Braccio sinistro dolorante, intorpidito e pesante: mi devo preoccupare?

MEDICINA ONLINE DOLORE ARTO BRACCO SINISTRO FORMICOLIO CIRCOLAZIONE CANCRO TUMORE ATTACCO CARDIACO CUORE GOMITO TENNISTA ICTUS INFARTO MIOCARDIO CANCRO TUMORE SENO MAMMELLAIl dolore, l’intorpidimento, il formicolio e qualsiasi altra sensazione inusuale, quando sono localizzati al braccio sinistro, in assenza di traumi, sono tipi di sintomi che generano molta ansia nelle persone in quanto vengono immediatamente associati all’attacco di cuore. In realtà, pur essendo in effetti il dolore e l’intorpidimento al braccio sinistro dei sintomi distintivi dell’infarto del miocardio, sono molte le condizioni che possono provocarli e, nella maggior parte dei casi, certi timori sono fortunatamente infondati. Bisogna considerare, infatti, che un braccio è costituito da varie strutture (muscoli, ossa, tendini ecc.) e, conseguentemente, un problema a una di queste (un’infezione, un processo infiammatorio, un problema muscolare, un disturbo nervoso, un trauma di vario tipo ecc.) può essere, fra le altre cose, causa di dolenzia o di alterata sensazione rispetto al solito. Il dolore, come qualsiasi sensazione riferita al braccio, inoltre, può essere determinato da patologie di un’altra parte del corpo apparentemente “insospettabile”: in questo caso si parla di “dolore riferito”.

Dolore al braccio sinistro: quali sono le cause principali

Come detto, una sensazione particolare al braccio sinistro può riconoscere diverse cause e, se in certi casi può essere piuttosto facile capirne i motivi (come nel caso di un trauma diretto), in determinate circostanze può non essere facile identificarli. Le due cause più “pericolose” per la salute, sono:

  • angina pectoris: una sindrome clinica provocata da un’ischemia miocardica di tipo transitorio (diminuzione temporanea del flusso sanguigno al muscolo cardiaco);
  • infarto del miocardio: provocato da una prolungata assenza di flusso sanguigno al cuore, quasi sempre causata da una ostruzione a livello delle coronarie.

Altre cause di dolore al braccio sinistro, sono:

  • artrosi cervicale;
  • attacco di panico;
  • cattiva circolazione (sanguigna e linfatica);
  • contratture muscolari;
  • errata postura;
  • recente mastectomia (rimozione del seno in caso di cancro alla mammella);
  • lesioni del plesso brachiale;
  • epicondilite (gomito del tennista);
  • lesioni e traumi muscolari, tendinei, articolari;
  • neuropatia periferica;
  • sindrome del cuore infranto;
  • reflusso gastroesofageo;
  • sindrome dello stretto toracico superiore;
  • vaccinazione recente;
  • tendiniti.

Quando preoccuparsi?

Come appena visto, una sensazione di dolore, formicolio o intorpidimento può essere determinata da molte cause, alcune più gravi, altre meno gravi quindi è necessario non sopravvalutare, ma neanche sottovalutare il fenomeno, specie se intenso ed improvviso. La patologia più temuta è ovviamente l’infarto del miocardio, per riconoscerla bisogna ricordare quali sono gli altri sintomi che si associano al dolore al braccio, che sono:

  • dolore toracico,
  • senso di oppressione,
  • sensazione di pesantezza a livello toracico,
  • sensazione di bruciore al petto,
  • sudori freddi,
  • vomito,
  • respiro affannoso,
  • senso di svenimento,
  • perdita di coscienza,
  • frequenza cardiaca aumentata.

In questi casi è opportuno richiedere un intervento medico il più tempestivamente possibile in quanto c’è una forte probabilità di un attacco di cuore. In ogni caso, anche se non si riscontrano gli ultimi sintomi elencati, è opportuno un controllo medico che, in base alla causa che determina la strana sensazione al braccio, vi fornirà la terapia adeguata.

