Musiche assordanti nei negozi: “Fanno male alla salute mentale”

MEDICINA ONLINE SHOPPING ACQUISTI NEGOZI COPPIA AMORE AMICI FELICI SUPERMERCATO WEEKEND CENTRO COMMERCIALE SOLDI COMPRARE FELICITA SPENDERE OFFERTA AMAZON VENDERE.jpgChe Natale sarebbe senza le classiche hits natalizie? Forse migliore, almeno per i lavoratori costretti a sorbirsi ore consecutive di White Christmas e Jingle Bells senza alcuna possibilità di fuga. A sottolinearlo è la psicologa inglese Linda Blair, secondo cui le canzoni natalizie potrebbero finire per intaccare il benessere mentale di molti lavoratori e lavoratrici impegnati nei negozi e nei centri commerciali, costretti per ore a sopportare le stesse note ripetute all’infinito. Specialmente se ascoltate ad alto volume – secondo la psicologa – queste melodie finirebbero per assorbire tutte le energie mentali dei dipendenti, generando un alto grado di stress che si andrebbe a sommare a quello già creato dal lavoro in uno dei periodi più intensi dell’anno.

Musica alta per aumentare il consumismo

L’ascolto delle canzoni natalizie farebbe male anche a chi fa shopping: «potrebbe farci sentire come in trappola – ha spiegato la Blair al canale inglese Sky News – ricordarci che dobbiamo comprare i regali, prenderci cura delle persone e organizzare i festeggiamenti». Ma perché far risuonare le stesse canzoni in modo così ossessivo? La ragione è in parte legata al marketing e al potere di questi motivi di creare l’atmosfera giusta per gli acquisti. Uno studio dell’Università di Washington, ad esempio, ha dimostrato che le melodie del Natale sono in grado di alterare alcuni nostri giudizi sui prodotti, facendoli sembrare più indicati per un regalo da piazzare sotto l’albero. Ma le vendite stentano a decollare se la musica non si sposa al meglio con il benessere dei dipendenti.

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Lo stress da shopping natalizio ci rende aggressivi e scatena istinti primordiali di sopravvivenza

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SHOPPING COMPULSIVO COMPRARE VESTITI NEGOZIO CENTRO COMMERCIALE SOLDI (2)Altro che crisi economica! Pur essendoci in giro molto meno caos rispetto agli scorsi Natali, rieccoci puntuali alla fine di dicembre con i classici week end freddi (ma non troppo, almeno qui a Roma) e colorati di strade intasate dal traffico, parcheggi introvabili, negozi affollati – anche se in pochi comprano davvero – e nei quali si finisce persino a contendersi gli oggetti. Lo stress è davvero dietro il famigerato angolo. Lo shopping natalizio può essere un vero e proprio campo di battaglia, che talvolta ci rende aggressivi e scatena istinti primordiali di sopravvivenza. A lanciare l’allarme uno psicologo inglese, David Lewis, fondatore dell’ente indipendente di ricerca Mindlab International.

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Vuoi comprare tutto? Impara a capire se soffri di shopping compulsivo

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Lo shopping compulsivo, come molti oggi sanno, non è il breve e piacevole momento che si vive quando compriamo qualcosa. La dipendenza dallo shopping è un comportamento disadattivo usato per evitare la realtà sgradevole. Alcuni esperti ritengono che durante l’azione compulsiva il compratore adotta una specie di auto medicazione, cioè ottiene una variazione positiva nel proprio organismo. Lo shopping compulsivo non è stato ancora classificato formalmente come disturbo comportamentale specifico dall’American Psychiatric Association (Hanson, 1993).
Lo shopping compulsivo, è anche detto oniomania dal greco onios che vuol dire  “da vendere”, cioè “mania di comprare ciò che è in vendita”; l’andare nei negozi e acquistare tutto porta ben presto ad un disastro economico. Ha inoltre un effetto limitato: tolta l’etichetta del prezzo dell’oggetto comprato scema la sensazione di benessere. Il primo a parlare di questa dipendenza fu Krapelin nel 1915. La sensazione di benessere di cui sopra è causata da una forte liberazione di dopamina, essa agisce sul sistema nervoso simpatico causando l’ accelerazione del battito cardiaco e l’innalzamento della pressione sanguigna, cui fa seguito, a merce conquistata, un senso di soddisfazione e di rasserenazione.

