I 6 principi base dell’allenamento in palestra

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME SONO FATTI I MUSCOLI Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina PettoraliÈ quasi superfluo dover ripetere quanto in uno stile di vita sano l’attività fisica svolga un ruolo centrale. Così come in cucina bisogna dosare e combinare correttamente gli alimenti giusti, allo stesso modo, per ricevere dei benefici effettivi dall’attività in palestra, bisogna sapere come svolgerla nel modo migliore e non lasciare spazio all’improvvisazione.

Nella costruzione di un programma di allenamento vanno tenuto in considerazione per lo meno 6 principi fondamentali:

1. Principio del sovraccarico progressivo Molto spesso, nonostante si frequenti una palestra da diverso tempo non si riescono a raggiungere gli obiettivi sperati. Questo può dipendere dal fatto che non viene costruito un programma di allenamento che costringa l’organismo a salire un gradino più in alto nella scala delle sue capacità fisiche e psichiche aumentando volta per volta l’intensità, la tipologia e la durata degli esercizi fisici. Per essere efficace un programma di allenamento deve crescere ed evolversi in parallelo al miglioramento della forma della persona che lo svolge.

2. Principio dei set multipli 3×12 o 4×10 non sono offerte da supermercato ma esempi di come un esercizio possa essere strutturato in serie e ripetizioni. Per favorire lo sviluppo di un muscolo non basta fare un singolo esercizio ma occorre svolgere più serie, cioè un certo numero di ripetizioni eseguite di seguito senza riposo. Quindi, per 3×12, in palestra, si intendono 3 serie da 12 ripetizioni ciascuna. ll numero di serie e di ripetizioni svolte e i tempi di recupero rappresentano il più basilare sistema di modulazione dei carichi di lavoro che permette anche di lavorare su obiettivi specifici come l’aumento della massa per esempio o al contrario la definizione e la riduzione del grasso

3. Principio dell’allenamento specifico “A ciascuno il suo”: è bene suddividere il programma di allenamento per gruppi muscolari, ognuno dei quali richiede le proprie serie di esercizi da svolgere.  Questo rende più facile il monitoraggio dei carichi di lavoro e allontana il rischio di sovrallenamento.

4. Principio della confusione muscolare Il muscolo deve essere continuamente stimolato per costringerlo ad adattarsi a stimoli nuovi e diversi. Per questo un buon programma di allenamento deve basarsi anche sulla varietà della tipologia di esercizi, di angoli di esecuzione e tempi di recupero.

5. Principio dell’allenamento frazionato Un programma di allenamento deve essere costruito in modo da prevedere che in ogni singola sessione di allenamento vengano coinvolti determinati muscoli a rotazione. Se ci si concentra su specifici gruppi muscolari, volta per volta, si riesce ad allenarli nel modo più completo possibile e alla fine i risultati saranno migliori.

6. Principio dei cicli di allenamento Per ridurre il rischio di traumi e di sovrallenamento, si può creare un ciclo di allenamento annuale in cui in certi periodi, per esempio l’inverno, si può puntare più a esercizi con pesi e di elasticità, mentre in altri si può lavorare sul ritmo cardiovascolare e la riduzione del grasso corporeo.

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Pre-esaurimento muscolare: cos’è, a che serve e schemi pratici

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-mancanza-ciclo-mestruale-allenamento-pesi-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ePre exhaust è una tecnica di allenamento di body building e letteralmente significa pre-esaurimento. Questa tecnica o meglio modo di allenarsi serve per stimolare muscoli pigri alla crescita oppure per allenarsi in modo intenso anche quando non si è in forma al 100% con magari qualche acciacco. In buona sostanza sappiamo che gli esercizi base sono i migliori per stimolare la crescita muscolare dei vari distretti, ma questi esercizi sfruttano la sinergia dei muscoli, che permette il sollevamento di grossi carichi ma può non dare i frutti sperati in termini di aumento della massa muscolare. In che senso?

Pensiamo alle distensioni su panca piana con bilanciere, esercizio base per l’allenamento dei pettorali il quale sfrutta la sinergia di pettorali, deltoidi, tricipiti e anche dorsali. Alcuni individui dopo anni di allenamenti non hanno risultati tangibili in termini di aumento di massa muscolare nei pettorali ma bensì solo nei tricipiti. E’ chiaro che questo esercizio effettuato per primo non darà mai i frutti sperati in quanto l’individuo ha fibre molto resistenti in tale area e quindi per ottenere risultati soddisfacenti si può provare a far entrare in gioco il Pre Stancaggio!

