’identificazione del problema, prevede la descrizione dell’anomalia riscontrata. La misura dell’entità dell’anomalia, che in genere consiste nella variazione patologica dello spessore retinico, viene effettuata automaticamente dal software di analisi sia sulla singola scansione, sia sulle 6 tomografie radiali. In quest’ultimo caso, lo spessore retinico foveolare  e quello di ciascuno di 9 settori maculari (uno centrale, quattro interni e quattro esterni) sono indicati su di una mappa numerica e possono essere registrati ed utilizzati per il monitoraggio dell’edema o valutare la risposta a trattamenti. La riproducibilità di tali misure è stata dimostrata da una serie di lavori non solo in soggetti normali, ma anche in caso di edema maculare. E’ stato infine da poco introdotto in commercio un “macula normative database” che consente una rapida comparazione delle misure ottenute con quelle di una popolazione normale di riferimento.

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Tomografia ottica computerizzata: costo

Il costo di una tomografia ottica computerizzata oscilla mediamente tra i 100 ed i 200 euro.

La tomografia ottica computerizzata è dolorosa?

La OCT è un esame non invasivo, non a contatto e non doloroso.

La tomografia ottica computerizzata è pericolosa?

La OTC si basa su un fascio laser privo di radiazioni nocive che non determina alcun rischio per la salute.

Tomografia a coerenza ottica di dominio di frequenza

Un’applicazione relativamente recente dell’OCT è la tomografia a coerenza ottica di dominio di frequenza, che offre vantaggi nel rapporto segnale-rumore, consentendo una maggiore acquisizione e precisione del segnale.

Altri esami associati

Alla OCT, in base alla patologia, possono essere associate altre indagini diagnostiche, tra cui:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Fotorecettori: differenza tra coni e bastoncelli

MEDICINA ONLINE FOTORECETTORI CONI BASTONCELLI OCCHIO RETINA FOVEA CORNEA SCLERA PUPILLA IRIDE CORPO CILIARE NERVO OTTICO CHIASMA CERVELLO CORTECCIA VISIVA PRIMARIA SECONDARIA.jpgCon “fotorecettori” in medicina si fa riferimento ad un tipo particolare di neuroni altamente specializzati che si trovano sulla retina di entrambi gli occhi. Tali neuroni hanno la funzione di “tradurre” luce che dall’esterno arriva sul fondo dell’occhio e convertirla in segnali bioelettrici, inviati alla corteccia visiva del cervello attraverso il nervo ottico. I fotorecettori sono di due tipi:

Coni

I coni si concentrano nella zona centrale della retina (chiamata “fovea”) mentre restano proporzionalmente più rarefatti spostandosi nelle aree periferiche. I coni sono deputati alla visione dei colori (visione “fotopica”) ed alla visione distinta e nitida; consentono la visione centrale (con cui si legge, si guida, si riconoscono i volti, ecc.) e, se l’acuità visiva è buona, garantiscono un’elevata risoluzione dell’immagine. Esistono almeno tre tipi diversi di coni, rispettivamente per il rosso, il verde e il blu. In totale se ne contano circa 10 – 12 milioni, cioè 5 – 6 milioni per occhio, una quantità molto più bassa rispetto ai bastoncelli. Il lavoro dei coni è “individuale” nel senso che ciascuno di essi genera un impulso che è avviato al cervello indipendentemente. I coni hanno una sensibilità alla luce decisamente minore rispetto ai bastoncelli.

Bastoncelli

I bastoncelli si concentrano nella zona periferica della retina e sono più sensibili alla visione degli oggetti in movimento, oltre ad essere impiegati soprattutto per la visione al buio (visione “scotopica”). Il lavoro dei bastoncelli è “di gruppo”: diverse migliaia di elementi convergono su un singolo interneurone e l’impulso che viene avviato al cervello emerge dalla sommatoria di tutti i singoli impulsi. I bastoncelli sono circa 4000 volte più sensibili alla luce rispetto ai coni: la loro sensibilità è talmente elevata che un numero esiguo di fotoni è sufficiente per eccitarli o secondo altri studi, è sufficiente addirittura un unico fotone. Il numero dei bastoncelli in ogni occhio è compreso tra i 75 ed i 150 milioni, mediamente circa 100 milioni in ogni occhio, un numero decisamente più elevato rispetto ai coni.

