I carboidrati vengono spesso ‘messi all’indice’ nelle diete, ma la stessa attenzione negativa non la meriterebbe la pasta, che anzi può essere parte integrante di un regime alimentare sano. A differenza della maggior parte dei carboidrati “raffinati”, che sono rapidamente assorbiti nel flusso sanguigno, questo alimento ha infatti Continua a leggere
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Mannitolo: cos’è, diabete, lassativo, edema, struttura, fa male?
Il mannitolo (o mannite) dal punto di vista chimico è un alditolo chirale, con sei gruppi ossidrilici a livello della catena alifatica composta da sei atomi saturi di carbonio. Appartiene ai polioli, come il sorbitolo e lo xilitolo. È una sostanza che si trova facilmente in Continua a leggere
Diabete: il sorbitolo è adatto ai diabetici?
Il sorbitolo (o glucitolo) chimicamente è un alditolo del glucosio, uno zucchero monosaccaride. Contenuto in natura in molti frutti, tra cui mele, pere, susine, ciliegie e sorbe da cui prende il nome. Per le sue caratteristiche, è molto Continua a leggere
Il diabetico può mangiare l’avocado? Che indice glicemico possiede?
Per ogni 100 grammi (mezzo frutto) l’avocado fornisce circa 160 calorie, 15 grammi di grassi (di cui 2,1 g di acidi grassi saturi; 1,8 g di polinsaturi; 10 g di monoinsaturi). I carboidrati sono circa 9 g (zuccheri 0,7 g). L’avocado inoltre contiene elevata quantità di fibre, sali minerali (come potassio, fosforo, magnesio e calcio) e vitamine (vitamina C, vitamina B). L’avocado NON contiene colesterolo.
L’indice glicemico dell’avocado è 10, un valore considerato molto basso.
L’avocado è – in definitiva – un cibo sano dal punto di vista nutrizionale e perfettamente inseribile nella dieta di un paziente diabetico, a patto di non abusarne: una dose moderata (mezzo frutto di avocado al giorno) assunta lontano dai pasti principali – è più che sufficiente per godere del suo gusto e dei vantaggi offerti dai suoi antiossidanti, senza rischiare di eccedere dal punto di vista calorico e glicemico. In ogni caso, prima di modificare arbitrariamente la vostra dieta, chiedete al vostro medico diabetologo.
Importante: in caso di dubbio, il paziente diabetico può – sotto controllo medico – monitorare la propria risposta glicemica all’assunzione di certi alimenti, annotando i valori su un taccuino e raffrontando le relative glicemie.
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Diabete: che mangiare a colazione per controllare la glicemia
Spesso, chi soffre di iperglicemia o di diabete di tipo 2 (quello legato all’eccesso di alimentazione e purtroppo in vertiginosa crescita nei paesi industrializzati) tende a ridurre la prima colazione e a evitare l’assunzione di alcuni alimenti, percorrendo invece strade che possono portare a effetti negativi nel controllo della propria condizione clinica.
Colazione e diabete, lo studio
Uno studio del 2015 svolto presso la Diabetes Unit dell’Università di Tel Aviv ha confrontato l’impatto di due diversi regimi alimentari sul profilo glicemico, evidenziando come una colazione abbondante porti ad una riduzione fino al 20 per cento della glicemia media giornaliera. Questo studio aveva messo a confronto delle persone diabetiche cui erano stati proposti due regimi alimentari simili per numero di calorie totali ma differenti per la loro distribuzione nella giornata. Il primo gruppo consumava una colazione abbondante ed una cena parca, l’altro una colazione leggera ed una cena più ampia. Nelle persone che facevano una colazione ricca, non solo la glicemia media era minore durante tutta la giornata, ma risultava inferiore anche la misurazione effettuata dopo il pranzo (uguale per i due gruppi), indicando che una colazione abbondante è in grado di indurre uno stimolo metabolico che dura per tutta la giornata. Alla base di questo meccanismo sembra esserci quella che risulta essere una maggiore risposta al mattino delle cellule beta del pancreas, quelle che producono insulina, così come un maggior assorbimento del glucosio, mediato dall’insulina stessa, da parte dei muscoli che lo sfruttano a scopo energetico, ed un ridotto catabolismo dell’insulina (ovvero della sua naturale degradazione) ad opera del fegato”. Ecco, quindi, che l’abitudine a consumare una sana e ricca colazione sembra essere uno strumento molto utile per la regolazione della glicemia e quindi per il controllo del diabete.