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Quanto dura l’epicondilite (gomito del tennista)?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Dietologo Nutrizionista Roma Studio Cellulite Peso Dimagrire Sessuologia Sesso Smettere di Fumare Ecografie Male Ora SolarePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, leggi questo articolo: Gomito del tennista (epicondilite): cos’è, quanto dura e rimedi

Il dolore associato al gomito del tennista dura, in genere, da sei a dodici settimane. Tuttavia, in alcune persone, il dolore può colpire il braccio per meno di tre settimane, mentre in altri pazienti il disturbo può essere persistente (da sei mesi a due anni). L’epicondilite, se non trattata adeguatamente, può recidivare o cronicizzare.

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Gomito del tennista (epicondilite): come prevenire le recidive

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Per prevenire il gomito del tennista può essere utile seguire questi consigli:

  • Migliorate la tecnica. Fatevi consigliare da un allenatore professionista per vedere se i vostri movimenti sono corretti. Muovete la racchetta usando tutto il braccio e coinvolgete tutto il corpo nei colpi, anziché sovraccaricare soltanto il polso. Durante il contatto con la palla cercate di tenere il polso rigido. Controllate le dimensioni del manico della racchetta e la tensione delle corde. Una minore tensione delle corde trasmette meno forza al gomito.
  • Lavorate sulla forza. Preparatevi per la stagione sportiva con un allenamento adeguato. Fate esercizi di stretching per il polso: usate i pesi appositi e flettete ed estendete i polsi. Abbassare lentamente il peso dopo aver esteso il polso è un modo per aumentare efficacemente la forza senza danneggiare i tessuti.
  • Tenete i polsi diritti. Quando sollevate qualcosa, ad esempio i pesi in palestra oppure quando giocate a tennis, cercate di tenere il polso diritto e rigido. Così facendo saranno i muscoli dell’avambraccio superiore, più grandi e potenti, a fare il lavoro che di solito facevano i muscoli dell’avambraccio inferiore, più piccoli e meno potenti.
  • Attenzione al riscaldamento! Prima e dopo l’attività, riscaldate i muscoli del braccio senza sovraccaricarli troppo.
  • Usate il ghiaccio. Dopo lo sforzo usate la borsa del ghiaccio per massaggiare il braccio. In alternativa riempite un sacchetto o una tazza di plastica con l’acqua, e mettetela nel congelatore. Poi passate il ghiaccio direttamente sulla pelle del gomito, con movimenti circolari, per 6-7 minuti.

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Epicondilite: cure, cosa fare, quando chiamare il medico?

MEDICINA ONLINE EPICONDILITE EPICONDILO TENDINE INFIAMMAZIONE TENDINITE OLECRANO ULNA OMERO DOLORE ARTO BRACCO SINISTRO FORMICOLIO CIRCOLAZIONE CANCRO TUMORE ATTACCO CARDIACO CUORE GOMITPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, leggi questo articolo: Gomito del tennista (epicondilite): cos’è, quanto dura e rimedi

Ecco i cinque punti chiave per proteggere il gomito in presenza di epicondilite:

  1. Protezione. Proteggete il gomito da ulteriori lesioni mettendolo a riposo. Se i sintomi sono provocati da attività o da sport particolari, non praticateli finché i sintomi non migliorano.
  2. Riposo. Non fate lavorare troppo il gomito, ma non lasciatelo nemmeno immobile. In molti casi è sufficiente indossare una guaina elastica sull’avambraccio di notte per diminuire i sintomi.
  3. Ghiaccio. Per diminuire il gonfiore usate la borsa del ghiaccio, i massaggi con la borsa del ghiaccio, i bagni nell’acqua fredda o la guaina elastica impregnata d’acqua fredda. Cercate di applicare il ghiaccio il prima possibile dopo la comparsa del dolore.
  4. Compressione. Usate una benda o una guaina elastica per comprimere la zona lesionata.
  5. Elevazione. Quando possibile cercate di alzare il gomito al livello delle spalle per prevenire o diminuire il gonfiore.

