Trattamento del diabete mellito: esercizio fisico e follow up

MEDICINA ONLINE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA MELLITO TIPO 1 2 CURA OBESITA GRASSO DIETA DIMAGRIRE PANCIAIl diabete mellito abbreviato DM è una forma di diabete ovvero un gruppo di disturbi metabolici accomunati dal fatto di presentare una persistente instabilità del livello glicemico del sangue, passando da condizioni di iperglicemia, più frequente, a condizioni di ipoglicemia.

Trattamento

Le linee guida per attuare una razionale terapia in caso di DM non complicato prevedono l’adozione da parte del paziente di uno stile di vita (dieta ed esercizio fisico) adeguato e funzionale al trattamento farmacologico impostato. Senza voler prescindere dall’importanza di una dieta con apporto limitato di zuccheri semplici, studi recenti individuano come una precoce terapia insulinica possa scongiurare una progressione del diabete di tipo 2 in una percentuale maggiore che non gli ipoglicemizzanti orali. Molti studi hanno evidenziato l’importanza del cambiamento dello stile di vita nelle persone affette da diabete mellito, inoltre sembra che l’allattamento al seno riduca la possibilità di sviluppare il diabete da adulti. Un regime dietetico in cui i rapporti tra carboidrati, proteine, acidi grassi saturi e insaturi siano ben controllati è fondamentale affinché la terapia farmacologica riesca a controllare efficacemente la glicemia.

  1. Contrariamente a quanto avveniva in passato, non si prescrivono più regimi nutrizionali ipoglucidici, ma si ritiene che l’apporto di carboidrati debba costituire il 50-55% del totale giornaliero di calorie, l’apporto di grassi circa il 30% (cercando di ridurre i grassi saturi a meno del 10%) e l’apporto proteico intorno al 10-20% (non più di 0,8-1 gr/kg/die).
  2. L’alcool va assunto in quantità modesta se il paziente è ben compensato; è assolutamente sconsigliato nei pazienti in sovrappeso, con livelli di glicemia non ottimali nonostante la terapia, nei pazienti con ipertrigliceridemia.
  3. Ultimamente si è dimostrato che le fibre, in quantità di 20-30 gr/die, sono utilissime nel controllo glicemico, dei trigliceridi, del peso corporeo attraverso un aumento del senso di sazietà. Un diabetico deve quindi incrementare l’assunzione di frutta, verdura e cereali(soprattutto integrali).

Anche alcuni composti di derivazione naturale, spesso derivati da piante officinali, hanno mostrato in degli studi di esercitare un effetto positivo nel controllo della glicemia, specie se concomitante ad altre sindromi metaboliche, ma per ora per nessuno di essi si sono raggiunte sufficienti evidenze da essere raccomandati nelle linee guida ufficiale per il trattamento della patologia. Tra questi vi sono l’inositolo, gli estratti di Jiaogulan, il sulforafano, la lagerstroemia speciosa.

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Esercizio fisico

Il diabetes prevention program, (DPP, letteralmente il programma di prevenzione del diabete) ha dimostrato che un modesto esercizio fisico giova soprattutto alla forma DM2 nella maggioranza dei casi indicando come un esercizio fisico della durata di 30 minuti circa per 5 giorni alla settimana possano produrre effetti positivi, sia a livello di prevenzione che per quanto riguarda il ritardarsi dei possibili effetti. A meno che non sia controindicato per la coesistenza di altre patologie, l’esercizio riduce l’intolleranza al glucosio (migliorando la sensibilità all’insulina) e diminuisce i fattori di rischio cardiovascolari. La diminuzione del peso conseguente all’esercizio svolto è un altro incentivo visto che la riduzione del peso corporeo è un intervento basilare nella terapia del diabete di Tipo 2. L’effetto positivo lo si riscontra in entrambi i sessi e a qualunque età. Contrariamente a quanto si può pensare capita che durante lo sforzo fisico la glicemia aumenti. Ciò che accade è che durante l’attività ormoni come l’adrenalina e il glucagone vengono prodotti causando perciò un aumento della glicemia. Prima e/o dopo l’attività sportiva potrebbe essere opportuno diminuire l’insulina in quanto lo sforzo fisico aiuta la funzione dell’insulina, si calcola infatti che sotto sforzo l’azione dell’insulina sia potenziata del 20/30%. Basandosi sulle indicazioni del proprio medico curante ed eventualmente sui riscontri glicemici è quindi necessario apportare i dovuti cambiamenti alla terapia insulinica tenendo conto di tali informazioni.