Il valore della colazione per il diabetico
Questo conferma che la prima colazione ricca è uno strumento fondamentale anche per la regolazione della glicemia e per il controllo del diabete e che il pasto del mattino è un importante segnale per l’intero organismo. A maggior ragione questo vale per chi ha problemi con gli zuccheri e che potrebbe ottenere un importante beneficio da una maggiore libertà nella prima colazione (con calorie aumentate) e da una cena a minore impatto calorico. Per esperienza diretta sappiamo che si possono sempre mantenere gusto e convivialità anche a cena, usando porzioni più ridotte dei piatti che piacciono.
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Diabete: la colazione
Alla luce di quanto visto, si rivela quindi un’ottima scelta per chi soffre di diabete, quella di rimodellare la propria giornata alimentare e di definire con il proprio medico l’assunzione di carboidrati e proteine bilanciate nella giusta proporzione. Innanzitutto, se parliamo di colazione e diabete, occorre ovviamente stare attenti a non eccedere con i carboidrati. Come è ben noto, i carboidrati o zuccheri costituiscono il problema principale per i diabetici, che non ne devono abusare, optando per quelli a basso indice glicemico (IG). Per questo è meglio privilegiare i carboidrati complessi, ovvero a lento rilascio, che hanno un minor impatto sulla glicemia, che si trovano nel pane (di frumento, segale o kamut), che deve essere integrale e prodotto con lievito madre, nei fiocchi di cereali grezzi integrali senza zucchero (non soffiati come i cornflackes), nei fiocchi di avena crudi, nelle fette biscottate integrali senza zucchero, nei biscotti secchi integrali senza zucchero o nelle gallette di cereali. Anche il muesli può essere utilizzato, dato che si tratta di una miscela di diversi cereali integrali ai quali si aggiungono noci, nocciole, mandorle e semi vari, tuttavia, anche in questo caso è meglio controllare bene il prodotto che si acquista poiché spesso i muesli contengono riso soffiato e uvetta, ad alto indice glicemico. La dicitura senza zucchero è molto importante poiché, pur trattandosi di alimenti utilizzabili per la colazione di un diabetico, possono contenere zuccheri aggiunti; ecco perché è sempre buona norma leggere attentamente le etichette. Inoltre, gli zuccheri semplici, a rapido assorbimento, andrebbero evitati: si trovano nei dolci, negli snack, nelle barrette, ma anche in diversi frutti.
Diabete: frutta a colazione
La frutta può essere consumata, ma meglio se a giorni alterni e scegliendo i frutti a minor IG quali arancia, mela, melograno, pesca, susina, pompelmo, fragole, frutti di bosco, pera o frutti che pur avendo un IG medio hanno un basso contenuto di glucide (es. kiwi). E’ preferibile consumare la frutta fresca e intera (con la buccia, per cui meglio se biologica) in quanto, rispetto a quella cotta o sbucciata, ha un minor impatto sulla glicemia. Sempre a proposito di zuccheri nella colazione per chi ha il diabete può essere consumata anche la marmellata, ma assolutamente composta al 100% di frutta e prediligendo quella a base di frutti a basso IG. Il problema principale legato a questo prodotto risulta infatti ancora una volta lo zucchero aggiunto che, in alcuni casi, può raggiungere quantità considerevoli (60-65% di prodotto), conferendo un elevato IG, pari anche a 65.
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Diabete: proteine e grassi a colazione
Per quanto riguarda le proteine, si possono utilizzare sia quelle di origine animale che vegetale, quindi possono andare bene yogurt magri o di soia, ma anche alimenti salati come ricotta, latticini, prosciutto di tacchino o di pollo e le uova (preferendo l’albume), oltre alla frutta secca, che costituisce una buona fonte proteica e di grassi buoni”.
Bevande
Si possono bere caffè, meglio se decaffeinato, tè verde o tisane di vario tipo, prestando sempre attenzione agli zuccheri aggiunti. Anche il latte può essere consumato, scremato o parzialmente scremato, meglio se tiepido o freddo. Tuttavia, dato che contiene zucchero, il lattosio, si consiglia di alternarlo regolarmente ad altre bevande. Valide alternative infine, sono rappresentate dai vari tipi di latte vegetale, quali soia, mandorle, nocciole o avena, sempre senza dimenticare che tutte le bevande vanno consumate senza l’aggiunta di zucchero.