È possibile poi modificare il modo in cui si affrontano determinate attività, ad esempio chi gioca a tennis può verificare che la racchetta abbia le caratteristiche adatte, oppure ci si può mettere a riposo o limitare le attività che comportano un uso eccessivo del braccio e della mano.
La classica borsa del ghiaccio può essere utile per diminuire il dolore e l’infiammazione. È possibile applicare il ghiaccio direttamente sulla zona dolorante oppure massaggiare con la borsa del ghiaccio diverse volte al giorno per circa venti minuti, soprattutto dopo quelle attività che provocano il dolore.
Fare stretching e ginnastica per i muscoli collegati al gomito è utile per rafforzare i muscoli e diminuire il dolore. Di solito è possibile fare gli esercizi a casa, ma nei casi più gravi sarà necessario l’aiuto del fisioterapista.
Esistono bende e tutori in grado di diminuire il sovraccarico del tendine e quindi il dolore. Li si può usare durante l’attività fisica, oltre a seguire il programma di esercizi di stretching e rafforzamento del gomito. Per difendere i polsi esistono le polsiere, efficaci per diminuire lo stress dei tendini.
Per diminuire il dolore è possibile andare in farmacia e acquistare un comune antinfiammatorio senza ricetta. Esistono anche antinfiammatori con obbligo di ricetta ma, prima di farseli prescrivere, è opportuno informarsi su eventuali effetti collaterali.
Un’altra possibilità per evitare l’intervento chirurgico sono le iniezioni di cortisone. Il cortisone è iniettato direttamente nel tendine in modo da diminuire l’infiammazione. Possono rivelarsi necessarie diverse iniezioni. Se questo tipo di cure, associate a fisioterapia, non hanno il successo sperato ed il dolore dovuto all’epicondilite continua a essere grave ed invalidante, è consigliabile ricorrere all’intervento chirurgico.

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Quando chiamare il medico
E’ necessario parlare con il medico quando i principali rimedi di automedicazione (riposo, ghiaccio e l’uso di antidolorifici da banco) non migliorano la situazione.
E’ invece urgente la necessità di una visita se:

  • il gomito è caldo e infiammato e c’è febbre,
  • non è possibile piegare il gomito,
  • il gomito sembra deforme,
  • si sospetta una frattura ossea.

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Epicondilite: chirurgia, rischi, complicazioni, dopo l’intervento

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Terapie chirurgiche della epicondilite
L’intervento è effettuato in anestesia generale, parziale o locale. Si pratica un’incisione sulla pelle che riveste l’epicondilo e il tendine infiammato viene “ripulito”.
Esiste anche un altro metodo: il chirurgo può decidere di staccare il tendine dall’osso e poi di riattaccarlo. Il chirurgo valuterà quale dei due metodi è più adatto per il vostro caso.
Dopo esservi risvegliati dall’anestesia rimarrete nell’apposita saletta, nella maggior parte dei casi l’operazione è eseguita in regime di day hospital, cioè potrete ritornare a casa il giorno stesso.

Rischi e complicazioni della epicondilite
L’intervento per la cura dell’epicondilite è estremamente sicuro e molto efficace, esistono però diversi rischi e complicazioni improbabili ma pur sempre possibili. È necessario informarsi sui rischi e sulle complicazioni ed essere pronti a riconoscerli, per poter comunicare efficacemente con il proprio medico. Tra i possibili ricordiamo quelli connessi all’anestesia e quelli connessi all’intervento in sé: tra i rischi connessi all’anestesia generale troviamo:

  • nausea,
  • vomito,
  • ritenzione urinaria,
  • secchezza delle fauci,
  • fragilità dei denti,
  • mal di gola,
  • mal di testa.

L’anestesia generale può anche provocare infarto, ictus e polmonite. L’anestesista vi informerà dei rischi e vi chiederà se siete allergici a determinati farmaci. Alcuni dei rischi sono comuni a tutti gli interventi chirurgici. Tra di essi ricordiamo:

  • infezioni, profonde o a livello della pelle,
  • emorragia,
  • cicatrici, che possono far male o avere un brutto aspetto.

Altri rischi e complicazioni sono connessi in modo specifico a questo tipo di intervento, sono molto rari ma è comunque importante essere informati. È possibile che i nervi siano lesionati e di conseguenza il braccio o la mano rimangano deboli, paralizzati o perdano sensibilità. Anche i tendini possono essere lesionati e di conseguenza la mano o il polso possono diventare più deboli. Inoltre c’è la possibilità che l’operazione si riveli inutile o che faccia addirittura peggiorare i sintomi. Infine, anche se l’intervento sembra riuscito, i sintomi dell’epicondilite potrebbero ripresentarsi ugualmente.

