Qual è l’errore più grave che facciamo a tavola?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO RISTORANTE MANGIARE CUCINA DIETA CIBO COPPIA AMOREFa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo“.

Lo diceva il grande Ippocrate di Cos quasi 2500 anni fa, e ci aveva visto giusto. Mangiare bene è la medicina migliore per vivere una vita lunga ed in salute; purtroppo però vale anche il contrario: mangiare “male” è il veleno migliore per vivere una vita ad alto rischio di svariate patologie. Molti mi chiedono cosa significhi “mangiare male”, ovviamente la risposta a questa domanda è molto articolata e complessa, tuttavia ci sono alcuni concetti che sono facilmente intuibili anche dai non addetti ai lavori, come ad esempio mangiare più calorie rispetto al nostro fabbisogno calorico, oppure assumere troppi grassi, o anche limitare le importantissime verdura ed acqua. Una delle mie risposte preferite è – senza dubbio – abusare del sodio, cioè del sale da cucina. E non sto parlando di inestetismi come cellulite e ritenzione idrica (dove il sale gioca comunque un ruolo importantissimo): parlo di un aumento del rischio di patologie cardiovascolari anche mortali, come ipertensione arteriosa, infarto del miocardio ed ictus cerebrale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non consumarne più di 2 grammi al giorno, ma i consumi medi globali di sodio sono assai superiori a questo limite. Lo ha appurato un gruppo di ricercatori della Tufts University, secondo i quali sarebbero attribuibili all’eccessiva assunzione di questo minerale, contenuto nel comune sale da cucina e in una miriade di prodotti alimentari, oltre un milione e mezzo di morti per malattie cardiovascolari all’anno.

“Si sa che un elevato apporto di sodio aumenta la pressione sanguigna, uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari”, spiega Dariush Mozaffarian, che ha condotto la ricerca i cui risultati sono apparsi sul New England Journal of Medicine. “Ma gli effetti di un eccessivo apporto di sodio sulle malattie cardiovascolari a livello globale per età, sesso e paese non erano ancora stati chiariti”. Così raccogliendo e analizzando dati provenienti da 205 indagini sul consumo di sodio in 187 paesi, che rappresentano i tre quarti della popolazione adulta del mondo, e abbinandoli ad altri dati nutrizionali globali è stato possibile calcolare l’assunzione del minerale a livello mondiale. I suoi effetti sulla pressione sanguigna e gli effetti della pressione sanguigna sulle malattie cardiovascolari sono stati determinati separatamente in una meta-analisi che ha consentito di stimare il numero di decessi dovuti a malattie cardiovascolari attribuibili a un consumo di sodio superiore ai 2 grammi al giorno.

I risultati impressionanti sono due. Il primo è che nel 2010 il livello medio dell’assunzione globale di sodio è risultata pari a 3,95 grammi al giorno, ovvero quasi il doppio di quanto raccomandato dall’Oms. Ma quanto sono 2 grammi di sodio? Corrispondono a circa 5 grammi di sale, più o meno la quantità contenuta in un cucchiaino da tè. A far lievitare i consumi quotidiani però non è tanto l’uso indiscriminato di sale come condimento, quanto la presenza nascosta di sodio in una miriade di prodotti dell’industria alimentare, dalle merendine ai salumi, dai formaggi al dado da brodo, dal tonno in scatola alla pizza. Non ha invece alcun ruolo nell’aumentare o diminuire i rischi il sodio eventualmente contenuto nell’acqua minerale, checché ne dica la pubblicità: si parla comunque di livelli risibili rispetto a quelli di uno qualunque degli alimenti citati e di molti altri.

La regione del mondo in cui i consumi medi sono più bassi, ma pur sempre superiori alle raccomandazioni dell’Oms, è l’Africa sub-Sahariana (2,18 g al giorno), quella dove sono più alti è l’Asia Centrale (5,51 g al dì). In totale sarebbero un milione e 650mila all’anno le morti per malattie cardiovascolari dovute all’assunzione eccessiva di sodio, ecco l’altro dato inquietante. “Questi 1,65 milioni di morti rappresentano circa una su 10 di tutte le morti per cause cardiovascolari nel mondo”, spiega Mozaffarian, che suggerisce la necessità di robuste politiche sanitarie per ridurre l’assunzione di sodio nella dieta negli Usa e nel resto del mondo.

