Eupnea, eupnoico, bradipnea, tachipnea, atto respiratorio: significato ed etimolgia

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO RESPIRAZIONE POLMONI DIAFRAMMA ATTI RESPIRATORI NORMALI EUPNEA EUPNOICO DISPNEA TACHIPNEA BRADIPNEA INSPIRAZIONE ESPIRAZIONE BAMBINI ADULTI ANZIANI PNEUMOLOGIA

Eupnea

Con il termine “eupnea” si intende una frequenza respiratoria normale, che nell’adulto si attesta in un intervallo di valori tra i Continua a leggere

Rantolo della morte: il respiro rumoroso che segnala morte imminente

MEDICINA ONLINE MORTE COSA SI PROVA A MORIRE TERMINALE DEAD DEATH CURE PALLIATIVE TERAPIA DEL DOLORE AEROPLANE TURBINE CHOCOLATE AIR BREATH ANNEGATO TURBINA AEREO PRECIPITA GRATTACIELO GEsiste un segnale che indica che il paziente sta per morire? Secondo un medico statunitense tale segnale premonitore esiste e si chiama “rantolo della morte” (in inglese “death rattle“) che consiste in un Continua a leggere

I polmoni fanno male: i sintomi di una malattia polmonare

MEDICINA ONLINE POLMONI RESPIRO ARIA OSSIGENO CUORE INFARTO CORONARIE MORTE TORACE DOLORE SATURAZIONE O2 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA POLMONARE POLMONI TRACHE NASO MORTE RISCHIO ACUTA CRONICA TRISTE.jpgLe funzioni dei polmoni sono estremamente varie e – al contrario di quello che comunemente si pensa – non servono solo al trasporto dell’ossigeno. Oltre alla funzione respiratoria, i polmoni svolgono anche numerose funzioni non respiratorie. Continua a leggere

Insufficienza respiratoria acuta e cronica: cause e conseguenze

MEDICINA ONLINE POLMONI RESPIRO ARIA OSSIGENO ANIDRIDE CARBONICA MASCHERA VENTURI SATURAZIONE O2 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA POLMONARE POLMONI TRACHE NASO MORTE RISCHIO ACUTA CRONICA.jpgCon “insufficienza respiratoria” si indica una sindrome causata dall’incapacità dell’intero sistema respiratorio (non solo dei polmoni come erroneamente si pensa) di svolgere le proprie numerose funzioni, tra cui la vitale funzione di assicurare all’organismo un adeguato scambio gassoso (anidride carbonica – ossigeno) sia a riposo Continua a leggere

Esaminare il polmone con le prove di funzionalità respiratoria

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONILe “prove di funzionalità polmonare”, più correttamente chiamate “prove di funzionalità respiratoria” (PFR), sono un gruppo di indagini strumentali che permettono di valutare la funzione dell’apparato respiratorio nelle sue multiple e complesse componenti, sia in pazienti sani (ad esempio atleti o soggetti a rischio di sviluppare Continua a leggere

Dove si trovano i polmoni ed a che servono?

MEDICINA ONLINE RESPIRAZIONE DIAFRAMMA FUNZIONI ESAME OBIETTIVO ANAMNESI VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACEI polmoni destro e sinistro si trovano nella cavità toracica ai lati del mediastino, dove è contenuto il cuore. Il polmone destro è più voluminoso del sinistro, in quanto quest’ultimo deve “lasciar spazio” al cuore, posizionato lievemente a sinistra rispetto alla linea mediana del corpo. Alla domanda dei nostri studenti “dove si trovano i polmoni davanti o dietro?” rispondiamo che i polmoni, sul piano sagittale, non possono essere Continua a leggere

Embolia polmonare: massiva, diagnosi, da tumore, terapia, prognosi, mortalità, prevenzione

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONIIntroduzione

L’embolia polmonare (EP) è l’ostruzione acuta (completa o parziale) di uno o più rami dell’arteria polmonare, da parte di materiale embolico proveniente dalla circolazione venosa sistemica. Se tale ostruzione è causata da materiale trombotico viene definita più precisamente col termine tromboembolia polmonare (TEP). Nel 95% dei casi, gli emboli partono da una trombosi venosa profonda (TVP) degli arti inferiori (un coagulo di sangue nelle vene profonde delle gambe o bacino), nella restante parte dei casi da una TVP degli arti superiori (più spesso da interessamento della vena succlavia al livello del distretto toracico), oppure sono costituiti da materiale non trombotico (gas, liquidi, grasso). L’ostruzione del flusso sanguigno attraverso i polmoni e la pressione risultante sul ventricolo destro del cuore sono le cause che portano ai sintomi e segni dell’embolia polmonare. Il rischio di sviluppare questa situazione può aumentare in alcune circostanze, come ad esempio la presenza di un tumore, l’allettamento prolungato (cioè la “costrizione a stare a letto” per lunghi periodi, come avviene nei pazienti politraumatizzati, quelli con paralisi o con deficit di mobilità, gli anziani), un recente intervento chirurgico o una frattura di femore.