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Dopo l’intervento
Il braccio sarà steccato e bisognerà tenerlo riparato e asciutto. I punti saranno tolti dopo dieci giorni o due settimane, poi bisognerà iniziare la fisioterapia. Il medico vi dirà quando potrete tornare al lavoro, a seconda della gravità dell’intervento. La maggior parte dei pazienti non può guidare per una settimana. Quattro o cinque settimane dopo l’intervento il paziente scopre se il dolore è completamente scomparso, anche a seguito di attività. Per poter parlare di guarigione completa e ritornare all’uso del gomito e del braccio che si faceva prima dell’intervento, possono passare diversi mesi.
L’intervento per epicondilite di solito è utile, ma in alcuni pazienti di fatto non allevia il dolore.

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Glucosamina e condroitina: dose, efficacia e controindicazioni

MEDICINA ONLINE ARTRITE ARTROSI ARTICOLAZIONE GLUCOSAMINA CONDROITINA INTEGRATORE OSSO LEGAMENTO TENDINE DIFFERENZA MOBILI SEMIMOBILI ARTRITE REUMATOIDE SINOVIALI FISSE FATTORE REUMATOIDE.jpgLa glucosamina (anche glucosammina) è un aminopolisaccaride coinvolto nella sintesi di proteine glicosilate e lipidi. È stata identificata la prima volta nel 1876 da un chirurgo tedesco, Georg Ledderhose, ma si dovette attendere fino al 1939 perché, grazie al lavoro di Walter Norman Haworth, un chimico britannico, se ne comprendesse appieno la stereochimica. La glucosamina è una sostanza abbondantemente presente nei gusci dei crostacei ed è da questi gusci che per idrolisi viene prodotta commercialmente. La glucosamina è coinvolta nella produzione dei glicosaminoglicani, fondamentali per la cartilagine. Come molte altre sostanze, con l’invecchiamento, la quantità di glucosamina prodotta dall’organismo diminuisce e ovviamente le cartilagini si degradano. La ricerca ha dimostrato che l’integrazione con glucosamina è in grado di bloccare l’artrosi nell’85% dei casi. Nessun effetto collaterale di rilievo è stato registrato dalla somministrazione di glucosamina per via orale.

Tipi di glucosamina

Esistono varie forme di glucosamina; fra le più conosciute possiamo ricordare la glucosamina solfato, la glucosamina idrocloridrato e la n-acetilglucosamina. Queste varie forme sono molto simili tra loro, ma, non si ha la certezza che, qualora vengano assunte come integratori alimentari, abbiano gli stessi effetti. La ricerca scientifica ha centrato maggiormente la sua attenzione sulla glucosamina solfato. Di norma, gli integratori a base di glucosamina solfato vengono utilizzati nella terapia per artrosi e artrite. In molte formulazioni, la glucosamina solfato viene associata ad altre sostanze quali, per esempio, la condroitina solfato, il metilsulfonilmetano (MSM) e la cartilagine di squalo.

Glucosamina e condroitina

Fra le associazioni più frequenti c’è quella tra glucosamina e condroitina; il motivo è da ricercarsi nel fatto che, secondo quanto riportato da alcune ricerche,l’efficacia della glucosamina sarebbe superiore se le si associa la condroitina, una sostanza che attrae e trattiene l’acqua che serve per nutrire e lubrificare le articolazioni. In realtà, tale posizione non è condivisa da tutti gli autori e altre ricerche sembrano mostrare che il ruolo della condroitina sia marginale, anche tenendo conto degli effetti collaterali (disturbi digestivi, vertigini, dermatiti  e alcuni rari casi di Edema di Quincke).

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Glucosamina: funziona contro l’artrosi?

Per quanto la glucosamina venga spesso presentata come la pillola anti-artrosi si deve dire che in realtà si è ancora molto lontani da una reale cura della patologia artrosica: l’effetto della glucosamina esiste, ma si limita a bloccare la patologia. È fondamentale quindi per la prevenzione, ma non si può ancora parlare di efficacia a livello curativo. La questione viene comunque approfondita nel paragrafo successivo. Anche se le voci dell’effetto anti-artrosi sono state eccessivamente enfatizzate, esse hanno avuto il merito di far sapere al grande pubblico che l’artrosi si può combattere, rallentare e farla regredire in misura lieve con l’uso di semplici integratori alimentari. La glucosamina è stata suggerita anche nel trattamento di glaucoma e persino come sostanza dimagrante, ma allo stato attuale non esiste alcuna evidenza scientifica di una sua efficacia in tal senso.

