Sindrome di Behçet: cause, sintomi, diagnosi, trattamento

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La sindrome di Behçet o “BD” (in inglese “Behçet’s disease”) è una rara sindrome di origine sconosciuta, probabilmente autoimmunitaria, caratterizzata da un quadro infiammatorio multisistemico recidivante con afte orali, genitali, uveite e tromboflebite, con frequente coinvolgimento delle articolazioni, della cute, del sistema nervoso centrale e del tratto gastrointestinale. Qualora venga coinvolto il sistema nervoso, si parla di “neuro-BD”. La sindrome di Behçet interessa varie figure professionali, tra cui dermatologo, odontoiatra ed immunologo.

Denominazione

La sindrome di Behçet deve il suo nome al medico dermatologo turco Hulusi Behçet, che per primo la descrisse nel 1937.

Epidemiologia

La prevalenza di questa sindrome è 1-9 ogni 100000. In Italia l’incidenza è di 2,4 casi ogni milione di abitanti e la prevalenza di 3,8/100000. La prevalenza più elevata è segnalata in Turchia essendo superiore ad 1 su 1000. L’età di esordio è variabile e può interessare età adulta, adolescenti ed infanzia, tuttavia colpisce prevalentemente tra i 25 ed i 30 anni.

Cause e fattori di rischio

La sindrome di Behçet ha eziologia attualmente sconosciuta; alcuni studi ipotizzano un’associazione genetica con l’antigene HLA-B51 (e con l’HLA-B57 limitatamente alla popolazione caucasica): tale antigene si associa infatti alla sindrome nel 50-70% dei pazienti. Sembra inoltre che i livelli anomali delle citochine (come IL-6, TNF-a, IL-8, IL-12, IL-17 e IL-21) abbiano un ruolo nella sua patogenesi, che quindi sarebbe autoimmunitaria. Si suppone inoltre che alcune infezioni (come ad esempio quelle provocate dal batterio Streptococcus sanguis) in associazione ad altre cause ambientali non ancora ben comprese, possano innescarsi sulla predisposizione genetica, scatenando i sintomi della sindrome, che sarebbe quindi ad eziologia “multifattoriale”.

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Afta orale

Sintomi e segni

L’esordio avviene di solito intorno ai 30 anni, ma sono stati descritti anche casi pediatrici. Uno dei segni della sindrome sono le afte orali recidivanti, tonde, con bordi sopraelevati eritematosi ben distinti e con diametro da uno a 3 cm. Alle afte orali si possono spesso associare le afte genitali. Altri possibili sintomi e segni, sono:

  • pseudo-follicolite;
  • eritema nodoso;
  • uveite posteriore;
  • vasculite retinica;
  • riduzione dell’acuità visiva e perdita permanente della vista nel 20% dei casi;
  • dolore oculare;
  • arrossamento oculare;
  • ipopion;
  • corpi galleggianti nel campo visivo;
  • artralgia;
  • artrite;
  • febbre alta intermittente all’esordio della malattia e febbricola serale nella fase cronica;
  • stanchezza marcatissima fin dal mattino (astenia);
  • vasculite del sistema venoso, con trombosi nel distretto femorale-iliaco, nella vena cava inferiore e cava superiore e nei territori cerebrali;
  • trombosi arteriose e aneurismi soprattutto nei vasi polmonari;
  • segni neurologici sporadici (cefalea, segni piramidali con emiparesi, alterazioni del comportamento e disfunzioni sfinteriche);
  • lesioni ulcerative e/o aftoidi possono nel tratto digestivo, soprattutto nella regione ileo-cecale e nel colon ascendente, con eventuali emorragie e perforazioni che possono portare a sanguinamento occulto nelle feci ed anemia ferrocarenziale.
I criteri diagnostici prevedono la presenza di afte orali ricorrenti, almeno 3 volte nell’arco di 12 mesi, in combinazione con due o più tra i seguenti segni:

  • ulcerazione genitale ricorrente
  • lesioni oculari
  • patergia (iperreattività cutanea a stimoli comuni con comparsa di papule e pustole).