 

Follow up

Il controllo continuo della terapia è obbligatorio nel DM in quanto il paziente rischia di non rendersi conto dell’eventuale inadeguatezza della terapia o della dieta, essendo il DM patologia che decorre asintomatica per lungo tempo. Classicamente il follow-up lo esegue il paziente stesso attraverso il glucometro: effettuando una serie di dosaggi del proprio livello glicemico durante tutta la giornata (eventualmente anche durante la notte), verifica che i valori siano correttamente mantenuti dalla terapia in atto. A queste si può associare (soprattutto al risveglio mattutino, ma anche nel corso di tutta la giornata) il dosaggio, mediante stick reattivi, di glucosio e corpi chetonici eventualmente contenuti nelle urine. Il paziente deve verificare la correttezza del regime terapeutico adottato e del proprio stile di vita ed il medico ha l’obbligo e il diritto di verificare l’efficacia dei presidi messi in atto; proprio per questo ai controlli quotidiani si associa un controllo periodico di tipo ambulatoristico-strumentale della emoglobina glicata e delle proteine plasmatiche glicate (riunite sotto il termine “fruttosamina”). Questi dosaggi si basano sul legame irreversibile e non enzimatico (glicazione) glucosio-emoglobina e glucosio-proteine plasmatiche che avviene proporzionalmente al livello glicemico. L’emoglobina ha una lunga emivita (circa 120 giorni) e si è visto che la sua glicazione rispecchia l’andamento glicemico delle ultime 6-8 settimane. Per quanto riguarda la fruttosamina, essa riflette l’andamento metabolico degli ultimi 10-15 giorni.

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Diabete mellito: come si forma la malattia?

MEDICINA ONLINE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA MELLITO TIPO 1 2 CURA TERAPIA FARMACI STUDIO ANALISI SANGUE.jpgIl diabete mellito abbreviato DM è una forma di diabete ovvero un gruppo di disturbi metabolici accomunati dal fatto di presentare una persistente instabilità del livello glicemico del sangue, passando da condizioni di iperglicemia, più frequente, a condizioni di ipoglicemia. La patogenesi del diabete mellito non è ancora chiarita completamente ma molti meccanismi sono certamente noti.

Il metabolismo del glucosio

Il glucosio rappresenta la più importante fonte di energia per le cellule del nostro organismo e proprio per questo, oltre ad essere utilizzato immediatamente, viene anche immagazzinato in riserve di glicogeno. Il glucosio, dunque, dal sangue (nel quale viene disciolto dopo il processo di digestione degli alimenti) deve essere trasportato all’interno delle cellule per essere utilizzato e immagazzinato.

L’insulina è il principale ormone che regola l’ingresso del glucosio dal sangue nelle cellule (principalmente le cellule muscolari e adipose; non nelle cellule del sistema nervoso), il deficit di secrezione insulinica o l’insensibilità alla sua azione sono proprio i due meccanismi principali attraverso cui si espleta il DM. La gran parte dei carboidrati nel cibo viene convertita entro un paio di ore in glucosio. L’insulina è prodotta dalle cellule β del pancreas come esatta risposta all’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue (per esempio dopo un pasto), le cellule β del pancreas sono infatti stimolate dagli alti valori di glicemia e inibite dai valori bassi.

Se la disponibilità di insulina è insufficiente (deficit di insulina) o se le cellule rispondono inadeguatamente ad essa (insulinoresistenza) o se l’insulina prodotta è difettosa, il glucosio non può essere efficacemente utilizzato dal nostro organismo: la conseguenza di ciò è uno stato di carenza di glucosio nei tessuti con elevati valori nel torrente sanguigno.

Quando la glicemia a digiuno supera i 126 mg/dl si parla di DM, mentre per valori compresi tra 110 e 125 mg/dl si parla di “alterata glicemia a digiuno” (fattore di rischio per la futura comparsa di DM). Il glucosio compare nelle urine (glicosuria) per valori di glicemia maggiori di 180/200 mg/dl.

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Resistenza all’insulina

La ridotta capacità dell’insulina di agire in maniera efficace sui tessuti bersaglio (muscoli e fegato) è la caratteristica principale del DM di tipo 2 e viene chiamata insulinoresistenza. Si tratta di una resistenza “relativa” in quanto livelli sovrafisiologici di insulinemia provocano una normalizzazione della glicemia. Si ritiene che questo tipo di resistenza sia dovuto a difetti post-recettoriali, per la precisione sembra coinvolto il gene IRS-1, indispensabile per la sintesi delle proteine IRS coinvolte in una serie di vie metaboliche che in ultima istanza promuovono l’ingresso del glucosio nelle cellule diminuendo così la glicemia.