Prima di eseguire le distensioni su panca piana eseguite uno o due esercizi di puro isolamento pettorale con un numero elevato di ripetizioni in modo tale da far affluire sangue nei muscoli pettorali, dopo questa operazione eseguite le distensioni su panca piana e vedrete che otterrete dei buoni risultati.

Schema Pre Exhaust per i pettorali

  1. croci con manubri su panca piana 3 set da 12-15 ripetizioni
  2. distensioni con manubri su panca piana 3 set da 6-8 ripetizioni
  3. croci ai cavi su panca inclinata 3 set da 12-15 ripetizioni
  4. distensioni con manubri su panca inclinata 3 set da 6-8 ripetizioni
  5. pectoral machine finale 1 serie al cedimento da 12 ripetizioni

Questo metodo si può usare anche quando non siete fisicamente al TOP, ad esempio può darsi che ogni tanto abbiate mal di schiena e quindi vi risulta complicato eseguire squat o pressa con determinati carichi, in questo caso una cosa saggia è allenarsi in Pre Exhaust in modo tale da usare carichi più bassi ma che diano ugualmente determinati risultati .

Schema Pre exhaust per le gambe

  1. leg extension 2 serie x 15 ripetizioni
  2. leg curl 2 serie x 15 ripetizioni
  3. affondi 2 serie x 15 ripetizioni
  4. pressa 4 serie x 20-15-10-10 ripetizioni

La tecnica del pre exhaust si può applicare anche nelle super serie come ad esempio :

  • Croci + Spinte dove di norma si eseguivano prima le spinte e poi le croci, in questo caso invece si da priorità all’esercizio di isolamento
  • Leg extension + Pressa
  • Alzate a 90 ° + Rematore.

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Allenamento con le ripetute (interval training): cos’è ed a che serve?

runner's high  sballo del corridore endorfine droga endogenaL’allenamento con le ripetute, o allenamento frazionato (o interval training) è un tipo di allenamento ad alta intensità, in genere rivolto all’atleta già abbastanza esperto, che desidera evolvere ulteriormente. Proprio a causa dell’intensità elevata, in genere è sconsigliabile per coloro che sono ancora principianti: nel caso della corsa e del ciclismo, sto parlando di coloro che ancora non hanno superato il fit-test.
C’è da dire, tuttavia, che negli ultimi anni il cosiddetto HIIT (High-Intensity Interval Training), nelle sue varie declinazioni, è stato utilizzato anche nei soggetti poco allenati o sedentari, ottenendo risultati paragonabili, o additittura superiori, rispetto al tradizionale allenamento basato sullo sforzo continuo e prolungato, ad intensità moderate.
L’allenamento con le ripetute è stato ideato da Emil Zatopek, l’atleta cecoslovacco vincitore di quattro medaglie d’oro e una d’argento alle olimpiadi, nonché primo atleta a scendere sotto i 29 minuti sui 10000 metri nel 1954.
Le ripetute vengono utilizzate in tutti gli sport di resistenza, e quindi anche nel nuoto, nel ciclismo e nella corsa. Nel nuoto le ripetute vengono utilizzate sempre, anche negli allenamenti di intensità media, ma per una questione squisitamente pratica, dovuta al fatto che l’allenamento si svolge in piscina, e quindi per controllare il ritmo e i tempi di percorrenza l’atleta si deve necessariamente fermare.

A cosa servono le ripetute?
L’idea alla base dell’allenamento con le ripetute è quello di dividere la distanza di allenamento in frazioni, da eseguire ad una intensità che sarebbe molto difficile mantenere in modo costante per la distanza totale dell’allenamento. Inserendo dei periodi di recupero tra le frazioni, è così possibile aumentare il volume di allenamento, a parità di intensità. L’allenamento con le ripetute viene utilizzato principalmente per gli allenamenti di alta intensità, tuttavia questo tipo di approccio può essere utilizzato anche a basso livello: pensiamo ai vari step per arrivare a correre per un’ora consecutiva che è strutturato esattamente in ripetute, con lo scopo di far correre per un tempo totale molto superiore rispetto a quanto il principiante potrebbe correre in modo continuativo. In questo modo si riescono ad accelerare i miglioramenti e si velocizza il raggiungimento degli obiettivi.