Gli autori avvertono peraltro che i loro risultati usano stime basate su campioni di urina e i reali livelli di assunzione potrebbero risultarne sottostimati. Inoltre lo studio è incentrato sulle morti cardiovascolari e non può quindi riflettere la totalità dell’impatto del sodio sulla salute, che comprende un più alto rischio di malattie dei reni e di cancro allo stomaco, il secondo tumore per tasso di mortalità nel mondo.

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Cos’è un infarto e quanti tipi di infarto conosci?

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Ma quindi esistono diversi tipi di infarto, non solo quello “del cuore”?

Cominciamo con lo spiegare che la parola “infarto” significa necrosi tissutale (cioè morte delle cellule che compongono un dato tessuto) causata da ischemia (cioè diminuzione o assenza del flusso di sangue in quel tessuto). La diminuzione o assenza del flusso sanguigno è a sua volta causata da vari fattori, molto spesso da aterosclerosi  (cioè ostruzione del vaso sanguigno da parte di placche lipidiche) o da trombosi o da un embolo. Ricapitolando: l’ostruzione di un vaso sanguigno provoca il mancato afflusso di sangue ad un tessuto (ischemia) ed esso, se non viene ripristinato al più presto il flusso, andrà incontro a necrosi – cioè morirà – dal momento che le cellule che lo compongono sono rimaste senza sangue (e quindi senza ossigeno e nutrimento) troppo a lungo. Questo evento prende il nome di infarto. Dire “infarto” e dire “infarto del miocardio”, pur se usati spesso come sinonimi, non sono però la stessa cosa: è necessario chiarire che l’infarto del miocardio è una data tipologia di infarto, in cui l’ischemia, quasi sempre determinata da ostruzione delle arterie coronarie, colpisce il cuore.

Ischemia ed infarto sono sinonimi?

No, non lo sono. “Ischemia” indica diminuzione della perfusione ematica, mentre “infarto” indica la morte del tessuto provocata da una prolungata ischemia. E’ importante ricordare che non tutte le ischemie determinano necessariamente un infarto: se il flusso di sangue viene ripristinato molto rapidamente, il tessuto potrebbe non subire alcun danno permanente; se invece il flusso ematico NON viene ripristinato rapidamente o non viene ripristinato affatto, il danno tissutale sarà probabilmente permanente e, spesso, determinerà il decesso del paziente. Il tempo in cui il danno necrotico si instaura, dipende non solo dalla causa della mancata perfusione (ostruttiva o non ostruttiva, acuta o cronica) ma anche dal metabolismo soggettivo di ogni tessuto: più un organo ha bisogno di sangue per sopravvivere, più velocemente andrà in necrosi in caso di ischemia.

Vari tipi di infarto

A seconda del tessuto che rimane privo del necessario afflusso sanguigno, l’infarto prende un nome diverso. Se ad esempio è il tessuto intestinale ad andare incontro a necrosi, allora si parla di infarto intestinale; se invece vi è necrosi di tessuto cerebrale, si parlerà di infarto cerebrale (o ictus cerebrale). Quando ad essere ostruiti sono uno o più rami dell’arteria polmonare, si parlerà di infarto polmonare. Se l’interruzione del flusso arterioso avviene a livello dell’arteria renale, a rimanere senza nutrimento è il rene con conseguente ischemia renale ed infarto renale. Questi tipi di infarto sono tra i più diffusi (tranne quello renale, più raro), ma abbiamo dimenticato il più diffuso, cioè…

L’infarto del miocardio

Si parla di infarto del miocardio quando il tessuto interessato da necrosi è il miocardio. Cos’è il miocardio? E’ il muscolo cardiaco che in questo momento permette al vostro sangue di circolare nel vostro corpo. Il cuore è un muscolo, ricordiamocelo!
All’inizio dell’articolo dicevo che quando comunemente si usa la parola “infarto”, è praticamente ovvio che ci stiamo riferendo all’infarto del miocardio. Perché ciò avviene? Semplice: l’infarto del miocardio è l’infarto più diffuso, quindi ormai, nell’uso comune, “infarto” ed “infarto del miocardio” sono praticamente dei sinonimi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Colesterolo alto: come abbassarlo con i “cibi SI”e tenerlo sotto controllo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO HAMBURGER PATATINE FRITTE PATATE PANINO FAST FOOD JUNK FOOD FRITTI DIETA DIMAGRIRE GRASSI (4)Molti sono i fattori che possono incidere sulla quantità di colesterolo nel sangue: l’età, il sesso, la mancanza di attività fisica, il fumo, lo stato di salute generale e per le donne la menopausa. Gli alimenti hanno un ruolo molto importante per mantenere sano il cuore, si parla di quelli da consumare con parsimonia, dal burro alla carne rossa, ma poco si sa degli alimenti da inserire nella dieta di tutti i giorni per prevenire l’innalzamento dei valori del colesterolo. Vediamo qui di seguito le virtù e i difetti dei principali alimenti.