La resistenza cronica all’insulina è definita come un fabbisogno giornaliero di insulina superiore a 200 Ui per parecchi giorni in assenza di infezione o chetoacidosi.
Le cause più comuni sono rappresentate dall’obesità e da anticorpi antinsulina di tipo IgG. La conseguenza più importante è il mancato controllo della glicemia.
In quasi tutti i pazienti diabetici, entro i 60 giorni dall’inizio della terapia insulinica, si sviluppano anticorpi. Si pensa che il loro legame all’insulina sia la causa più importante di severa resistenza, ma la correlazione fra il titolo anticorpale e la resistenza non è sempre stretta. Studi recenti individuano come una precoce terapia insulinica possa scongiurare una progressione delle due forme di diabete, per questo l’assunzione di zuccheri deve essere diminuita.

Alterazioni della secrezione insulinica

Nel momento in cui si instaura una insulino-resistenza si ha inizialmente un aumento compensatorio di secrezione di insulina (iperinsulinemia) da parte delle cellule β pancreatiche, tuttavia la patologia ha un decorso ingravescente che porta a una vera e propria insufficienza dei meccanismi di compenso. Nella patogenesi del progressivo deficit della secrezione insulinica hanno un ruolo determinante la necrosi e l’apoptosi della cellule beta, alle quali concorrono la dislipidemia (lipotossicità) e la iperglicemia cronica (glucotossicità), attraverso meccanismi biochimici complessi, che, tra l’altro, provocano un aumento della produzione di radicali liberi (stress ossidativo), un disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa mitocondriale e alterazioni del reticolo endoplasmatico (stress reticolare).

Aumento della produzione epatica di glucosio

Come si vedrà in seguito, il DM provoca un aumento di corpi chetonici in circolo, ciò metabolicamente equivale allo sviluppo di una ingannevole condizione di “digiuno cronico” (anche se il paziente si nutre normalmente): in condizioni di digiuno si assiste a un aumento della glicogenolisi (liberazione di riserve glucidiche) e gluconeogenesi (sintesi ex novo di glucosio). Tutto ciò provoca un ulteriore peggioramento dello stato di iperglicemia.

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Indice glicemico: perché è importante per il paziente diabetico

MEDICINA ONLINE POLENTA CIBO MANGIARE GLICEMIA DIABETE MELLITO DIABETICO PRANZO RICETTA CARBOIDRATIPerché è importante prestare attenzione all’indice glicemico degli alimenti, specie per il paziente con diabete mellito?
E’ molto importante tenere conto dell’indice glicemico degli alimenti, vale a dire della capacità di un alimento di aumentare il valore della glicemia indipendentemente dalla quantità di glucosio che contiene.

La presenza di glucosio in un alimento può essere trasferita al sangue in modo molto differente da un alimento a un altro indipendentemente dalla quantità presente nell’alimento stesso. Per esempio, un pane ricco di fibra come quello integrale tende ad alzare meno la glicemia (e quindi ha un indice glicemico più basso) di quello bianco perché parte dello zucchero resta legato alla fibra che non viene assorbita.

Sebbene il riso e la pasta abbiano una quantità di zuccheri simili (80% il riso e 70% la pasta). i granuli di amido del riso sono più piccoli e composti da un tipo di amido più facilmente digeribile e assorbibile e quindi l’indice glicemico sale da 61 per la pasta a 117 per il riso brillato mentre per quello integrale scende a 81 (si considera il pane bianco come riferimento con un indice glicemico pari a 100). Ma la cottura stessa della pasta può ridurre l’indice a glicemico, scendendo fino a 35 per la pasta al dente!

E’ importante quindi tenere conto del fatto che alcuni alimenti apparentemente “innocui” possono invece riservare brutte sorprese come le patate al forno (135), carote (135),  miele (126),  polenta e patate bollite (105),  banane mature  (90).

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Differenza tra glicemia ed emoglobina glicata

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Sex PSA Pene Dr Laser Filler Rughe Botulino Ialuronico Glicemia DIABETE IN AUMENTOLa glicemia indica il valore della concentrazione di glucosio nel sangue al momento del prelievo di sangue, l’emoglobina glicata indica invece, essendo  proporzionale alla concentrazione di glucosio registrata nel sangue in un certo arco di tempo, quelli che possono essere stati i livelli medi di glicemia negli ultimi 3 mesi. In un certo senso la glicemia “fa una foto della situazione, mentre l’emoglobina glicata “fa un video” degli ultimi mesi.