Struttura dei fotorecettori

Nella struttura di entrambi i tipi di fotorecettori si possono identificare tre parti fondamentali:

  1. un segmento esterno: caratterizzato da strutture membranose (chiamate “dischi”), su cui sono posizionati i pigmenti che reagiscono allo stimolo dei fotoni (luce che arriva in “pacchetti” detti quanti). Sui dischi rintracciamo la rodopsina (una proteina che funge da pigmento visivo) e la trasducina (un enzima); queste molecole, se stimolate dall’energia elettromagnetica (luce), vengono attivate a cascata. Il segmento esterno è in contatto con l’epitelio pigmentato, lo strato più esterno della retina che contiene un’elevata quantità di melanina per assorbire la luce che non è stata trattenuta dalla retina. Inoltre, ha la funzione di risintetizzare i pigmenti visivi e di facilitare il ricambio dei dischi;
  2. segmento interno: caratterizzato dalla presenza degli organelli interni come mitocondri, apparati di Golgi, ecc., indispensabili per il metabolismo cellulare e il nucleo;
  3. terminazione sinaptica: permette la trasmissione dei segnali dal fotorecettore alle cellule bipolari mediante sinapsi ossia per trasmissione biochimica tra cellule nervose (grazie a molecole dette neurotrasmettitori).

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Differenza tra corteccia visiva primaria, secondaria e terziaria

MEDICINA ONLINE CERVELLO CORTECCIA VISIVA UDITIVA LOBO LOBI FRONTALE PRO FRONTALE PARIETALE OCCIPITALE TEMPORALE ENCEFALO SISTEMA NERVOSO ANATOMIA PRIMARIA SECONDARIA.jpgLa percezione visiva è un fenomeno che dipende dalla stimolazione luminosa dei fotorecettori posti sulla retina che inviano segnali – tramite il nervo ottico – alla corteccia visiva, cioè quella parte della corteccia cerebrale che si occupa della visione e dell’interpretazione delle immagini viste. La corteccia visiva ha sede nel lobo occipitale del cervello, il lobo più posteriore, nella zona del labbro superiore e del labbro inferiore della scissura calcarina. Il lobo occipitale è composto da due zone:

  • zona posteriore: è la più estesa, nella quale si presentano le fibre nervose che arrivano dalle due fovee retiniche, la parte della retina in cui l’acuità visiva è massima,
  • zona anteriore: è la più piccola, nella quale si imprimono le fibre nervose provenienti dalle restanti emiretine.

La corteccia visiva è divisa in varie porzioni:

La “corteccia visiva primaria” o area 17 di Brodman, è la regione che si incarica dell’elaborazione delle informazioni sugli oggetti statici ed in movimento: è responsabile della visione. È la prima zona in cui si dirigono le fibre che giungono dal nucleo genicolato laterale e contiene una mappa estremamente dettagliata dell’intero campo visivo. È la prima stazione del sistema visivo in cui compaiono cellule che ricevono informazioni da entrambi gli occhi, le cellule binoculari. L’area visiva primaria invia informazioni alle aree visive secondarie.

La corteccia visiva secondaria, o area 18 di Brodman, e la corteccia visiva terziaria, o area 19 di Brodman, sono definite “aree associative della visione” o “aree di associazione visiva” in quanto implicate nell’analisi, nel riconoscimento e nell’interpretazione delle immagini elaborate nella corteccia visiva primaria. In pratica mentre la corteccia visiva primaria ci permette di vedere, le altre cortecce visive ci permettono di interpretare e dare un significato a quanto visto, confrontandolo con il “database” di informazioni contenuto nella nostra memoria di oggetti visti nella nostra vita. Ad esempio guardando un bicchiere:

  • la corteccia primaria ci permette di vedere il bicchiere;
  • le cortecce associative ci permettono di capire che quello che stiamo guardando è un bicchiere, cioè un oggetto che possiamo usare per bere un liquido.