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Diagnosi

La sindrome di Behçet non è diagnosticabile né da sintomi patognomici né da esami di laboratorio. Importanti sono l’anamnesi (raccolta dei dati e dei sintomi del paziente) e l’esame obiettivo (visita vera e propria con raccolta dei segni). Come accennato già nel paragrafo precedente, per effettuare la diagnosi si procede seguendo dei criteri diagnostici: i pazienti devono presentare (in assenza di altre patologie che giustifichino questi segni e sintomi) un’ulcerazione orale ricorrente (aftosa o erpetiforme) almeno 3 volte in un periodo di 12 mesi con l’aggiunta di almeno due o più di questi criteri:

  • ulcerazione genitale ricorrente;
  • lesioni oculari:
    • uveite anteriore;
    • uveite posteriore;
    • vasculite retinica;
  • lesioni cutanee:
    • eritema nodoso;
    • follicolite;
    • lesioni papulo-pustolose o noduli acneiformi in pazienti in età post-adolescenziale che non assumano corticosteroidi.

La positività dell’antigene HLA-B51 ha valore solo qualora serva per confermare la diagnosi in caso si manifestino soltanto due dei tre sintomi necessari.

Diagnosi nella neuro-BD

Qualora siano presenti anche sintomi nervosi (neuro-BD) è necessario anche effettuare la puntura lombare. La risonanza magnetica può inoltre rivelare lesioni infiammatorie nel tronco encefalico e nelle aree emisferiche.

Diagnosi differenziale

A seconda dei segni, possono essere prese in considerazione altre patologie, che devono essere escluse, tra cui:

Terapie

Il trattamento ha lo scopo di:

  • alleviare i sintomi;
  • ridurre l’infiammazione;
  • modulare il sistema immunitario.

La terapia con inibitori del TNF-alfa, come l’infliximab, mostra buoni risultati nel trattamento dell’uveite associata con la malattia. Un altro farmaco anti TNF-alfa, l’etanercept, è utile nei pazienti con sintomi prevalentemente cutanei e delle mucose. L’interferone alfa-2a rappresentare un efficace trattamento alternativo, specie per le ulcere genitali e per le lesioni oculari. L’azatioprina usata in combinazione con interferone alfa-2b presenta buoni risultati; la colchicina è utile per il trattamento di ulcere genitali, eritema nodoso e artrite. La somministrazione di immunoglobuline endovena potrebbe essere un trattamento valido per i casi più gravi. La somministrazione di alte dosi di corticosteroidi (1 mg/kg/die di prednisone orale) è indicata in caso di gravi manifestazioni della malattia.

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Prognosi

La prognosi per la sindrome di Behçet è correlata a vari fattori come età del paziente, eventuale presenza di altre patologie (ad esempio diabete o ipertensione arteriosa), sito di manifestazione, gravità e rapidità nella diagnosi: in particolare la diagnosi precoce di questa sindrome è fondamentale per avviare rapidamente la terapia idonea, che conduce spesso alla risoluzione della sintomatologia; al contrario in caso di ritardo nella diagnosi o assenza di trattamento, la prognosi è grave, specie a causa di:

  • coinvolgimento oculare che può portare alla cecità completa;
  • rischio di ictus o della rottura di un’arteria, che può portare ad emorragia rapidamente mortale;
  • sintomi neurologici che possono esitare in un’encefalopatia grave, deficit motori e/o sensitivi e perdita parziale o totale dell’autonomia.

Una terapia oftalmica intensiva associata a trattamenti immunosoppressivi sembra comunque ridurre molto la morbilità. Circa il 5% dei pazienti, muore a distanza di 8 anni dalla diagnosi; la mortalità a 1 anno dalla diagnosi è dell’1,2% mentre quella a 5 anni è del 3,3%. L’età media dei decessi è di circa 34 anni. Il 40% dei decessi è causato da patologie dei vasi sanguigni, in particolare da rottura di aneurisma delle arterie polmonari. I maschi hanno mediamente una prognosi peggiore rispetto alle donne.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Che cos’è la sindrome di Sjögren?

La sindrome di Sjögren primaria è una malattia immunologica caratterizzata principalmente da secchezza orale e oculare, ma può coinvolgere anche altri organi e apparati, come il sistema nervoso centrale e periferico e le articolazioni. La sindrome di Sjögren secondaria si associa con lo stesso corredo di segni e sintomi ad altre malattie reumatologiche, soprattutto alle connettiviti, ma anche all’Artrite Reumatoide.
La malattia ha una frequenza pari all’1% e colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 30 e i 50 anni, con un rapporto maschi:femmine di 1:20.