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Diabete insipido: cause, diagnosi e trattamento

MEDICINA ONLINE RENE RENI ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESI SANGUE FILTROIl diabete insipido, o DIN, è una malattia caratterizzata da poliuria e da diminuita capacità del rene di concentrare le urine, che si traduce in urine abbondanti e molto diluite. Nonostante il nome, la malattia presenta meccanismi fisiopatologici molto diversi rispetto al diabete mellito, infatti in caso di DIN non si riscontrano alterazioni nella concentrazione di glucosio nel sangue e nelle urine, che dagli esami risultano quindi nella norma.

Leggi anche: Differenze tra diabete mellito ed insipido: glicemia, vasopressina, poliuria e polidipsia

Cause

  • La forma più frequente è di tipo ipofisario, per mancanza di ADH (vasopressina).
    1. Idiopatico, circa 1/3 dei casi.
      • Alcuni casi sono a trasmissione dominante.
      • In altri si trovano anticorpi contro le cellule produttrici di vasopressina.
    2. Secondario, circa 2/3 dei casi.
      • Per tumori ipofisari o in prossimità, o per metastasi
      • Per traumatismi, operazioni neurochirurgiche
      • Encefalite, meningite e altri.
  • Diabete nefrogenico (DIN), raro
    1. forma congenita in due varianti
      1. DIN recessivo legato al cromosoma X, gene mutante Xq28 che codifica per i recettori di tipo 2 della vasopressina
      2. DIN autosomico recessivo. Il gene in questione codifica per l’acquaporina 2, che deficia a livello dei tubuli collettori renali.
    2. Affezioni secondarie a danni tubulari, ipokaliemia, ipercalcemia, farmaci.

Patologia

Il mancato controllo da parte dell’ADH compromette il riassorbimento tubulare distale e collettore, con poliuria (emissione di 5-25 litri di urina nelle 24h) e isostenuria. Per riflesso il paziente presenta una sete incoercibile (polidipsia). Nei bambini al di sotto dei 2 anni si può avere diarrea invece della poliuria. La mancanza di iperglicemia esclude praticamente la diagnosi di diabete mellito.

Diagnosi

La diagnosi differenziale si effettua escludendo la polidipsia psicogena, il diabete mellito e l’abuso di diuretici. La determinazione dell’osmolarità urinaria dopo prova di assetamento o dopo amministrazione di arginina-vasopressina è diagnostica.

  • Prova di assetamento. In un soggetto sano comporta un aumento dell’osmolarità. Nel diabete insipido questa resta <300mOsm/L, mentre l’osmolarità plasmatica è superiore a 295. Non bere per lungo tempo può provocare una disidratazione ipertonica senza perdita di elettroliti.
  • Test secondo Hickey-Hare. Se si sospetta un’assunzione di liquidi durante la prova di assetamento, si somministrano soluzioni ipertoniche che procurano risultati fisiologici e patologici identici alla prova da assetamento.
  • Test alla desmopressina. Controindicata in caso di insufficienza coronarica per i suoi effetti vasospastici. Dopo questa somministrazione l’osmolarità urinaria aumenta in caso di diabete insipido centrale, ma non nel nefrogenico.

La determinazione dell’ADH è raramente necessaria. In caso di polidipsia psicogena sia l’ADH che l’osmolarità urinaria si elevano. Occorre escludere un tumore ipofisario o ipotalamico mediante tomografia computerizzata o imaging a risonanza magnetica.

Trattamento

Il trattamento dev’essere eziologico, cioè occorre curare l’affezione sottostante. Utile la desmopressina orale o intranasale in caso di diabete insipido centrale. Il diabete nefrogenico si cura paradossalmente con diuretici tiazidici come per esempio il clortalidone, tali farmaci sono poi aiutati dai FANS, come per esempio l’indometacina, perché riducono la filtrazione glomerulare.