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Retina dell’occhio: anatomia, strati, funzioni e patologie in sintesi

MEDICINA ONLINE RETINA DISTACCO FOVEA MACULA UMOR PUPILLA IRIDE ANATOMIA CONI BASTONCELLI VISTA CHIASMA CERVELLO NERVO OTTICO CELLULELa retina (pronuncia “rètina”) è la membrana più interna del bulbo oculare ed è una componente fondamentale per la visione umana essendo formata dalle cellule recettoriali, i coni e di bastoncelli, responsabili di trasformare l’energia luminosa in potenziale elettrico, informazione che poi viene inviata – tramite il nervo ottico – al cervello e più in particolare alla corteccia visiva primaria e secondaria, responsabili della visione e della interpretazione della visione. La retina presenta uno spessore variabile da 0,4 mm in dietro e 0,1 in avanti. Nel complesso forma tutto il rivestimento interno del bulbo oculare, dal punto di entrata del nervo ottico al margine pupillare dell’iride. La retina è considerata come una estroflessione del diencefalo e viene divisa in tre porzioni:

  • la parte ottica (applicata alla coroide)
  • la parte ciliare (aderente al corpo ciliare)
  • la parte iridea.

Di queste, le componenti ciliare e iridea formano la retina cieca che, sprovvista di recettori, aderisce alle due strutture ed è di natura esclusivamente epiteliale. Solo la parte ottica, quindi, possiede i fotorecettori e, lungo il suo spessore, è suddivisibile in due foglietti:

  • lo strato delle cellule pigmentate (esterno);
  • la porzione nervosa (interna).

Nella retina è possibile distinguere tre regioni:

  • l’ora serrata: è il limite fra la parte ottica e ciliare della retina, è localizzata 6–7 mm dietro la cornea ed è il punto in cui la retina cambia la struttura assottigliandosi;
  • la papilla ottica: è il punto di convergenza delle fibre nervose per la formazione del nervo otticoed anche il punto di emergenza dei vasi retinici, presentando al suo centro una depressione nota come escavazione fisiologica;
  • la macula lutea: è una regione leggermente ellittica nel polo posteriore dell’occhio per il cui centro passa l’asse visivo dello occhio (cioè la direzione dei raggi luminosi), tale centro è noto come fovea o fovea centralis ed è la regione della visione distinta.

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Strati retinici

Gli strati retinici sono 10, quello più esterno è lo strato delle cellule pigmentate (anche chiamato “strato dell’epitelio pigmentato”) a cui più internamente segue la porzione nervosa, distinta in ulteriori 9 strati.

  1. strato delle cellule pigmentate: è lo strato più esterno costituito da cellule di colore molto scuro in modo da fungere da “camera oscura” e da nutrire i fotorecettori in parte addentrati al loro interno. Questo strato è formato da cellule epiteliali che aderiscono alla coroide e che contengono la fuscina, un pigmento scuro. Di forma esagonale, inviano sottili espansioni ricche di microvilli fra i coni e i bastoncelli con il compito di fagocitare le membrane dei dischi più esterni, garantendo un rinnovamento delle strutture recettoriali che vengono poi riformate per gemmazione interna;
  2. strato dei fotorecettori o dei coni e dei bastoncelli: è lo strato dove sono presenti i coni e i bastoncelli;
  3. membrana limitante esterna: è la membrana che separa il fotorecettore con il corpo cellulare dello stesso;
  4. strato dei granuli esterno o nucleare esterno: corpo cellulare dei coni e bastoncelli;
  5. strato plessiforme esterno: strato dove il pedicello dei coni/bastoncelli contrae sinapsi con la cellula bipolare;
  6. strato dei granuli interno o nucleare interno: corpo cellulare delle cellule bipolari;
  7. strato plessiforme interno: dove la cellula bipolare contrae sinapsi con le cellule multipolari;
  8. strato delle cellule multipolari: corpi cellulari delle cellule multipolari;
  9. strato delle fibre nervose: in cui decorrono le fibre nervose orizzontalmente del nervo ottico;
  10. membrana limitante interna: membrana di appoggio a contatto internamente col corpo vitreo.