Diabete: quali cibi mangiare a colazione
Una colazione corretta sarà ad esempio composta da qualche galletta integrale con un po’ di marmellata 100 per cento frutta, a fianco di un uovo strapazzato (o fatto nel modo che più piace), qualche seme oleoso, un frutto fresco intero e del tè con un velo di latte (non zuccherato). Impostare una colazione di questo tipo, sempre seguendo le indicazioni del proprio medico, porta spesso a benefici inaspettati in termini di controllo di glicemia, umore, attenzione e vivacità durante tutta la giornata. È indispensabile inoltre preferire cereali integrali in quanto più ricchi di fibre, proteine e micronutrienti rispetto alla loro controparte raffinata, e tutti questi sono efficaci strumenti nel ridurre l’impatto glicemico (la capacità del cibo di aumentare la glicemia) del pasto, punto essenziale per chi ha problemi di diabete o iperglicemia. In modo simile ai cereali, anche la frutta fresca e intera (e meglio ancora biologica, per mangiarla con la buccia) risulta superiore a quella lavorata (o cotta, o sbucciata) in termini di capacità di modulazione della glicemia. E’ importante quindi non solo fare una colazione ricca, ma sceglierne con cura gli ingredienti: dai cerali alla marmellata la qualità vince sempre.
Diabete: menù a colazione
Vediamo allora un esempio di colazione corretta per il paziente diabetico:
-
Mezzo pompelmo, 1 yogurt magro o di soia, 2 fette di pane integrale con marmellata senza zucchero (2-3 cucchiaini), caffè decaffeinato senza zucchero
-
1 pesca, tè verde senza zucchero con fiocchi di avena, 2 fette di pane integrale con ricotta
-
1 mela, latte scremato o parz. scremato senza zucchero con cereali integrali, 1 yogurt di soia
-
1 kiwi, 2 uova bollite, 2 fette di pane integrale, 30 grammi di mandorle
Diabete e movimento
L’attività fisica è parte integrante del programma di salute che ogni persona con diabete mellito di tipo 2 può e deve affrontare in modo adeguato, per migliorare il profilo glicemico, la sensibilità insulinica e il profilo lipidico. I dati scientifici lo dimostrano ormai con certezza. Cibo e movimento, insieme, consentono di riscoprire il piacere di mettersi a tavola in serenità, iniziando proprio dal mattino.
I cibi e le quantità consigliate in questo articolo, sono solo degli esempi: prima di modificare la vostra dieta è importantissimo consultare sempre il vostro medico diabetologo.
I migliori prodotti per diabetici
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, estremamente utili per aiutare il diabetico ed il pre-diabetico a mantenere i giusti livelli di glicemia, perdere peso e migliorare la propria salute. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:
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Indice glicemico, carico glicemico e densità glucidica: perché sono importanti?
Indice glicemico
L’indice glicemico (da cui l’acronimo “IG”; in inglese glycemic index) rappresenta la capacità dei carboidrati contenuti negli alimenti di innalzare la glicemia. La glicemia è il valore che indica la quantità di glucosio presente nel sangue. Per quantificare l’indice glicemico di un alimento è necessario assumerne 50 grammi e monitorare i livelli glicemici nelle due ore seguenti. Tali valori andranno poi confrontati con quelli dello standard di riferimento che nella fattispecie è il glucosio, che ha un indice glicemico pari a 100. Se un alimento ha indice glicemico pari a 60 significa che ingerendo 50 grammi di quel dato alimento la glicemia sale del 60% rispetto a quanto avviene con 50 grammi di glucosio.
La definizione precisa di indice glicemico di un alimento, sulla base di quanto detto, è: la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un quantitativo di quel dato alimento contenente 50 g di carboidrati, ottenuto misurando la glicemia due ore dopo l’assunzione, espresso in percentuale rispetto al valore standard sulla velocità di aumento della glicemia con la stessa quantità di glucosio.
Dal punto di vista dell’indice glicemico, non tutti i carboidrati sono uguali:
- alcuni vengono assorbiti più velocemente e determinano un aumento più rapido della glicemia (indice glicemico alto);
- alcuni vengono assorbiti più lentamento e determinano un aumento più lento della glicemia (indice glicemico basso).
L’indice glicemico può essere considerato:
- molto basso: indice glicemico fino a 40
- basso: indice glicemico tra 41 e 55
- moderato: indice glicemico tra 56 e 69
- alto: indice glicemico da 70 in su.
Parlando in generale, possiamo dire che:
- tanto più un carboidrato è digeribile e tanto maggiore sarà il suo indice glicemico;
- i carboidrati con basso indice glicemico determinano un senso di sazietà che dura più a lungo rispetto a quelli con alto indice glicemico;
- i carboidrati con basso indice glicemico sono da preferire per i diabetici e per chi è sottoposto a dieta ipocalorica;
- se la persona ha problemi di ipoglicemia, un alimento con alto indice glicemico le permette di vedere un rapido rialzo dei valori di glucosio ematico.