I sintomi di embolia polmonare comprendono difficoltà respiratorie, dolore al torace durante l’inspirazione e palpitazioni. I segni clinici includono bassa saturazione di ossigeno nel sangue e cianosi, respirazione rapida e tachicardia. I casi più gravi possono portare al collasso, bassa pressione sanguigna e alla morte improvvisa.

La diagnosi si basa sui segni clinici in combinazione con i test di laboratorio (test del D-dimero) e studi di imaging biomedico, solitamente angiografia polmonare realizzata con tomografia computerizzata o scintigrafia polmonare.

Il trattamento in genere avviene con la somministrazione di farmaci anticoagulanti, come eparina e coumadin. I casi più gravi richiedono l’effettuazione di una procedura di trombolisi farmacologica o un intervento chirurgico di trombectomia polmonare.

Se non trattata tempestivamente, l’embolia polmonare è potenzialmente mortale.

Embolia polmonare massiva: definizione

Si parla di “embolia polmonare massiva” quando vi è coinvolgimento di almeno due rami lobari o del 50% della circolazione polmonare.

Epidemiologia

Negli Stati Uniti ogni anno si registrano più di 0,6 milioni di casi di embolia polmonare. Essa è causa del decesso di un numero di pazienti che varia dai 50.000 ai 200.000. Il rischio in coloro che sono ricoverati in ospedale è di circa l’1%. Il tasso di mortalità per embolia polmonare è sceso dal 6% al 2% nel corso degli ultimi 25 anni (al 2014) negli Stati Uniti. Le dimensioni epidemiologiche del problema embolia polmonare non si presentano in modo univoco in Italia, con un’incidenza che varia dai 30 casi/100.000 abitanti/anno dei dati ISTAT dai 250 casi/anno calcolati dal gruppo del Centro di Pisa su una popolazione di 250.000 abitanti.

Cause

L’ostruzione completa o parziale di uno o più rami dell’arteria polmonare che caratterizza un’embolia polmonare, è causata da materiale embolico proveniente dalla circolazione venosa sistemica che rimane bloccato nell’arteria polmonare. L’embolo può essere di varie tipologie:

  • solido (principalmente ha origine da un trombo posto distalmente nella circolazione);
  • liquido (ad esempio liquido amniotico durante il parto, o in seguito a frattura di un osso il midollo osseo può entrare nel circolo sanguigno);
  • gassoso (attività subacquea, ferite penetranti del collo).

Nella maggioranza dei casi l’embolo causa di una embolia polmonare ha origine da una trombosi venosa profonda (TVP) posta nel territorio della vena cava inferiore (arto inferiore), o – molto più raramente – da un trombo in atrio sinistro in concomitanza di una pervietà del forame atriale. Le cause di formazione del trombo in vena sono riassunte dalla cosiddetta triade di Virchow (vedi paragrafo successivo):

  • ipercoagulabilità del sangue;
  • lesione parietale del vaso sanguigno;
  • stasi venosa.

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Fattori di rischio della trombosi venosa profonda

I fattori di rischio per EP si dividono in congeniti e acquisiti:

  • Congeniti: mutazione del fattore V di Leiden, mutazione del gene della protrombina, deficit di Antitrombina III, di proteina C o di proteina S.
  • Acquisiti: età avanzata, fumo, obesità, neoplasie attive, sindrome da anticorpi antifosfolipidi, iperomocisteinemia, pillola anticoncezionale o terapia ormonale sostitutiva, aterosclerosi, anamnesi familiare o patologica remota positiva per VTE, traumi, interventi chirurgici o ospedalizzazioni recenti, infezioni acute, recenti lunghi viaggi aerei, pacemaker, defibrillatori intracardiaci o cateteri venosi.