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1) Strato dei fotorecettori

Lo strato dei fotorecettori, come dice il nome, è costituito da una parte delle cellule recettoriali presenti nell’occhio e sensibili alle radiazioni luminose: i coni e i bastoncelli. Tali cellule sono così chiamate per via della forma del loro segmento esterno, detto anche articolo (che occupa proprio questo strato). La principale differenza che si ripercuote su una diversa capacità funzionale è la presenza di rodopsina nei bastoncelli e di pigmenti sensibili a tre diverse frequenze di onde elettromagnetiche (rosso, blu e verde) nei coni. Nel complesso i bastoncelli sono circa 110 milioni, mentre i coni 7 milioni circa. Entrambi i tipi i cellule sono disposte perpendicolarmente alla membrana limitante esterna e rivolgono la loro estremità libera allo strato dell’epitelio pigmentato: i bastoncelli arrivano a contatto con le cellule, i coni no. Fra la membrana limitante esterna e lo strato epiteliale è compreso l’articolo esterno, conico o cilindrico, formato da dischi di reticolo endoplasmatico impilato che nei coni (ma non nei bastoncelli) sono in continuità con la membrana plasmatica cellulare. Oltre la membrana limitante l’articolo esterno continua con un ciglio, costituito dalla classica formazione a nove coppie di microtubuli, che termina in un centriolo (formato da nove gruppi di tre tubuli ciascuno detto ellissoide) presente nel segmento o articolo interno a cui fa seguito una zona detta mioide, povera di mitocondri, ma ricca di reticolo endoplasmatico e apparato di Golgi. Tale articolo è poi collegato al corpo del recettore tramite la fibra esterna, meglio evidente nei bastoncelli. Il corpo continua con la fibra interna, che termina con la sinapsi. La disposizione dei bastoncelli è a piccoli gruppi separati da un cono nella maggior parte della retina. Nelle vicinanze dell’ora serrata si assiste ad una diminuzione del numero di bastoncelli, mentre nella fovea si una disposizione particolare: fino a 0,25 mm dal suo centro sono presenti solo coni; più ci si allontana, più i bastoncelli si fanno via via più numerosi (fino anche ad essere 20 volte i coni) a 3–4 mm.

2) Membrana limitante esterna

Le giunzioni presenti tra le fibre esterne dei recettori e con le espansioni terminali delle cellule di Müller formano la membrana limitante esterna, che separa gli articoli interni dai corpi cellulari delle cellule recettoriali. È sottile e regolare.

3) Strato dei granuli esterno

Tale strato è formato dai corpi cellulari delle cellule recettoriali, separati dai prolungamenti lamellari delle cellule di Müller. Ha uno spessore di 30-40 µm.

4) Strato plessiforme esterno

Lo strato plessiforme è formato da un intreccio di sottili fibre che decorrono in vari sensi. All’interno si trovano le estremità finali delle fibre interne delle cellule recettoriali con i loro i rigonfiamenti terminali (sferule nei bastoncelli e pedicelli nei coni) e quelli delle cellule bipolari, le espansioni delle cellule orizzontali e cellule di Müller che attraversano. Qui sono presenti le sinapsi tra i recettori con le loro fibre interne, gli assoni esterni delle cellule bipolari e le espansioni di quelle orizzontali che formano, in genere, delle triadi nelle quali ciascuna fibra interna recettoriale entra in contatto con il suo rigonfiamento terminale con le espansioni di due cellule orizzontali diverse e un assone di una cellula bipolare.

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5) Strato dei granuli interno

Lo strato dei granuli interni è formato dai pirenofori delle cellule bipolari, orizzontali, di Müller e amacrine.

6) Strato plessiforme interno

È formato da un intreccio delle fibre interne delle cellule bipolari, gangliari e amacrine. È costituita da tre bande che, in dall’esterno all’interno, sono (tra parentesi il tipo di sinapsi):

  • serie di sinapsi fra le cellule bipolari dei coni e le cellule multipolari (off);
  • serie di sinapsi fra le cellule bipolari dei coni e le cellule multipolari (on);
  • serie di sinapsi fra le cellule bipolari dei bastoncelli e le cellule multipolari (off), detta anche stria dei bastoncelli.

7) Strato delle cellule multipolari

Tale strato è formato dai pirenofori delle cellule multipolari i cui dendriti si impegnano nello strato plessiforme interno, mentre gli assoni entrano nella costituzione del nervo ottico. È possibile trovare anche corpo ed espansione di astrociti e alcuni prolungamenti delle cellule di Müller.

8) Strato delle fibre nervose

Questo strato, come dice il nome, è formato da fibre nervose che nascono dalle cellule gangliari. Nella parte anteriore della parte ottica è molto sottile e si inspessisce fino ad arrivare a 20 µm di spessore in prossimità della papilla la quale accoglie al suo centro le fibre provenienti dalle regioni più periferiche e nella periferia quelle provenienti da porzioni più vicine. Le fibre seguono una direzione meridiana che diviene concentrica vicino alla macula.

10) Membrana limitante interna

Tale membrana forma il limite fra retina e corpo vitreo il quale rimane separato tramite una membrana basale. È formata dalla parte terminale delle cellule di Müller e degli astrociti.