Il recupero nelle ripetute
Il recupero, nelle ripetute, serve a ripristinare le condizioni metaboliche ottimali per riuscire a ripetere la prova all’intensità richiesta dal tipo di allenamento che si sta svolgendo.
Dal punto di vista fisiologico, durante il recupero avvengono principalmente tre cose: il ripristino della fosfocreatina, la conversione del glucosio 6-P a glicogeno, e quella del lattato a glucosio (nel fegato, tramite il ciclo di Cori, ma anche nei muscoli e in altri organi). In parole povere: l’organismo cerca di ripristinare le scorte energetiche.

La durata del recupero dovrà essere sufficiente per eseguire la prova all’intensità richiesta, ma non dovrà essere così lungo da consentire un recupero completo. Un recupero troppo lungo non comporta, tuttavia, il fallimento dell’efficacia dell’allenamento, ma solo una riduzione del tempo totale di azione dello stimolo allenante. Mi spiego meglio con un esempio: supponiamo di eseguire delle ripetute all’intensità di soglia anaerobica. Per raggiungere la soglia occorrono circa due minuti, partendo da riposati. Ma con un recupero adeguato, tale tempo di latenza scenderà a un minuto o meno, mentre con un recupero troppo prolungato, occorreranno sempre due minuti per arrivare alla soglia anaerobica. A parità di durata delle ripetute, sbagliando il tempo di recupero si perderà un minuto di effetto allenante per ogni ripetuta e si avrà quindi una minor efficacia complessiva dell’allenamento, ma non l’annullamento completo della sua utilità.
La durata del recupero è proporzionale all’intensità dello sforzo, e sarà quindi tanto più lunga quanto più intensa è la prestazione.
Recupero attivo o passivo?
Il recupero può essere attivo, cioè continuando lo sforzo, ma ad intensità inferiore; oppure passivo, cioè da fermi.
Diversi studi hanno dimostrato che il recupero attivo è più efficace per lo smaltimento del lattato, grazie alla maggior perfusione muscolare e dall’utilizzo del lattato come substrato energetico da parte delle fibre lente. Altri studi hanno tuttavia dimostrato che quando lo sforzo supera un certo livello (dal VO2Max in su) le ripetute con recupero da fermo consentono di sostenere tale sforzo per una durata maggiore, probabilmente perché quando ci si avvicina ad uno sforzo massimale, l’organismo necessita di tutto l’ossigeno disponibile per rigenerare le scorte di energia nel minor tempo possibile e il recupero attivo sottrarrebbe parte dell’ossigeno disponibile.
Il recupero nelle ripetute, dunque, dovrebbe essere attivo per le intensità inferiori al VO2Max, e passivo per le intensità superiori a tale valore.

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Allungamento muscolare forzato per aumentare la massa muscolare: scheda di allenamento

MEDICINA ONLINE MUSCOLI DIFFERENZA DISTROFIA MUSCOLARE DUCHENNE BECKER SISTEMA NERVOSO DISTROFINA GENE GENETICA MALATTIA MORBOLa contrazione eccentrica, ovvero la fase negativa di un movimento, in un dato esercizio, è in grado di produrre la più alta intensità sul muscolo. Va usata con parsimonia in quanto provoca rotture nei filamenti proteici di actina e miosina. Esiste un’altra tipologia di stress: la contrazione in allungamento, quindi una isometrica fatta nella fase di massimo stretching del muscolo. Sono stati effettuati dei test dal punto di vista ormonale, i quali hanno fatto registrare picchi molto elevati di IGF1 “fattore di crescita insulino-simile“, un ormone alquanto anabolico.

Per sfruttare questo principio vi proporremo una scheda apposita di allenamento dove in alcuni esercizi bisogna effettuare una serie al cedimento muscolare, poi quando non si riesce più a sollevare il carico, quindi con il muscolo passivo, occorrerà provare ugualmente a vincere il peso, realizzando in tal modo una contrazione isometrica in una posizione di allungamento. E’ una tecnica molto pericolosa da effettuarsi solo ed esclusivamente con alcuni esercizi, scordatevi squat, pressa o stacco da terra.