Tutti questi stati soddisfano almeno uno dei parametri di Virchow, che li aveva evidenziati già nel XIX secolo. Come già prima anticipato, sebbene i tromboemboli possano formarsi quasi ubiquitariamente nell’apparato cardiocircolatorio, circa il 95% di essi origina a livello delle vene profonde degli arti inferiori (trombosi venosa profonda o TVP); il rischio embolico aumenta se la trombosi si  verifica nelle vene poste al di sopra del ginocchio. Per tali motivi, tutti i fattori di rischio e le cause per la trombosi venosa profonda diventano a loro volta potenziali fattori di rischio e cause per la tromboembolia polmonare. Tra le cause e fattori di rischio per la TVP e le sue complicanze, ricordiamo:

  • Triade di Virchow: stasi venosa, ipercoagulabilità e cambiamenti nel rivestimento endoteliale dei vasi sanguigni (come il danno fisico o l’attivazione endoteliale), contribuiscono alla trombosi venosa profonda e sono utilizzati per spiegare la sua formazione;
  • familiarità: soggetti con parenti che soffrono di TVP o embolia polmonare, hanno rischio maggiore di sviluppare TVP;
  • traumi, specie agli arti inferiori, specie in caso di frattura ossea;
  • recente intervento chirurgico, specie in caso di frattura di femore negli anziani e inserimento di protesi dell’anca;
  • alterazioni congenite della coagulazione: come il deficit di antitrombina III, di proteina C o di proteina S, di Fattore V Lieden, di Fattore II;
  • sesso femminile: le donne sono statisticamente più colpite rispetto agli uomini;
  • età: la TVP è più frequente dopo i 50 anni;
  • gruppo sanguigno: la TVP è più frequente nei soggetti con gruppo sanguigno A e più rara nei soggetti con gruppo sanguigno 0;
  • sovrappeso e l’obesità (specie di secondo e terzo grado): avere una percentuale di massa grassa maggiore del normale è un fattore di rischio per la TVP;
  • vita sedentaria;
  • alterazioni del metabolismo lipidico come l’ipertrigliceridemia;
  • allettamento prolungato: soggetti allettati o comunque immobilizzati per lunghi periodi (ad esempio a causa di paralisi o di intervento chirurgico) hanno un rischio più elevato di TVP;
  • immobilità da seduti o in piedi per lunghi periodi, anche a causa del proprio lavoro (ad esempio tassisti, camionisti, baristi, chi viaggia spesso in aereo…);
  • stagione: sembrerebbe che la TVP colpisca maggiormente in primavera e in autunno;
  • contraccezione: l’uso dei contraccettivi orali può favorire le TVP;
  • terapie basate sulla somministrazione di ormoni, come le “orali sostitutive” intraprese in menopausa;
  • fumo di sigaretta;
  • alcol;
  • droghe;
  • sport che prevedono un’eccessiva immobilità (canottaggio) o una repentina sollecitazione muscolare (tennis, basket);
  • trombofilia;
  • gravidanza gemellare;
  • parto cesareo recente;
  • vene varicose;
  • disidratazione;
  • indossare vestiti o scarpe troppo stretti, che impediscono una adeguata circolazione venosa;
  • diabete;
  • cardiopatie;
  • ipertensione arteriosa.

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Segni e sintomi

Il sospetto clinico di embolia polmonare si basa sul riscontro di sintomi come dispnea ad insorgenza improvvisa, dolore toracico, sincope, tosse con emottisi e febbre sopra i 38 °C. Tra i segni più frequenti troviamo cianosi, turgore delle giugulari, tachicardia, polipnea e ipotensione che se grave può determinare shock cardiogeno. Una menzione particolare va ai segni e sintomi di TVP, ovvero edema e dolore agli arti inferiori specialmente alla palpazione, che peraltro non sono presenti in più del 30% dei pazienti con EP.

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Esami di laboratorio e strumentali

La diagnosi si basa sull’anamnesi del paziente e sull’esame obiettivo, che fanno sorgere nel medico il dubbio di embolia polmonare. Tale dubbio viene confermato da una serie di analisi sia di laboratorio che diagnostica per immagini. Gli esami diagnostici principali sono rappresentati da:

  • concentrazione plasmatica del d-dimero: è un prodotto di degradazione della fibrina ed è un indice del fatto che sta avvenendo la lisi di un trombo. Valori normali hanno un alto valore predittivo negativo (indicano cioè l’assenza di malattia). È un esame altamente sensibile (95%) ma scarsamente specifico (50%). Per approfondire: D-dimero alto in tumori, mestruazioni, gravidanza, infezioni
  • emogasanalisi (EGA): permette di valutare in modo indiretto la quantità di polmone sottratto allo scambio gassoso, analizzando la pressione parziale di ossigeno e di anidride carbonica. Il quadro tipico è una ipossiemia ipocapnica; l’ipossiemia non è sempre presente nella EP e può, d’altra parte, essere presente in altre situazioni cliniche che possono simulare una EP. Per approfondire: Emogasanalisi arterioso procedura, interpretazione, è dolorosa;
  • tomografia computerizzata (TC) spirale: La tomografia computerizzata (TC) spirale, che ha in parte sostituito l’angiografia tradizionale, permette la visualizzazione diretta dell’embolo dopo iniezione di mezzo di contrasto;
  • radiografia del torace (RX): l’RX del torace è un esame di grande utilità soprattutto perché in molti casi permette di escludere rapidamente alcune delle condizioni morbose con cui si pone la diagnosi differenziale, tuttavia in circa il 50% dei casi dei pazienti con EP l’RX torace è negativa. Vengono considerati reperti classici la focale riduzione o scomparsa della trama vascolare (segno dell’ipoemia, segno di Westermark) così come un’opacità verso la periferia del polmone, a forma di cuneo (segno di Hampton);
  • SPECT polmonare: la Scintigrafia ventilo-perfusoria permette di stabilire le aree ipoperfuse e di confrontarle con quelle ipoventilate;
  • angiografia: l’angiografia polmonare è il gold standard nella diagnosi di EP. L’iniezione di mezzo di contrasto nell’arteria polmonare principale mediante cateterizzazione consente infatti la visualizzazione diretta dell’occlusione arteriosa responsabile delle manifestazioni cliniche;
  • scintigrafia ventilo-perfusoria: è stata per molti anni l’esame fondamentale per la diagnosi di EP. Tale tecnica viene eseguita mediante somministrazione endovenosa di macroaggregati marcati e mediante inalazione di gas marcato, ciò consente di dimostrare la ventilazione delle aree non perfuse, ovvero il cosiddetto mismatch;
  • ecocolordoppler degli arti inferiori: poiché molti dei pazienti con EP accertata ha una TVP prossimale, l’ecografia venosa con test di compressione ma soprattutto con tecnica ecodoppler è largamente utilizzata soprattutto nei pazienti con quadro scintigrafico polmonare non diagnostico;
  • elettrocardiogramma (ECG): fornisce informazioni riguardo allo stato del ventricolo destro, il quale può andare incontro ad uno scompenso acuto a causa dell’ipertensione polmonare improvvisa. L’esecuzione dell’ECG nei pazienti con sospetta EP è utile per escludere la presenza di un infarto del miocardio. Nei pazienti con EP quest’esame strumentale è normale o mostra anomalie da sovraccarico acuto del ventricolo destro, descritte con la sigla S1Q3T3 (onda S profonda in D1, onda Q in D3 e onda T negativa in D3);
  • ecocardiogramma: è un esame che permette di valutare la funzione ventricolare destra e che raramente consente la visualizzazione diretta dell’embolo, permette tuttavia la visualizzazione di segni indiretti di EP a livello ventricolare destro, quali dilatazione dello stesso, eventuale rigurgito tricuspidale, e soprattutto il cosiddetto “movimento paradosso del setto interventricolare”, ovvero uno spostamento del setto durante la sistole dal ventricolo destro verso il ventricolo sinistro.
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Emogasanalisi

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Diagnosi differenziale

La presunzione di embolia si basa sul sospetto clinico, che deve poi essere confermato seguendo un corretto iter diagnostico per non portare a spreco di risorse o a rischi inutili per i pazienti.

I criteri di Wells

Per fare una corretta diagnosi è necessario scegliere per ogni paziente la giusta strategia che dovrebbe essere organizzata analizzando il rischio specifico di TEP di ogni singolo caso che può essere calcolato tramite il punteggio di Wells che divide i pazienti ad alta e a bassa probabilità a seconda del risultato ottenuto (se >7 si intende alta probabilità):

criterio punteggio
Segni clinici di TVP +3
Altre diagnosi differenziali meno probabili +3
Frequenza cardiaca > 100 battiti/min +1,5
Pregressa TVP o TEP +1,5
Recente (4 settimane) intervento chirurgico, o immobilizzazione >3 giorni +1,5
Neoplasia +1
Emottisi +1
Probabilità clinica
  • <2 punti: bassa
  • 2-6 punti: intermedia
  • ≥6 punti: alta
Percorso diagnostico
  • Rischio basso → misurare il d-dimero. Se negativo si esclude la TEP, se positivo si procede con la TC spirale (o la scintigrafia polmonare perfusionale se ci sono controindicazioni) che confermerà o meno la patologia
  • Rischio alto → eseguire TC spirale (o scintigrafia polmonare perfusionale).