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Glucosamina: è efficace?

L’NMCD (Natural Medicines Comprehensive Database) fornisce delle valutazioni sui medicinali naturali basandosi sulle prove scientifiche disponibili; la valutazione si basa su una scala che va da 1 a 7 (1=efficace, 2=probabilmente efficace, 3=forse efficace, 4=forse inefficace, 5=probabilmente inefficace, 6=inefficace, 7=prove non sufficienti per valutare l’efficacia). Secondo l’NMCD, la glucosamina solfato viene considerata probabilmente efficace (valore della scala 2) relativamente all’artrosi del ginocchio; possibile efficacia anche per quanto riguarda l’artrosi femorale e quella della colonna vertebrale. Relativamente all’artrosi del ginocchio, alcuni studi hanno mostrato un rimarchevole effetto analgesico, paragonabile a quello di ibuprofene e piroxicam, anche se non in termini di rapidità d’effetto; peraltro l’efficacia sembra riferirsi soprattutto a casi di artrosi di non grave entità; va anche segnalato che alcuni soggetti non hanno riportato benefici dall’assunzione di glucosamina solfato. Si ritiene che la glucosamina sia in grado di rallentare la lacerazione delle articolazioni in quei soggetti sofferenti d’artrosi che assumono glucosamina per lunghi periodi di tempo. La glucosamina solfato è considerata, sempre basandosi sulla scala NMCD, forse efficace nel trattamento dell’artrite dell’articolazione temporo-mandibolare, un processo infiammatorio alquanto fastidioso che oltre al dolore crea problemi di masticazione e difficoltà nell’articolare correttamente le parole.

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Glucosamina: somministrazione e dosaggio

In linea generale è consigliata una supplementazione di glucosamina (3 cicli annui) ai soggetti che praticano attività fisica e hanno superato i 35 anni e ai sedentari che hanno superato i 45, con artrosi agli esordi. Per quanto riguarda i dosaggi,  per la prevenzione dell’artrosi le dosi consigliate (in soggetti fra i 54 e i 90 kg di peso ) sono 750 mg al giorno, normalmente suddivisi in tre somministrazioni. In caso di patologia a uno stadio già avanzato, tali dosi andrebbero raddoppiate. Durante il trattamento, i dosaggi di glucosamina possono subire modifiche in base all’andamento della malattia.

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La glucosamina è sicura?

Relativamente alla questione sicurezza, in linea generale il solfato di glucosamina è ritenuto un integratore sicuro. Come per tutti gli integratori alimentari però, in alcune circostanze viene consigliato di evitarne l’assunzione. Alcuni soggetti hanno riportato, in seguito all’assunzione di glucosamina, effetti collaterali di modesta entità quali bruciore di stomaco, costipazione, diarrea e nausea. Per quanto non esistano evidenze che l’assunzione di glucosamina possa creare problemi alle donne in stato interessante o in quelle che stanno allattando, tali soggetti dovrebbero astenersi dall’usare integratori alimentari a base di glucosamina. Lo stesso consiglio vale per coloro che soffrono di asma; esiste, infatti, una ricerca che ha mostrato un probabile collegamento fra assunzione di glucosamina e attacchi di asma.

L’assunzione di glucosamina veniva in passato sconsigliata anche ai soggetti affetti da diabete, ma ricerche più recenti e ritenute più affidabili suggeriscono che la glucosamina solfato non abbia alcun effetto sui livelli di glicemia e, conseguentemente, non dovrebbero verificarsi problemi di alcun genere; tuttavia, a scopo precauzionale, il diabetico che assume glucosamina dovrebbe sempre verificare attentamente che non si verifichino alterazioni sospette in seguito all’assunzione di integratori alimentari contenenti la sostanza in questione.

Dal momento che alcuni prodotti a base di glucosamina solfato contengono, fra le altre cose, anche gusci di aragosta, granchio o gamberetti, alcuni autori sconsigliano l’assunzione di tali prodotti a coloro che sono allergici ai crostacei. Va comunque ricordato che le reazioni di tipo allergico ai crostacei sono relative non ai gusci, ma alla carne, tanto che, fino ad ora, non sono stati segnalati casi di reazioni allergiche in soggetti allergici ai crostacei che assumono glucosamina.