Scheda di Allenamento con il Principio dell’Allungamento Muscolare Forzato

Giorno A

  • Alzate Laterali con manubri 1 set stripping da 6+6+6 reps
  • *Lento Avanti (come da schema)
  • Curl alla panca scott con Bilanciere Ez 1 set stripping da 6+6+6+ reps
  • *Curl Bilancere (come da schema)
  • Estensioni dietro il collo con manubrio impugnatura a 2 mani 1 set stripping da 6+6+6+ reps
  • *Distensioni su panca piana con bilanciere (come da schema)

Giorno B

  • *Calf Seduto (come da schema)
  • Iperextension 2 set x 15 reps
  • *Leg Curl (come da schema)
  • Leg Extension 2 x 15 reps
  • *Pressa orizzontale (come da schema)

Giorno C

  • Croci alla Pectoral Machine 2 set stripping da 6+6+6 reps
  • *Distensioni su panca piana con bilanciere (come da schema)
  • *Pull-Down Avanti alla lat machine (come da schema)
  • *Vertical Row (come da schema)
  • Alzate con manubri busto a 90° 2 set da 15 reps

Schema per gli esercizi con asterisco

  • Effettuare la prima serie con un carico da 8/10 ripetizioni.
  • Arrivare al cedimento, quindi selezionare il carico giusto in relazione al proprio massimale
  • Recuperare un paio di minuti e poi …
  • Effettuare 3 serie dove si userà lo stesso carico utilizzato nella prima serie.
  • Si andrà ad esaurimento facendo ad ogni ripetizione 2/5 secondi di fermo isometrico nella posizione di massimo allungamento.
  • In questa posizione non si subisce semplicemente il peso ma lo si contrasta mantenendo il muscolo in contrazione isometrica.

E’ una scheda di allenamento ad alta intensità che metterà a dura prova i vostri muscoli ed il sistema nervoso centrale. Tale protocollo dovrà durare al massimo 6 settimane alternando 3 e 2 allenamenti a settimana. In 6 Settimane il ciclo si completerà come da seguente schema:

  • 1 Settimana A-B-C
  • 2 Settimana A-B
  • 3 Settimana C-A-B
  • 4 Settimana C-A
  • 5 Settimana B-C-A
  • 6 Settimana B-C.

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È meglio mangiare o no prima di un allenamento?

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI MANGIARE PRIM MUSCOLI DOPO ALLENAMENTO MASSA PROTEINE AMMINOACIDI BCAA RAMIFICATI ESSENZIALI WHEY LATTE SIERO CASEINE CREATINA WORKOUT BICIPITI SPALLE GAMBE ESERCIZI DONNA GLUTEI STEROIDI SQUAT.jpgIl nostro corpo lavora meglio a stomaco vuoto. E se ci alleniamo prima di avere mangiato, il metabolismo funziona in modo più efficiente, bruciando i grassi meglio che se facciamo fitness dopo pranzo. È il risultato di uno studio condotto dalla University of Bath, in Inghilterra, che ha messo a confronto gli effetti dell’alimentazione rispetto all’esercizio fisico.

I test

Lo studio inglese è il primo nel suo genere e cerca di fare luce su un tema molto sentito dagli sportivi (ma non solo). Capire bene se e cosa mangiare prima di fare sport (in funzione del dimagrimento) è un’informazione essenziale. Il paper, pubblicato sull’American Journal of Physiology, racconta della ricerca degli endocrinologi di Bath e del metodo utilizzato: alcuni soggetti volontari in stato di sovrappeso sono stati invitati a camminare per un’ora con l’obiettivo di arrivare al 60% del consumo massimo di ossigeno. La prima volta lo hanno fatto a stomaco vuoto, la seconda due ore dopo il pasto (piatti a base di carboidrati ad alto contenuto calorico).

Il ruolo del tessuto adiposo

Le analisi del sangue e i campioni di tessuto adiposo raccolti sia prima che dopo i test sono serviti per dimostrare che fare attività fisica dopo il pasto è sostanzialmente contronidicato. Questo perché mangiare costringe il tessuto adiposo a ‘occuparsi del cibo’, cosa che impedisce al metabolismo di bruciare i grassi in modo efficiente. È risultato evidente come l’espressione di due geni (PDK4 e HSL) sia aumentata nel caso dell’esercizio dopo il digiuno e diminuita nel caso opposto. Quanto al PDK4, si pensa che l’aumento indichi che il grasso immagazzinato è stato utilizzato per alimentare il metabolismo durante l’esercizio fisico, lavoro che invece è stato effettuato dai carboidrati nei volntari dell’esercizio post-pasto. L’enzima HSL (responsabile della lipolisi, ovvero la mobilizzazione dei trigliceridi dal tessuto adiposo) è aumentato nello stesso modo durante l’esercizio.