I “Cibi Sì”

I legumi

Sono l’alimento vegetale più ricco di proteine, anche se il loro apporto proteico non è paragonabile a quello della carne o del pesce. Tuttavia il loro abbinamento con i cereali (grano, orzo, avena e riso…) ne valorizza e completa il quadro proteico, come dimostra la tradizione dei popoli del mondo: in oriente riso e soia o azuki, mais e fagioli rossi in Messico, pasta e fagioli in Italia.

Come consumarli

Sia allo stato fresco che allo stato secco. Ovviamente i legumi freschi, rispetto a quelli secchi, hanno una percentuale di acqua molto superiore (dal 60 al 90% contro il 10-13%) e quindi a parità di peso hanno un contenuto inferiore a livello proteico, glucidico e calorico. Quando sono freschi dunque non si differenziano di molto dalle verdure fresche. Molto più interessanti per il loro valore nutrizionale si rivelano invece i legumi secchi, ricchi di proteine, carboidrati e sali minerali (calcio, fosforo) ma anche di ferro, zinco, magnesio e piccole quantità di vitamine B1,B2, PP, A, E. Oltre ad essere un alimento con molte proprietà nutrizionali, i legumi sono sempre più presi in considerazione dai nutrizionisti per le qualità extranutrizionali. Grazie alla presenza di particolari fibre (come le pectine) sono sicuramente uno dei migliori alleati naturali per diminuire i livelli di colesterolo nel sangue. Inoltre, questi preziosi semi contengono particolari sostanze come le saponine, che legano il colesterolo e ne facilitano l’eliminazione, impedendone in questo modo l’assorbimento.

Come evitare alcuni possibili inconvenienti

Come è stato già detto, è importante abituare l’intestino ai legumi gradatamente, in modo tale da far crescere i nuovi enzimi in grado di compiere il delicato lavoro di digestione. Si possono inizialmente usare legumi decorticati, come le lenticchie rosse, che non hanno la fibra esterna ricca di zuccheri indigesti. Queste si possono usare per preparare delle zuppe a base di verdure e patate che hanno una funzione addensante. Successivamente e gradatamente si possono aggiungere i legumi con il rivestimento esterno, come ceci o fagioli in una minestra oppure ad un’insalata di riso o di verdure, per poi passare a veri e propri secondi piatti.

La cottura dei legumi secchi

Regola di fondamentale importanza per ottenere un buon risultato è quella di mettere i legumi a bagno in acqua fredda per qualche ora o addirittura tutta la notte (vedi tabella) perché questi semi, oltre che di proteine, sono ricchi anche di amidi, che se non hanno assorbito acqua a sufficienza, rischiano di compromettere la buona cottura dei legumi che rimarranno duri. Durante l’ammollo è meglio cambiare spesso l’acqua perché in acqua si perdono delle sostanze che ostacolano l’assorbimento di alcuni sali minerali come il ferro. Un buon risultato è garantito oltre che da un adeguato tempo di ammollo, anche da una cottura lenta e graduale. È consigliabile poi aggiungere all’acqua fredda di cottura, erbe aromatiche come salvia, rosmarino, timo, alloro, che oltre ad apportare sostanze antiossidanti e sali minerali, aiutano a digerire meglio i legumi ed a ridurre la comparsa di fastidiosi gas intestinali. Per rendere i legumi morbidi aggiungere il sale verso la fine della cottura. Attenzione poi all’età dei legumi: se troppo vecchi non arriveranno mai a reidratarsi nel modo giusto per quanto bicarbonato si aggiunga in cottura o in ammollo.