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Diabete: guida completa a carboidrati, proteine, grassi, fibre, condimenti, bevande e dolci

MEDICINA ONLINE CIBO DIETA ALIMENTAZIONE PASTA RISO SUGO DIABETE CIBI GLICEMIA CARBOIDRATI PRANZO CUCINA CENA RICETTALa dieta di chi soffre di diabete (in particolare di diabete di tipo 2, il più diffuso) non deve essere per forza fatta di privazioni. Anzi: carboidrati e zuccheri sono ammessi. Basta seguire qualche regola per tenere a bassa la glicemia e scegliere ricette pensate per chi ha problemi di insulina. Inoltre il ritmo dei pasti deve essere adattato alle necessità individuali e al tasso glicemico. Di certo non possono mancare colazione, pranzo e cena, intercalati da un paio di spuntini, che vanno introdotti se il paziente fa attività fisica, o si sottopone a terapie farmacologiche specifiche, o ha altre necessità ancora. Gli spuntini forniscono un apporto costante di glucidi ed evitano sia le punte di glicemia (iperglicemia) dopo il pasto che l’ipoglicemia tra un pasto e l’ altro. Ecco quali sono gli alimenti da inserire nel menu della dieta di chi ha problemi a tenere a bada l’insulina.

CARBOIDRATI

Pane e pasta fanno ingrassare, ma sono anche il carburante principale dell’organismo. Il 45-60% delle calorie quotidiane devono arrivare sotto questa forma di carboidrati. Una porzione di riso, pasta, pane o suoi derivati secchi dev’essere presente in ognuno dei tre pasti principali: colazione, pranzo e cena. Una porzione, però, non due! Quindi se c’è la pasta ci dev’essere poco pane. E soprattutto non ci devono essere grissini o cracker sgranocchiati prima del pasto. Meglio preferire il pane integrale o il pane di semola di grano duro, come quello pugliese di Altamura, che hanno un indice glicemico più basso rispetto alla maggior parte degli altri tipi di pane, o dei prodotti con farina di grano tenero. Altra cosa che spesso si ignora: gli spaghetti e i maccheroni del supermercato, di farina di grano duro, sono da preferire alle tagliatelle fatte in casa (con farina di grano tenero). Ancora meglio sarebbe scegliere una pasta prodotta con farina integrale. Quanto al riso, meglio mangiarlo integrale o arricchito con molta verdura, per ridurre l’indice glicemico (il riso in bianco bollito, da solo, fa invece alzare la glicemia). Infine, le patate : hanno un indice glicemico più elevato di pane e pasta, ma saltuariamente si possono gustare in loro sostituzione. Meglio se bollite e fredde, perché così si abbassa il loro indice glicemico.

PROTEINE E GRASSI

È importante sottolineare che gli alimenti ricchi di proteine spesso contengono anche un’abbondante quota di grassi saturi, che sono quelli più dannosi per le nostre arterie, quindi è consigliabile limitare il consumo di carne di vitello o manzo grassa, e di formaggi, specie se stagionati. Vanno poi evitati i salumi, mentre si possono mangiare, saltuariamente, prosciutto cotto o crudo, e bresaola. Molti a questo punto si chiedono: «E di secondo cosa metto in tavola?». Per cominciare carne bianca o pesce, anche surgelato (ma non impanato), e qualche volta il piatto unico, che contiene carboidrati e proteine insieme. Il segreto è variare. Le uova, per esempio: sono ricche di proteine e anche se contengono un po’ di grassi, una volta alla settimana, come secondo, ci possono stare. È importante incrementare il consumo di legumi, con il loro carico di proteine “buone”, carboidrati complessi e fibre. Ottimo associare cereali e legumi come piatto unico. Ecco, per esempio, un vero pasto ideale: pasta e fagioli, più verdura e frutta. E la spolverata di parmigiano sulla pasta? Concessa, come spolveratina. Però è bene ricordare che tutti i formaggi hanno un elevato contenuto di grassi saturi e colesterolo, e quindi è fondamentale limitarne il consumo a due o massimo tre volte la settimana, e preferire sempre ricotta o formaggi freschi, o light.

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FIBRE

Le fibre sono importantissime nell’alimentazione di un diabetico, perché permettono di assorbire in modo graduale tutto il resto. Se inseriti in un pasto ricco di fibre, gli zuccheri di un dolce, ma anche quelli dei carboidrati complessi come pane e pasta, sono assorbiti più lentamente, aiutando a evitare un rialzo brusco della glicemia. E c’è anche un altro punto a favore: un pasto ricco di fibre sazia prima e di piùIl fabbisogno medio giornaliero raccomandato di fibre è di 40 grammi e non è facile arrivarci. Una mela da 150 grammi ne contiene 3 grammi, un etto di fagioli 5, un etto di piselli 7. Largo allora alle verdure e agli ortaggi, e largo ai prodotti integrali (pasta, riso, pane e altro ancora). Il consumo giornaliero di cinque porzioni di verdura o frutta, e di quattro porzioni a settimana di legumi, può risultare utile per fornire il minimo fabbisogno di fibre. Che significa una porzione? Per esempio, 100 grammi di legumi freschi (peso a crudo) o 50 grammi di insalata, oppure 150 grammi di frutta . Moderazione con uva, cachi, banane e fichi: gustosi, ma portano un surplus di calorie.