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Glucosamina e farmaci

Per quanto concerne le interazioni con altre sostanze, l’assunzione di glucosamina va evitata da coloro che assumono warfarin, un anticoagulante, in quanto varie ricerche hanno dimostrato che la glucosamina solfato ne potenzia l’azione; peraltro, detto per inciso, sono molti gli integratori e i prodotti fitoterapici che interagiscono con il warfarin e che non vanno quindi assunti se si utilizza tale medicinale. Una certa cautela va utilizzata anche nel caso si assuma paracetamolo. I soggetti sottoposti a chemioterapia devono consultare lo specialista che li ha in cura prima di assumere prodotti contenenti glucosamina.

Cenni sull’artrosi

Milioni di persone soffrono di artrosi; alcuni in forma lieve, altri in forma grave e devastante. Alcuni cercano di controllarla assumendo farmaci antinfiammatori dai pesanti effetti collaterali, altri sono costretti a ricorrere a interventi chirurgici. In un individuo sano la cartilagine opera come ammortizzatore e consente un movimento morbido e regolare. Per eseguire il suo compito impiega il liquido sinoviale (una sostanza oleosa prodotta dalla membrana sinoviale), che viene assorbito e rilasciato dalla cartilagine (proprio come una spugna) durante il suo funzionamento. Durante la sua vita la cartilagine si usura e l’organismo la ripara. In condizioni normali c’è equilibrio fra danno e riparazione, in condizioni patologiche il danno e i prodotti di rifiuto descritti nell’articolo sull’artrosi prevalgono, facendo degenerare il sistema. Si parla di artrosi secondaria quando è conseguente a lesioni traumatiche più o meno ripetute (come negli atleti) e di artrosi primaria quando sostanzialmente è dovuta all’invecchiamento. Da qualche anno vengono diffuse voci eccessivamente ottimistiche relative alla possibilità di curare l’artrosi utilizzando la glucosamina; ma, in realtà, come si può intuire da quanto riportato sopra, le cose stanno un po’ diversamente.

Prodotti consigliati

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari:

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Gomito del tennista (epicondilite): cos’è, quanto dura e rimedi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma GOMITO DEL TENNISTA GOLFISTA EPICONDILITE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgL’epicondilite, comunemente chiamata “gomito del tennista” è un disturbo doloroso che colpisce non solo chi gioca a tennis, ma anche tutti coloro che fanno largo uso del braccio. Se il gomito inizia a far male e non viene curato, può causare perdita di funzionalità e mobilità del braccio. Il gomito del tennista è una forma di tendinite che colpisce i tendini connessi all’epicondilo, una struttura ossea del gomito; se non viene curata, l’infiammazione e il dolore possono aumentare e cronicizzarsi. Prima dell’intervento chirurgico è possibile ricorrere a diverse terapie alternative per diminuire il dolore e l’infiammazione. In quasi tutti i pazienti il problema può essere risolto già solo ricorrendo a una terapia non chirurgica, mentre per i pazienti in cui il dolore non scompare può essere consigliabile l’intervento chirurgico. L’intervento di solito è efficace per alleviare il dolore causato dal gomito del tennista e permette al paziente di ritornare alle normali attività. Come per qualsiasi intervento occorre prendere in considerazione i rischi e le complicazioni, conoscendole si è in grado di riconoscerle e di curarle qualora esse si presentino.

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Anatomia del gomito
Il gomito è un’articolazione che aiuta a flettere il braccio e a ruotare il palmo della mano: è formato da tre ossa: l’omero, l’osso dell’avambraccio superiore, e le due ossa dell’avambraccio inferiore, cioè il radio e l’ulna. Le ossa dell’articolazione si muovono grazie ai muscoli, che sono attaccati alle ossa grazie ad appositi tessuti detti tendini. Le due protuberanze ossee nella parte inferiore dell’omero si chiamano epicondili. I tendini si attaccano all’omero proprio all’altezza degli epicondili. I tendini e i muscoli attaccati agli epicondili aiutano a estendere il polso e le dita. Se i tendini sono infiammati e fanno male, il disturbo risultante è detto epicondilite laterale o gomito del tennista.