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Gli omega-3, amici del cuore e non solo

Non tutti i grassi sono nemici della salute, quelli contenuti nel pesce ne sono un chiaro esempio. Il pesce contiene grassi di qualità superiore (omega-3) e anche in minor quantità rispetto agli altri prodotti di origine animale. Basta pensare che i grassi contenuti in 100 g di mozzarella, sono uguali a quelli di 6,50 Kg di merluzzo. Numerosi studi confermano il ruolo positivo del pesce nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, e nel controllo del livello di colesterolo e trigliceridi nel sangue. Infatti i grassi contenuti nel pesce hanno un alto potere antinfiammatorio, favoriscono la fluidificazione del sangue, abbassano il tasso dei trigliceridi nel sangue, svolgono un’azione antitrombotica e sono dei buoni antiaritmici. Il pesce più ricco di omega-3 è quello azzurro, quello che vive nei paesi freddi e quello selvatico (es. alici, sarde, sgombri). Gli acidi grassi omega-3 sono presenti solo in pochi organismi vegetali: oltre che nelle alghe si trovano anche nei semi di lino, nella soia, nelle noci e in diverse erbe selvatiche. Il pesce si è rilevato, inoltre, un valido alleato per chi ha difficoltà a mantenere il peso forma: è un alimento poco calorico rispetto alle altre fonti proteiche, come evidenziato da questi esempi:

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Contrariamente a quello che si crede, il pesce (soprattutto quello di mare) ha lo stesso valore proteico della carne bovina, in quanto contiene le stesse quantità di aminoacidi essenziali, quelli che il nostro organismo non riesce a sintetizzare, ma ricava solo attraverso la dieta. Le fibre del pesce contengono più acqua e meno tessuto connettivo rispetto alla carne, rendendolo così un alimento molto digeribile, adatto a tutti, dagli anziani ai bambini.

Come cucinare il pesce

Per i motivi appena spiegati, il pesce dovrebbe avere un posto di primo piano nella nostra dieta ed essere presente da due a tre pasti ogni settimana. La scarsa informazione sul valore nutrizionale e l’idea molto diffusa, a torto, che il pesce sia difficile da cucinare fanno sì che questo alimento sia poco consumato dagli italiani. Per valorizzare al meglio le proprietà dietetiche del pesce e soprattutto la sua digeribilità, è meglio utilizzare tecniche di cottura leggere e condimenti con pochi grassi. Con il caldo estivo è da preferire la cottura alla griglia, veloce, pratica e nello stesso tempo leggera. Altrettanto sane e gustose sono le cotture al cartoccio, al forno ed alla crosta di sale, che sfruttano il normale contenuto di grassi del pesce e che sono poco impegnative e rapide. La bollitura, altra tecnica di cottura usata per preparare il pesce, è da preferire per le zuppe, perché diversamente si rischia di perdere in acqua importanti nutrienti. La frittura, senza dubbio saporita, rende il pesce molto più calorico e poco digeribile, ed è consigliabile solo occasionalmente.

I Cibi “No”

Burro e Margarina

Burro e margarina sono due prodotti che spesso vengono messi sotto accusa, soprattutto quando si parla di patologie del cuore. Per mantenere il cuore sano, tutti i nutrizionisti sono d’accordo nel dire che è meglio cucinare e condire con l’olio extravergine d’oliva, piuttosto che con i grassi solidi. Bisogna essere morigerati e usarne il meno possibile, ma questo non significa rinunciare ad una fetta di dolce natalizio, ad una cena al ristorante o ancora ad un momento di festa. In piccole quantità, soprattutto a crudo, il burro può completare un piatto e renderlo molto saporito. Questo condimento, che nasce dalla panna, contiene meno calorie dell’olio a parità di peso, ma al contrario di questo è ricco di grassi animali e di colesterolo. La margarina, considerata un’alternativa al burro, può essere a base di grassi idrogenati, ottenuti da oli liquidi che con l’aggiunta di atomi di idrogeno si trasformano in sostanze solide, o non idrogenati, ottenuti separando la parte satura (più dannosa) da quella insatura (parte buona) di una sostanza grassa. È consigliabile evitare quanto più possibile gli alimenti che contengono grassi idrogenati e non idrogenati, accertandone la presenza in biscotti, dolci, merendine, prodotti da forno confezionati, gelati. Tra la margarina ed il burro, è meglio scegliere il burro, da utilizzare comunque in piccole quantità.