Vascolarizzazione

Nella retina sono presenti due dispositivi vascolari indipendenti fra loro e posti nelle facce interne ed esterne: il sistema dell’arteria centrale della retina e il sistema coriocapillare.

Sistema dell’arteria centrale della retina

L’arteria centrale della retina entra nel bulbo oculare attraverso la papilla ottica e si divide subito in quattro rami che direttisi alla periferia si ramificano ulteriormente senza anastomizzare fra loro. I capillari sono formati da cellule endoteliali uniti da giunzioni molto strette poggianti su una membrana basale e ricoperti da periciti. Il drenaggio venoso avviene attraverso quattro rami che convergono alla papilla confluendo nella vena centrale della retina. Nel complesso il sistema dell’arteria centrale della retina è deputato all’irrorazione delle cellule gangliari e bipolari e dello strato delle fibre nervose.

Sistema coriocapillare

Le arterie ciliari posteriori formano un anello arterioso (o cerchio arterioso o anello di Haller) intorno alla porzione intrabulbare del nervo ottico, decorrono radialmente e terminano quasi subito in capillari dal lume ampio e dalle pareti lasse. Il drenaggio venoso avviene grazie alle vene vorticose. Nel complesso è deputato all’irrorazione dell’epitelio pigmentato e dei fotorecettori.

Drenaggio linfatico

Il drenaggio linfatico si costituisce in spazi perivascolari, che comunicano con gli spazi delle meningi encefaliche dove poi la linfa si riversa.

Cellule retiniche

Oltre ai coni e ai bastoncelli, nella retina sono presenti altre tipologie cellulari che contraggono sinapsi con le cellule recettoriali o che impegnano con le loro fibre i diversi strati.

Cellule bipolari

Le cellule bipolari sono neuroni che presentano due assoni, uno esterno che contrae sinapsi con i recettori (strato plessiforme esterno) e uno interno che invece le contrae con le cellule gangliari e con i dendriti delle cellule amacrine (strato plessiforme interno) formando le diadi. Il loro pirenoforo (la parte in cui è situato il nucleo) è contenuto nello strato dei granuli interni. Tali cellule possono essere distinte in monosinaptiche se contraggono sinapsi con un solo recettore (questo avviene solo con i coni della fovea e tale rapporto 1:1 viene mantenuto anche nelle sinapsi con le cellule multipolari) o multisinaptiche quando effettuano sinapsi con più coni o più bastoncelli (ma mai con coni o bastoncelli insieme).
Un ulteriore distinguo è in base al tipo di eccitazione, quindi cellule on od off.
In ultima si può tenere conto del tipo di sinapsi con i coni e si hanno quindi contatti sinaptici di tipo piano o invaginati.

Cellule orizzontali

Sono interneuroni inibitori utilizzanti l’acido γ-aminobutirrico come neurotrasmettitore. Sono situate esclusivamente nello strato plessiforme esterno dove contraggono sinapsi con le terminazioni di coni, bastoncelli e tra gli apici dei loro stessi dendriti.

Cellule gangliari

Le cellule gangliari o multipolari sono neuroni multipolari che con i loro dendriti contraggono sinapsi con le cellule bipolari o le cellule amacrine nello strato plessiforme interno mentre con il loro assone si impegnano nel nervo ottico per abbandonare il globo oculare. Le cellule che contraggono più sinapsi sono dette a parasole, mentre quelle che contraggono una singola sinapsi poiché derivano di coni della fovea sono dette nane. Anche queste possono essere on od off.

Cellule amacrine

Le cellule amacrine sono neuroni privi di assone in quanto i dendriti fungono anche per tale struttura. Il loro pirenoforo è in genere collocato nella parte più profonda dello strato dei granuli interni, ma si può localizzare anche a ridosso dello strato gangliare. Contraggono sinapsi con cellule bipolari (a formare le diadi) e con altre cellule amacrine usando diversi classi di neurotrasmettitori quali: glicina, acetilcolina e acido γ-aminobutirrico.

Cellule gliali retiniche

Sono cellule gliali che costituiscono la glia della retina e sono costituite dai normali astrociti, dalla microglia e dalle cellule di Müller che avvolgono i fotorecettori e li separano dal resto dei tipi cellulari (tranne che nelle zone sinaptiche) mantenendo l’omeostasi dell’ambiente extracellulare.