Effetti e difetti

Dylan Thompson, autore dello studio, spiega che i risultati rafforzano l’idea che “il tessuto adiposo spesso affronta le sfide competitive. Se dopo aver mangiato è impegnato a reagire al pasto e no verrebbe stimolato nemmeno da una serie di esercizi, significa che “l’esercizio in uno stato di digiuno potrebbe provocare cambiamenti più favorevoli nel tessuto adiposo, con effetti benefici per la salute a lungo termine”. Lo studio ha evidenti limiti, ovvero il campione molto ridotto di volontari sui quali è stato condotto l’esperimento; sono necessari approfondimenti per avere conferme e determinare in modo più chiaro come viene messo in atto il meccanismo e come sfruttare queste informazioni per diete e programmi di fitness.

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Scala dello sforzo percepito (RPE) e percentuali di carico nell’allenamento con i pesi

MEDICINA ONLINE PALESTRA MUSCOLI IPERTROFIA ALLENAMENTO FIBRE MUSCOLARI ROSSE BIANCHE POTENZIALE GENETICO PESI PESISTICA WORKOUT PRE POST INTERATORI PROTEINE AMINOACIDI RAMIFICATI BCAA WHEY CASEINE CREATINA CARNITINA FISICO.jpgBasarsi sulle percentuali rispetto all’1RM (che sta per Ripetizione Massimale, il massimo peso che riusciamo a sollevare in una singola ripetizione) per impostare l’intensità degli allenamenti è un ottimo metodo, utilizzato da grandi preparatori di tutto il mondo. Consente di settare il carico in maniera oggettiva. Il metodo, benché come detto sia buono, presenta però qualche limite.

Ipotizziamo di avere un massimale di Bench Press di 100 Kg, testato in un giorno nel quale eravamo al massimo della nostra forza, e di dover utilizzare, in un determinato allenamento, l’80% dell’1RM, che corrisponde dunque a 80 Kg. Siamo sicuri che in quel determinato contesto, proprio nel giorno dell’allenamento, gli 80 Kg corrispondano effettivamente all’80% del massimo carico che saremmo in grado di sollevare? Oppure le nostre condizioni psicofisiche (unite a quelle ambientali) sono diverse dal giorno in cui abbiamo testato il massimale, e quindi i nostri 80 KG non sono effettivamente l’80% del nostro potenziale? In sostanza, settando così il carico esterno, non possiamo avere la certezza che il carico interno sia effettivamente quello che desideriamo. Come ovviare a questo problema? Una soluzione la propone Mike Tuchscherer, ideatore del “The Reactive Training System”, descritto nel suo libro The Reactive Training Manual. Il buon Mike propone il concetto di RPE, cioè “Rate of Perceived Exertion”, in italiano Tasso di Sforzo Percepito, che abbiamo presentato nella discussione omonima sul forum fitsmart. In parole povere, l’RPE indica quanto è “difficile” o “impegnativa” una determinata serie in una determinata situazione.

Tuchscherer utilizza una scala numerica che va da 1 a 10 a seconda dello sforzo percepito (in realtà poi colloca l’estremo inferiore della scala a 4, sostenendo che sforzi al di sotto di quell’RPE non siano significativi). La scala (originariamente scala di Borg) dell’intensità percepita è stata ben descritta dal nostro Dott. Tortora nell’e-book The Body Chance. Per i dettagli, invito a consultare il topic “Scala dell’intensità percepita” sul nostro forum fitsmart; la scala, “normalizzata” da 0 a 10, appare come segue:

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Per quanto riguarda i pesi, Tuchscherer organizza la scala come segue:

Classificazione RPE di Tuchscherer
RPE Commento
10 Sforzo massimale. Non si sarebbe in grado di effettuare altre ripetizioni.
9 L’ultima ripetizione è stata molto difficile, tuttavia si sarebbe in grado di farne ancora una.
8 Il peso è troppo alto per mantenere la velocità dell’alzata, ma non è troppo difficile. C’è un buffer di 2-4 ripetizioni.
7 Applicando la massima forza è possibile rendere l’alzata molto veloce.
6 Il peso va su molto velocemente anche se si applica una forza moderata.
5 Peso utile per il riscaldamento.
4 Peso utile per il defaticamento.