Non solo donne

E’ curioso rilevare che lo shopping compulsivo, al contrario di quello che molti credono, non è un problema unicamente femminile: in misura minore ma anche gli uomini ne soffrono. Il punto di vista tradizionale delle donne che soffrono dell’acquisto compulsivo è probabilmente risultato dal fatto che la maggior parte degli studi fatti erano rivolti principalmente alle donne. Queste, infatti, sono più inclini ad ammettere la loro dipendenza mentre gli uomini sono restii.

Classificazione della patologia

La diatriba relativa alla classificazione di questo disturbo dipende da diversi fattori. In primo luogo si nota che, a differenza delle classiche dipendenze, in questo caso non è prevista l’assunzione di sostanze esterne come nel caso dell’alcolismo o della tossicodipendenza. Questo aspetto è di fondamentale importanza ed evidenzia che la mancanza del rischio oggettivo e concreto di mettere a repentaglio la propria vita (come invece accade nei nei due casi citati di dipendenza da sostanze) induce nella società una visione poco critica delle conseguenze che lo shopping compulsivo può generare nella vita dei soggetti dipendenti.
In secondo luogo il disturbo presenta diversi aspetti riconducibili ad altre patologie già chiaramente classificate quali la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo del controllo degli impulsi. Nell’episodio compulsivo la modificazione della serotonina porta a percepire, oltre alla sensazione di benessere, la possibilità di risolvere le proprie difficoltà. Questa falsa sensazione del proprio stato è l’elemento essenziale che induce il compratore a ripetere ossessivamente l’atto al fine di trovare il proprio equilibrio ed il proprio piacere. L’atto del comprare compulsivamente è spesso accompagnato da rimorso, vergogna, colpa irreparabile ed impossibilità di aiuto. Queste emozioni, associate ad una diffusa depressione, aumentano la dipendenza. Le conseguenze per il compulsive shopper sono diverse: contrarre debiti abbastanza elevati, timore di essere scoperti, atti disperati per nascondere la propria colpa. I soggetti colpiti da questa dipendenza sono spesso portatori di altri disturbi: alcoolismo, disturbi alimentari, etc.

Acquistare invece di vivere

“L’emozione è comprare tanto, non comprare qualcosa; il piacere è come quello provato per la droga, è allontanare l’angoscia del vuoto”.  dice M., una paziente dipendente dalla shopping Per molti anni M. è stata una compratrice accanita e si identificava con quello che T.  Hine, uno storico del materialismo culturale, autore di “Siamo tutti dei clienti”, scriveva in proposito: “Un soggetto diventa un compulsive shopper se non può pagare gli oggetti che compra, ma finchè acquista e paga viene classificato come buon cliente”. Nella nostra società questa concezione relativa alla dipendenza in oggetto ha condizionato molti compratori a diventare compulsive buyer ed a iniziare una catastrofica discesa delle proprie finanze. M., nel giro di pochi anni si era ritrovata con debiti enormi. Aveva pienamente aderito al detto: “In shop we trust”, manifesto delle ragazze Shopaholic, in un blog sugli acquisti. Gli episodi di shopping compulsivo hanno una frequenza media di 17 episodi mensili ed una durata che oscilla dall’ora alle sette ore per episodio. Casi estremi sostengono di avvertire l’impulso a comprare ogni ora (sebbene ciò sia infrequente). In media 7/8 ore la settimana sono pervase da questo impulso a comprare. I tentativi di opporsi a tale comportamento irrefrenabile vengono descritti spesso come fallimentari; circa il 74% delle volte in cui i soggetti sperimentano l’impulso a comprare esso ha come conseguenza l’acquisto. E’ comunque probabile che i consumatori compulsivi abbiano, fin dall’inizio, poca stima di sé, confermata e rinforzata, poi, dalle conseguenze negative del loro comportamento. Faber e O’Guinn (1988) osservarono che il livello di autostima degli shopper compulsivi era significativamente più basso rispetto a quello dei normali consumatori (14,81 contro 10,66). I dati qualitativi fornirono ulteriori esempi dei sentimenti di inadeguatezza e della scarsa stima di sé che spesso provano le persone con problemi d’acquisto.