Cause di epicondilite
L’epicondilite laterale è anche detta gomito del tennista perché è un disturbo caratteristico di chi gioca a tennis. Il gomito del tennista si sviluppa perché il tennista afferra ripetutamente la racchetta e la stringe, sovraccaricando così il gomito. I tendini attaccati agli epicondili laterali o esterni si infiammano. In alcuni casi il gomito del tennista può svilupparsi perché il tendine è leggermente lacerato, oppure a causa di un grave trauma del gomito. I tendini servono per estendere il polso e le dita, quindi se sono danneggiati si inizia ad avvertire il dolore durante i movimenti ripetuti del polso. Il dolore si estende poi al braccio e in alcuni casi anche alla mano. Tra le attività che comportano l’uso ripetuto del polso ricordiamo l’uso del cacciavite, del martello o delle forbici. In alcuni pazienti il dolore può anche presentarsi quando il braccio è a riposo, oppure di notte. La mano è fondamentale nella vita quotidiana, quindi spesso è impossibile metterla a riposo e, di conseguenza, i tendini infiammati hanno difficoltà a guarire.

Quanto dura l’epicondilite?
A tale proposito, leggi questo articolo: Quanto dura l’epicondilite (gomito del tennista)?

Sintomi di epicondilite
I sintomi tipici del gomito del tennista possono includere:

  • Il dolore che si irradia dalla parte esterna del gomito fino all’avambraccio e al polso,
  • Dolore quando si usa il polso,
  • Debolezza dell’avambraccio,
  • Un dolore che peggiora nel corso di settimane o mesi,
  • Dolore durante l’uso della mano per fare presa, come le strette di mano o girare una maniglia,
  • Incapacità di tenere certi oggetti in mano, come ad esempio un bicchiere

Diagnosi di epicondilite
Il medico in primo luogo visiterà il gomito e vi farà diverse domande. Può essere necessaria una radiografia e una ecografia per escludere che i sintomi siano dovuti a una frattura. L’epicondilite non provoca complicazioni gravi, ma se non la si cura il dolore può cronicizzarsi e diventare più difficile da guarire.

Cura e terapia della epicodilite
A tale proposito leggi: Epicondilite: cure, cosa fare, quando chiamare il medico?

Chirurgia nella epicondilite
Per avere informazioni sulla terapia chirurgica in caso di gomito del tennista, leggi questo articolo: Epicondilite: chirurgia, rischi, complicazioni, dopo l’intervento

Prevenzione della epicondilite
Per prevenire il gomito del tennista può essere utile seguire i consigli che trovate in questo articolo: Gomito del tennista (epicondilite): come prevenire le recidive

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Come viene effettuata una ecografia articolare (muscolo tendinea) ed a cosa serve?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma ECOGRAFIA ARTICOLARE COSA SERVE Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaL’ecografia muscolo tendinea o articolare è una metodica diagnostica non invasiva che utilizza gli ultrasuoni, onde sonore ad alta frequenza, per “vedere” tutte le strutture di una articolazione, grazie a questa qualità l’ecografia articolare è in grado di indagare con buona precisione i tessuti molli e le strutture articolari (cartilagini, menischi e membrane sinoviali) e periarticolari (tendini e legamenti).

Quale medico effettua una ecografia muscolo tendinea?

Questo genere di ecografia è effettuata da varie figure mediche; solitamente la esegue il medico ortopedico, fisiatra, radiologo o comunque un qualsiasi medico ecografista esperto in ecografia muscolo tendinea.

Cosa si può indagare con l’ecografia muscolo tendinea?

Con l’ecografia muscolo-tendinea, come dice il termine, è possibile evidenziare tutte le patologie a carico dei muscoli o dei tendini, alcune patologie articolari, le borse, i tessuti sottocutanei. E’ l’esame di prima scelta in caso di contusioni, stiramenti e strappi muscolari (o sospetti tali), di tendiniti (al gomito, ginocchio, piede, mano, polso, caviglia, tendine di Achille), di tendinopatie della spalla, di cisti, borsiti, ematomi sottocutanei o intramuscolari.
All’esame ecografico si distinguono bene i fasci muscolari e la struttura fibrillare dei tendini, che appaiono come dei “nastri” biancastri e le eventuali lesioni di queste fibre, che appaiono più scure, le raccolte liquide, siano esse cisti o ematiche, che si presentano nere, i depositi di sali di calcio (calcificazioni)a livello dei tendini, delle borse e dei muscoli, che appaiono come delle formazioni irregolari più o meno estese bianche e non attraversabili dagli echi emessi dalla sonda.