Come vedete, ogni livello è associato a uno specifico “feeling” del carico, a una sua precisa percezione. Cosa significa tutto questo? Semplicemente che è possibile settare l’intensità in base non alla percentuale di carico rispetto al massimale, ma in base allo sforzo effettivamente richiesto per sollevarlo. Ovviamente nella maggior parte dei programmi il peso da utilizzare è indicato sulla percentuale dell’1RM. Per questo Tuchscherer ha creato una tabella secondo la quale è possibile convertire la percentuale di carico in RPE:

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Usarla è molto semplice: supponiamo che il vostro programma preveda che voi eseguiate 3 ripetizioni all’80%. Andate sulla colonna delle 3 reps, e scendete a cercare l’80%. Scorrendo poi verso sinistra, potete vedere che corrisponde ad un RPE di 8. Andiamo a rivedere la descrizione del valore 8: “Il peso è troppo alto per mantenere la velocità dell’alzata, ma non è troppo difficile. C’è un buffer di 2-4 ripetizioni”.

Questo significa che dovete fare in modo da avere ancora “in canna”, quando finite la serie, da 2 a 4 ripetizioni. Attenzione, l’RPE va calcolato per ogni singola serie. Questo significa che se dovete fare varie serie allo stesso RPE, non è detto che il peso sul bilanciere rimanga costante.

Riprendiamo l’esempio di prima, quello delle 3 ripetizioni all’80%. Immaginiamo che la vostra programmazione reciti: 6×3 @80% (scritto in Serie x Ripetizioni, quindi 6 serie x 3 reps). Abbiamo visto che 3 reps @80% corrispondono a un RPE di 8, quindi dobbiamo avere almeno 2 ripetizioni di buffer (la differenza tra le ripetizioni effettivamente eseguite e quelle fattibili se si arrivasse al massimo dello sforzo). Settate il peso ed eseguite la prima serie. Poi vi chiedete: “Per la prossima serie, mantenendo questo peso, avrò ancora 2 reps di buffer?”. Se la risposta è affermativa, allora mantenete il peso, altrimenti lo diminuite di conseguenza. Quindi viene naturale che se dovete fare 6 serie con RPE costante è molto probabile che il peso che usiate nella prima non sia lo stesso che andrete ad usare nell’ultima.

Questo metodo permette quindi di settare il carico esterno in base a qual è l’effettivo carico interno richiesto dal programma, uno strumento molto utile per seguire la mia “programmazione razionale”, pubblicata per Body Science Magazine. Se la giornata non è ottimale, siete stanchi, avete dormito poco o quant’altro, utilizzerete meno peso, ma l’impegno per sollevarlo sarà comunque quello che il programma prevede. Sicuramente all’inizio può sembrare un metodo difficile da usare, ma provandoci e prendendo confidenza con esse, imparerete ad interpretare le sensazioni e i segnali che il vostro corpo vi invia.

Per concludere è necessario fare una raccomandazione importantissima: se settate l’intensità utilizzando questo metodo, è assolutamente fondamentale che siate estremamente autocritici e il più possibile oggettivi. Se date retta al vostro ego e volete fare i superuomini dicendo “si, un’altra ripetizione ci stava, l’RPE era 9” quando invece è palese che avete tirato la serie al limite… Beh, nel migliore dei casi non riuscirete a portare a termine il vostro programma. Nel peggiore, invece, rischierete di farvi male. Però è sbagliato anche, al contrario, essere “timidi” e sottovalutarvi, dando al carico una valutazione minore di quella reale. In questo caso, rischiate di deallenarvi.

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Esercizi a corpo libero: come diventare “grossi” senza i pesi

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI ESERCIZI CORPO LIBERO MUSCOLI MASSA PROTEINE AMMINOACIDI BCAA RAMIFICATI ESSENZIALI WHEY LATTE SIERO CASEINE CREATINA WORKOUT ALLENAMENTO BICIPITI SPALLE GAMBE ESERCIZI DONNA GLUTEI SQUAT.jpgFinché ti alleni in maniera intensa, progressiva e consistente puoi diventare più forte e più grosso con qualunque cosa, incluso l’allenamento a corpo libero, sempre se gli esercizi sono svolti efficacemente. La chiave resta capire come eseguire esercizi a corpo libero per renderli progressivamente sempre più duri man mano che diventi sempre più forte.