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Trattamento

Gli obiettivi della terapia sono fondamentalmente tre:

  1. assicurare le funzioni principali dell’organismo ovvero l’ossigenazione del sangue mediante ossigenoterapia e garantire normali livelli di pressione arteriosa mediante la somministrazione di liquidi e farmaci vasopressori per non aggravare l’eventuale insufficienza del cuore destro e mantenere una buona gittata del ventricolo destro;
  2. arrestare la formazione del coaugulo e prevenire eventuali recidive emboliche mediante somministrazione di anti-coaugulanti eparinici;
  3. lisare (cioè “distruggere”) il trombo mediante farmaci trombolitici in pazienti emodinamicamente non stabili per riguadagnare un’adeguata perfusione polmonare con miglioramento del rapporto ventilazione/perfusione la cui alterazione è causa dell’ipossiemia. La lisi del trombo diminuisce il sovraccarico ventricolare destro e migliora il ritorno sanguigno al ventricolo sinistro con miglioramento conseguente della gittata cardiaca e della situazione emodinamica.

I trombolitici sono farmaci in grado di lisare il trombo, tra questi si utilizzano attualmente urochinasi, streptochinasi oppure l’attivatore tissutale del plasminogeno (rt-PA). A causa dell’elevato rischio di emorragia tali farmaci sono usati solo in casi selezionati di pazienti emodinamicamente instabili.

Per arrestare l’ulteriore implementazione del coagulo si utilizza l’eparina in infusione continua (Bolo di 80 U/Kg subito, poi 18 U.I./kg/h di peso corporeo). L’eparina viene utilizzata da sola in pazienti emodinamicamente stabili oppure dopo la trombolisi negli altri pazienti (mantenendo il ptt ratio fra 1,5 e 2,3 volte la norma e controllando emoglobina e piastrine per verificare l’assenza di piastrinopenia eparinodipendente); questo fintanto che l’anticoagulante orale (warfarin) non faccia effetto (alcuni giorni perché l’INR sia nel range terapeutico: fra 2,5 e 3,5) per poi proseguire solo con quello sotto periodici controlli del medesimo parametro. Al posto dell’eparina normale è possibile utilizzare l’eparina a basso peso molecolare (LMWH) che ha come vantaggi il non modificare il ptt (quindi non richiede esami di controllo) e il poter essere somministrata sottocute (100U/kg). Questo a patto che il rischio emorragico non sia elevato e non ci sia insufficienza renale. In tali casi i controlli vanno comunque fatti e quindi si usa l’eparina standard. Il trattamento anticoagulante orale va proseguito per 3-6 mesi per evitare recidive. Altri provvedimenti terapeutici, importanti soprattutto in caso di controindicazioni ai farmaci sopraccitati, sono: i filtri cavali, supporti impiantabili che prevengono la migrazione di emboli verso il sistema arterioso polmonare, l’embolectomia chirurgica, il cui ruolo ha perso importanza con l’impiego dei trombolitici e la disostruzione transvenosa che permette di rimuovere il trombo per via endovascolare.

Prognosi e mortalità

Se non trattata tempestivamente, l’embolia polmonare è potenzialmente mortale. Si stima che circa il 10% dei pazienti con embolia polmonare muoia entro poche ore dall’esordio. Nella maggior parte dei pazienti che muore a causa di embolia polmonare acuta non si riesce a giungere a una diagnosi perché il paziente muore prima. I pazienti con malattia tromboembolica cronica rappresentano una minima, ma importante, parte dei pazienti con embolia polmonare che sopravvivono.

Ridurre la mortalità

Per ridurre la mortalità, gli obiettivi del personale sanitario includono:

  • migliorare la frequenza della diagnosi (ad esempio inserendo l’embolia polmonare nella diagnosi differenziale quando i pazienti presentano sintomi o segni aspecifici ma compatibili);
  • migliorare la rapidità della diagnosi
  • anticipare il più possibile l’inizio della terapia;
  • fornire la profilassi appropriata nei pazienti a rischio (ad esempio con farmaci e calza elastica).

La terapia anticoagulante riduce la frequenza delle recidive di embolia polmonare al 5% circa, e alcuni studi hanno scoperto che gli anticoagulanti riducono ancora di più questa percentuale di recidive.

Prevenzione dell’embolia polmonare e del tromboembolismo venoso acuto

Per prevenire una embolia polmonare, è necessario prevenire a monte la trombosi venosa profonda; la necessità di prevenzione dipende dai rischi del paziente. La prevenzione sarà tanto più necessaria quanto:

  • il paziente abbia subito un intervento chirurgico maggiore e sia allettato;
  • siano presenti condizioni di comorbilità e fattori di rischio, tra cui il cancro, l’obesità, il fumo di sigaretta, la sedentarietà, l’età avanzata (sopra i 60 anni), una degenza in ospedale superiore ai due giorni, il sesso maschile, la gravidanza e soprattutto i disturbi di ipercoagulabilità e di stasi venosa in particolare degli arti inferiori;
  • precedente anamnesi di trombosi venosa profonda, embolia polmonare e qualsiasi altro evento ischemico-trombotico (infarto del miocardio, ictus cerebrale…).