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Quali sono le principali patologie studiate con l’ecografia muscolo-tendinea?

Patologie muscolari:

  • mioentesiti
  • lesioni muscolari

Patologie tendinee:

  • tendiniti
  • tendinosi
  • paratenoniti
  • entesiti (t.rotuleo, t.quadricipitale, ginocchio del saltatore, epicondiliti, epitrocleiti, pubalgie)
  • lesioni tendinee
  • tendinopatie della spalla

Inoltre vengono studiate: borsiti, artrosinoviti, cisti sottocutanee, tendinee e sinoviali

Quali muscoli ed articolazioni può indagare l’ecografia?

Praticamente quasi tutti muscoli del corpo (specie quelli degli arti superiori ed inferiori) e quasi tutte le articolazioni del corpo, tra cui l’articolazione gleno-omerale, acromioclavicolare, sternoclavicolare, gomito, polso, metacarpofalangea, interfalangea, di anca, ginocchio, caviglia, mesopiede, metatarsofalangea.

Cosa non può vedere l’ecografia?

L’ecografia muscolo-tendinea non è in grado di vedere le ossa e all’interno delle articolazioni, quindi, ad esempio, non è possibile studiare, a livello del ginocchio, i menischi o i legamenti crociati.

Come si esegue l’ecografia articolare?

Per eseguire l’ecografia articolare dispongo il paziente sul lettino in una posizione idonea ad indagare l’articolazione o il muscolo interessato (seduto, steso…). Successivamente applico un semplice gel ecografico sulla pelle del paziente in corrispondenza della zona da indagare, per poi iniziare l’esame vero e proprio: passerò delicatamente una piccola sonda sulla zona interessata. Durante l’esame a volte faccio eseguire dei piccoli e semplici movimenti (come ad esempio spostare un braccio in avanti) per poter visualizzare meglio alcune strutture difficili da vedere nella posizione iniziale.

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A che serve il gel ecografico?

Il gel ha il compito di migliorare il contatto tra la pelle e la sonda che invia gli ultrasuoni all’apparecchio. E’ un gel incolore, denso, fresco, che non è fastidioso per il paziente. Al termine dell’esame, il gel può essere rimosso con un fazzoletto.

L’ecografia articolare è dolorosa?

L’esame è indolore ma se viene effettuato su una zona infiammata, il paziente può avvertire una leggera sensazione di fastidio o di dolore alla pressione della sonda.

Quanto dura una ecografia articolare?

La durata dell’ecografia articolare è variabile in base alla zona da analizzare ed alla presenza di patologia, tuttavia si può affermare che ha una durata media di circa 20 minuti.

Infiltrazione e prelievo di liquidi biologici o tessuti ecoguidata

Una applicazione importante dell’ecografia articolare è quella di arrivare con un ago (o altra strumentazione adatta) in molte strutture articolari: nel cavo articolare, nella guaina di un tendine, all’interno di una borsa sierosa o di una raccolta liquida. Il medico in pratica inserisce l’ago nella cute e successivamente può seguirlo nel suo percorso fino al raggiungimento del punto prestabilito. Questo consente di poter prelevare materiale per poi esaminarlo, oppure di iniettare dei farmaci proprio dove servono o anche di dilavare raccolte ascessuali all’interno di una articolazione, di una borsa, di un ventre muscolare o altro, rimuovere calcificazioni presenti in prossimità dell’inserzione di alcuni tendini.

Quali sono i vantaggi dell’ecografia rispetto ad altre metodiche?

L’ecografia è un’indagine diagnostica non dannosa per la salute, non c’è emissione di raggi X, non è invasiva ed è ripetibile nel tempo, consentendo di valutare l’evoluzione di una patologia. Offre la possibilità di ottenere immagini dinamiche, cioè in movimento, ad esempio, permette di verificare lo scivolamento dei fasci muscolari o dei tendini durante la contrazione.

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