CONDIMENTI

All’olio bisogna stare un po’ attenti. È vero che i grassi vegetali sono sani, non hanno gli effetti negativi dei grassi animali, ma sono molto calorici. Un cucchiaio di extravergine ha circa 90 calorie. Se si usa tanto olio per condire l’insalata, quell’insalata farà ingrassare come una braciola di maiale. Bisogna limitarsi a non andare oltre i tre cucchiai di olio al giorno. E alla solita lamentela, «ma così è tutto insapore come in ospedale!», rispondiamo: «Abbiamo aglio, basilico, rosmarino, coriandolo, pepe, aceto, succo di limone… I grassi non sono necessari per dare sapore!». Per cucinare gli alimenti si possono usare sugo di pomodoro o vino (la parte alcolica evapora nella cottura).

BEVANDE

Bisogna bere molta acqua, sei-otto bicchieri al giorno. Vanno evitate invece le bevande zuccherate. L’alcol? Con moderazione. Uno o due bicchieri al giorno di vino, meglio se rosso, sono ammessi, mentre bisogna fare attenzione ai vini da dessert e ai superalcolici perché contengono zucchero e provocano un aumento del tasso glicemico.

DOLCI
L’apporto di carboidrati semplici (presenti nella frutta, nel latte, nello zucchero da cucina) non dovrebbe superare i 50 grammi al giorno. I dolci possono essere consumati con moderazione e al posto di altri alimenti contenenti carboidrati, ma meglio mangiarli alla fine del pasto e non a stomaco vuoto. Le torte fatte in casa sono da preferire a quelle confezionate.

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Diabete: quale frutta mangiare e quale evitare? Guida completa

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La frutta indicata per i diabetici e per i prediabetici, è:

  • mele,
  • pere,
  • agrumi,
  • fragole,
  • ciliegie,
  • pesche,
  • albicocche,
  • kiwi,
  • avocado,
  • frutti di bosco,
  • melone,
  • cocomero.

Il consumo deve ovviamente avvenire sempre con moderazione e buon senso.

La frutta invece meno indicata per i diabetici e per i prediabetici, è:

  • uva,
  • fichi,
  • banane,
  • frutta essiccata,
  • frutta sciroppata.

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Il diabetico può mangiare la pizza? Quale preferire?

MEDICINA ONLINE PIZZA PIADINA NAPOLETANA ROMANA ROSSA EMILIANA POMODORO FORMAGGIO MOZZARELLA RISTORANTE CIBO CALORIE MANGIARE OLIO PASTA PANE INGREDIENTI TAVOLA LIGHT DIETA DIMAGRIRE INGRASSARELa pizza è uno dei cibi che fa alzare maggiormente la glicemia e non dovrebbe essere mangiata spesso dal paziente diabetico (una pizza media di 300 gr ha 800 cal). Tuttavia questo divieto non è assoluto, specie se la pizza ha il condimento adeguato.

Il diabetico può dunque mangiare anche un alimento come la pizza, possibilmente relegandola al fine settimana. Ok per la pizza una volta a settimana, nella versione margherita o marinara (pomodoro, olio, origano), purché sia fatta “a regola d’arte” (vale a dire ben lievitata e realizzata con prodotti di prima qualità), purché la abbinate ad un bel piatto di insalata (le fibre aiutano ad abbassare il carico glicemico) e purché la vostra glicemia ve lo consenta.

Altra raccomandazione, preferire appunto varianti semplici ed evitare ad esempio le famose “pizze con patate fritte” o pizze con condimento di patate, anche bollite. In quel caso l’indice glicemico schizza in alto. No all’abbinamento con coca cola o birra, quest’ultima se ricordate ha gli indici glicemici tra i più elevati. Insomma, moderazione è la parola d’ordine, non “rinuncia” o “divieto”.

I migliori prodotti per diabetici
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, estremamente utili per aiutare il diabetico ed il pre-diabetico a mantenere i giusti livelli di glicemia, perdere peso e migliorare la propria salute. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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