Leggi anche: Valore biologico: significato, alimenti con proteine ad alto e basso valore biologico
Carico glicemico
Quando si parla di indice glicemico è molto importante specificare anche il concetto di carico glicemico (in inglese glycemic load). Questo parametro si ottiene rapportando l’indice glicemico di un certo alimento alla sua porzione, diviso 100. E’ quindi sufficiente moltiplicare l’IG di un dato carboidrato (ad esempio fruttosio, che ha un IG pari a 20) per la quantità assunta (ad esempio 30 grammi). Nel caso specifico il carico glicemico del pasto è pari a 20 x 30 = 600 : 100 = 60. Maggiore è il carico glicemico maggiore è il conseguente innalzamento dei livelli glicemici e il rilascio di insulina nel sangue. Il carico glicemico può essere considerato:
- basso: carico glicemico fino a 10
- moderato: carico glicemico tra 11 e 19
- alto: carico glicemico da 20 in su.
Il carico glicemico e la quantità di cibo assunto, sono concetti più importanti rispetto all’indice glicemico preso singolarmente: spesso – infatti – si assiste ad una superficiale ed errata valutazione che vede i cibi ad alto indice glicemico come la causa di una iperglicemia (alto indice glicemico uguale iperglicemia), quando in realtà ciò che deve essere considerato per prevenirla è unicamente il carico glicemico. È quest’ultimo metodo di calcolo infatti che serve a comprendere in che quantità può essere assunto un cibo glucidico per prevenire l’iperglicemia. In base a queste considerazioni si può capire che i cibi ad alto indice glicemico non causano iperglicemia in termini assoluti, ma la causano in base alla quantità in cui vengono assunti. Quindi come un cibo con indice glicemico non determina necessariamente iperglicemia se assunto in quantità ridotte, allo stesso tempo una grande quantità di cibi a basso indice glicemico può comunque determinare iperglicemia. Semplificando questi concetti, possiamo dire con certezza che – per non ingrassare e tenere sotto controllo glicemia ed appetito – la quantità di ciò che si mangia è più importante dell’indice glicemico del singolo alimento. Escludere dalla propria dieta alcuni cibi solo perché hanno un indice glicemico elevato non ha alcun senso: basta, semplicemente, avere un rapporto equilibrato con il cibo evitando gli eccessi e – nel dubbio – seguendo i consigli di un bravo nutrizionista.
Leggi anche: Fabbisogno calorico: quante calorie “mangiare” ogni giorno?
Tabella con indice glicemico degli alimenti più diffusi
La seguente tabella riporta l’indice glicemico di alcuni alimenti appartenenti a gruppi differenti. Per una più facile identificazione abbiamo diviso gli alimenti in tre gruppi:
INDICE GLICEMICO MODERATO/ALTO | INDICE GLICEMICO BASSO/MODERATO | INDICE GLICEMICO MOLTO BASSO | |||
ALIMENTI | IG | ALIMENTI | IG | ALIMENTI | IG |
Maltosio | 109 | Ananas | 59 ± 8 | Prugna | 39±15 |
Datteri (secchi) | 103±21 | Gelato | da 57 a 80 | Albicocca | 38 ± 2 |
Maltodestrine | 100 | Kellogg’s Special K | da 54 a 84 | Pere | 38±2 |
Glucosio | 100 | Muesli | da 39 a 75 | Bastoncini pesce | 38 |
Pane bianco | da 30 a 110 | Coca Cola | 58±5 | Yogurt | 36 ± 4 |
Cornflakes (Kellog’s) | 91 | Spaghetti Barilla cotti 10 minuti | 57 | Piselli bolliti | 32.9 |
Miele | da 32 a 95 | Banana | 52 ± 4 | Latte magro | 32 ± 5 |
Patate al forno | 89±12 | Kiwi | 53±6 | Latte di soia | 32±2 |
Pizza al formaggio (Italia) | 80 | Mango | 51±5 | Pesche in Scatola | da 30 a 71 |
Gatorade | 78±13 | Pane di Segale | da 50 a 64 | Fagioli bolliti | 29 ± 9 |
Pane di frum. senza glutine | 76±5 | Succo d’Ananas | 50 ± 4 | Pesca fresca | da 28 a 56 |
Patate fritte | 75 | Succo di Pompelmo | 48 | Mela | da 28 a 44 |
Zucca | 75 ± 9 | Maccheroni | 47±2 | Salsiccia | 28 |
Crackers | da 52 a 98 | Carota | 47 ± 16 | Latte intero | 27 ± 4 |
Melone | 75 | Uva | da 46 a 59 | Ciliegie | 22 |
Cocomero | 72 ± 13 | Pere in Scatola | 46.0 | Lenticchie | da 22 a 34 |
Popcorn | 72±17 | Yogurt magro alla frutta | 45 | Fruttosio puro | 19 ± 2 |
Riso arborio | 69 ± 7 | Arancia | 42 ± 3 | Fagioli di Soia bolliti | 18 ± 3 |
Fanta | 68 ± 6 | All-Bran | 42 ± 5 | Yogurt magro | da 14 a 45 |