I pazienti costretti a letto e quelli sottoposti a procedure chirurgiche, specialmente ortopediche (tipicamente frattura di anca e femore), possono trarne beneficio e la maggior parte di questi pazienti può essere individuata prima che il trombo si formi. Le misure preventive comprendono:

  • basse dosi di eparina non frazionata;
  • eparina a basso peso molecolare;
  • warfarin;
  • fondaparinux;
  • anticoagulanti orali (ad esempio rivaroxaban, apixaban),
  • dispositivi di compressione;
  • calze elastiche compressive.

La scelta del farmaco o del dispositivo dipende da vari fattori, tra cui popolazione di pazienti, rischio percepito, controindicazioni (in particolare da valutare il rischio emorragico in caso di paziente con recente operazione chirurgica), costi relativi e facilità d’uso. Il punteggio di Caprini è comunemente utilizzato per la stratificazione del rischio di trombosi venosa profonda e la determinazione della necessità di una profilassi per trombosi venosa profonda in pazienti chirurgici.

Terapie farmacologiche per la prevenzione dell’embolia polmonare

La terapia farmacologica per prevenire la trombosi venosa profonda è generalmente iniziata dopo l’intervento chirurgico per aiutare a prevenire il sanguinamento intraoperatorio. Tuttavia, anche la profilassi preoperatoria è efficace. Nei pazienti di chirurgia generale si somministra eparina non frazionata a basse dosi in dosi di 5000 unità sottocute ogni 8-12 h per 7-10 giorni fino alla ripresa completa della deambulazione del paziente. I pazienti immobilizzati non sottoposti a intervento devono ricevere 5000 unità sottocute ogni 8-12 h fino a completa mobilizzazione. Il dosaggio di eparina a basso peso molecolare per profilassi di trombosi venosa profonda dipende dal farmaco specifico (enoxaparina, dalteparina, tinzaparina). Le eparine a basso peso molecolare sono efficaci almeno quanto una bassa dose di eparina non frazionata per prevenire trombosi venosa profonda ed embolia polmonare. Il fondaparinux 2,5 mg sottocute 1 volta/die è efficace quanto l’eparina a basso peso molecolare per la chirurgia ortopedica e in alcuni altri scenari. È un inibitore selettivo del fattore Xa. Il warfarin è solitamente efficace e sicuro alla dose di 2-5 mg per via orale 1 volta/die o a una dose adeguata per mantenere un rapporto internazionale normalizzato (INR) di 2-3 nei pazienti che hanno subito una sostituzione totale dell’anca o del ginocchio. Il rivaroxaban, un inibitore orale del fattore Xa, viene utilizzato per la prevenzione della trombosi venosa profonda acuta/embolia polmonare in pazienti sottoposti ad artoplastica totale di ginocchio o anca. La dose è 10 mg per via orale 1 volta/die. Il suo uso in altri pazienti (chirurgici e non) è attualmente sotto inchiesta. L’apixaban, un altro inibitore orale del fattore Xa, viene utilizzato anche per la prevenzione della trombosi venosa profonda acuta/embolia polmonare in pazienti sottoposti ad artoplastica totale di ginocchio o anca. La dose è di 2,5 mg per via orale 2 volte/die. Come il rivaroxaban il suo uso in altri tipi di pazienti è attualmente oggetto di studio.

Dispositivi profilattici per embolia polmonare

Filtri cavali, compressione pneumatica intermittente (anche noto come dispositivo di compressione sequenziale) e calze elastiche compressive graduate possono essere usati da soli o in combinazione con i farmaci per prevenire l’embolia polmonare. Se questi dispositivi sono usati da soli o in combinazione dipende dalla specifica indicazione. Un filtro cavale inferiore può aiutare a prevenire un’embolia polmonare in pazienti con trombosi venosa profonda delle gambe, ma il posizionamento del filtro cavale inferiore può generare complicanze a lungo termine. I benefici superano i rischi se si prevede un 2o episodio di embolia polmonare potenzialmente fatale; tuttavia sono disponibili pochi trial clinici. Un filtro è più chiaramente indicato nei pazienti che hanno:

  • anamnesi di tromboendarterectomia polmonare;
  • trombosi venosa profonda ricorrente (o embolia ricorrente) nonostante un’adeguata terapia anticoagulante;
  • diagnosi certa di trombosi venosa profonda e controindicazioni alla terapia anticoagulante;
  • funzione cardiopolmonare marginale.