Quali sono le cause della sindrome di Sjögren?

Le cause della malattia non sono note. Si ritiene che alla base ci sia un trigger infettivo e una conseguente reazione autoimmune contro l’epitelio dei dotti ghiandolari. L’infiltrazione linfocitaria delle ghiandole salivari e lacrimali porta a una progressiva perdita di funzione secretoria e a un’alterazione della qualità di lacrime e saliva. La sindrome sembra essere associata a una predisposizione genetica legata ai geni HLA-DRw52 (che aumenta di 20 volte il rischio di sviluppare la malattia) e HLA-DR3, nonché probabilmente all’infezione virale da EBV e da HTLV-1.

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Quali sono i sintomi della sindrome di Sjögren?

Sintomi e segni caratteristici sono:

  • Secchezza della mucosa orale (xerostomia) che porta a disfagia e a infezioni del cavo orale
  • Secchezza oculare (xeroftalmia) caratterizzata da cheratocongiuntivite
  • Secchezza delle vie aeree (xerotrachea) con bronchiti ricorrenti, inoltre l’infiltrazione linfocitaria del polmone può evolvere in fibrosi polmonare
  • Secchezza vaginale
  • Tumefazione delle ghiandole salivari maggiori
  • Poliartrite non erosiva
  • Frequente associazione con la cirrosi biliare primitiva
  • Fenomeno di Raynaud
  • Porpora cutanea per vasculite
  • Problemi gastrointestinali (gastrite atrofica e deficit pancreatico che porta a dispepsia, anoressia e meteorismo)
  • Pericardite
  • Aumento di 40 volte del rischio di neoplasie linfatiche (linfomi non Hodgkin a cellule B), in particolare a carico delle parotidi

Diagnosi

I criteri classificativi della sindrome di Sjögren sono stati recentemente rivisti e comprendono la presenza di due elementi tra test di alterata secrezione lacrimale positivo (test di Schirmer, test alla fluoresceina, test al verde di Lissamina, BUT); biopsia delle ghiandole salivari minori probante; presenza degli anti-SSA o degli anti-SSB o degli ANA a titolo > 1:320 e fattore reumatoide. Alla base della diagnosi vi è la sintomatologia tipica persistente, la dimostrazione dell’alterata secrezione di lacrime e saliva e la presenza di anticorpi come ANA, anti-SSA, anti-SSB e il fattore reumatoide. In alcuni casi per la diagnosi è necessaria la biopsia delle ghiandole salivari minori delle labbra, che dimostra aggregati di linfociti periduttali (> 50/4 mm2) definiti foci. Altri esami invasivi possono essere indicati se si sospetta un’evoluzione linfomatosa di malattia. In sintesi:

  • Test di Schirmer (positivo se la carta bibula messa nel fornice congiuntivale inferiore per 5 minuti si imbibisce per meno di 5 mm)
  • Test del Rosa Bengala o con verde di lissamina (che colora le aree di congiuntivite)
  • Scialografia, ScialoTC e Scintigrafia con Tecnezio pertecnetato
  • Presenza nel Siero di FR, ENA (anticorpi anti antigeni nucleari estraibili) come gli SSa/Ro e SSb/La e ipergammaglobulinemia all’elettroforesi delle proteine sieriche (nel 90% dei casi)
  • Biopsia del labbro inferiore (dove sono presenti ghiandole salivari minori)

Trattamenti

Il trattamento della malattia si basa sull’uso di sostituti salivari e lacrimali (lacrime o salive artificiali). Se tollerato, è indicato il trattamento con farmaci che aumentano la secrezione di saliva e lacrime come la pilocarpina. Per controllare manifestazioni come le artralgie e l’astenia possono essere utilizzati gli anti-malarici come l’idrossiclorochina. Per altre manifestazioni d’organo come la parotidomegalia e le neuropatie sono indicati gli steroidi e l’azatioprina.

Mortalità

La patologia ha generalmente una prognosi benigna: i tassi di mortalità nei pazienti con Sindrome di Sjögren sono comparabili a quelli della popolazione generale.

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