Saccarosio e Zucchero di Canna | 68 ± 5 | Succo di Mela | 40 ± 1 | Arachidi | 13 |
Croissant | 67 | ||||
Biscotti (Oro Saiwa, Italia) | 64±3 | ||||
Patate comuni bollite | da 56 a 101 | ||||
Patate dolci | 61 ± 7 |
Variabilità dell’indice glicemico e del carico glicemico
Osservando la tabella prima riportata, possiamo notare come alcuni alimenti abbiano un indice glicemico molto variabile. Prendiamo ad esempio i pop corn, che hanno un indice glicemico pari a 72±17. Ciò significa che l’IG dei pop corn può oscillare tra 55 e 89. I punteggi assegnati alla maggior parte degli alimenti sono variabili, e spesso questa variabilità può essere anche molto marcata. Ad eccezione dei carboidrati puri (come glucosio, fruttosio, saccarosio, galattosio, lattosio ecc. che hanno un IG stabile), i cibi glucidici (che sono composti solo in parte da carboidrati) sono soggetti ad un’estrema variabilità in base a molteplici fattori che alterano il punteggio dell’indice glicemico:
- varietà dell’alimento: le diverse varietà di un frutto o un ortaggio hanno un diverso IG (ad esempio le mele verdi hanno un IG più basso delle rosse);
- grado di maturazione: maggiore è la maturazione di frutto, maggiore è l’IG;
- rapporto tra diversi carboidrati: il diverso rapporto tra glucidi contenuti in un alimento determina un diverso IG (come il rapporto glucosio/fruttosio per il miele, o il rapporto amilosio/amilopectina per l’amido);
- formato della pasta: in base al formato, una pasta può avere un diverso indice glicemico;
- zona di coltivazione: la diversa provenienza e il diverso clima causano una variazione dell’IG;
- eventuale raffinazione: i cibi glucidici raffinati, come i farinacei nel caso del grano o di altri cereali, hanno un IG più alto;
- contenuto degli altri macronutrienti: il maggiore contenuto di grassi e di proteine determina un IG più ridotto, ma un indice insulinico maggiore;
- contenuto in fibre: il maggiore contenuto di fibre (specie solubili) determina un IG più ridotto;
- grado di idratazione: un cibo glucidico maggiormente idratato è più digeribile di uno secco (l’amido crudo è indigeribile);
- grado di masticazione: un cibo masticato meno ha un IG inferiore allo stesso cibo masticato di più;
- eventuali tempi di cottura: la cottura di un alimento amidaceo aumenta l’IG in maniera proporzionale;
- pasti precedenti e orari: l’impatto glicemico di un pasto glucidico varia in base agli orari e alla composizione dei pasti precedenti.
Fatte queste premesse, si capisce che non è possibile stabilire con esattezza l’indice glicemico di un alimento glucidico, salvo alcune eccezioni. Anche il conseguente calcolo del carico glicemico di conseguenza, dal momento che si basa sul valore dell’indice glicemico, non potrà rivelarsi fisso.
Leggi anche: Glicemia alta o bassa: valori normali, che patologie indica e come si controlla nei diabetici
Densità glucidica
Fondamentale per la valutazione del carico glicemico è il riconoscimento della densità o percentuale di glucidi contenuta in un alimento, poiché è necessario anche questo dato per poterne stabilire il valore. A poco serve conoscere l’IG di un alimento se poi non si considera la quantità di carboidrati contenuti al suo interno. Se infatti un alimento ha un alto IG ma una bassa densità di carboidrati (prevalentemente per l’alto contenuto di acqua), il suo consumo potrà comunque essere relativamente più abbondante, senza che venga raggiunto un alto CG, ovvero il risultato che interessa prevalentemente la prevenzione di un evento di iperglicemia. Al contrario se un alimento ha un moderato IG ma un’alta densità glucidica, il suo consumo dovrà essere più contenuto.
- se l’IG medio del cocomero è 80, e la sua densità media di carboidrati è del 5%, per ottenere una porzione dal carico glicemico medio si potrà consumarne al massimo poco meno di 500 grammi.
IG (80) x quantità di carboidrati (25 su 500 di peso) / 100 = 20 - se l’IG medio delle patate bollite è di 80, e la loro densità di carboidrati è di circa il 20%, per ottenere un pasto dal carico glicemico medio si potrà consumarne al massimo poco più di 120 grammi.