Quando usi pesi liberi e macchine la progressione del carico è semplice: man mano che la forza incrementa e viene richiesto più carico è sufficiente aggiungere più peso al bilanciere, usare manubri più pesanti o aggiungere una piastra in più all’esercizio guidato. La progressione del carico è molto più complessa negli esercizi a corpo libero.

Puoi utilizzare indumenti zavorrati e cinture per incrementare il carico, o puoi manipolare altre variabili come il gioco di leva e il tempo sotto tensione, usando delle posizioni corporee che consentono di incrementare la difficoltà di leva dei muscoli target in modo tale da spendere proporzionalmente più tempo in porzioni più dure del range di movimento. Per esempio gli squat a corpo libero possono essere resi più duri eseguendo solo la metà bassa più dura del range di movimento e bloccandoti in accosciata completa per qualche secondo prima di ricominciare la risalita.

Un’altra opzione se hai un buon controllo motorio e la disciplina per farlo, è ciò che chiamo “co-contrazione antagonistica intenzionale” o IAC. Attraverso la contrazione dei muscoli antagonisti a quelli allenati durante un esercizio puoi incrementare considerevolmente l’intensità. Assumendo che tu abbia una forza ben bilanciata, se utilizzi lo IAC in maniera corretta sarai sempre in grado di rendere un esercizio molto molto duro.

Ci sono però una serie di svantaggi nell’uso della IAC: infatti necessita di parecchio tempo per essere imparata, necessita di un buon controllo motorio e di concentrazione, e obbliga a valutare la performance di ogni allenamento in maniera soggettiva e non più oggettiva.

Un metodo leggermente meno efficiente ma più facilmente quantificabile per incrementare la resistenza su un esercizio è di indossare degli indumenti zavorrati o delle cinture. Anche se tecnicamente questo rende l’esercizio non più a corpo libero, persone che hanno difficoltà con la IAC troveranno molto più pratico questo metodo e consentirà loro di avere una valutazione più oggettiva della performance nell’allenamento.

Un altro metodo molto interessante ma meno sicuro per atleti già molto forti è di quello di eseguire esercizi in maniera unilaterale. Se sei scettico su quanto duro possa essere l’allenamento a corpo libero ti suggerisco di provare ad eseguire squat e trazioni ad un braccio. Finchè non sei in grado di eseguire un buon numero di ripetizioni su questo tipo di esercizi con una forma lenta e controllata, con pausa e nel punto di massima contrazione, non sei ancora così forte come pensi e non sei in grado di ottenere buoni risultati da un allenamento a corpo libero.

Nel suo articolo intitolato “My half century in the iron game” su Iron Man magazine nel 1986, l’inventore della Nautilus Arthur Jones scrisse quanto segue: “… trazioni e spinte alle parallele, se eseguite correttamente, stimoleranno la crescita muscolare sulla parte alla del corpo e sulle braccia, e potranno anche farti arrivare vicino al tuo limite genetico. Aggiungendo squat completi, eventualmente eseguiti ad una gamba, ed uniti al calf in piedi ad una gamba, otterrai lo stesso risultato su cosce e polpacci. Usando questa semplice routine, quando sarai abbastanza forte da eseguire almeno 10 trazioni con un braccio solo, le tue braccia saranno abbastanza sviluppate da essere notate”.

Quindi, se hai qualche limite con l’allenamento coi pesi legato alla location, al tempo, allo spazio, al budget o ad altre circostanze, o semplicemente lo preferisci per efficienza e convenienza, non devi pensare che l’allenamento a corpo libero sia compromettente nell’efficacia di un workout.

Anche se gli esercizi consigliati da Arthur Jones sono buoni e li ho utilizzati nei miei allenamenti per molto tempo, aggiungerei qualche altro esercizio per rendere più completo l’allenamento. Per lo meno faccio eseguire 6 esercizi di base: uno squat, estensioni del tronco, spinte e trazioni, piegamenti e spinte orizzontali. Si potrebbe anche aggiungere qualche esercizio ulteriore come flessioni ed estensioni del collo, ed inoltre anche se lavorano già molto durante gli altri esercizi alcune persone desiderano eseguire un esercizio diretto sugli addominali. Ciò che segue è un esempio di come si potrebbe organizzare una tabella a corpo libero:

  • Hyperextension
  • Squat
  • Chin up
  • Dip
  • Rematore inverso
  • Push up
  • Crunch
  • Calf in piedi
  • Flessioni del collo
  • Estensioni del collo

Qualche annotazione sull’allenamento.

