Dipendenze comportamentali: diagnosi e criteri diagnostici

MEDICINA ONLINE EMOZIONI PERSONALITA TRISTEZZA MENTE CERVELLO PSICOLOGIA PSICOTERAPIA PSICHIATRIA DIPENDENZE DISTURBO DI PERSONALITA MASCHERE IPOCRISIA NARCISISMO PENSIERI MORTE SOFFERENZA DEPRESSIONE ANSIA OSSESSIVO COMPULLe “dipendenze comportamentali” (anche dette “dipendenze patologiche comportamentali” o “dipendenze da comportamento” odipendenze senza sostanza” o “disturbi compulsivo-impulsivi“; in inglese “behavioral addiction” o “non-substance addictions” o “process addiction” o “non-substance-related addiction“) sono un insieme di comportamenti patologici caratterizzati dalla compulsione ad attuare un comportamento premiante (cioè che nel soggetto determina una “ricompensa naturale” che porta a piacere o annullamento dell’ansia) non connesso a sostanze (legali come farmaci o illegali come le droghe), nonostante le conseguenze negative psicologiche, fisiche, sociali, affettive, professionali, economiche e/o legali della persona. Con “compulsione” si indica una spinta incontrollabile che costringe chi ne è affetto a compiere determinate azioni, con il fine di placare – anche se solo temporaneamente –  l’ansia. Nelle dipendenze comportamentali le compulsioni ricorrono in maniera insistente e progressivamente egodistonica dominando la vita psichica dell’individuo e rendendolo schiavo di quel dato comportamento. Le dipendenze comportamentali includono il disturbo da gioco d’azzardo, la cleptomania, la dipendenza dal sesso, lo shopping compulsivo, la dipendenza dal lavoro, la dipendenza dai videogiochi, la dipendenza patologica dal cibo e molti altri comportamenti.

Differenze tra comportamento normale e dipendenza comportamentale

Salvo casi limite, non sempre è semplice distinguere un comportamento “normale” dal punto di vista psichiatrico, da una dipendenza comportamentale, perfino per il medico o lo psicoterapeuta. Le dipendenze comportamentali includono infatti una serie di comportamenti che, nella maggioranza dei casi, se compiute saltuariamente, sono definibili assolutamente normali. Ad esempio fare una scommessa sportiva nel weekend, non significa necessariamente avere una dipendenza da gioco d’azzardo, così come avere piacere a fare shopping ogni tanto non significa necessariamente avere una dipendenza da shopping. Ancora: amare e svolgere per lunghi periodi il proprio lavoro, non è necessariamente indice di dipendenza dal lavoro, così come giocare ogni tanto ai videogiochi non è sempre sintomo di dipendenza da videogame, così come avere un profilo su Facebook ed aggiornarlo ogni tanto tramite telefonino, non è indice necessariamente di dipendenza dai social e/o da smartphone. Un caso emblematico di frequente errore diagnostico da pare di medici e psicoterapeuti poco esperti di dipendenze comportamentali è il far coincidere un’alta frequenza di rapporti sessuali con una dipendenza dal sesso, quando non necessariamente è così: alcune persone vivono infatti degli eccessi sessuali ma sono in grado di gestirli, al contrario dei dipendenti sessuali. Questi ultimi hanno letteralmente perso il controllo sulla propria capacità di dire no e di scegliere se avere o non avere un dato comportamento sessuale in un dato momento. Il dipendente comportamentale infatti – qualsiasi sia il comportamento da cui dipende – non può scegliere: sente di essere costretto e di dover portare avanti necessariamente il proprio comportamento, altrimenti avrà una sensazione implacabile di ansia. Il comportamento deve essere messo in pratica “per forza” anche se le circostanze renderebbero la sua attuazione inopportuna o addirittura illegale. Nonostante il fatto che le gravi conseguenze dei loro atti portino ad un danno nella propria vita, i dipendenti comportamentali non riescono a smettere di attuarli: l’attuazione cronica del comportamento, quindi, più che procurare piacere in sé, permette al soggetto di spegnere una sensazione di stress che non può placare in nessun altro modo, esattamente come avviene nella maggioranza delle dipendenze da sostanza. Sulla base di queste caratteristiche, dovrebbe essere quindi molto evidente la differenza tra un comportamento “normale” ed uno da cui si è dipendenti, quindi “patologico”.

Criteri diagnostici

Come già anticipato nel paragrafo precedente, i comportamenti che possono dar origine a dipendenza non sono sempre e comunque considerati patologici. Ad esempio rubare un oggetto non indica necessariamente cleptomania, come il masturbarsi non indica necessariamente dipendenza sessuale, come lo scommettere non è necessariamente sintomo di dipendenza dal gioco d’azzardo. Per essere inquadrati come dipendenze, i comportamenti devono infatti avere determinate caratteristiche, che generalmente sono:

  • il comportamento deve essere presente in modo intrusivo (cioè deve arrivare ad interferire con la vita sociale, professionale, relazionale e/o legale del soggetto);
  • il comportamento deve essere presente da lungo tempo (ad esempio da almeno 6 mesi);
  • il comportamento non deve essere meglio spiegato dall’uso di sostanze, da malattie psichiatriche (ad esempio disturbi di personalità o episodi maniacali nel disturbo bipolare) o da altre condizioni mediche.

In base al tipo specifico di dipendenza comportamentale, tali criteri possono essere diversi.

I sei criteri di Griffiths

Mark D. Griffiths (uno psicologo inglese specializzato nel campo delle dipendenze comportamentali) nel 2005 ha definito un dipendenza comportamentale sulla base della presenza di sei criteri:

  • preminenza: il comportamento tende ad assumere la maggiore rilevanza nella vita della persona, a discapito di altri pensieri, sentimenti e azioni;
  • tono dell’umore: il comportamento di dipendenza influenza il tono dell’umore;
  • tolleranza: è necessario intensificare progressivamente il comportamento per indurre effetti di sufficiente intensità;
  • astinenza: compaiono stati d’animo o conseguenze fisiche spiacevoli in conseguenza alla mancata messa in atto del comportamento;
  • conflitto: nascono di conflitti interpersonali derivanti dalla dipendenza instauratasi o incompatibilità con altri compiti o attività personali;
  • recidiva: il soggetto ricade spesso nel disturbo dopo fasi di sospensione.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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