IG (80) x quantità di carboidrati (24 su 120 di peso) / 100 = 19,2 - se l’IG medio degli spaghetti è 57, e la loro densità di carboidrati medio sul peso secco è del 75%, per ottenere un piatto dal carico glicemico medio si potrà consumarne al massimo circa 40 grammi sul peso secco.
IG (57) x quantità di carboidrati (30 grammi su 40 di peso) / 100 = 17,1
Osservando questi esempi si può capire che non è solo l’indice glicemico di un alimento a rivelarsi essenziale per conoscere e controllare il carico glicemico, ma anche la percentuale glucidica. Sono entrambi questi valori che, assieme, hanno un ruolo ugualmente determinante sul risultato del carico glicemico. Alimenti ad alto indice glicemico ma a bassa densità di carboidrati (5-20 %) come il cocomero o le patate bollite, possono essere consumate in quantità notevolmente più abbondanti (100, 200, 500 gr) rispetto ad un cibo a IG medio come gli spaghetti (40 gr secchi), ma dall’alta densità glucidica (75 %). L’alta densità di carboidrati negli spaghetti comunque è dovuta al fatto che l’alimento viene pesato secco; in seguito alla cottura, il peso degli spaghetti aumenta a causa dell’idratazione: se la percentuale di acqua incrementa, di conseguenza diminusice quella dei macronutrienti (quindi anche dei carboidrati). Allo stesso modo la bassa densità di glucidi nelle patate e nel cocomero sono daterminate soprattutto dal loro alto contenuto di acqua.
Leggi anche: Indice glicemico: perché è importante per il paziente diabetico
Indice insulinico e carico insulinico
Ai concetti prima espressi, bisogna aggiungere altri due, che sono l’indice insulinico ed il carico insulinico dei cibi:
- indice insulinico: è un parametro che misura la produzione di Insulina nell’organismo in risposta all’ingestione di un qualsiasi alimento. Esso quindi rappresenta l’effetto di un alimento esclusivamente e direttamente sull’insulinemia, e non sulla glicemia, permettendo una valutazione più precisa della risposta insulinica. L’indice insulinico è un valore assoluto che stabilisce il diverso potere insulinogenico degli alimenti sulla base della stessa quantità calorica (239 kcal, equivalenti di 1000 kj), e quindi guarda ai diversi tempi di assimilazione e all’intensità di secrezione dell’ormone a parità di valore calorico;
- carico insulinico: è un parametro che stabilisce l’impatto sull’insulinemia di un cibo in base al suo indice insulinico ed al suo valore calorico. In analogia con quanto fa il carico glicemico in relazione al indice glicemico per valutare i livelli della glicemia in base alla specifica quantità di carboidrati di un alimento glucidico, il carico insulinico misura i livelli dell’insulinemia indotti da una specifica quantità dei cibi calorici in base al loro indice insulinico, cioè al potere dei cibi di stimolare l’insulina in termini assoluti sulla base della stessa quantità isocalorica standard, senza considerare però la quota di carboidrati contenuti al loro interno. Il carico insulinico viene calcolato moltiplicando i valori dell’indice insulinico per l’apporto calorico totale.
Leggi anche: Differenza tra indice glicemico e insulinico
Alimenti ad alto indice glicemico
Consumando alimenti ad alto indice glicemico:
- la glicemia sale di più e più in fretta
- la risposta insulinica è più marcata
- l’organismo si abitua ad utilizzare, preferenzialmente, gli zuccheri al posto dei grassi; anche la trasformazione dello zucchero in grassi tende ad aumentare (sovrappeso)
- lo stress ossidativo aumenta (invecchiamento precoce, rischio oncologico)
- dopo 2-4 ore la glicemia scende e torna la fame
- nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per il pancreas che causa inizialmente insulinoresistenza e successivamente la comparsa del diabete
- Il rischio di carie dentaria è maggiore
Una dieta troppo ricca di alimenti ad alto indice glicemico (carico glicemico complessivo elevato) incrementa il rischio di cancro soprattutto all’apparato gastrointestinale e all’ovaio. Non è ancora chiaro se tale relazione sia dovuta all’eccessivo consumo di alimenti ad elevato IG, al conseguente sovrappeso, oppure ad una dieta troppo ricca di zuccheri e povera di frutta e verdura. Per lo sportivo è importante evitare di assumere troppi alimenti ad alto indice glicemico prima della competizione o allenamento. Il consumo di zuccheri semplici farebbe infatti aumentare rapidamente la glicemia stimolando una pronta secrezione di insulina con conseguente ipoglicemia secondaria, diminuzione dell’ossidazione dei grassi e possibile rapida deplezione delle scorte di glicogeno. I carboidrati ad alto e moderato indice glicemico sono invece utili per favorire il recupero nel postallenamento.