Per approfondire:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Versamento pleurico, scompenso cardiaco, neoplastico, conseguenze

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA DRENAGGIO TORACE GABBIA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONICon versamento pleurico si intende una raccolta di liquido nel cavo pleurico superiore a quella fisiologicamente presente (10-20ml). La prevalenza di versamento pleurico negli stati industrializzati è di 320 casi ogni 100.000 abitanti, mentre l’incidenza negli USA è stimata intorno a 1.300.000 nuovi casi per anno. Le malattie che rappresentano più del 90% delle cause di versamento pleurico sono lo scompenso cardiaco, le malattie infettive polmonari, le malattie neoplastiche polmonari e l’embolia polmonare.

Cause

Il versamento pleurico si verifica o per un’aumentata produzione di liquido o per un inadeguato smaltimento. Moltissime malattie sono in grado di interferire con questi due processi; in particolare si riconoscono 2 grandi gruppi di patologie, in base alla capacità di dare un versamento di tipo essudatizio o trasudatizio.

Profilo clinico e semeiotica

I segni e i sintomi apprezzabili in corso di versamento pleurico sono strettamente correlati alla patologia di base; in relazione all’entità del versamento, il soggetto mostrerà dispnea, dolore toracico, cianosi, anemia e febbre. I segni apprezzabili all’esame obiettivo sono (nel polmone colpito):

  • Fremito vocale tattile diminuito
  • Murmure vescicolare diminuito
  • Soffio pleurico

Un reperto estremamente suggestivo di versamento pleurico è l’ottusità plessica che può comparire anche associata ottusità mobile e declive demarcata dalla linea di Damoiseau-Ellis valutabile con la percussione.

Profilo diagnostico e correlazioni clinico-patologiche

Nel soggetto con un quadro anamnestico ed obiettivo compatibile con il versamento pleurico, l’esame di primo livello è rappresentato dalla radiografia del torace che mostra la presenza di liquido declive e radiopaco nel polmone colpito. La TAC è invece un esame di secondo livello utilizzato nei casi in cui si voglia identificare un quadro peculiare o la patologia causale sottostante.

Analisi del liquido pleurico

Una volta raccolto il liquido pleurico attraverso la toracentesi si deve procedere all’analisi del liquido pleurico, procedura in grado di discriminare tra liquido essudatizio e trasudatizio. I reperti suggestivi per l’origine essudativa sono:

  • Rapporto tra le proteine presenti nel liquido pleurico e le proteine sieriche maggiore di 0,5
  • Rapporto tra LDH del liquido pleurico e LDH sierica maggiore di 0,6
  • Valore LDH del liquido pleurico superiore di più dei due terzi del valore dell’LDH sierica.

Nei casi in cui sia ancora dubbia la natura del liquido può essere opportuno valutare il gradiente tra l’albumina siericae l’albumina nel liquido pleurico; se il gradiente è superiore a 1,2 mg/dl si può ragionalmente ritenere che il liquido sia di origine trasudatizia.

Versamenti pleurici trasudatizi

I versamenti pleurici trasudatizi (detti anche idrotorace) più comuni sono dovuti a

  • insufficienza cardiaca congestizia;
  • cirrosi epatica;
  • embolia polmonare;
  • sindrome nefrosica;

Versamento pleurico di origine cardiaca: questo tipo di versamento è dovuto al fatto che la parte di liquido in eccesso negli spazi polmonari interstiziali fuoriesce nel cavo pleurico e si deposita nella zone declivi. Il versamento è quasi sempre bilaterale e di pari dimensioni nei due emitoraci; la diagnosi è supportata dal quadro anamnestico che testimonia la presenza di insufficienza cardiaca. Il versamento tende a risolversi spontaneamente in seguito alla somministrazioni di diuretici.

Versamento da cirrosi epatica: tale versamento si reperta nel 5% dei pazienti con ascite. La patogenesi è innescata, oltreché dalla ipoalbuminemia, dalla comunicazione attraverso piccole lacune diaframmatiche tra peritoneo e pleura (nel qual caso il versamento si chiama idrotorace epatico). Il quadro radiologico mostra tipicamente un interessamento più intenso del emitorace destro accompagnato da una grave dispnea.

Versamento da embolia polmonare: tale versamento può essere sia essudatizio (più frequente) che trasudatizio. Reperti tipici sono la presenza di versamento monolaterale in un soggetto in cui è comparsa dispnea improvvisa e con quadro scintigrafico e radiologico compatibile.