Come si guarisce: psicoterapia e farmaci

I primi passi per evidenziare il problema sono, innanzitutto, ammettere di averlo e, poi, chiedersi perché si compra: per aumentare il senso di autostima, per una depressione, etc. Indagando sul trattamento del disturbo, nonostante la limitatezza delle ricerche, emerge come l’uso della psicoterapia, sia pur con un setting talvolta modificato, risulti molto efficace. La psicoterapia psicodinamica in alcuni casi può essere il trattamento di scelta per quei pazienti con un elevato funzionamento, in grado di tollerare le regole imposte dal setting, preferibilmente non rigido, con una buona dose d’introspezione con cui, però, non va dimenticato l’utilizzo di qualche strategia volta alla modificazione del sintomo, quale la stesura di un diario quotidiano.
Le modalità di trattamento medico ricalcano in parte quelle delle tossicodipendenze e in parte quelle del disturbo ossessivo-compulsivo: terapia farmacologica con stabilizzatori dell’umore – sali di litio, acido valproico, carbamazepina- e/o antidepressivi – bubropione o citalopram, clomipramina, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina e sertralina. Il paziente che assume questi farmaci deve essere assolutamente controllato da un medico.

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Ladra in boutique con licenza di rubare: «Sono malata di shopping compulsivo»

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE SHOPPING DONNA NEGOZIO CLEPTOMANIA RUBARE VESTITI COMPULSIVO DIPENDENZA SOLDI DISOCCUPAZIONE NEGOZIO CARTA CREDITO IVA CAPITALISMO GUARDAROBATradita dallo shopping compulsivo (scopri cos’è e se lo hai anche tu cliccando sul link) una signora rischia la denuncia, ma è “vittima” di una vera e propria malattia con tanto di certificazione psichiatrica: la farà franca la 47enne che, tempo fa, si è infilata in borsetta un vestito griffato da 220 euro in un noto negozio della città di Treviso. Non solamente una passione o un vizio, quello di spendere in vestiti, scarpe e borsette senza riuscire a resistere alle firme, ma una vera a propria patologia che la spinge a mettere le mani su capi d’abbigliamento e, senza rendersene conto, ad appropriarsene senza pagarli.

La signora, cliente conosciuta dalla proprietaria della boutique, si aggirava tra gli espositori chiedendo maggiori informazioni su un abito che era intenzionata ad acquistare. La titolare ha accompagnato la donna nel retro del negozio, verso i camerini ed è qui che ha osservato la 47enne richiudere la borsetta come se ci avesse appena infilato dentro qualcosa. Mentre la signora si provava l’abito, la titolare si è accorta che da un espositore mancava un vestito dal valore di 220 euro e ha chiamato la polizia. Sul posto è giunta subito una volante che ha accertato la situazione e accompagnato la donna negli uffici per essere denunciata. La procedura, però, è stata sospesa dato che dagli archivi è emerso come non si trattasse del primo colpo della 47enne. In passato era stata segnalata per un taccheggio di merce di basso valore in un centro commerciale della zona. In quell’occasione, negli uffici, era pervenuta anche la relazione psichiatrica di un medico che certificava la sua tendenza allo shopping compulsivo con aspetti comportamentali cleptomanici.

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