Leggi anche: Differenza calorie, kilocalorie e Joule: 1 Kcal quante calorie sono?
Alimenti a basso indice glicemico
Gli alimenti a basso indice glicemico hanno un notevole effetto sul rischio cardiovascolare in quanto attenuano l’iperinsulinemia postprandiale e favoriscono un aumento del colesterolo buono (HDL). E’ interessante notare che l’indice glicemico degli alimenti non dipende soltanto dal tipo di carboidrati in esso contenuti. Riso e patate, pur essendo ricchi di amido (polisaccaride) possiedono un indice glicemico superiore al fruttosio e a molti frutti zuccherini. La fibra alimentare rallenta infatti il tempo di transito gastrico, con riduzione della velocità di assorbimento degli zuccheri assunti insieme alla fibra. Un analogo discorso può essere fatto per i grassi (il latte scremato ha un indice glicemico superiore rispetto a quello intero) e in misura minore per le proteine. L’assunzione di alimenti a basso indice glicemico prima della competizione ha un effetto positivo sulla performance degli sportivi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Indice glicemico: perché è importante per il paziente diabetico
Perché è importante prestare attenzione all’indice glicemico degli alimenti, specie per il paziente con diabete mellito?
E’ molto importante tenere conto dell’indice glicemico degli alimenti, vale a dire della capacità di un alimento di aumentare il valore della glicemia indipendentemente dalla quantità di glucosio che contiene.
La presenza di glucosio in un alimento può essere trasferita al sangue in modo molto differente da un alimento a un altro indipendentemente dalla quantità presente nell’alimento stesso. Per esempio, un pane ricco di fibra come quello integrale tende ad alzare meno la glicemia (e quindi ha un indice glicemico più basso) di quello bianco perché parte dello zucchero resta legato alla fibra che non viene assorbita.
Sebbene il riso e la pasta abbiano una quantità di zuccheri simili (80% il riso e 70% la pasta). i granuli di amido del riso sono più piccoli e composti da un tipo di amido più facilmente digeribile e assorbibile e quindi l’indice glicemico sale da 61 per la pasta a 117 per il riso brillato mentre per quello integrale scende a 81 (si considera il pane bianco come riferimento con un indice glicemico pari a 100). Ma la cottura stessa della pasta può ridurre l’indice a glicemico, scendendo fino a 35 per la pasta al dente!
E’ importante quindi tenere conto del fatto che alcuni alimenti apparentemente “innocui” possono invece riservare brutte sorprese come le patate al forno (135), carote (135), miele (126), polenta e patate bollite (105), banane mature (90).
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Differenza tra indice glicemico e carico glicemico
Che cos’è l’indice glicemico (IG) di un alimento?
L’indice glicemico è un parametro elaborato agli inizi degli anni ’80 dal prof. Jenkins dell’Università di Toronto che classifica gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di glucosio nel sangue (glicemia).
Per molto tempo in passato si è ritenuto che tutti i carboidrati semplici (dolci, bibite, succhi….) fossero uguali e facessero salire rapidamente il glucosio nel sangue; viceversa si riteneva che tutti i carboidrati complessi (verdure, legumi, cereali integrali etc) lo facessero salire lentamente e in modo graduale. Fortunatamente gli studi più recenti hanno ampiamente documentato che non è sempre così: per quanto riguarda i carboidrati semplici, per esempio, si è scoperto che il pane bianco fa salire più rapidamente il glucosio nel sangue rispetto a un gelato.
Da dieci anni a questa parte molti studi scientifici hanno dimostrato direttamente o indirettamente l’interesse dell’indice glicemico nella lotta contro l’obesità ma anche nella prevenzione del diabete e delle malattie cardiovascolari.
Come si misura l’IG dei vari alimenti?
Tecnicamente si misura valutando l’incremento della glicemia quando si assumono 50 g di glucosio. L’entità della risposta viene espressa in termini percentuali medi rispetto al glucosio (oggi si usa anche il pane bianco), che viene preso come punto di riferimento stabilendone un valore pari a 100 nella scala dell’indice glicemico. Esistono inoltre delle tabelle di classificazione arbitraria in IG elevato, intermedio e basso che secondo la maggior parte degli autori è fissata nei range di valori indicati nella tabella sottostante. I cibi che fanno salire il glucosio rapidamente hanno un IG alto, quelli che lo fanno salire gradualmente hanno un IG basso.