Versamento da sindrome nefrosica: tale versamento si riscontra frequentemente nei paziente con grave edema e stato anasarcale. Riscontrare una proteinuria superiore a 3-3,5 g/l con oliguria od altri parametri che orientino verso la patologia renale, unitamente alla presenza di idropericardio e idroperitoneo, sono reperti più che sufficienti per porre diagnosi di stato anasarcale dovuto a sindrome nefrosica.

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Versamenti pleurici essudatizi

I versamenti pleurici essudatizi più comuni sono dovuti a

  • polmonite batterica (versamento parapneumonico);
  • neoplasie maligne;
  • infezioni virali;
  • embolia polmonare.

Versamento parapneumonico: con questa dizione si fa riferimento al versamento pleurico in corso di polmonite di natura batterica, causa più frequente di versamento negli USA. Tale stretta relazione impone la ricerca di versamento pleurico ogni volta che si è verificata la presenza di polmonite, soprattutto se accompagnata a dolore toracico. Una raccolta pleurica saccata (non diffusa, limitata ad un sola sezione del cavo pleurico), un pH del liquido pleurico inferiore a 7,2 e una concentrazione di glucosio inferiore a 60 mg/dl sono dei reperti che assumono valore patognomonico se accompagnati dall’analisi microbiologica che attesti la presenza di batteri nelle colture e nei campioni isolati; nei casi in cui si ha raccolta di pus nel cavo pleurico si parla di piotorace o empiema pleurico. Un quadro particolare di infezione batterica è quella sostenuta da parte Mycobacterium tubercolosis; in tali casi si dovrebbe ricercare il bacillo nell’espettorato o rilativi antigeni nel siero del paziente.

Versamento pleurico secondario a neoplasie maligne: i tumori maligni che più comunemente danno versamento pleurico sono il tumore del polmone, il carcinoma della mammella e il linfoma. La diagnosi può essere posta ogni volta che si mostra un versamento in seguito a neoplasia toracica già precedentemente nota e all’analisi citologica liquido raccolto. Questo tipo di versamente rappresenta un fattore prognostico estremamente negativo, in quanto si associa con malattia neoplastica avanzata e non trattabile con chemioterapia. Il mesotelioma pleurico diffuso è un’altra condizione che molto frequentemente è associato a versamento pleurico.

Versamento pleurico secondario ad infezioni virali: moltissimi virus sono in grado di sostenere quadri polmonari con conseguente coinvolgimento pleurico; tra questi i più importanti sono il virus della varicella-zoster, gli Hantavirus, il Morbillivirus, i Paramyxovirus e gli Orthomyxovirus. I virus più comunemente isoltati nei versamenti pleurici e pericardici senza interessamento polmonare e cardiaco sono gli Echovirus e i Coxsackie virus. I soggetti con AIDS raramente hanno versamento pleurico; nel caso in cui si presente si deve ricercare il possibile ruolo del sarcoma di Kaposi.

Altre cause di versamento essudatizio: in corso di pancreatite è possibile rilevare un versamento pleurico con elevate concentrazioni di amilasi; tuttavia questo enzima può essere rilevabile nel liquido pleurico anche per rottura esofagea secondaria a traumi toracici.

Chilotorace

Un’entità clinico-patologica a sé stante è rappresentata dal chilotorace, spesso dovuto alla rottura del dotto toracico in seguito a tumori o traumi toracici. In questi casi la concentrazione di trigliceridi nel liquido pleurico è superiore a 110 mg/dl.

Emotorace

Si parla di emotorace quanto l’ematocrito del liquido pleurico è maggiore del 50% rispetto a quello del sangue periferico. Ogni causa in grado di ledere un vaso polmonare o un vaso pleurico può associarsi ad emotorace; frequentemente si riscontra in corso di neoplasie o traumi toracici.

Terapia

In tutti i casi di scarso versamento pleurico anamnesticamente trasudatizio, la terapia è sintomatologica, associando all’ossigenoterapia la somministrazione di un diuretico (soprattutto nei casi di insufficienza cardiaca); la terapia del versamento pleurico in corso di polmonite batterica è invece basata sull’uso di antibiotici quali le penicilline e le cefalosporine. Nei casi di batteri atipici e resistenti è necessario l’allestimento di un antibiogramma. I versamenti pleurici massivi complicati da gravi quadri sintomatologici (dispnea ingravescente) devono invece essere trattati con la toracocentesi o l’inserimento di un tubo di drenaggio. Nei soggetti con neoplasie in cui il versamento pleurico è recidivante può essere opportuno indurre la pleurodesi attraverso procedure come l’abrasione meccanica o anche talcaggio per via toracoscopica o attraverso infusione di doxiciclina.

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