Funzionamento della retina

Con le sue cellule sensibili alle radiazioni luminose (fotorecettori) invia al cervello (attraverso il nervo ottico) le informazioni da interpretare. Tra le cellule che compongono la retina si devono ricordare: i coni, responsabili della visione a colori ma sensibili solo a luci piuttosto intense; i bastoncelli, che sono particolarmente sensibili a basse intensità di luce, ma non ai colori. I coni si suddividono in tre differenti tipologie:

  • coni-S con un picco di assorbimento intorno ai 430 nanometri (sensibilità per il colore blu-violetto);
  • coni-M con un picco di assorbimento intorno ai 530 nanometri (sensibilità per il colore verde);
  • coni-L con un picco di assorbimento intorno ai 570 (sensibilità per la gamma dei rossi).

Il colore primario giallo è assente ed al suo posto troviamo il secondario verde, per poterlo vedere serve una stimolazione elevata dei coni-M e dei coni-L, mentre deve essere quasi nulla quella dei coni-S. Pertanto, i coni operano soprattutto in condizione di luce piena, mentre i bastoncelli permettono la visione anche quando la luce è scarsa. I fotorecettori sono rivolti verso l’interno dell’occhio e non verso l’esterno, in modo da evitare effetti di riflessione interna all’occhio stesso della luce che genererebbe riverberi nell’immagine percepita. Questo significa che la luce, prima di raggiungere un fotorecettore, deve attraversare tutti gli strati di cellule retiniche. La membrana presente, posta dietro alla retina, è molto ricca di melanina: ciò le permette di assorbire la luce incidente, evitando i fenomeni di riflessione citati. I coni sono presenti maggiormente in una zona centrale della retina, detta fovea. Questa differente densità di fotorecettori è responsabile della visione nitida nel punto di fissazione e della visione sfumata e poco definita nella zona periferica del campo visivo. Le cellule neurali presenti nella retina sono stratificate, a partire dai fotorecettori, e possono essere classificate in: cellule orizzontali, bipolari, amacrine e ganglionari; gli assoni di queste ultime formano il nervo ottico che si dipana a partire da una zona particolare detta papilla ottica, un’area in cui mancano i fotorecettori. Infatti, per ogni occhio esiste un punto in cui non si ha visione (il cosiddetto punto cieco, o più correttamente scotoma fisiologico). Le cellule orizzontali sono, invece, responsabili della comunicazione fra cellule dello stesso strato. In generale a ogni cellula gangliare fanno capo più fotorecettori; nel caso dei fotorecettori presenti nella fòvea si ha una cellula gangliare ogni 1-5 coni o bastoncelli. In questo caso l’informazione visiva è il risultato di una combinazione di svariate attivazioni di diversi fotorecettori. L’esame per misurare lo spessore e per vedere la forma della retina (con una luce polarizzata) è la tomografia ottica a coerenza di fase (OCT).

Patologie della retina: la degenerazione della retina

Ogni anno in Italia si verificano circa 20.000 nuovi casi di degenerazione della retina. La degenerazione maculare legata all’età (AMD) è una delle più invalidanti patologie della retina ed è un processo che in alcuni casi porta progressivamente a sviluppare nuovi vasi sanguigni (neovasi) che vanno a danneggiare questo organo, fino a impedirne il funzionamento. Per le persone affette da degenerazione maculare neovascolare legata all’età sono disponibili (a carico del SSN) il pegaptanib ed il ranibizumab, che sono utili nel controllare l’evoluzione della malattia ma solo nella sua forma umida o essudativa, meno frequente e a più rapida evoluzione. Esiste anche un’altra sostanza, che si chiama bevacizumab, che può essere efficace in queste forme nel rallentare la degenerazione delle cellule nervose; tuttavia non è dispensata dal Servizio Sanitario Nazionale a fini oculistici. Il bevacizumab, quando viene utilizzato, è impiegato il più delle volte off-label perché originariamente è stato sintetizzato per trattare il tumore al colon. Tuttavia, si è visto in un secondo momento che era efficace anche per altri usi. Diversi studi internazionali ne attestano l’efficacia per combattere la proliferazione incontrollata dei vasi retinici dannosi e attualmente sono in corso nuovi studi per confrontarne gli effetti con le molecole precedentemente citate. Generalmente gli effetti sono considerati simili, anche se possono differenziarsi per durata nel tempo. In ogni caso, i farmaci generalmente possono rallentare (ma non bloccare) lo sviluppo dei neo-vasi dannosi; ma sono inefficaci nella forma più comune di degenerazione maculare legata all’età, quella detta secca o atrofica, nella quale i neo-vasi non sono presenti. In questi casi, tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che può essere utile adottare uno stile di vita sano per prevenirla (soprattutto quando si hanno altri casi in famiglia): smettere di fumare, praticare regolarmente l’esercizio fisico a ogni età, seguire una dieta ricca di vitamine, antiossidanti e omega-3.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Atassia ottica: cos’è e da cosa è causata?