Muoviti lentamente e concentrati sul contrarre i muscoli target in maniera continua lungo tutto l’esercizio, impiegando almeno 4 secondi per eseguire la positiva e la negativa

Blocca per almeno due secondi nella fase di massima contrazione nelle trazioni e nella parte in accosciata nello squat.

Cambia direzione nella maniera più dolce possibile, minore è l’accelerazione e migliore è la qualità del gesto.

Quando pensi di non poter continuare ulteriormente la fase positiva del movimento con una forma di esecuzione corretta, continua a contrarre il muscolo per altri 5 secondi circa, giusto per essere sicuro di aver raggiunto il cedimento muscolare, ma non perdere la forma d’esecuzione corretta.

Fai piccole pause tra gli esercizi. Una volta che hai finito un esercizio prova a cominciare il successivo quanto più rapidamente possibile. Se inizi a sentire la testa leggera, un po’ di nausea e affaticamento molto elevato, attendi qualche minuto prima di continuare o interrompi l’allenamento.

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Le 10 ragioni per cui non devi MAI dimenticarti di riscaldarti prima dell’allenamento

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I motivi per cui gli esercizi di riscaldamento sono fondamentali prima dell’attività sportiva (e ancor più prima di una competizione agonistica) non riguardano solo le performance, ma anche il nostro benessere fisico.

10 ragioni per cui scaldarsi prima dell’esercizio fisico

  1. Aumento della temperatura corporea – Come tutti sanno, l’attività fisica fa aumentare la temperatura corporea. Ragione per cui si chiama “riscaldamento”.
  2. Più ritmo per il cuore – Gli esercizi che introducono l’allenamento vero e proprio ci aiutano ad “avviare la macchina” del nostro corpo e a portarla al giusto “numero di giri” che ci saranno utili in fase di allenamento (o gara), per ottenere le migliori performance.
  3. Più ossigeno ai muscoli – La circolazione stimolata dal riscaldamento offre un maggior afflusso di sangue ricco di ossigeno verso i muscoli scheletrici: elemento fondamentale per compiere le trasformazioni chimiche necessarie a ricavare le adeguate energie.
  4. Fuori l’anidride carbonica – Il riscaldamento permette il rapido smaltimento degli elementi di scarto dell’attività aerobica del muscolo, come l’anidride carbonica.
  5. Smaltimento dell’acido lattico – La presenza dell’acido lattico nel muscolo è responsabile di traumi come la contrattura muscolare. Il riscaldamento permette di approcciare l’allenamento o la gara con muscoli liberi da questo prodotto di scarto.
  6. Più potenza e resistenza muscolare – Muscoli più ossigenati, pronti a bruciare le sostanze energetiche e liberi da prodotti di scarto sono muscoli più potenti e resistenti.
  7. Più coordinamento e capacità di reazione – Il riscaldamento agisce anche sul sistema nervoso, preparandoci a un’attività più coordinata e rendendoci pronti all’azione (e alla reazione).
  8. Aumento dell’efficienza meccanica – Le fibre muscolari sono pronte allo sforzo e, dunque, più efficienti.
  9. Aumento dell’elasticità meccanica – Le articolazioni allenate da un buon riscaldamento sono più elastiche e meno soggette a traumi in fase di allenamento. Il ché ci porta direttamente al punto 10.
  10. Riduzione degli infortuni – I punti 7, 8 e 9 introducono il punto 10: il riscaldamento è fondamentale per preparare il nostro corpo e la nostra mente all’esercizio fisico. Premessa fondamentale per evitare dolorosi e invalidanti traumi.

Quanto e come riscaldarsi

Il quanto e il come effettuare esercizi di riscaldamento variano a seconda di diversi fattori quali età, grado di allenamento, temperatura esterna. Si consiglia, dunque, una volta compresi i perché del riscaldamento, di progettare adeguate sessioni di preparazione all’attività fisica sportiva in funzione del vostro allenamento specifico.

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