Grassi vegetali

Con il termine grassi si identificano quelle sostanze che a temperatura ambiente si trovano allo stato solido e che sono ricchi di acidi grassi saturi (dannosi). Questi ultimi sono anche noti come grassi animali (contenuti in carne, latte, formaggio…), purtroppo non si trovano solo in questi cibi, ma anche in prodotti da forno confezionati quali merendine, biscotti, snack salati, etc. Sulle etichette di molti prodotti si trova spesso riportata la scritta “grassi vegetali” (in genere olio di cocco e di palma). La scritta “vegetale” può trarre in inganno, perché ci fa pensare a qualcosa di leggero. Questi, soprattutto l’olio di cocco, contengono una quantità di grassi saturi superiore a qualsiasi altro grasso animale, in grado anch’essi di contribuire ad innalzare il colesterolo pur essendo d’origine vegetale. Quindi non sempre ciò che è vegetale è sano e non tutto ciò che è animale è sempre dannoso (es. pesce).

Il sale

Il consumo quotidiano consigliato si aggira intorno ai 2-3 grammi, mentre nella pratica comune si arriva a consumarne anche 6 grammi; basti pensare non solo al sale che aggiungiamo al cibo, ma anche e soprattutto a quello che si trova negli alimenti conservati, nei formaggi soprattutto se salati e negli insaccati. Oltre che alla quantità bisogna anche considerare la qualità: non tutto il sale è uguale. C’è una grande differenza tra quello che può essere il sale marino integrale rispetto al comune sale da cucina raffinato. Il sale che compare più spesso sulle nostre tavole è quello raffinato, cioè privato del magnesio, dello iodio e dei moltissimi oligoelementi necessari al nostro organismo. In questo caso ci troviamo di fronte a percentuali altissime di cloruro di sodio (anche il 96%), come il Salgemma, a cui vengono poi aggiunte sostanze contro l’umidità e la formazione di grumi. Anche il processo di essiccazione riveste la sua importanza. Per abbreviare i tempi di lavorazione molti produttori di sale marino integrale, essiccano i loro prodotti in forni speciali, dove il sale può essere sottoposto fino a temperature di 1200°C; in questo caso il cloro evapora e si crea un disequilibrio tra i vari elementi. Per garantire tutte le sue proprietà il sale dovrebbe essere essiccato per alcuni mesi in ambienti areati, dal clima caldo e secco. Un buon sale marino integrale, che presenta tutte queste caratteristiche lo si può tranquillamente trovare nei negozi di alimenti naturali. Anche se usiamo del sale di buona qualità, la regola non cambia: bisogna cercare di usarne poco, in quanto un consumo eccessivo di sale può favorire l’insorgenza di diversi disturbi come l’ipertensione arteriosa, disturbi renali, perdita di calcio (osteoporosi) e maggior rischio di tumore allo stomaco.

Come fare per usarne poco

Occorre ricordare che l’uso del sale può essere sostituito dalla presenza di spezie ed erbe aromatiche, che apportano sapore e gusto pur essendo meno pericolose per l’organismo. In commercio si possono trovare sotto diverse forme e preparati: intere: sono le migliori perché mantengono sicuramente il loro aroma per molto tempo, a patto naturalmente che vengano ben conservate; in polvere: possono essere interessanti dal punto di vista della praticità, ma purtroppo il loro aroma tende ad essere disperso più facilmente; estratti: si rischia però di trovare in questi preparati aromi di sintesi e non estratti naturali. Se tenute con cura non irrancidiscono facilmente e non perdono rapidamente né il loro aroma nè tanto meno il sapore. Questi tipi di aromi non sono da confondersi con l’uso di preparati per gli arrosti o per il pesce, in cui è stata aggiunta una certa quantità di sale nella loro composizione. Inoltre, è da ricordare che, riducendo il sale, gradatamente ci si abituerà a consumarne meno. Attenzione anche al dado da cucina, sicuramente molto pratico, ma spesso ricco di sale e grassi. Naturalmente occorre accostare ad ogni alimento la sua spezia o erba aromatica, ma in questo non esistono regole precise, perché molto dipende dal gusto personale. Qui di seguito vengono dati alcuni esempi di accostamento.

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Peso Dieta Sessuologia PSA Pene Laser Filler Rughe HDL LDL Botulino COME ABBASSARE IL COLESTEROLO 04

FONTE DI QUESTO ARTICOLO: https://www.fondazioneserono.org/oncologia/consigli-alimentazione-malati-tumore/alimenti-anti-tumore/come-tenere-sotto-controllo-il-colesterolo/

I migliori prodotti per abbassare il colesterolo e dimagrire

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, che sono estremamente utili per abbassare il colesterolo e dimagrire, fattori che diminuiscono il rischio di ipertensione, ictus cerebrale ed infarto del miocardio:

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