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Potrebbe essere causata da una lesione alla cosiddetta via dorsale, ovvero la porzione cerebrale che si estende dal lobo occipitale a quello parietale e che sembra essere coinvolta nella programmazione motoria e dunque nell’elaborazione del movimento da compiere. Nell’atassia ottica si manifesta dunque una particolare difficoltà nell’interazione con un oggetto.

Nel caso dell’atassia ottica il soggetto conserva la capacità di riconoscere l’oggetto (grazie alla via ventrale che risulta dunque integra), ma non è in grado di entrare in interazione con esso a livello motorio.

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Cosa sono le miodesopsie (mosche volanti) e perché si muovono?

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE EYES MIODESOPSIE MOSCHE VOLANTI PRETINA FOVEA CORPO VITREO CORNEA VISTA VISION SCLERA COROIDE MACULA CRISTALLINO MELANOMA NEVO MIOPIA DALTONISMO PRESBIOPIA STRABISMO WALLPAPER HI RES PHOTO PICTULe miodesopsie (o “mosche volanti”) sono addensamenti del vitreo (una specie di “gelatina” che riempie l’occhio) che proiettano delle ombre mobili sulla retina e, quindi, si presentano nel campo visivo sotto forma di punti, filamenti, tralci a S, C, J…, veli, macchie, greche, serpentine, ragnatele di varie fattezze e dimensioni, grumose o gommose, chiare o scure, che si muovono avanti e indietro, fluttuando (gli anglosassoni li definiscono “floaters, galleggianti”), percepite tanto più nitidamente quanto maggiore è il contrasto (ad esempio quando si guarda una superficie luminosa, tipicamente il cielo azzurro e lo schermo chiaro di un computer), mentre scompaiono in penombra o indossando occhiali da sole. Le miodesopsie, entro un certo grado, sono normali e non sono indice di patologia. Per avere un esempio di mosche volanti, basta guardare il cielo della foto in alto.

Perché si formano le miodesopsie?

Le cause dell’insorgenza delle miodesopsie si riconducono principalmente ma non esclusivamente all’invecchiamento. Il corpo vitreo è composto per la stragrande maggioranza da acqua e per il restante da collagene, zuccheri, cellule vitree, proteine, acido ialuronico, elettroliti ed altri componenti ancora i quali, tutti insieme, ne costituiscono l’impalcatura. La degenerazione dell’impalcatura comincia con la fluidificazione della sua componente gelatinosa: le fibre di collagene iniziano a frammentarsi e formano filamenti di svariate forme che talvolta possono intrecciarsi tra loro e proiettare così un’ombra sulla retina, che viene percepita dal paziente come un’opacità o, appunto, una “mosca volante”. Questo processo, per quanto una graduale disidratazione sia del tutto fisiologica, può essere acuito dalla miopia, specie se piuttosto elevata, da traumi violenti alla testa, dall’utilizzo di particolari colliri a base di cortisonici per lunghi periodi di tempo ma anche dalla disidratazione dovuta ai mesi estivi o a regimi alimentari sbagliati (come ad esempio diete drastiche o digiuni). Anche la presenza di una pressione intraoculare elevata può essere concausa, nell’esperienza degli oculisti, di miodesopsie. A prescindere dalla presenza dei vari fattori di rischio, la degenerazione dell’acido ialuronico diventa evidente intorno ai 40-50 anni di vita, mentre in condizioni adeguate le miodesopsie possono manifestarsi anche molto prima, intorno ai 20-30 anni di vita.

Perché le miodesopsie si muovono?

Le miodesopsie seguono i movimenti oculari: se si cambia la posizione dello sguardo, i corpi mobili seguono il cambiamento di posizione per poi fermarsi in contemporanea all’occhio. Questo può, a volte, disturbare la lettura, in quanto le miodesopsie sono piuttosto visibili sulle pagine della carta stampata e possono arrivare a nascondere i caratteri tipografici. Questo avviene a causa dei movimenti del gel vitreo e dei suoi addensamenti.

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