IG ELEVATO 100-70 (%) |
IG INTERMEDIO 69-55 (%) |
IG BASSO inferiore a 55 (%) |
Esempi
|
Esempi | Esempi |
Glucosio 100 Cornflakes 84 Miele 73 Pane bianco 70 |
Pane integrale 69 Zucchero 65 Succo d’arancia 57 Popcorn 55 |
Uva/Banane 52 Latte scremato 32 Legumi 27-33 Fruttosio 23 |
Fonte: M Szwillus, D Fritzsche, Mangiare sano con il diabete, Tecniche Nuove, 2010 |
Perché è importante l’IG per una persona diabetica?
L’Indice Glicemico è un valore importante per chi soffre di diabete, considerato che deve evitare rapidi innalzamenti della glicemia. Seguire una dieta a base di alimenti con IG basso, per quanto possa sembrare complicato, può permettere un migliore controllo della propria glicemia. Secondo alcuni Esperti, inoltre, gli alimenti a IG più basso aiutano a dimagrire perché provocano sazietà senza bisogno di molte calorie. E sentirsi sazi è importante sia per chi ha il diabete che per chi vuole dimagrire. Alcuni alimenti con IG basso (per es. mele, latte scremato, pomodori) sono anche ipocalorici.
Da che cosa dipende l’indice glicemico?
Quando consumiamo qualche alimento che contiene carboidrati, questi passano dall’intestino al sangue e così i livelli di glucosio aumentano. L’ammontare di questo aumento dipende da diversi fattori: la composizione dell’alimento, il luogo di coltivazione e raccolta, il contenuto in amidi, proteine, fibre e grassi, la combinazione con altri alimenti, il tipo di cottura, il grado di maturazione (per es. per la frutta) sono tutti fattori che possono influenzare anche notevolmente gli effetti sulla glicemia; inoltre l’IG può presentare forti variazioni da una persona all’altra.
I valori dell’Indice Glicemico pur essendo un parametro utile soprattutto per la qualità della propria dieta, vanno considerati, tuttavia, come valori puramente indicativi perché si riferiscono sempre e solo all’alimento puro e non alla quantità effettivamente consumata (carico glicemico). Rispetto ad una dieta classica che fornisce le quantità esatte da consumare, quella dell’IG è necessariamente più imprecisa. Il consiglio è quello di usarla come ausilio complementare ad altri tipi di dieta consultandoti con il tuo medico.
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La quantità consumata fa la differenza
Molti alimenti con un indice glicemico basso sono integrali e sono ricchi di nutrienti come fibre, vitamine, minerali e altri componenti importanti per la salute, perciò è consigliabile inserirne molti nel proprio menù quotidiano. Tuttavia, è importante tenere sempre d’occhio anche la quantità che si assume di ciascun alimento.
Quanto più è elevato il consumo di un alimento con basso ID, tanto più evidente sarà l’aumento della glicemia. Al contrario, il consumo di una quantità ridotta di un alimento con IG elevato influenza la glicemia meno di quanto lascerebbe presumere il suo indice glicemico. Per questo nella pratica è molto più utile il Carico Glicemico. |
Che cos’è il Carico Glicemico (CG)?
Il carico glicemico valuta l’effetto sulla glicemia di un alimento basandosi sulle quantità effettivamente consumate. Di conseguenza è un parametro più adatto per calcolare il consumo quotidiano dei vari alimenti. Mentre l’Indice Glicemico è la misura della qualità dei carboidrati, il Carico Glicemico è la misura della loro quantità: tiene conto sia dell’IG che del contenuto di zuccheri per porzione consumata.
FORMULA DI CALCOLO DEL CARICO GLICEMICO | ||
Indice glicemico ———————– 100 |
x |
g di carboidrati a porzione |
A seconda delle dimensioni della porzione, infatti il carico glicemico di alimenti diversi può risultare simile nonostante l’indice glicemico degli stessi sia molto diverso. Proviamo a fare un esempio che possa chiarire meglio il concetto:
Porzione alimento | g di carboidrati a porzione |
Indice glicemico |
Carico glicemico |
100 g di pane ai cereali | 43 g | 45 | 45/100×43=19 |
50 g di pane bianco | 24 g | 70 | 70/100×24=17 |
100 g di pane bianco* | 48 g | 70 | 70/100×48=34 |
Fonte: M Szwillus, D Fritzsche, Mangiare sano con il diabete, Tecniche Nuove, 2010 * tipo baguette francese |
Come indicato nella tabella, una porzione di pane ai cereali ha un carico glicemico di 19, mentre una porzione di pane bianco (che ha un IG molto più elevato rispetto al pane ai cereali) ha un carico glicemico simile, pari a 17. Aumentando la quantità consumata di pane bianco, a parità di IG, il carico glicemico raddoppia.
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